Laura Gioventù incontra il Prof. Mario Andrenacci, Sindaco del Comune di Porto Sant’Elpidio
Porto Sant’Elpidio, sabato 29 maggio 2010
“Fra 30 anni l'Italia sarà non come l'avranno fatta i governi, ma come l'avrà fatta la televisione.”
Ennio Flaiano.
Secondo Lei, sindaco Andrenacci, fra 30 anni o anche meno, la Provincia di Fermo e il Comune Porto San Elpidio saranno come le giunte provinciali o comunali l’avranno fatte diventare oppure interverranno fattori esterni alle amministrazioni a cambiare le nostre zone, e se si quali potrebbero essere questi elementi esterni, le capacità imprenditoriali oppure il provincialismo dei Marchigiani?
La massificazione di questa società che è anche il frutto di una invasione fatta dai mezzi di comunicazione come la televisione sicuramente modifica gli usi e i costumi della gente. Oggi l’individualismo a volte porta il cittadino ad estraniarsi dal proprio territorio magari cercando anche contatti in giro per il mondo con i moderni strumenti che ci sono offerti. Questi elementi non sono totalmente negativi. Naturalmente, se ben utilizzati, possono aiutare le persone a migliorare quella che è la propria capacità e qualità della vita. In questo momento un ruolo fondamentale deve essere ripreso dalla politica che poi si esprime attraverso le amministrazioni locali, comunali, provinciali e a livelli più alti anche regionali e del governo. Noi politici oggi siamo chiamati sempre di più a programmare quello che è lo sviluppo di un territorio e la programmazione è fatta attraverso una contemperazione di più elementi che vanno dagli aspetti sociali ed economici allo sviluppo urbanistico di una città e di un territorio. Più un’amministrazione è capace di progettare questo futuro più diminuiscono le influenze esterne e di conseguenza anche uno sviluppo disordinato e la mancanza di valori che comportano atteggiamenti strani e pericolosi. Il ruolo fondamentale della politica deve essere quello di mettere insieme questi aspetti, dominarli e programmarli nel tempo.
Chi controlla il passato controlla il futuro e chi controlla il presente controlla il passato – 1984 Orwell.
Secondo Lei, la nuova Provincia di Fermo ha bisogno di controllare i singoli Comuni, oppure sono i Comuni che dovranno controllare la gestione della Provincia?
Dal mio punto di vista non esiste né il controllo della Provincia nei confronti dei Comuni, né tantomeno i Comuni devono esercitare il controllo nei confronti della Provincia. La Provincia dovrebbe, dall’alto del suo aspetto istituzionale, governare il territorio attraverso i contributi che arrivano dai singoli Comuni. La pianificazione è interamente controllata e proposta dal Comune e bisogna rispettare quella che è l’autonomia locale in ogni sua espressione. La Provincia deve essere quell’Ente che organizza dall’alto uno sviluppo più globale, fornisce gli indirizzi, assiste i Comuni in alcuni percorsi, crea il luogo del dibattito e del confronto e pianifica alcune risposte a più ampio livello perché non dobbiamo pensare che ogni Comune, da solo, può essere in grado di offrire servizi e risposte a questioni che a volte sono più grandi di loro stessi. La Provincia dall’alto deve governare lo sviluppo del territorio.
“Noi venendo in questa vita, siamo come chi si corica in un letto duro e incomodo, si rivolge cento volte da ogni parte, cercando pur sempre e sperando di avervi e riposare e prender sonno, finche senz'aver dormito né riposato vien l'ora di alzarsi.” Giacomo Leopardi.
Questa inquietudine è tipicamente Marchigiana e viene descritta in modo mirabile dal nostro poeta, secondo lei attualmente ci sono “poeti” della nostra Regione capaci di descrivere le moderne nevrosi marchigiane oppure i marchigiani hanno imparato a risolverle dormendoci sopra?
Purtroppo in questa epoca mancano i grandi poeti come eravamo abituati nel passato. Non abbiamo più un Leopardi “moderno” capace di interpretare quelli che sono i sentimenti di un popolo come quello marchigiano. Recentemente abbiamo avuto Volponi, che probabilmente è la figura che, dal mio punto di vista, meglio di altri ha saputo interpretare il suo tempo. Bisogna anche dire che quasi certamente la realtà marchigiana in questi secoli è cresciuta e ha risolto certe nevrosi, anche se nel contesto italiano, il marchigiano forse rimane ancora, a differenza di altre Regioni e altri popoli, un po’ più riservato con le nostre caratteristiche.
Quali sono le caratteristiche dei marchigiani?
In primis la riservatezza, il fatto di avere una diffidenza iniziale, che quando viene superata si trasforma in legami importanti e forti amicizie. E’ proprio allora che diamo il meglio di noi stessi. In un primo momento non siamo gente molto aperta e disponibile al dialogo. Ecco, forse questo piccolo individualismo è ancora tutto nostro.
“ Non è la ragione che conquista il successo, bensì l'eloquenza. La vittoria non viene ottenuta dagli uomini armati, i quali maneggiano la picca o la spada; ma dai trombettieri, dai tamburini, dai musicanti dell'esercito.” David Hume, filosofo Inglese.
Questa frase sembra rappresentare molto meglio di tante analisi di mercato la situazione attuale, nella nostra storia regionale siamo stati spesso conquistati dai trombettieri altrui, dipende dal fatto che ci piace la musica bandistica degli altri eserciti, oppure dalla mancanza di una nostra partitura musicale da proporre agli altri?
Questa frase del filosofo inglese Hume sicuramente si può applicare a tanti settori. Il fatto di essere affascinati dagli altri piuttosto che proporre noi stessi forse rientra nella nostra caratteristica di popolo, anche se in molti settori, sia l’impresa marchigiana sia le personalità marchigiane hanno dimostrato di avere una superiorità nei confronti di altre aziende o ad altri personaggi. Anche noi abbiamo le nostre eccellenze. Credo poi che in ogni Regione si possa applicare lo stesso concetto: si parte dal principio che nessuno è profeta in patria e quindi si rimane interessati da altre questioni, da diversi soggetti, elementi e/o situazioni e solo successivamente si valuta quello che si ha a disposizione. Comunque non credo che nella nostra Regione manchi una partitura tutta nostra, anzi…
Ma abbiamo questa sorta di “timore” nel proporlo a livello nazionale e mondiale?
In questi ultimi anni ho visto che la Regione Marche si sta ponendo in maniera diversa nei confronti delle altre Regioni ma anche nel panorama mondiale, e lo dimostra il fatto stesso che la prossima settimana la Regione Marche si recherà in Cina per inaugurare all’interno dell’Expo un padiglione tutto nostro, ma anche attraverso la presenza nelle varie fiere internazionali dove l’attenzione viene sempre più catturata dalle proposte marchigiane. Probabilmente questo sta a dimostrare che le esperienze del passato ci stanno qualificando e rafforzando, diventando sempre più consapevoli di una nostra partitura. Abbiamo acquisito coraggio nel proporci sia all’estero che in Italia.
“ D'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.” Italo Calvino
Porto San Elpidio a quale domanda potrebbe essere la risposta?
La nostra città potrebbe essere la risposta a una richiesta, quella di aumentare e migliorare la qualità della vita di ogni suo cittadino. Per qualità della vita intendo una città che offra occasioni di lavoro, che dia possibilità di divertimento e dello stare insieme, che sia esempio dell’integrazione e dei sani principi e valori, di una città attenta nel suo sviluppo a ogni aspetto e peculiarità. Sono le tante cose che concorrono a costruire una città importante sotto ogni punto di vista. Credo cha la nostra città possa rispondere tranquillamente a questa domanda “quale qualità della vita ti vuoi dare nello sviluppo cittadino?”… e Porto Sant’Elpidio è la risposta!
“Quando certi uomini di teatro sollecitano la partecipazione viva del pubblico ai loro spettacoli dovrebbero meditare sui pericoli cui vanno incontro.” Ennio Flaiano.
Anche in politica è pericoloso far partecipare troppo l’elettorato per evitare inutili confusioni e discussioni, oppure è proprio la mancanza di partecipazione che ci lascia con politici alle prese con troppe discussioni e con evitabili confusioni?
Dal mio punto di vista la richiesta di una forte partecipazione spesso serve per mascherare una scarsa visione delle cose da parte dei politici, che, non avendo loro stessi una capacità nel programmare lo sviluppo e nell’esercitare il governo della città o del territorio, si nascondono dietro ad una partecipazione diffusa e quindi si demandano agli altri le scelte per poi agire di conseguenza. Così come è negativo scegliere nel chiuso delle stanze e far ricadere passivamente le scelte sul cittadino. Probabilmente la giusta misura sta nel mezzo. Nella mia esperienza di sindaco ho visto che la proposta deve partire sempre dell’amministratore il quale conosce ogni aspetto della questione e ne fornisce le soluzioni, in seguito questa proposta deve essere confrontata e concertata con i cittadini che magari vivono la quotidianità in quel momento e conoscono le specifiche problematiche. Quando il cittadino è stimolato a migliorare, a valutare, a ponderare un percorso ed anche a criticare, il risultato finale è la sintesi tra l’idea iniziale dell’amministratore e il confronto con i cittadini, per arrivare ad una partecipazione contestuale di tutti. Se si riesce a fare una buona sintesi, quell’opera, quel percorso o quella scelta può essere condivisa da tutti e riesce ad esprimere appieno il suo valore aggiunto.
“ Due parallele si incontrano all'infinito, quando ormai non gliene frega più niente.”
Marcello Marchesi, scrittore e umorista.
Porto San Elpidio e Porto San Giorgio spesso sembrano come cane e gatto, arriveranno ad incontrarsi prima di un punto lontano sia nel tempo che nello spazio, quando non interesserà più a nessuno, oppure ci sono programmi comuni per migliorare le attività culturali e sociali del nostro litorale?
Innanzi tutto non mi sento di avallare pienamente questa tesi di sentirmi come il cane o il gatto della situazione. Magari nel corso degli anni, un po’ fra tutti i Comuni è nato quel sano “campanilismo” che stimola a cercare di fare bene, ma devo dire che in questi ultimi anni abbiamo fatto anche dei progetti insieme, abbiamo cercato di ragionare congiuntamente su alcune iniziative sportive e su alcuni eventi culturali ed abbiamo cercato di condividere alcune occasioni di sviluppo nel territorio. Magari poi ci sono anche questioni e situazioni che ci mantengono lontani nel pensare allo sviluppo più generale del territorio e faccio riferimento, ad esempio, alla realizzazione della terza corsia dell’autostrada, dove ci siamo posti su posizioni diametralmente opposte. Noi siamo rimasti fermi sulla nostra decisione e abbiamo raggiunto l’obiettivo. Porto San Giorgio nelle ultime esperienze ha dimostrato di voler ripensare alle decisioni prese … dal mio punto di vista non dobbiamo legare le scelte a personalismi o a singoli soggetti che governo, anche perché gli amministratori passano nel tempo mentre le scelte importanti rimangono. Può essere necessaria una maggiore consapevolezza dei nostri ruoli e la necessità comunque di rafforzare sempre il dialogo perché oggi, davanti alle difficoltà più generali, i Comuni da soli non riescono più a dare risposte quindi sarà inevitabile il confronto sempre più serrato. Devo dire anche che la stessa istituzione della Provincia di Fermo è stata una bella “palestra” dove tutti i Comuni hanno dimostrato di lasciare da parte il proprio singolo contesto lavorando per raggiungere tutti insieme questo obiettivo, così come iniziative e occasioni di più ampio respiro oggi sono affrontate con un’ottica ed un interesse diverso rispetto al passato. D'altronde cambiano i tempi, passano gli amministratori, le cose si trasformano … e questo atteggiamento che probabilmente poteva appartenere al passato attualmente lo vedo molto più sfumato.
Quali sono le iniziative che vi hanno visto collaborare insieme?
In ordine temporale l’ultima manifestazione sportiva legata alla corsa podistica: la Maratona del Piceno; ma anche alcuni eventi come il Premio letterario Paolo Volponi dove abbiamo cercato di cumulare risorse finanziarie in continua diminuzione e poi ci confrontiamo anche sulla programmazione culturale e teatrale di ogni stagione. A volte l’unione fa la forza …
“Il mondo si divide in buoni e cattivi. I buoni dormono meglio ma i cattivi, da svegli, si divertono molto di più.” Woody Allen
A che punto è secondo lei, lo scontro generazionale fra padri e figli della nostra Marca Fermana, fra i padri che dormivano di notte producendo benessere di giorno, e i figli che di notte si divertono e di giorno cercano lavori che non ci sono per la crisi economica … chi ha ragione secondo lei, non potendo citare il famoso un po’ il padre ed un po’ i figli?
In questi ultimi anni è aumentato lo scontro generazionale fra padri e figli, probabilmente perché la società sta stimolando tantissimo i nostri giovani e quella differenza generazionale di soli pochi anni che in passato nemmeno si avvertiva, oggi determina comportamenti, situazioni e fattori molti diversi fra loro quasi che noi genitori non ci riconosciamo più nei comportamenti dei nostri figli. Questo è il prodotto di una società che in questo momento è in crisi sotto ogni punto di vista, dai valori all’economia. Penso che i giovani dovrebbero aumentare il loro livello di autocritica e di percezione di quello che li circonda e non essere in balia delle onde perché credo molto nelle potenzialità che hanno i ragazzi oggi perché nelle occasioni in cui hanno modo di dimostrarlo danno risultati straordinari. Sono immersi in un meccanismo che non dominano, che li massifica, che li trasposta in maniera indeterminata e questo aumenta sempre di più il divario tra chi magari ha qualche anno in più, ha vissuto altre esperienze e ha modelli comportamentali e di vita molto differenti. C’è la necessità che ci sia, da parte dei giovani, una maggiore consapevolezza del proprio essere e del proprio io.
In definitiva, chi ha ragione, secondo Lei?
Io sono per dare la ragione ai padri!
“ Chi lotta duramente per racimolare l'indispensabile, ha bisogno di evadere dalla sua miseria conquistando qualcosa di superfluo.” Giovannino Guareschi. Autore di Peppone e Don Camillo.
La storia delle Marche è lotta e privazioni in nome di un non ben chiarito dovere verso la terra. Crede sia giunto il momento di conquistarci qualcosa di superfluo puntando sul turismo sullo stile Romagnolo, oppure dobbiamo continuare a soffrire e lottare per l’indispensabile con il solito turismo famigliare stile mordi e fuggi?
Nella storia chi ha lavorato e lo ha fatto con sacrificio è stato sempre ripagato. Stili di vita molto diversi dal cimentarsi con il lavoro e con il sacrificio di solito portano ricchezze effimere molto passeggere e a volte anche pericolose. Puntare su altri modelli di turismo e “scimmiottare” altri riferimenti, dal mio punto di vista, a volte, non è molto costruttivo. Si dovrebbe cercare di fare sempre una sintesi tra i tanti stili e cercare di prendere il meglio da ognuno di essi. Tuttavia bisogna proporsi al mercato e ai turisti in maniera originale con le nostre eccellenze, con le nostre caratteristiche, il nostro modo di fare e il nostro modo di essere. Nel passato la Regione Marche ha creduto poco sulle sue qualità e questo si è visto perché altre Regioni, anche vicine a noi, hanno conosciuto un trend di crescita nel settore turistico decisamente superiore al nostro. Oggi siamo sicuramente più consapevoli di questa situazione e parliamo sempre di Marche al plurale proprio perché nella nostra Regione abbiamo un po’ di tutto, dalla montagna al mare, all’enogastronomia, alla cultura e alle città d’arte. Abbiamo caratteristiche invidiabili! Ora dobbiamo coniugare il nostro stile di proporci con il nostro modo di essere e di agire, facendo riferimento anche ad altre esperienze evitando errori tipici di quando si improvvisa. Siccome oggi oramai è stato sperimentato quasi tutto, è opportuno un sano confronto ed una buona programmazione. Dobbiamo solo essere originali nel proporci.
Di cose originali ce ne sarebbero, ma non riescono a venir fuori…
Ci dobbiamo impegnare …. Ultimamente osservo che la situazione generale sta cambiando e non vedo più le Marche come venti anni fa, silenziose, assenti, chiuse in se stesse.
“E' sbagliato giudicare un uomo dalle persone che frequenta. Giuda, per esempio, aveva degli amici irreprensibili.” Marcello Marchesi
Spesso si celebrano fra le varie città o comuni dei gemellaggi, Porto San Elpidio ha diversi gemellaggi sia dentro la Regione sia fuori. Sono il segnale che possiamo essere persone irreprensibili per gli altri oppure che vogliamo dimostrare che anche avendo dei piccoli difetti caratteriali non siamo e non saremo mai come dei Giuda, anche se il denaro non dispiace a nessuno?
Per essere onesto, formalmente non abbiamo costruito ancora nessun gemellaggio con città o territori italiani ed esteri ma abbiamo moltissime relazioni con i Comuni limitrofi. C’è l’attività ordinaria che ci impone e ci offre il confronto. A volte ci relazioniamo con altre città italiane per uno scambio di esperienze, per cercare di sbagliare il meno possibile nella scelta di alcune soluzioni o nell’adottare vari percorsi. Stiamo costruendo delle relazioni con alcune città giordane per conoscere meglio il mondo medio-orientale, la loro cultura, per essere più vicini alle questioni che interessano quei territori, avere un confronto non solo nelle attività produttive ma anche in ambito turistico e culturale. Ognuno porta con sé il proprio bagaglio di esperienze, con i suoi pregi e i suoi difetti. Sta proprio in questo scambio che si rafforzano le qualità e si correggono le imperfezioni.
Quali sono i pregi?
Credo che la nostra città, vuoi anche per la sua storia e per la sua evoluzione, è un insieme di tante culture. Negli anni ‘50 e ‘60 sono arrivate a Porto Sant’Elpidio persone che provenivano da esperienze italiane diverse e oggi aggiungiamo una buona presenza di cittadini che provengono da tutto il mondo. Nella nostra realtà ci sono ben sessantatré nazionalità diverse. Questa multi-etnicità deve rappresentare un valore per Porto Sant’Elpidio. Questo divenire coniugato al plurale, dettato da un confronto fra cittadini ha permesso a questa città di essere sempre vivace e grintosa, a non aver paura del confronto con gli altri e a non essere mai chiusa a differenza di altre realtà che invece sono rimaste più circoscritte nel loro alveo comunale. Non abbiamo mai paura di affrontare qualcosa di nuovo e di diverso ma ogni nuova occasione è vista come un arricchimento, in ogni esperienza intrapresa, dalla raccolta differenziata dei rifiuti all’ospitare i terremotati dell’Abruzzo dello scorso anno. In ogni occasione abbiamo cercato di dare il meglio di noi stessi e di prendere anche il meglio dagli altri. Questo ci permette di limare quei difetti che abbiamo e che da persone responsabili e coerenti dobbiamo in qualche modo cercare di limitare.
“ Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un calciatore.” Francesco De Gregori
Recentemente le cronache la indicano come il portiere della nazionale dei calzaturieri, dalla linea di porta lei non calcia i rigori ma li dovrebbe parare. È una prospettiva diversa solo logisticamente oppure anche mentalmente, lei potrebbe dire che non è da un rigore parato che si vede quanto sia bravo un sindaco, oppure serve anche che pari tutto e per tutta la durata della partita?
Innanzitutto come nasce il ruolo di portiere nella nazionale dei calzaturieri. Abbiamo avuto questa idea di mettere insieme per scopi benefici gli imprenditori calzaturieri nel calcio perché è lo sport che sicuramente ci prende e ci affascina più di tutti gli altri. Quando giocavo a calcio facevo il portiere quindi per me è stato naturale continuare a giocare in questo ruolo e rispolverare qualche piccolo segreto del passato e sono convinto che spesso il ruolo rispecchi anche la personalità di chi lo ricopre. Esprime il proprio essere in campo e fuori. A me piace il ruolo del portiere perché è da solo ed ha tutte le responsabilità sia quando si prende il goal sia quando si fa una bella parata e questo esalta un po’ l’essere calciatore e sindaco. Quando si para un rigore si è all’opposto dell’errore che commette l’attaccante. Mentre per l’attaccante che tira il calcio di rigore l’obiettivo è fare goal e fallisce nel momento in cui il portiere para la palla, così vale per il portiere. Magari nel rigore qualche attenuante il portiere ce l’ha, nel senso che non è facile evitare un goal del genere, ma in una qualsiasi azione della partita, fare una bella parata significa esaltare quelle che sono le doti di un bravo portiere, e fare la classica “papera” - come si è solito dire nel gergo calcistico – significa deve riflettere e capire su che cosa sia andato storto. Nella attività amministrativa, il sindaco ha intorno a se gli assessori, i consiglieri e le forze politiche ma poi è solo nelle scelte. Non sempre questa coralità è l’espressione di scelte sempre condivise. Il sindaco fa una sintesi e la sua figura, nella concezione moderna del ruolo, nei confronti dei cittadini, nel bene e nel male, è sempre l’unica responsabile di quello che accade. Succede qualcosa è colpa del sindaco, vanno bene le cose ed è perché è bravo il sindaco, quando invece alcune cose potrebbero anche non essere addebitabili direttamente a noi, mentre in situazioni positive non si ignora completamente il lavoro svolto da tanta gente che, dietro le quinte, hanno contribuito al successo. Nell’immaginario collettivo si tenta sempre di estremizzare tutto e quindi si pensa che il bene o il male appartenga soltanto alla figura stessa del primo cittadino. Dobbiamo cercare di far percepire qualcosa di diverso, che a capo di una città c’è una persona onesta, disponibile e seria e che attraverso la partecipazione di tutti i cittadini si cerca di far crescere la città. E’ un po’ come nella costruzione di un edificio, il direttore dei lavori potrebbe essere la figura del sindaco, ma chi porta i mattoni per costruire sono i tanti cittadini con i loro modi di essere, il loro saper fare, le loro qualità e i propri errori. A volte capita che i cittadini commettano degli errori e deve essere la città stessa che aiuta il cittadino a tornare sulla retta via. Il sindaco deve essere quella persona che con le sue responsabilità ed il suo ruolo deve mettere insieme tante persone per costruire una casa bella ed adeguata. Il sindaco, alla fine, deve parare tutto e deve essere sempre bravo per tutta la durata della partita!
Pubblicato su: Seratiamo.it