Intervista al presidente della Compagnia delle Opere Marche Sud, Massimo Valentini
di Laura Gioventù
Nel vostro statuto c’è una frase che mi ha incuriosito “per promuovere e tutelare la presenza dignitosa delle persone …etc ect”. Ci spieghi che cosa significa la parola “dignitosa” per la Compagnia delle Opere nel suo insieme. Insomma, che cos’è la C.d.O. e di quale dignità si sta parlando.
Vedo che ha colto un termine che a mio avviso dice molto dell’esperienza della CdO perché in effetti la CdO nasce dall’esperienza di qualcuno che ha colto la dignità assoluta, unica ed infinita della singola persona e del singolo io. La CdO nasce proprio da una esperienza che coglie il valore dell’io e che mette al centro questo valore e fa di tutto perché questo io possa esprimersi e venga sostenuto nel suo tentativo di essere. Siccome questo tentativo di essere passa attraverso un tentativo di fare, noi siamo totalmente proiettati a creare una rete di sostegno perché l’io si possa esprimere concretamente.
Sostenere questa dignità dell’io non è una affermazione verbale ma un fatto concreto, è partire dai bisogni della persona che lavora, è partire dalle problematiche affrontate oggi da chi ha una attività, il problema del mercato, il problema del credito, il problema dell’estero, e dinanzi a tutte queste dinamiche si crea una rete, si mettono in rapporto e si condividono tutte le esperienze professionali ed imprenditoriali che ci sono all’interno della CdO perché ciascuno diventi un’opportunità di conoscenza, di rapporti e di possibili partnership con altri. Sosteniamo l’io attraverso il mettere in rete ciò che c’è all’interno della nostra associazione perché possa diventare un’opportunità per ciascuno e facendo questo sosteniamo appunto la dignità del lavoro di ciascuno, perché ciascuno è importante. Noi partiamo dalla considerazione che il grande imprenditore, il piccolissimo imprenditore, il collaboratore, hanno tutti una dignità che può essere importante per l’altro. Sostenendo la dignità di ciascuno sosteniamo la dignità di tutti!
Per sottolineare ancora la dignità … ma se esiste un etica bancaria, questa si basa su un sistema di accreditamenti e bonifici oppure è un’etica che si fida delle persone e della loro buona fede? Come mai le banche hanno bisogno di garanzie materiali e non si accontentano della buona fede?
Si può affrontare il discorso delle banche dando un giudizio dall’esterno che stigmatizza certi comportamenti rischiando di dire delle cose vere senza però cambiare nulla. Noi invece abbiamo affrontato il discorso con le banche in maniera molto realistica, da una parte valutando i punti di forza e dall’altra quelli di debolezza. Oggi, nell’analizzare il comportamento di una singola banca oppure il sistema bancario in quanto tale non si può essere così schematici da dire è tutto nero o è tutto bianco. Ovviamente c’è un insieme di norme, Basilea 2 oppure Basilea 3, che in qualche modo costringe tutti gli istituti nazionali e internazionali ad adeguarsi al sistema e la discrezionalità del singolo direttore oppure il singolo presidente di una banca deve confrontarsi con un contesto di mercato molto rigido e difficile. Ora io non vorrei addentrarmi in una analisi del sistema bancario perché sulla finanza internazionale è già stato ampiamente sottolineato l’aspetto speculativo e di non assistenza all’impresa con ripercussioni gravi sull’accesso del credito per le persone fisiche e le piccole impresse. In questo contesto abbiamo comunicato ad interloquire con gli istituti di credito perché la singola impresa potesse essere sostenuta nel rapporto con il mondo bancario. Non abbiamo fatto un discorso generale ed astratto ma abbiamo creato delle opere, con un gruppo di quindici imprenditori della CdO abbiamo creato un consorzio fidi che adesso riunisce due mila soggetti dando vita ad un ente in grado di supportarli professionalmente nella gestione finanziaria e capace di interloquire in maniera intelligente con il sistema bancario ed in particolare con tutti gli istituiti che cercano un rapporto con partner professionali con cui condividere una gestione del rischio più intelligente, più comune, più efficiente. Abbiamo creato quindi un’opera che interviene su uno specifico bisogno cercando di dialogare con il mondo bancario più illuminato ed abbiamo ottenuto dei risultati importanti. Questo non significa che oggi il problema del credito non esiste, oggi esiste ed è grave e lo sarà molto di più nei prossimi anni proprio per come è stata gestita in passato la finanza internazionale, la stessa malsana gestione che poi ha portato ai crack finanziari. Nonostante la situazione generale, si può lavorare per cercare di sostenere la dignità del singolo imprenditore nel rapporto con il credito attraverso uno strumento che cerca di dialogare con una dignità del fare banca che è ancora presente. È una lotta, ma è una lotta che si può portare avanti.
L’etica è una dimensione personale nel senso che il modo di lavorare oppure il modo di approcciarsi con il cliente che si ha di fronte passa attraverso la singola persona. Può esistere un sistema contrario alla persona come sistema, ma c’è sempre la possibilità che la singola persona possa gestire quello specifico tecnico in una maniera più adeguata al bisogno che deve affrontare con il cliente. Per noi diventa determinante colloquiare con le persone del sistema bancario, ove possibile. Colloquiando con le persone che hanno una consapevolezza e hanno una responsabilità è possibile fare delle cose che magari non sarebbe possibile fare. Nonostante la sfera di autonomia delle singole banche oggi sia molto ristretta, ci sono delle banche che stanno tentando di costruire dei percorsi di crescita.
Come sistemi economici, se da una parte c’è il Capitalismo e dall’altra il Socialismo (Comunismo), il mondo cattolico e la cristianità come si ineriscono tra loro, con un metodo autonomo oppure usando di volta in volta le vesti dell’uno o dell’altro?
Anche qui purtroppo si è abituati a ragionare per schemi contrapposti molto rigidi. Indubbiamente nel Capitalismo ci sono delle cose da valorizzare ed altre assolutamente da stigmatizzare come nel Socialismo ci sono delle cose buone e delle altre da condannare ferocemente. Sicuramente riporre la centralità della singola persona come la vera risorsa dello sviluppo partendo dalla micro impresa, dove chi fa la differenza è sempre la singola persona, fino ad arrivare ai sistemi macroeconomici in cui il capitale umano è un elemento assolutamente determinante e dove la funzione del mercato non è più una funzione così assoluta come possiamo leggere in una chiave rigidamente liberista - capitalista, ma dove il mercato in alcuni casi ha anche una funzione regolatrice, un mercato che si muova su una cultura che favorisca il dialogo e lo sviluppo da parte di chicchessia voglia intraprendere, sia del soggetto che ha tanti mezzi, sia del soggetto che ne ha pochi. Abbiamo una visione di mercato sociale in cui la persona che costruisce un’impresa abbia la possibilità di confrontarsi in maniera paritaria con tutti gli altri soggetti. Noi concepiamo il mercato non come un scontro selvaggio dove vince solo il più forte ma come una piazza dove si possa dialogare e concorrere dentro una responsabilità di costruire qualcosa di comune e di bello e le opere che stiamo portando avanti ne sono un esempio. I distretti e le reti sono gli esempi concreti di una nuova concezione di mercato fuori da una visione prettamente liberistica - capitalistica.
Nel nostro giudizio c’è la centralità della persona che costruisce e che opera e un mercato visto come una piazza dove si concorre per costruire qualcosa di bene. Oggi per costruire è necessario creare un gruppo e delle collaborazioni. Occorre sinergia.
Del socialismo riconosciamo il tema della giustizia sociale, perché la giustizia sociale è un’istanza del cuore dell’uomo ma non può essere ideologizzata, non può costituire una parità di diritto a prescindere dalla responsabilità del ruolo che la singola persona svolge. La giustizia sociale non può essere imposta dallo Stato, ma deve essere costruita dal basso tramite una cultura che afferma il valore dell’altro in una relazione . Purtroppo c’è stata una deriva statalista di un certo tipo di impostazione ideologica che si è rivelata totalmente inadeguata per l’affronto della situazione. Il crollo del welfare è figlio di uno statalismo che ha preteso che fosse lo Stato l’unico ente morale capace di garantire i diritti. Invece i diritti vivono dentro le comunità dove la persona viene educata ad una responsabilità che si confronta sul mercato partendo dalla sua cultura. Oggi il fallimento di uno statalismo di questo tipo può essere affrontato adeguatamente solo recuperando una visione sussidiaria che valorizzi le comunità intermedie che creano opere in grado di affrontare problematiche sociali emergenti meglio dello Stato. Un esempio può essere quello delle scuole materne. La presenza del privato sociale che svolge una funzione educativa oggi è fondamentale perché è in grado di offrire un servizio elevato a dei costi nettamente inferiori rispetto a quelli del servizio pubblico. Questo non significa che bisogna rinunciare ad una scuola prettamente statale, ma bisogna allargare il concetto di pubblico. Se un privato sociale di un certo tipo svolge una funzione pubblica meglio dello Stato bisogna riconoscerlo e sostenerlo. Secondo me bisogna sostenere la società civile che è in grado di creare dei fatti sociali dove i diritti sono esperienze che creano delle opere, che creano una modalità di fare educazione, di gestire i servizi alla persona e di gestire i servizi al lavoro. Se riusciamo a valorizzare tutto quello che di buono c’è nello statale e nel privato sociale e allargare questo concetto di pubblico dove tutti possono portare il loro contributo potremmo decisamente prendere la strada giusta per affrontare una crisi come quella attuale dove il welfare statale è destinato sempre più a soccombere. Per fare questo però è necessaria anche una diversa concezione della politica…
Come vi comportate quando arrivano dei giovani senza bilanci, bilancini e garanzie reali e vi sottopongono i loro sogni e le loro aspettative avendo deciso di tentare la sorte in una attività in proprio?
Quella del rapporto con i giovani è una esperienza bellissima ed entusiasmante. Attualmente stiamo accompagnato trenta giovani che vogliono avviare nuove attività con il progetto Colombo della Provincia di Fermo e siamo molto sorpresi ed in un certo modo anche attratti dalla loro decisione di esserci, di voler fare, di voler costruire. La nostra funzione in questo caso non è quella di sostituirci alla responsabilità del giovane, anzi. Noi lo accompagniamo in un percorso mettendolo in rapporto con una serie di professionalità affinché possa acquisire tutti gli strumenti per far si che il suo tentativo possa stare in piedi sul mercato, per far si che ogni singolo giovane possa diventare il protagonista del proprio futuro. Attraverso la nostra “compagnia” trasmettiamo una cultura ed una esperienza diversa, facciamo capire che nella realtà è possibile trovare un aspetto su cui costruire, anche in una situazione di difficoltà generale come la nostra. Non bisogna piangersi addosso perché non è vero che tutto va male, non è vero che sono tutti delinquenti, ma c’è una possibilità di costruire un bene riconoscendolo nella realtà e costruendo proprio a partire da esso.
La certezza di un bene presente e la possibilità di riconoscerlo e scovarlo nel rapporto con la realtà permette di affrontare le difficoltà, permette di costruire e di vivere, permette di trovare un’idea intelligente, permette di trovare un’iniziativa che può rispondere ad un bisogno a cui nessuno aveva pensato e su cui poter costruire il proprio futuro professionale e lavorativo. Questi trenta giovani che avvieranno delle nuove imprese non avevano un supporto, li abbiamo accompagnati ed abbiamo fornito loro tutti gli strumenti per poter cominciare a fare un bilancio preventivo, per poter fare le analisi di mercato necessarie a verificare la fattibilità economica della loro intuizione, per valutare il riscontro reale della loro iniziativa. Si percorre insieme una strada.
Naturalmente tramite un rapporto di questo tipo passa una modalità di vivere il reale diversa da quella cui oggi è stato introdotto il giovane. Troppo spesso nella società attuale i giovani sono stati introdotti a vivere il rapporto con la realtà dentro una pretesa di diritti, dentro una riduzione del proprio desiderio, è come se fosse impossibile vivere all’altezza del desiderio, come se fosse impossibile trovare una risposta a ciò che cercano in un rapporto costruttivo e responsabile con la realtà. I giovani hanno invece bisogno di figure adulte che comunichino questa possibilità. La CdO è questo, è un luogo dove il giovane uno può essere sostenuto nel suo desiderio reale e profondo ed accompagnato a scoprire che non è vero che tutto è male, che tutto è brutto, ma è possibile costruire, perché il bene c’è.
I vostri parametri valutativi circa i prestiti erogati sono identici per tutta la Regione Marche oppure cambiano da Provincia a Provincia a seconda delle diverse caratteristiche territoriali o culturali, e se sì, quali variabili incidono per la Provincia di Fermo?
Per quanto riguarda l’attività del Consorzio Fidi in effetti ogni territorio ha delle peculiarità piuttosto evidenti. Nella Regione Marche abbiamo l’ascolano con delle caratteristiche specifiche, il fermano - maceratese che è molto simile, l’anconetano che ha delle altre specificità e Pesaro con una cultura nettamente diversa. Soprattutto a livello culturale c’è un approccio differente. Cerchiamo di adattarci in maniera intelligente, almeno tentiamo, sulle singole situazioni in modo da favorire lo sviluppo che la particolare situazione richiede. In certi casi occorre passare da una fase assistenzialista ad una fase di maggiore responsabilità d’impresa, in altri bisogna superare un certo individualismo perché lo sviluppo si apra a delle collaborazione esterne e a delle partnership per costruire un sistema di rete, in altri ancora bisogna lavorare perché si rinunci ad una autoreferenzialità che non è più suffragata da un contesto di mercato. Ci sono tanti mondi, tante posizioni, tante realtà. Nello specifico la Provincia di Fermo ha una grande vivacità imprenditoriale e molto ha influito il contesto familiare nella creazione delle piccole e medie imprese e c’è una esperienza di distretto che nei diversi settori ha creato delle buone forme di collaborazione. Indubbiamente però ci sono due sollecitazioni forti che oggi la realtà chiede. Da un lato lo sviluppo di una cultura d’impresa più consapevole e più centrata sul valore del capitale umano e che quindi accetti la sfida di imparare e di farsi educare, di ritornare a scuola. L’altro punto fondamentale è la necessità di far emergere realtà imprenditoriali più importanti abbandonando la concezione individualistica di fare impresa. Bisogna sviluppare un modo di fare impresa più aperto, con la consapevolezza che da soli non si fa nulla e che il ruolo dell’imprenditore è quello di coordinare e valorizzare le risorse che ha. Più risorse si hanno e più le si valorizza e le si mette in rete e più cresce l’impresa. Nella cultura d’impresa bisogna distinguere sempre di più tra il valore dell’impresa e il valore dell’imprenditore. Il valore dell’impresa è una responsabilità sociale più grande dell’imprenditore stesso, perché il bene comune che crea un imprenditore è un’impresa che permane nel tempo anche senza di lui, anche quando lui non ci sarà più. Quando ci sarà il cambio generazionale oppure quando ci si rende conto che per poter continuare quell’attività si devono valorizzare dei collaboratori, l’imprenditore deve essere disposto a lasciare spazio. C’è troppa mortalità aziendale perché ancora non è stato approfondito il valore sociale del fare impresa. Oggi un imprenditore deve organizzarsi affinché la sua attività possa poi continuare anche quando lui non ci sarà più e non dovranno essere necessariamente i propri familiari a continuare l’impresa perché avere la prospettiva della continuità come valore sociale implica anche avere una dimensione più grande della dimensione familiare dell’impresa stessa.
Attraverso il prestito alle aziende come sarebbe possibile aumentare gli investimenti esterni agli stessi abitanti della Regione Marche per dare un maggiore impulso all’economia regionale?
Le do una risposta spiazzante, oggi un tema assolutamente strategico per le nostre imprese marchigiane è l’internazionalizzazione. Acquisire ed occupare quote di mercato nel mondo è assolutamente fondamentale per garantire una sopravvivenza ed una prospettiva di sviluppo al tessuto delle nostre imprese. Se l’internazionalizzazione è fatta con intelligenza significa da una parte sostenere il tessuto produttivo che c’è qui e dall’altra anche creare delle opportunità dirette sul nostro territorio. Alcuni imprenditori più avveduti stanno legando molto il loro fare impresa alla valorizzazione del territorio ed andare in giro per il mondo in questo processo di internazionalizzazione, valorizzando il territorio, ha sicuramente degli effetti a ricaduta riguardo a stranieri e persone di altri paesi che vogliono venire qui ad investire, comprando casa, aprendo attività e quant’altro. Tanto più siamo internazionalizzati, tanto più potremo avere anche un ritorno sul territorio.
Ora facciamo un gioco, le elenco alcune citazione famose sul denaro, mi dica che ne pensa anche con una sola parola. Cominciamo...“Il mezzo è il messaggio” diceva Marshal Mc Luhan, possiamo dire che “Il denaro è il fine”?
No, il denaro non è un fine. Il denaro è uno strumento per costruire qualcosa di buono che risponda al cuore dell’uomo. L’uomo per essere felice non ha bisogno del denaro ma ha bisogno di qualcos’altro. Per l’impresa il denaro è importante, ma lo scopo dell’impresa non è il profitto, è rendere felice chi ci lavora.
“Naturalmente nella vita ci sono un mucchio di cose più importanti del denaro: ma costano un mucchio di soldi!” (Groucho Marx)
No, nella mia esperienza personale, le cose più importanti della vita sono quelle che non costano nulla, sono quelle che ti sono date gratuitamente, quelle che non ti aspetti ma che qualcuno ti da e che ti cambiano il modo di vivere.
“Vissero infelici perché costava meno.” (Leo Longanesi)
No, la felicità non è un dato materiale. La felicità è incontrare qualcosa di grande che risponde alle esigenze più profonde che noi abbiamo.
“Una piccola quantità di denaro che cambia di mano rapidamente farà il lavoro di una grande quantità che si muove lentamente.” (Ezra Pound)
Sì, sono d’accordo. Le nostre micro imprese del territorio ne sono l’esempio. Piccole attività che però hanno creato il benessere diffuso della nostra società locale. Non abbiamo avuto il grandissimo imprenditore, la Fiat del Fermano per intenderci, ma ne abbiamo avuti tantissimi ciascuno dei quali ha fatto la sua piccola parte nel creare benessere nel nostro territorio.
“In fondo al cuore le donne pensano che compito dell'uomo è guadagnare soldi, e compito loro spenderli.” (Arthur Schopenhauer)
La realtà marchigiana ci dice che per creare un’impresa il ruolo della donna è assolutamente fondamentale. Le nostre imprese familiari hanno dimostrato che la verità non è questa, è il contrario. La donna pur non avendo un ruolo di rilievo all’interno dell’azienda, è fondamentale perché garantisce quella stabilità affettiva, di assetto, di prospettiva, di costruzione comune che oggi nell’impresa è centrale. La stabilità di una famiglia permette di fare un investimento a medio e lungo termine e di avere una visione nel lungo periodo perché ci sono i figli, bisogna dare loro una prospettiva, ci sono i dipendenti … e così via. Quando non c’è una stabilità familiare e si vive il rapporto con la donna non dentro una stabilità, ma dentro una occasionalità, questo si riflette anche nel modo di fare impresa.
Ma alle donne comunque piace spendere soldi.
Dopo si spendono, se ci sono … Sì, certo, prima si fanno, poi si spendono.
“Oggigiorno i giovani credono che il denaro sia tutto, e quando sono grandi ne hanno la certezza.” (Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, 1891)
È verissimo, perché il mito creato oggi dalla cultura dominante è proprio questo ed è la fonte, a mio avviso, del disagio giovanile. Quando questo sogno è irraggiungibile è come se uno non avesse più consistenza e ci si considera incapaci di avere un ruolo sociale significativo. Oggi si crede che un ruolo sociale significativo ce lo abbia solo chi può esporre i propri beni di lusso. Questo è un vero e proprio omicidio culturale perché si riduce il desiderio del giovane. Il desiderio del cuore di un giovane non è quello di avere più soldi ma è quello di rispondere all’esigenza di giustizia, di verità, di felicità. Questa riduzione del desiderio condanna i giovani a non avere una personalità, a non avere una struttura umana capace di affrontare le difficoltà ed ad essere in totale balia delle reazioni emotive del momento. Questo è il quadro della situazione attuale ma grazie a Dio non è tutto così …
“Nulla è più indispensabile del superfluo.” (Jean-Jacques Rousseau)
Condivido l’affermazione ma da questo punto di vista: quanto più si è educati a vivere il rapporto della realtà con attenzione, tanto più si è in grado di cogliere l’importanza di un particolare che diventa importante per vivere il tutto. Se uno vive una esperienza bella, anche l’ordine presente in un ufficio lo esprime, per esempio. Anche il particolare può diventare espressivo di una cultura che uno vive. Anzi, una cultura è reale se arriva fino al particolare che è quello che viene considerato superfluo. Gustare in maniera adeguata un bicchiere di vino essendo riconoscenti della grandezza della nostra natura che ci stupisce per le sue meraviglie è un’esperienza esaltante che valorizza e da dignità anche al superfluo.
“Il denaro non conterà molto, ma molto denaro conta.” (Giovanni Soriano, Maledetti. Pensieri in soluzione acida, 2007)
Questa è una affermazione apparentemente vera, però la storia ci dice che quello che rimane nel tempo non è la potenza economica. Tutti gli imperi sono crollati, tutti gli imperi sono destinati a crollare. È crollato l’impero Romano, ora sta crollando l’impero occidentale. Quello che invece è indistruttibile nella storia del tempo è un’esperienza di verità dell’umano.
“Coloro che credono che col denaro si possa fare ogni cosa, sono indubbiamente disposti a fare ogni cosa per il denaro.” (Edme-Pierre Beauchene)
È così! L’esempio di questa affermazione è dato dalla cultura finanziaria che si è imposta negli ultimi anni. Il profitto di breve termine ed ad ogni costo, l’illusione di poter soddisfare qualsiasi tipo di bisogno con l’indebitamento hanno portato al crollo dell’impero occidentale.
“Datemi il lusso! Farò a meno del necessario.” (Oscar Wilde)
Dipende da come ci si rapporta con il lusso, se se ne è schiavi oppure liberi. Se un amico ti porta a fare una gita su uno yacht di trenta metri uno lo apprezza, ma se non ci vai non ti manca comunque nulla. Magari non vai in barca ma vai a fare con tua moglie un giro al porto e rimani stupito dalla bellezza del mare.
“La massima ambizione dell'uomo? Diventare ricco. Come? In modo disonesto, se è possibile; se non è possibile, in modo onesto.” (Mark Twain)
Sì, questa affermazione è acuta perché descrive uno dei miti della cultura dominante del nostro secolo. Ma questo tipo di cultura è destinata a finire presto. Questo è un mondo finito. Seguire la ricchezza in questo modo significa diventare tutti più poveri perché la ricchezza per essere creata e prodotta ha bisogno di una esperienza di verità nell’umano. Le ricchezze create stravolgendo un’esperienza vera sono destinate nel tempo a crollare.
“L'avaro è senz'altro un pazzo: che senso ha, infatti, vivere da povero per morire da ricco?” (Decimo Giunio Giovenale, Satire, I/II sec.)
È totalmente condivisibile. Il rapporto con le cose materiali, con gli oggetti, con la ricchezza, con il denaro, si apprezza fino in fondo se diventa strumentale per raggiungere un obiettivo più adeguato al desiderio personale che è qualcosa di più profondo altrimenti diventa una schiavitù e tu diventi schiavo di qualcosa che ti domina, sei schiavo del denaro, non sei un uomo libero.
Vorrei morire ucciso dagli agi. Vorrei che di me si dicesse: "Come è morto? Gli è scoppiato il portafogli". (Marcello Marchesi 1912 - 1978 Umorista e scrittore italiano)
Questa è simpaticissima. La condizione della vita è la fatica. E la fatica tendenzialmente non si vorrebbe farla, si preferirebbe vivere negli agi, però il nostro cammino di verità umana ha bisogno della fatica.
“C'è una sola classe, nella società, che pensa al denaro più dei ricchi, ed è quella dei poveri. I poveri non riescono a pensare ad altro.” (Oscar Wilde, L'anima dell'uomo sotto il socialismo, 1891)
È vero, perché quando il mito dominante è quello della ricchezza è chiaro che tutti sono proiettati e giudicati da questo mito. Questo crea una conflittualità sociale enorme, siccome quello che da consistenza è solo il raggiungimento della ricchezza, pur di raggiungerla, si è disposti a tutto.
“Dire che uno stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri.” (Ezra Pound)
Nella gestione di uno Stato l’utilizzo del denaro è fondamentale. Come lo si utilizza dipende tutto dalla visione generale che uno Stato ha della cosa pubblica. Da come viene usato infatti ci capisce se la centralità dell’azione dello Stato è volta a sostenere la persona, il singolo io, perché possa esprimersi oppure a dominarla.
“L'attuale creazione di denaro dal nulla operata dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto.” (Maurice Allais – Premio Nobel Economia nel 1988)
Condivido totalmente questo tipo di affermazione. Quello che dicevo prima, nella cultura dominante è talmente fondamentale rispondere al raggiungimento di un determinato status sociale che è stato creato il mito che ciò si poteva raggiungere indebitandosi. Ma in questa maniera si è creato un meccanismo che ha trascinato nel crollo la finanza mondiale. Certe banche d’affari avevano capitale uno e potevano investire cinquanta.
Una cultura che da una parte ha visto la povera gente spinta dal bisogno di dover raggiungere certi status sociali indebitandosi e, dall’altra, i manovratori della finanza che guardavano esclusivamente al raggiungimento del risultato di breve periodo anche se questo avrebbe portato allo sconquasso di tutto il sistema. I bonus, i profitti dei manager legati alle stock-option, tutto è legato al raggiungimento di un risultato di breve periodo. Proprio questa gestione non intelligente ha portato alla rottura. Chi ha preso le stock-option magari non ne ha risentito più di tanto, ma le banche hanno dovuto cominciare a fare delle politiche restrittive sul credito nei confronti delle imprese e gli Stati si sono dovuti indebitare tantissimo per salvare le banche. Per coprire il deficit gli stati aumentano l’imposizione fiscale senza però riuscire a risolvere la situazione e questa mole di debito che c’è nel sistema economico è lì pronta per esplodere un'altra volta.
Gli ebrei sono notoriamente famosi per la loro parsimonia ma allo stesso tempo sono noti per l’ironia con la quale trattano la questione denaro. Noi cristiani abbiamo lo stesso approccio umoristico oppure il nostro vero tabù non è il sesso ma il denaro stesso?
Secondo me è contingente alla mentalità dominante, siccome lo status sociale dipende da quanti soldi si hanno, qualcuno, chi i soldi li ha, ne parla tranquillamente e lo fa vedere, chi non ce li ha cerca di nasconderlo acclarando una situazione diversa dalla reale e l’indebitamento di tante famiglie oltre il lecito avallato dalle banche ne è la dimostrazione. Il nostro problema è quello di non avere la libertà di ammettere che non ci possiamo permettere un certo stile di vita perché non abbiamo i soldi.
Tutti noi abbiamo un prezzo. Per Giuda, Gesù Cristo è costato 30 denari, eppure il Cristo era il Padre Eterno. Secondo lei invece, Berlusconi, quanto vale?
Io parto dall’esperienza che qualsiasi persona, da Giuda a Berlusconi fino ad arrivare a San Giuseppe, proprio perché è un segno della presenza di Dio ha valore assoluto e inestimabile.
Sì, ma se dovesse dare un valore, il Papa, per esempio quanto vale? Se per lei Don Giussani vale 31 denari, gli altri quanto valgono?
L’uomo vale in quanto segno di una presenza divina e tutti valgono allo stesso modo proprio per questo. Dopo, chiaramente, esistono degli uomini che hanno una maggiore consapevolezza di questo e che quindi possono aiutare gli altri a vivere in maniera più elevata questa consapevolezza. In quest’ottica queste persone hanno un “valore” più grande perché aiutano tutti ad avere una consapevolezza più vera. Il Papa, grazie a Dio, è un faro oggi, è un uomo che ci fa vivere la consapevolezza del destino infinito che abbiamo. Andiamo dietro al Papa perché ci aiuta su questo, ed è lo stesso Papa che ci aiuta a recuperare il valore di ciascuno.
E se dovesse fare una classifica degli uomini che hanno più valore, chi indicherebbe?
È una risposta personale, dipende dagli incontri che ogni persona ha vissuto. Nella storia di ogni individuo ci sono degli incontri e delle presenze che sono state particolarmente significative per se e per il proprio cammino umano. Per me Don Giussani è stato sicuramente un incontro fondamentale come lo è stato Giorgio Vittadini, che ha fondato la Compagnia delle Opere, direi poi mia moglie, anche lei è una presenza assolutamente importante e lo stesso vale per gli amici più prossimi che ho.
Come ha speso i suoi primi soldi guadagnati “onestamente”, comprando un mazzo di fiori alla sua fidanzata oppure dandoli in prestito per qualche iniziativa economica di altri?
La mia prima esperienza di lavoro è stata in banca ed il primo stipendio che ho preso è stato quello da bancario. Dopo l’università ho vinto un concorso e sono andato a lavorare in banca. In due mesi mi sono fidanzato ed ho trovato il lavoro e chiaramente abbiamo cominciato subito a pensare ad una stabilità per una futura famiglia.
Ma si sarà comprato qualcosa con questi primi soldi, si sarà tolto un capriccio, oppure ha fatto un regalo alla sua fidanzata?
Non lo ricordo.
Scriviamo un mazzo di fiori?
No, no, dopo mia moglie non ci crede…(ride)…beh…ho subito iniziato a progettare il futuro.
Per fare carriera nella vita bisogna essere “i parenti di…” oppure c’è ancora spazio per il talento personale?
C’è assolutamente spazio per il talento personale. Assolutamente. Questo non significa che non esistono situazioni in cui … però se oggi si accetta la sfida del mercato, ci si mette in discussione, il talento personale, se è accompagnato, ha la possibilità di esprimersi. Tutti possono trovare una strada. Tutti. Ne sono assolutamente certo.
Se dovesse dare un consiglio ai giovani che cosa raccomanderebbe loro?
Direi di puntare tutto sul proprio desiderio, avendo l’umiltà di imparare, di imparare da un altro, di seguirlo, direi loro di mettersi in gioco, di costruire , di tentare un’avventura, di lasciarsi giudicare dalla realtà e di frequentare un luogo che li aiuti ad essere realisti nell’affronto della vita e a sostenere il desiderio di buono che hanno.
Ci dia il suo pronostico sull’attuale crisi economica, vinceremo, pareggeremo oppure ci stiamo avvicinando allegramente ad una sonora sconfitta?
L’instabilità economico finanziaria che c’è non è finita, prevedo che ci saranno altri gravi problemi in futuro perché questo stock di debito che è in giro per il mondo e che ha coinvolto tutti gli Stati si scontra oggi con una incapacità di governance a livello mondiale. C’è qualcuno, l’America, che persegue una dinamica inflattiva, c’è l’Europa che tenta di fare una politica di austerità e di contenimento dei deficit, insomma, c’è uno scontro tra diverse posizioni per cui c’è il rischio di ulteriori crisi e di ulteriore impoverimento della gente. Quello che sta accadendo nei paesi del Mediterraneo è il segno di come la speculazione finanziaria continua a creare dissesti nel mondo ed oggi sta premendo tantissimo sulle materie prime, i beni rifugio. Da una parte prevedo quindi delle grandi turbolenze, dall’altra sono certo che gli uomini che sono al lavoro, che hanno accettato la sfida del cambiamento, che si sono messi in discussione, che stanno percorrendo delle nuove strade possano sempre continuare a creare un processo si sviluppo per se e per la propria famiglia diventando testimoni di una possibilità di umanità per tutti. Quello che cambia la storia non è la potenza del denaro ma è l’uomo che ha incontrato una cosa grande che gli ha cambiato il cuore, un uomo quindi capace di affrontare una situazione difficile continuando a costruire per se e per gli altri.
Qualche anno fa è stato consegnato il premio Nobel a Muhammad Yunus per la sua Banca Etica, con la quale ha fatto dell’economia la migliore forma di solidarietà.
Qual è il suo pensiero circa questo premio e principalmente qual è il suo pensiero sulla solidarietà?
Per me fare qualcosa di etico non è solamente partecipare ad una singola iniziativa. Ben vengano le iniziative specifiche, noi, per esempio, come Compagnia delle Opere siamo impegnati su tante opere non profit ed anche io sono impegnato su delle opere non profit però mi rendo conto che la dimensione che io chiamo della carità deve essere vissuta sempre, dappertutto, perché se diventa il momento del tempo libero oppure del volontariato rimane qualcosa di parziale. Noi abbiamo bisogno che la solidarietà diventi una posizione umana con cui tu lavori, affronti il problema delle banche, affronti il problema dell’altro che ti chiede il lavoro, affronti il problema del tuo dipendente. La passione rispetto a ciò che l’altro è può essere vissuta nel quotidiano in tutto. Solo così possiamo fare l’esperienza affascinante di un cammino verso il nostro Destino. Noi abbiamo bisogno di uomini che costruiscono la loro opera nello specifico che portano avanti. Un’opera solidale è l’esperienza che il singolo fa quando lavora oppure che la donna fa quando è a casa con i figli, è lì che costruisce una società giusta, una società vera, una società solidale.
Ritornando al premio, quella del micro credito è bellissima iniziativa, anche noi abbiamo messo in atto un’opera di micro credito qui in Italia per aiutare chi oggi deve intraprendere. Ecco vede, il problema è che, oltre a guardare quello che succede in giro, dobbiamo renderci conto che abbiamo tutti delle responsabilità per la situazione in cui siamo.
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