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venerdì 5 giugno 2015

Poche elette. Di chi la colpa?




Quando la statistica si racconta senza citare i colpevoli diventa solo un esercizio dialettico che non serve a nulla, eppure per dire le cose come stanno servirebbe avere il coraggio della realtà e la voglia di correre anche il rischio di  non risultare tanto simpatici dicendo le cose per come stanno.

In Italia abbiamo circa la stessa ripartizione di elettori, tanti sono donne e tanti sono uomini, e siamo alla parità, ma poi ci si accorge - guarda caso sempre dopo aver sottolineato le solite riflessioni elettorali - che se ci sono 50 uomini che votano, ce ne sono 80 che vengono eletti, mentre se ci sono 50 donne che votano,  le elette sono solo 20, e per spiegare questo si dicono sempre le stesse amenità senza mai arrivare al nucleo principale del dramma, ovvero che, se ci sono poche donne che vengono elette è principalmente perché le donne non votano per le altre donne.

E le ragioni di questa sfiducia sono ataviche, strutturali, umane, antropologiche e anche politiche, ma non sempre, solo qualche volta, per il resto il voto femminile è sempre più un voto viscerale, e quando votiamo, noi donne, pensiamo a tante cose, usando per ultima la solidarietà femminile. Il caso delle dimensioni forzate imposte all’ex Sindaco di Fermo, Nella Brambatti, ne sono la dimostrazione, infatti non ottennero quella solidarietà femminile che ci si sarebbe aspettata specialmente dalle donne del suo stesso partito.

Ogni tanto si sentono certe citazioni che sconcertano, per esempio una dice che come si odiano le donne fra loro neppure i maschi riescono a farlo con i loro simili, ma quella che più mi fece ridere la disse un tale riguardo le operazioni di chirurgia estetica femminile, mi disse che le donne si rifanno le tette non per attirare i maschi, ma per fare un dispetto alle altre donne, e ripensandoci trovai giustissima la frase, anche se a lui non dissi altro che fosse il solito luogo comune.

E se partiamo dalla pochissima voglia delle donne di far emergere altre donne che non siano loro stesse, e se ci aggiungiamo la cronica mancanza di grandi stimoli politici diversi dal diventare come i maschi, e ci aggiungiamo ancora la totale mancanza di una forma e di una sostanza politica coniugata al femminile, il quadro sarebbe più chiaro e dovremmo ammettere che tra i tanti partiti o movimenti, l’unico in grado di dare almeno la parvenza di parità dovremmo dire che sia il Movimento 5 Stelle.

Per citare il colpevole non bisognerebbe ricorrere all’ipocrisia di dare la colpa ad altre situazioni perché le prime ad essere colpevoli di non mandare tante donne, per quanti sono gli elettori, in amministrazioni o Parlamenti vari sono in prima istanza le donne stesse.
Infatti ai maschi si tende a scusare tutto, del resto l’istinto materno questo ci comanda, ma verso le donne non perdoniamo niente, che siano le chiacchiere da bar o solo le ingiuste considerazioni maschili circa certi lati B delle giovani politiche. Noi donne scusiamo ai maschi pance prominenti e villanerie degne del peggiore postribolo, mentre verso le altre donne siamo sempre pronte a sparare le solite invidie represse o le infamie che raccontiamo alle amiche con il piacere sottile dell’ingiuria fine a se stessa.

Ricordiamoci alle prossime elezioni di votare le altre donne per smentire il luogo comune, ma sono quasi certa che le mie saranno parole al vento. La prossima volta, magari, le elette saranno ancora meno del previsto, ma a quel punto il vero colpevole lo conosceremo prima che commetta il reato.

Laura Gioventù


venerdì 20 febbraio 2015

Nella, e le Altre?





Il primo tentativo di mettere una donna sulla poltrona di sindaco di Fermo è stato interrotto da cose che ognuno, nel silenzio della sua coscienza, deciderà se serie oppure solo artificiose, e di certo non mancheranno ripensamenti e nostalgie, ravvedimenti oppure altre ipocrisie, ma dal frastuono dei commenti espressi, con o senza ispirazione, manca una cosa molto importante e, a questo punto molto decisiva.

Va bene Nella, che è caduta restando ben salda sulle gambe, vanno bene i cospiratori che nel ruolo di Bruto sono stati perfetti, e le cause e le conseguenze delle loro azioni le dovranno spiegare agli elettori a cui andranno ad elemosinare il voto ma….ma le altre dove sono?

Per altre intendiamo le altre donne del PD Fermano, quelle che sono Consigliere Regionali e Provinciali, Sindaci o vice Sindaci di alcune città del territorio, Assessore o semplici Consigliere di quelle stesse città, quelle che avrebbero dovuto esprimere, non dico solidarietà, ma almeno vicinanza in nome di una appartenenza comune alle quote rosa, quelle stesse che sono bravissime a farsi fotografare in ogni circostanza ma poi incidono in nulla se si parla di politica o di strategie partitiche, le stesse che non uscendo allo scoperto stanno legittimando l’indiscusso potere maschile sulla politica Fermana, quelle che a questo punto sono da considerarsi solo tappezzeria o sorrisi pronti per la partenza del carnevale o della maratona.

Nella ha dimostrato di avere stoffa anche per tutte le altre, il fatto è che tutte le altre sembrano non capire che non è stato mandato via un sindaco, ma è stata negata ad una donna la soddisfazione di essere dimessa dopo un confronto, come se non la si considerasse degna di potersi difendere e questo se a molte piace per la solita storia per la quale sono le donne le peggiori nemiche delle donne, di contro fa capire come poco incidano le quote rosa se poi vengono elette persone che non sanno guardare i problemi nella loro essenza vera e non propagandistica.

Ora si andrà alle elezioni anche a Fermo, ma a questo punto mi chiedo a cosa servano le quote rosa se poi la prima donna sindaco di Fermo non riesce neppure ad avere la solidarietà femminile delle altre donne del suo stesso partito, o se le altre donne del suo stesso partito reputino più importante apparire sui giornali o alimentare sterili dibattiti sui social per testimoniare la loro scialba esistenza nella vita politica territoriale?

Nella tornerà alle sue cose private e siamo certi che in molti già la stiano rimpiangendo perché, come diceva qualcuno, si ha spesso la "nostalgia del presente", immaginiamoci di un presente senza le Altre!

Laura Gioventù

lunedì 13 maggio 2013

Donne & Lavoro. Orgoglio senza pregiudizi secondo Daniela Minnetti


Abbiamo incontrato Daniela Minnetti, consigliere comunale di Porto San Giorgio (FM) e con lei abbiamo affrontato il discorso sul rapporto tra donne e lavoro.






mercoledì 1 settembre 2010

CRONACHE DI UN’ASSOCIAZIONE ANNUNCIATA

Il sabato dei ritardi.
Di Laura Gioventù







È sabato.
Sabato pomeriggio.
Il solito sabato del villaggio.
Del solito villaggio.
Il sabato di quattro amiche, donne, mogli e mamme che si ritrovano per il caffè, al solito bar, per le solite chiacchiere, nel solito villaggio.
Un villaggio chiamato Porto San Giorgio.
Sì, un villaggio, -non potrebbe essere definito altrimenti, perché non è grande nemmeno quanto un quartiere di Roma- dove si vive “tanto bene” con le case tutte nane!

Al solito, tra gli impegni di una o di un’altra è difficile organizzarsi ma, al solito, ci riusciamo sempre.
Al solito dovremmo essere in quattro. Questa volta siamo io, Lucia, Caterina ed Elisa…ma Elisa dov’è?
Elisa come al solito ancora non si vede. Lei è sempre in ritardo! Riesce persino a fare peggio di me, ma ogni volta, come al solito, si salva con una scusa sempre nuova. Chissà che cosa s’inventerà questa volta.

Ma eccola, eccola che arriva, Elisa. Impossibile non notarla.

-ragazze, avete già ordinato?-

Esordisce mentre si mette subito seduta. È sempre un po’ agitata. Oggi più del solito. Lo si percepisce nel tono della voce, alto e veloce con punte di acuti assordanti, ma anche nel modo di camminare.
Anche lo sguardo è irrequieto. Gli occhi grandi, che trucca sempre molto, ora guardano in alto, poi in basso e si distraggono spesso come a voler tenere tutto sotto controllo, sempre e comunque.

-Sei in ritardo di mezz’ora! Si può sapere questa volta che hai da dire a tua discolpa? E non mettere in mezzo tuo marito, perché questa è una scusa che non regge più! Inventane un’altra!-

Le dice Lucia ironizzandoci su, ma lei precisa.

- Il ritardo non è di mezz’ora ma di due mesi e mezzi … giorno più giorno meno …-

A quel punto tutte noi ci sentimmo contente per lei, e non mancammo di dirglielo con la solita appendice gossippara.

-Ma è una notizia fantastica che ci coglie di sorpresa! Che bello … tanti auguri!! ... come la Nannini, del resto è la tua cantante preferita.-

-… auguri un par di palle! …ed io non sono la Nannini!!-

-Elisa, ma che dici?-

Immediatamente è il silenzio!  

-Ragazze, non mi guardate con quelle facce, avete capito benissimo!
Fare un figlio in queste situazioni è una fregatura.
Non ne ero sicura, speravo di sbagliarmi, pregavo e scongiuravo che non fosse vero.
Poi ho fatto il test.
Sono in attesa di un altro figlio.
Non so che fare. Non me l’aspettavo, non era previsto e neppure lo avevamo programmato!
Ed ora che farò con il mio lavoro?-


-Adesso che c’entra il lavoro con il figlio?-

Elisa si fa immediatamente seria ed ha gli occhi piedi di lacrime. La guardiamo ammutolite mentre continua a parlare.

-Al lavoro in passato ho creduto fino in fondo. Volevo essere intraprendente e piena di iniziativa, e mi sono ritrovata peggio di una stacanovista. Producevo, producevo senza sapere nemmeno che cosa stessi facendo. E più mi chiedevano più davo. Sempre, senza riserve e senza limiti! E come se non bastasse spesso mi portavo anche il lavoro a casa. Pensate quanto siamo fesse! Credevo che prima o poi mi avrebbero fatto fare qualcosa di più interessante. Ero addirittura convinta di fare carriera. Pensate un po’! Naturalmente pensavo male!
Solo dopo essermi sposata ho capito che qualche cosa non funzionasse. E l’ho capito esattamente dopo la nascita di mia figlia. Carriera finita, orari impossibili, proposte improbabili e condizioni assurde. Mi sentivo davvero sfruttata. Mi hanno anche detto "Se non fai quello che dico io, te ne stai a casa a fare la mamma!” oppure frasi come “Troppo tempo sprecato dietro i figli”. Perché, secondo loro, quel tempo lo avrei dovuto dedicare solo al lavoro. E' come se avere dei figli significasse in qualche modo essere monche, limitate, impedite.
A quel punto ho focalizzato il vero problema.
Ho capito che una donna sposata e con i figli non ha scampo, o si licenzia oppure accetta qualsiasi ricatto.
E non parliamo di carriere, quelle finiscono appena ci si sposa!
Io che cosa ho fatto? Ho resistito! Credevo che non fosse possibile accettare un licenziamento, ma alla fine hanno vinto loro. Ci sono riusciti. Alla fine lo hanno fatto. Mi hanno licenziata!
E sapete la cosa buffa qual è? Che al danno si è aggiunta la beffa!
A licenziarmi è stata una donna.
Sì, avete capito bene!
Una donna, una donna sposata, una donna con i figli, come me, come te, come noi.
Una donna che voleva far vedere all’azienda quanto lei fosse ligia alle regole.
Vi ricordate quella famosa canzone di VECCHIONI “SRONZA come un uomo”?
Ecco,esattamente così, una STRONZA!
Dopo che cosa è successo?
Ho dovuto fare la mamma.
Ovviamente la mia carriera è finita.
Ovviamente sono stata dipendente economicamente in tutto da mio marito.
Ovviamente sono andata in depressione.
Poi, dopo anni, ho deciso di ricominciare a vivere. Mi sono messa sul mercato del lavoro ma, con un marito e con una figlia sulle spalle se non accetti quei lavori saltuari e precari che ti propongono sei fuori dal mercato!
Da qualche mese ne ho trovato uno “decente”. Non mi piace ma me lo faccio piacere per forza.
Questo lavoro “decente” termina tra tre mesi per un altro eventuale rinnovo. Ma tra tre mesi sarò già entrata nel quinto mese di gravidanza e a quel punto nessuno mi rinnoverà più nulla.
Adesso avete capito perché è una fregatura?
Per non parlare  poi di tutte le spese relative alla gravidanza e al dopo che si dovrà accollare mio marito. E sinceramente non so come faremo ad arrivare alla fine del mese.
Se porterò avanti la gravidanza diventerò mamma per la seconda volta. Bello, ma se non la porterò a termine continuerò ad essere una persona normale con la sua dignità lavorativa ed
umana.-

A quel punto Lucia mugugna un commento e lo fa come se parlasse a se stessa. Come se si dicesse una verità che si era sempre evitata di confessarsi.

- Io invece ho mollato tutto, non ce l’ho fatta. All’inizio ho chiesto il part-time ma non me lo hanno concesso. Mi sono sentita dire “la porta è quella, se non ti sta bene te ne vai!” Sono stata costretta a scegliere e non ce l’ho fatta. Ho lasciato il lavoro e una carriera promettente e sono tornata a casa per i figli. Una donna di casa, ma fino a quando? Presto i figli cresceranno, e dopo? Ho fatto della famiglia l’unica mia ragione di vita.
Solo questo. Mi rimane solo questo…
Forse alla lunga anche io sarò una di quelle mogli cornificate dai soliti mariti che con la scusa di mantenere la famiglia li vedi uscire di casa al mattino tutti lindi e pinti e li vedi rientrare la sera tardi senza sapere minimamente che cosa hanno fatto delle loro giornate. Del resto loro non hanno sacrificato la loro vita, il loro lavoro, la loro carriera. Siamo noi donne che facciamo tutto ciò. A questo punto vi chiedo se facciamo bene, perché è tanto tempo che ho molti dubbi su questa storia.-


Cala una strana atmosfera sulle nostre teste.
“Ognuna in fondo persa dentro i fatti suoi!” Come quella famosa canzone di Vasco Rossi che tutti cantiamo, vedo Elisa e Lucia che guardano punti indefiniti nello spazio.
Ognuna persa dentro i fatti suoi.
Ognuna persa dentro i problemi suoi.
Ognuna persa dentro i pensieri suoi.
Ognuna persa dentro un universo femminile sempre uguale dappertutto.
Anche Caterina, anche lei sembra essersi persa. Anche lei, che non ha detto una sola parola, fissa su un punto indefinito del cielo.

Io ero lì, davanti a loro, e mentre le guardavo riflettevo.

Il problema esiste, ma non basta parlarne.
Forse è il momento che noi donne cominciamo ad organizzarci ed ha trovare soluzioni concrete altrimenti non arriveremo da nessuna parte.
Basta con le chiacchiere, basta con le sterili lamentele.
Non dovremmo permettere alla paura di fermarci, ma di spingerci ad andare avanti.
Superiamo l’individualismo e cerchiamo concretamente di venir fuori dalla palude.
Usiamo tutta la nostra capacità e le nostre mille risorse per reagire e metterci di nuovo in gioco!
Non ci lasciamo scoraggiare da un sistema ancora troppo maschilista.
Siamo sempre così impegnate nel vedere le altre donne come delle rivali.
Smettiamola! Anche questo ci penalizza.
Osserviamo invece i comportamenti solidali che l’altro sesso adotta con i propri simili.
Facciamo come fanno i maschi, che non mantengono la rabbia ma la stessa solidarietà di quando vanno a giocare a calcetto.
Annulliamo le diffidenze, le invidie e le rivalità e mettiamoci insieme, l’unione fa la DONNA.


Cara Elisa,

Care Amiche,

Care Donne,

Recentemente, come molte di noi, mi sono trovata nella condizione di cercarmi un lavoro, sia per ragioni economiche sia per ragioni puramente organizzative.
Senza un lavoro le giornate sono lunghe e si rischia spesso la depressione della casalinga. Durante la ricerca mi sono imbattuta nelle situazioni che tutte noi conosciamo bene: false promesse, ipotetiche assunzioni e anche proposte che nella realtà generalmente definiamo indecenti.
Ma la cosa che più mi ha fatto pensare è stata la paura che una donna alla ricerca di lavoro possa anche decidere di diventare madre e solo questo pensiero terrorizza i sedicenti datori di lavoro, maschi e femmine fa lo stesso, circa l'impossibilità di poter lavorare solo perché si voglia procreare.
Per mantenermi comunque impiegata e non volendo accettare la routine delle vane attese, ho iniziato a tenermi occupata facendo cose che prima non ritenevo possibili come collaborare con alcuni siti informatici con spiccate finalità giornalistiche e promozionali dando vita a delle interviste con personaggi politici e non della nostra Provincia e della nostra Regione. Ve lo confesso, ero spaventata, solo l'idea di formulare delle domande per poi pubblicarle su un sito mi metteva timore. Poi, come spesso accade, la cosa inizia a piacerci, affinando, intervista dopo intervista, il "mestiere" di intervistatrice. In questi contatti, che definisco "di lavoro", è emersa da parte di tutte queste persone, casualmente tutti maschi, il consiglio-invito di dar vita ad un’organizzazione che possa porsi come ausilio per ciò che riguarda l'ideazione e la realizzazione di eventi culturali. In sostanza un'Associazione Culturale con scopi e finalità definiti come da statuto ma con una caratteristica particolare: la possibilità che si dia vita ad una Associazione Culturale formata, almeno inizialmente, solo da donne, senza quella negatività che spesso siamo così brave a mettere in atto verso le nostre simili, dimostrando, che se volessimo, saremmo le migliori complici di noi stesse.
A mio avviso ci sono sia le premesse sia la possibilità di realizzare un'iniziativa del genere per la totale assenza di un’ Associazione similare con pari finalità ed identici scopi nel nostro territorio, ma anche perché c'è l’assoluta mancanza di una spinta ideativo-realizzativa relativamente gli eventi realizzabili in questa zona che venga direttamente dalle donne e dal loro mondo, e la presenza di manifestazioni generali alle quali manca quella componente femminile così determinante per il successo delle iniziative stesse.
Non solo dalle interviste, ma anche dalle conversazioni che ho avuto con tutta questa gente, sono più che certa che un'iniziativa del genere possa riscuotere un successo collettivo e allo stesso tempo riempire un vuoto sociale di cui la nostra Provincia e la nostra Regione non possono fare a meno offrendo altresì l'enorme opportunità di creare posti di lavoro, specialmente per le donne, ma non solo per loro, tramite la collaborazione tra la futura Associazione Culturale, che vorrei chiamare "Accento", e gli Enti Pubblici locali, ma anche con quelle aziende regionali che sono il nostro vanto produttivo a livello mondiale.

Spero che queste poche righe non ti abbiano annoiato ma incuriosito e mi piacerebbe che tu facessi parte di questa Associazione Culturale già dalla sua fondazione.

Laura