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martedì 22 ottobre 2013

I numeri vanno bene, ma i criteri per giudicarli?

"Guerra di numeri a PSG", olio su tela, 2013. by Petrax Puntoit















Si sta combattendo una spaventosa tempesta in un bicchiere d’acqua fra amministrazione comunale e opposizione, ma sarebbe molto meglio dire fra tre personaggi della Giunta Comunale di Porto San Giorgio e l’unico oppositore interessato ad opporsi, ed i nomi sono pubblici, da una parte Loira, Ciabattoni e Bisonni, e dall’altra il solo Agostini, e fra loro si contendono cifre, numeri e bilanci. 

L’opposizione chiede di sapere come si sono distribuiti i soldi dei contribuenti, perché a suo dire, ci sono conti che non tornano, la Giunta parla solo attraverso l’assessore Bisonni e ribatte con altri numeri presi fra i molti a disposizione ma che evidentemente non bastano per far terminare la disputa. 

Nella diatriba si è infilata la consigliera Daniela Minnetti, la quale, da commercialista quale è, risponde con altri numeri e con statistiche abbastanza opinabili, ma dice anche altro, e ciò che dice è molto importante:
"…gli eventi, le manifestazioni i tentativi di rendere attrattiva Porto San Giorgio sono apprezzati o no dai commercianti? in questi mesi ho avuto la sensazione che ci sia stata una continua richiesta da parte di questi affinché il comune si attivasse per "animare" la città e richiamare gente .... Ora sembra che questo non vada più bene!!"
La consigliera apre un altro filone di polemica, che non sono solo i numeri ma il rapporto fra numeri e risultati la cosa importante, ma guarda caso è proprio la stessa cosa che sembra invece non interessare nessuno degli altri contendenti. 

Per cui si potrebbe concludere che nel Comune di Porto San Giorgio ci sono Sindaci che non rispondono, ex sindaci che si oppongono ma solo sui numeri, evidentemente non sapendo come giudicare il valore creativo e artistico di molte delle manifestazioni pagate con i soldi dei contribuenti, un assessore al bilancio che da i numeri non potendo dare nessun parametro oggettivo per giudicare il suo intervento come assessore alla cultura, visto che ha fatto decisamente pochissimo, un assessore al turismo e al commercio che tace aspettando evidentemente che i tempi maturino per spiegazioni diverse dai numeri, magari spiegazioni nel merito artistico o di ritorni economici per il turismo del suo operato estivo, e una consigliera di maggioranza che inizia a fare una analisi giusta ma poi si ferma a due passi dalla conclusione, che a nostro parere è la seguente:

si stanno facendo la guerra dei numeri non potendo fare la guerra dei meriti, perché o non sanno come giudicare cose a loro sconosciute come la cultura e il turismo, oppure a loro interessano solo i numeri perché è con quelli che poi faranno campagna elettorale, mentre con i parametri e con i ritorni economici poco ci si guadagna in fatto di voti. Insomma chiediamoci anche quanti soldi si spendono, ma principalmente chiediamoci se questi soldi sono spesi bene oppure sono stati spesi solo per le solite iniziative che non producono altro che altre polemiche, e chiediamoci anche se fra i protagonisti di questa tempesta ci siano quelli capaci di spiegare e giudicare le iniziative e non solo i numeri che le accompagnano, se esiste una classe politica in grado di giudicare non solo i bilanci ma anche la qualità della spesa pubblica…chiediamocelo ora e non solo in campagna elettorale! 

Laura Gioventù
Gioventù per San Giorgio
gioventupersangiorgio@gmail.com


Pubblicato su Corriere Adriatico del 24 ottobre 2013
Pubblicato su Informazione.tv

sabato 11 maggio 2013

Speakers’Corner

FESTIVAL DELLA POLEMICA E DELLA RETORICA, 
ovvero le parole sono pietre, ma troppe volte anche coriandoli





Polemica: Atteggiamento e comportamento verbale che tende a contrastare dialetticamente le opinioni altrui che non condividiamo.

Retorica: L’arte di saper parlare, specialmente in pubblico, che tende a persuadere, con l’uso delle più raffinate capacità dialettiche, chi non ha una buona opinione delle nostre idee o dei nostri proponimenti.

PREMESSE e SCOPI
Ad ogni tornata elettorale, prima durante e dopo un importante avvenimento sportivo, a seguito di un programma televisivo di successo, o solo durante la passeggiata della domenica mattina, possiamo vedere e sentire distintamente l’espandersi e l’imporsi, su tutto e su tutti, oltre sulla stessa importanza dell’avvenimento in discussione, i segnali di queste due fondamentali attività mentali e verbali dell’essere umano, Polemica e Retorica, talmente connaturate nel condizionare il comportamento pubblico e privato, al punto che tutti noi ne siamo, allo stesso tempo, vittime e carnefici.
Anche la nostra piccola comunità Regionale o cittadina che sia ne è contagiata, anzi si direbbe sia fra le più assidue frequentatrici della Polemica e della Retorica,e lo si può benissimo vedere dall'accanimento che si è riscontrato durante le recenti elezioni comunali.
Per cui non è superfluo, nè scontato, analizzare i tempi ed i modi con i quali, la Polemica e la Retorica, diventano padrone incontrastate del nostro comunicare sociale.
E per fare questo si è pensato ad un Festival apposito, nel quale filosofi, comunicatori,provocatori di professione o solo per diletto, e semplici cittadini, attraverso diverse e studiate attività, oltre a mostre e a proiezioni di film, ne parlano e provano a praticarle cercando di coniugare studio e spettacolo, proprio per dimostrare che queste due forme verbali possono essere guarite nella loro essenza negativa, ma al tempo stesso sono portatrici di valori e di valenze spettacolari positive se evidenziate nei modi giusti.
Oltre agli interventi degli esperti, alle mostre collegate, e agli spettacoli previsti, il“momento” più importante del Festival dovrebbe essere rappresentato dalla possibilità, per chiunque lo voglia, di avere un suo “spazio”a tempo, dal quale poter esprimere la propria opinione a tutti coloro che saranno interessati ad ascoltarlo, e questi spazi, una decina sparsi per la città, li chiameremo Speakers’Corner, e saranno semplicemente dei piccoli spazi ove, sopra una piccola struttura a forma di cassetta della frutta stilizzata, un microfono e due casse acustiche, una persona per volta possa, con un tempo stabilito, dare prova di retorica e di polemica, e ogni spazio dovrebbe essere patrocinato da uno sponsor.
Durante la manifestazione sono previste conferenze sul tema e sui rapporti fra Polemica e Retorica e Arte o Letteratura, anche grazie a performance di attori o artisti.

                                                                                                                             ©  tutti i diritti riservati
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LA LUCE E I SENTIERI
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giovedì 9 maggio 2013

Ciak...nel vuoto!


L’iniziativa è interessante anche se non originale, libri e film sono da sempre un binomio collaudato, in questo caso alla gradevolezza del libro si accompagna una presentazione sincera da parte del Prof. Buondonno, e per quello che riguarda il film, un Mastroianni superlativo appaga il bisogno di recitazione e non solo di comparsate cinematografiche, ma nonostante le premesse ed il contesto,qualcosa di questa manifestazione non è riuscita come avrebbe dovuto.

Occorre però fare una premessa “Urbana”, continuiamo a considerare Fermo come una città con un territorio molto esteso, con quartieri periferici e piccole frazioni, ovviamente anche un centro storico, ma nella realtà non è così. Da troppo tempo ormai la città di Fermo è solo quello che chiamiamo Centro Storico, le periferie o le frazioni sono troppo distanti e disperse fra loro, hanno non facili collegamenti con il centro e questo ci sta  convincendo che ormai Fermo non sia quella città grande di cui si parla, ma solo un piccolo borgo sulla collina.

Altra premessa è l’orario e la location di certe iniziative, troppo tardi per chi ha figli piccoli, oppure per gli anziani, i giovani forse non sono interessati al binomio film-libro, e poi è evidente una sorta di rassegnazione culturale che non facilita le persone ad entusiasmarsi per certi eventi, con il risultato che le manifestazioni sono sempre meno affollate e anche se le si organizza nel modo migliore, non raccolgono i partecipanti che dovrebbero, e questo incide sia sulla continuità di certi eventi sia sul loro grado di attrattiva che possono avere per gli sponsor privati, ed alla fine ci viene il dubbio che qualunque cosa si proponga non raccoglierà mai il pubblico,distratto da altre mille cose, che meriterebbe.

Queste due considerazioni sono alla base della nostra riflessione mentre assistevamo stasera alla presentazione di “Ciak, si legge”, perché nonostante Mastoianni, Tabucchi, Faenza, solo dieci, e dico 10 persone erano presenti all’ evento.

Potremmo discutere fino ai titoli di coda di Sostiene Pereira, ma la situazione non cambierebbe, dieci persone sono niente in confronto a quelle che sarebbero dovute arrivare, e se non vogliamo mettere la testa nella sabbia, sarebbe bene riflettere tutti insieme sul rapporto numero-evento, e porci le domande vere e non darci solo le risposte di comodo. La situazione culturale nel Fermano, ma specialmente nella città di Fermo, è spaventosamente drammatica, e non è colpa di Tizio o di Caio, è solo figlia di un atteggiamento che va scalfito, che va demolito prima che lui demolisca tutti noi, e che alla prossima proiezione si arrivi con la sala totalmente vuota.

Soluzioni pronte non credo ci siano, ma manca anche la voglia di affrontare il problema per come si dovrebbe, perché se da una parte è vero che la crisi ci sta abbrutendo tutti, dall’altra per uscire dalla crisi culturale servono tutti e non solo poche persone, magari contente di non avere scocciature nel doversi inventare cose nuove e vincenti, per cui io lancio il sasso nello stagno, sperando che altri lo raccolgano per discuterne tutti insieme….speriamo sia così e non come al solito che dopo due giorni è come se  non fosse successo nulla!

Il link dell'iniziativa Ciak, si legge!
http://www.informazione.tv/index.php?action=index&p=305&art=42861#.UYrtgaJHAas


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venerdì 3 maggio 2013

Primo Maggio in fotocopia


In occasione del Primo Maggio abbiamo, come moltissime altre persone, frequentato le iniziative che i singoli comuni della costa Fermana avevano allestito, e ne abbiamo ricavato una sensazione abbastanza evidente che, se da una parte dimostra una certa “vitalità” in quanto a sforzi per iniziative di intrattenimento spettacolare, dall'altra evidenzia una totale mancanza di coordinamento locale, al punto che alla fine la situazione diventa paradossalmente disomogenea senza essere originale.

Ci sembra che le singole amministrazioni locali siano slegate fra loro e più interessate a riempire le loro piazze o le loro strade di folla, non tanto per offrire un servizio o una proposta culturale innovativa, ma solo per sperare che il numero elevato possa incidere nella vendita di beni materiali e gastronomici tali da diventare interessanti per i commercianti, generando uno sperato effetto volano, che possa dare vita ad altre sinergie, ma purtroppo le proposte fra comuni poco distanti fra loro, appaiono sempre più simili al punto da diventare identiche.

Si sta assistendo ad un brutto effetto fotocopia, e si pensa che basti qualche bancarella, oppure ripetere nel proprio paese ciò che gli altri allestiscono, per creare l’effetto “evento” che tutti stanno cercando, ma che nella realtà nessuno riesce a realizzare.

Oppure si assiste alla mancanza di pubblico perché in quello stesso momento in altre città limitrofe ci sono altre proposte similari, per cui alla fine le persone non ci partecipano anche se vorrebbero farlo.

Ci sembra che tutti questi sforzi organizzativi ed economici alla fine non raggiungono risultati apprezzabili, oppure bisognerebbe dire che tutti questi sforzi e tutti questi soldi potrebbero essere gestiti ed indirizzati molto meglio se solo le città del territorio non andassero all'appuntamento di Maggio ognuno per proprio conto, ognuno pensando al suo piccolo interesse, ognuno cercando di fare concorrenza agli altri, ben sapendo che poi non riuscirebbe a farla comunque, mentre la logica e la pratica dovrebbero suggerire agli amministratori locali di cooperare fra loro organizzando insieme appuntamenti e manifestazioni di livello superiore, tenendo presente le diverse caratteristiche cittadine, la logistica e l’accoglienza migliori in quanto a spazi e servizi, perché creare dei doppioni al solo scopo di confondere la gente non serve a nessuno, e non si arriverà mai ad offrire una proposta turistica che sia territoriale e non solo cittadina.

Noi abbiamo proposto di iniziare questo percorso mentale dando almeno un nome al territorio Fermano sulla costa, e proponemmo il nome di “Riviera dei Colli” sia per identificare la zona sia per dare un segno di appartenenza sociale, per poi proseguire con una conferenza dei servizi turistico-culturali, allargata ai sette comuni della costa Fermana, proprio per organizzare su scala territoriale iniziate spettacolari che possano diventare “Eventi” e non solo episodi, riproponiamo alla luce delle considerazioni fatte la proposta, perché pensiamo che sia la sola possibilità di realizzare iniziative di un certo respiro, viste le poche disponibilità economiche presenti e visto che poi alla fine la risposta alle necessità culturali è territoriale e mai solo cittadina.

LA LUCE E I SENTIERI
Associazione Culturale
info@lucesentieri.com

La Riviera dei Colli.
http://www.laprimapagina.it/2012/10/fermo-qui-la-riviera-dei-colli/




giovedì 27 settembre 2012

La Luce e i Sentieri Associazione Culturale

La Luce e i Sentieri
Associazione Culturale




Dopo l’esperienza di “Gioventù per San Giorgio”, e come promesso nel nostro saluto agli elettori, si è costituita, in questi giorni a Fermo, “ LA LUCE E I SENTIERI” una associazione culturale che non si prefigge di fare miracoli, ne tanto meno promettere di cambiare il corso delle stagioni ma, molto più semplicemente, cercare di sviluppare e, possibilmente, di migliorare la vita di ognuno di noi, grazie alle iniziative culturali e sociali che si potranno realizzare, da prima nel territorio della Provincia di Fermo, e poi anche nel territorio Regionale e Nazionale.

Abbiamo il desiderio di poter andare oltre la siepe della conoscenza, così ben descritta dal Leopardi,  vorremmo spingere il nostro sguardo oltre i preconcetti e le barriere ideologiche che, solo per principi troppo spesso incomprensibili, impediscono gli scambi culturali e le positive contaminazioni sociali che hanno fatto del nostro paese quel Luogo Ideale della Cultura e della Bellezza, che in tanti nel mondo cercano di copiare e di imitare.

Portiamo in dote molte idee, la voglia di realizzarle e il sogno che attraverso la loro realizzazione ci possa essere sviluppo e lavoro per molte persone, ragazzi e ragazze, ma anche persone meno giovani, che attraverso la loro futura opera, ed impegno,  possano sentirsi realizzati sia per un lavoro che li/le gratifichi, sia per una sicurezza economica personale basata anche sul sentirsi parte attiva della società.

Vorremmo collaborare con gli Enti e le Amministrazioni della Provincia di Fermo, per iniziare,  senza doverci porre il quesito se sia politicamente corretto farlo o se sia doveroso farlo per mantenerne le simpatie politiche, perché crediamo fortemente che la Cultura, le iniziative sociali, gli eventi promozionali, soffrano per la presenza di una politica troppo opprimente, troppo invadente, mentre potrebbero evolversi verso traguardi insperati dimostrando, fra l’altro, che la politica, se fatta bene, da impulso e non la castrazione alle proposte culturali.

Ci piacerebbe che “LA LUCE E I SENTIERI” possa diventare un riferimento, una pietra di paragone, una certezza sulla quale contare nel momento di ipotizzare proposte interessanti per i cittadini, e che chiunque volesse proporre iniziative, possa, anche con il nostro aiuto, poterle realizzare.

Un sentiero, se ben illuminato, è sicuramente una strada che arriverà ad un traguardo, e quel traguardo è sempre davanti a noi e mai alle nostre spalle, per cui vorremmo sempre guardare avanti, oltre, di fronte, e superare le difficoltà ricorrendo al massimo della fantasia possibile, e per farlo cercheremo di usare ciò che ogni uomo e ogni donna possiede fin dalla nascita, una mente in grado di pensare.

Noi tutti siamo certi che ogni viaggio inizi con un primo passo, ma contemporaneamente nulla vieta di poterlo illuminare, permettendo a chi viaggia di migliorare la sua marcia e avere le migliori possibilità di arrivare.

Avremmo potuto stupirvi con effetti speciali, come raccontava una passata pubblicità, abbiamo voluto invece parlarvi con semplicità, come si parla davanti ad un falò nei giorni interiori più belli da vivere, ma non ci nascondiamo dietro false speranze, la strada sarà difficile ma noi siamo in grado di poter arrivare.

Il Presidente Laura Gioventù


Pubblicato su ... informazione.tv
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mercoledì 2 febbraio 2011

CRONACHE MOSTRUOSE

Ovvero, la triste realtà del neorealismo mostrografico.
di Laura Gioventù



Ora immaginate una mostra fotografica con diverse foto in bianco e nero.
Tutte della stessa dimensione.
Tutte montate su cornice nera quadrata con passe-partout avorio.
Che cosa vi dicono queste informazioni?
Esattamente nulla, vero?
Bene.
E se vi dicessi ...Dipinto ad olio su tavola di pioppo.
Dimensioni 77 × 53 cm.
Ancora niente, vero?
Bene, molto bene, anzi malissimo!

A Montegranaro (FM) c’è una mostra fotografica.
Si intitola “Luigi Crocenzi: Borgate Romane” ed è composta da una serie di stampe che documentano la vita delle periferie Romane nel 1947, anno in cui l’autore frequentava gli studi di cinematografia nella capitale.
E sabato pomeriggio è stato il giorno dell’inaugurazione.
Arrivo, come al solito, un’ora dopo i saluti delle autorità e la galleria è ancora piena di gente.
Vedo le foto appese alla parete e comincio ad osservarle una ad una facendo tutto il giro della stanza.
Sono tutte foto in bianco e nero e riproducono istanti di vita vissuta, strade di terra battuta, piccole case, vecchi tram sullo sfondo di grandi palazzi, panni stesi ad asciugare, volti di gente comune, donne, vecchi, e bambini che giocano. Testimoniano la povertà, testimoniano i segni dalle difficoltà della vita dell’epoca. Immagini tristi ma vere di un tempo non troppo lontano ma spesso dimenticato.
Molto interessante!
Ma quali sono le Borgate Romane fotografate?
Non lo so.
Le foto non mi dicono nient’altro.
Credevo di trovare delle didascalie, come si fa in ogni mostra che rispetti e che rispetti il pubblico, ma sotto quelle fotografie non c’è scritto nulla.
Non c’è l’autore.
Non c’è il luogo né la data dello scatto.
Non è dato sapere il tipo di pellicola.
Non è dato sapere il tipo di stampa.
E nemmeno la dimensione della foto è importante.

Da visitatrice deduco siano tutti scatti dello stesso autore. Va bene.
Ma di quali Borgate Romane sto vedendo le immagini?
Il titolo della mostra non specifica nulla.
Borgate Romane potrebbe indicare un solo quartiere  ma anche luoghi diversi.
Gli aspetti del degrado urbano, sempre esistito e mai definitivamente scomparso, sono uguali in ogni città di ogni angolo della terra. E tutte le istantanee in mostra non presentano alcun particolare che permetta di identificare in maniera inequivocabile la città impressa nella fotografia.
Potrebbe essere Roma, ma potrebbe essere qualsiasi altra periferia di qualsiasi altra città italiana del dopoguerra. Le foto potrebbero essere state scattate ovunque.
Come faccio a capire se non c’è scritto niente?

Forse gli organizzatori vogliono far giocare ad indovinello i loro visitatori.
Un indovinello rivolto però solo ai cittadini romani. Ma anche se fossi stata Romana piuttosto che Fermana  per me sarebbe stato comunque impossibile riconoscere i luoghi di quelle immagini. Solo chi nel 1947 era un ragazzo e viveva a Roma potrebbe individuare quelle zone e confrontarle con quello che sono diventate oggi. Ed io, come molti visitatori, non solo non sono Romana ma non ero nata nel 1947!

Hanno dato per scontato che i visitatori non fossero marchigiani, oppure la mostra è stata allestita pensando solo ai turisti romani che arrivano nella nostra provincia a fare shopping?

È evidente che i responsabili dell’evento hanno ritenuto superfluo e persino una perdita di tempo comunicare queste informazioni.
Ma allora mi chiedo, come mai sotto la Primavera di Botticelli c’è scritto il nome, l’autore, l’anno, le dimensioni, il tipo di legno e la tempera utilizzata se quel quadro è talmente famoso che lo conosce il mondo intero?

Il giorno dopo, domenica, a Fermo, c’è una seconda mostra dello stesso autore, ma non solo. È una collettiva sul neorealismo della fotografia italiana e comprende immagini che vanno dal 1945 al 1965.
Ed è sempre il giorno dell’inaugurazione.
Tra le immagini ne riconosco alcune uguali a quelle presenti alla mostra del giorno prima. Chissà, magari saranno state inserite per far numero, ma in questa le didascalie alle foto almeno le hanno messe.

Le fotografie mi piacciono molto, così, viste entrambe le mostre decido di acquistare il catalogo fotografico.
Ma non posso farlo. Il catalogo è terminato e se voglio averlo devo tornare alcuni giorni dopo … forse.   
Ma come, la sera dell’inaugurazione hanno terminato tutti i cataloghi?
È incredibile!
E se non avessi più modo di ripassare?
Ma quanti ne avevano portati? Una decina mi dice qualcuno. Ma il giorno di apertura è sempre quello di massima affluenza perciò come minimo ne avrebbero dovuti avere trecento di cataloghi. Come minimo.
Non li avevano pronti oppure avranno preso tutti quelli avanzati dall’altra esposizione? Che fanno, tra una mostra e l’altra, se li scambiano a vicenda in base alle richieste? Oppure sanno già che non venderanno altri libri all’infuori delle giornate inaugurali per cui trecento pezzi non li hanno prodotti per paura di non venderli?
Anche questa esposizione, come l’altra, resta un mese e in un mese non credono di vendere almeno trecento cataloghi?
Ma l’addetto comunale non sa darmi una spiegazione.
Allora, prima di andarmene, chiedo di poter lasciare un commento nel libro delle presenze.
Ma non posso perché non c’è nessun quaderno.
Il quaderno manca perché hanno finito tutte le pagine e non c’è più spazio disponibile nemmeno per un autografo, oppure perché lo hanno perso?
Caspita, ma dalle 17, ora dei saluti istituzionali, alle 19 quanta gente è andata?
Se hanno terminato i cataloghi ed hanno riempito tutto il quaderno di autografi devo proprio essermi persa un evento memorabile. Eppure è molto strano, quando sono andata io ho trovato solo tre persone ed erano da poco passate le 19.
Il messo comunale ammette candidamente che il libro non c’è mai stato e che anche altre persone hanno fatto la mia stessa osservazione.
Saranno i soliti rompiscatole, ma la gente perché non se ne sta a casa la domenica?
Ma se l’ingresso è libero come fa l’amministrazione comunale oppure gli stessi organizzatori a fare una stima del numero dei visitatori se non hanno manco un libro presenze?
Forse, oltre che sui cataloghi, vogliono risparmiare anche sul libro ed hanno deciso di far contare il numero delle persone che entrano all’addetto alla reception e poi a fine giornata tireranno le somme.
Certo, così è anche più facile mentire sui numeri, altrimenti come fanno a dire che ci sono stati tre mila visitatori?
Eppure l’evento è stato finanziato anche dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo. Questi enti che elargiscono soldi non sono interessati ai numeri oppure danno il contributo agli eventi che giudicano interessanti anche se poi hanno un successo incerto?
Con quale criterio si patrocinano e si sponsorizzano queste manifestazioni?
Per una mostra si spendono anche i soldi dei cittadini quindi si dovrebbe render conto delle spese sostenute e dei riscontri avuti anche in termini di visite.
La mancanza di un costo del biglietto non vuol dire automaticamente che l’evento sia gratuito. Alla fine paghiamo sempre noi cittadini attraverso i fondi degli assessorati.
Ma chi organizza la mostra che lavoro fa?
Che senso ha spendere soldi pubblici se poi le mostre sono così male organizzate?
Se la mostra non ha affluenza significa che qualcosa non funziona. Non piace, non interessa oppure non è stata promossa adeguatamente. E  se non funziona non sarebbe meglio direzionare le risorse su altri tipi di interventi culturali? Perché altrimenti queste iniziative hanno la puzza della solita propaganda politica per compiacersi ed autocelebrasi con la solita cerchia di elettori.


Pensate siano solo dettagli? Pensate che queste cose siano solo sottigliezze?
Non credo.
No. Sono dei segnali importanti.
Dimostrano che le amministrazioni, le associazioni locali e gli stessi organizzatori sottovalutano erroneamente la capacità critica dei loro visitatori.
Dimostrano che in qualità di fruitori di cultura non contiamo nulla per loro, ma solo come contribuenti.
Dimostrano che non serve saper organizzare bene mostre fotografiche e questo mi dispiace profondamente.
Ma se non sono in grado allora credo sia il caso di farle organizzare a chi è più competente. Perché la promozione turistica di questo territorio passa anche per queste manifestazioni culturali e non solo per gli outlet calzaturieri, le verdi colline o il ciabuscolo.

Ah già, è vero, scusatemi, me ne stavo dimenticando, volete sapere a chi appartengono le misure del dipinto ad olio su tavola di pioppo, vero? Ebbene sono della Gioconda di Leonardo Da Vinci!

Ma siete proprio sicuri che le misure della Gioconda siano effettivamente 77 x 53 cm? Forse sono giuste, ma andatelo a controllare di persona, tanto Parigi è dietro l’angolo.

Buona mostra a tutti!

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giovedì 23 dicembre 2010

CRONACHE FERMANE.

Filosofie a confronto.
Di Laura Gioventù



Il Natale si avvicina e il dramma rimane quello di sempre: che cosa regalare?
Mica facile, cerco oggetti che siano spiritosi ma allo stesso tempo utili.
Però vanno bene anche quelli inutili purché siano particolari. Mi piace fare regali pensati, regali originali. Quantomeno le intenzioni sono sempre le migliori poi, non so come, mi perdo, non trovo più la strada e per scegliere un semplice libro ci impiego più di un’ora!
Forse anche nella scelta dei regali bisogna usare un minimo di filosofia.
Il tempo stringe, fra pochi minuti è Natale e devo ancora comprarne molti.
Tanti, troppi e non mi rimane altra soluzione che andare al centro commerciale. Che cosa spero di trovare di tanto particolare in un posto del genere? Sinceramente non ne ho idea ma decido comunque di fare un giro tanto per perdere altro tempo. L’illusione è di trovare almeno una qualche ispirazione che mi salvi dalla banalità!

Arrivo all’ora di pranzo e comincio a girovagare senza troppe aspettative. La premessa non è delle migliori come pure il mio umore. Entro in tutti i negozi. Guardo ogni cosa, cerco, seleziono e penso. Vado avanti, ci ripenso e torno indietro. Stavo perdendo ogni speranza, ma alla fine, con molta pazienza, riesco a trovare qualcosa di carino per tutti.

Mi sento sollevata da un peso enorme, anche per quest’anno è andata!

Nello shopping natalizio l’ansia è sempre la stessa. L’unica cosa positiva è che si fanno sempre gli incontri più inaspettati. In libreria mi sono “scontrata” con Chiara e oggi al centro commerciale, ho incontrato un’altra mia amica, Stefania. Io stavo uscendo e lei entrava.

Stefania è di Fermo, ma da quando frequenta l’università, si è trasferita a Macerata e in pratica non ci vediamo quasi mai.
Che fai, che non fai, come butta … ci mettiamo a chiacchierare!

-Ti trovo in splendida forma! Stai benissimo con quel taglio di capelli! Se non ricordo male, l’ultima volta che ci siamo viste, ti mancavano tre esami per la laurea. A che punto sei? – le domando.

-Ho finito. O meglio, sto preparando la tesi. A fine marzo, salvo imprevisti, mi laureo!- mi risponde tutta entusiasta.

-Fantastico! - Le dico - E dopo … dopo che farai? Ci hai già pensato?-

-Avrò una laurea e invece di attaccarla al muro la porterò in giro a farla vedere. Magari qualcuno la troverà interessante!-

-…e nel frattempo?-

-Nel frattempo farò l’operaia della filosofia!-

-L’operaia? Vuoi dire come quelle che trapuntano le scarpe nei calzaturifici?-

-Più o meno, ma in una piazza. Cucirò i pensieri! A Civitanova Marche la prossima estate ci sarà una manifestazione e spero tanto mi prendano …. Si chiamerà Popsophia.-

-Popsophia, e che nome è Popsophia? È strano. Che cos’è, un concerto musicale?- le chiedo.

-No, è un festival!- mi risponde Stefania.

-Un festival, quindi è un concorso, ci saranno dei vincitori..- continuo a non capire.

-No, adesso ti spiego meglio. Popsophia è una manifestazione filosofica che tenterà di scoprire, senza pregiudizi moralistici, quanto di filosofico ci sia nel quotidiano e nel superfluo.-

-Caspita, mi devi aver letto nel pensiero perché stavo riflettendo proprio sulla filosofia dei regali natalizi!-

Con un cenno della testa le indico le buste piene di pacchetti. Ho entrambe le mani occupate ma lei nemmeno se ne accorge tanto è presa dal suo stesso racconto.

-Si guarderà il mondo contemporaneo con le lenti della filosofia. Saranno messi sotto osservazione tutti i fenomeni mediatici di massa, dai reality alle fiction, ma anche la moda e perfino il cellulare! Si parlerà del Doctor House e Dylan Dog, di Sex and the city e Lost.
Ci si domanderà che cosa rende una scarpa, una cintura o un accessorio moda oggetti di culto. E si tenterà di capire chi sono i milioni di telespettatori che ogni giorno seguono le fiction popolari, i talk show e i tronisti. Hai mai provato, per esempio, ad immaginare che mondo sarebbe senza Youtube e Facebook?
-

-Divertente sta cosa, cercheranno pure di capire che mondo sarebbe senza Nutella? Interessante questo festival!-

-Più che interessante è rivoluzionario, almeno nelle intenzioni, perché si cercherà di rendere la filosofia divertente, oltre che interessante.-
- …e quando inizieresti? -

-A fine luglio. Per un mese, ma solo nei fine settimana. Nel week end è compreso anche il venerdì, però non ne sono sicurissima. Dovrebbero essere tre giorni, venerdì, sabato e domenica per quattro settimane, quindi in tutto saranno dodici giorni!-

-E di che cosa ti occuperesti di preciso?-

-Ancora non lo so, ma sono disposta anche a sistemare le sedie e raccogliere le cartacce pur di esserci. -

- Come mai ci tieni così tanto? Perché lo fai? Sinceramente tutta questa euforia per sistemare delle sedie non la capisco. -

-Perché sarò a contatto con delle persone interessanti, si sentiranno cose intelligenti. Ed io devo imparare ancora molto. Presto volontariato e nel frattempo faccio praticantato.
Come i modellisti fanno l’apprendistato per imparare a disegnare le scarpe, anche io devo fare pratica se voglio diventare una grande stilista della filosofia.
Si respirerà aria di alta cultura, ma non sarà astratta, sarà una cultura calata nella realtà concreta.
Una manifestazione del genere sarà un’importantissima palestra per me. Mi formerà.
Interverranno i più grandi intellettuali italiani ma anche personalità dello spettacolo. Accanto a filosofi come Massimo Cacciari ed Emanuele Severino ci saranno anche Alfonso Signorini, il direttore di Chi e Tv Sorrisi e Canzoni e Federico Moccia!
La filosofia si mette a confronto. Da un lato quella popolare e dall’altro quella erudita in un impietoso faccia a faccia! …. Bellissimo!
Comunque ora mi devi scusare, ma devo proprio scappare. Se vuoi saperne di più è già online il sito www.popsophia.it dove puoi iscriverti per avere notizie in anteprima sul programma.-


Ci scambiamo gli auguri e ci salutiamo. Mi ha fatto molto piacere incontrarla. Stefania si gira e se ne va. Prima di andarmene resto immobile per qualche istante. La guardo allontanarsi. Cammina molto velocemente, sembra andare di fretta. Forse anche lei è lì per comprare dei regali.

Sinceramente ho capito poco di tutto quello che m’ha raccontato, però quell’entusiasmo nelle sue parole mi ha incuriosita. Non si è capito bene come sarà articolata tutta la manifestazione ma l’ardore di quelle parole mi hanno convinta. Mi fido molto del suo gusto … una volta rientrata a casa cerchèrò informazioni più precise. Farò delle ricerche su internet e mi registrerò su popsophia.it.

Sembra essersi innamorata. Sì, innamorata, ma non di un maschietto … della filosofia!
Operaia della Filosofia … ma pensa te che buffa occupazione. Almeno lei non se ne starà con le mani in tasca ad aspettare un futuro che vuole costruirsi … che bel regalo di Natale mi ha fatto Stefania, saperla così convinta mi ha messo allegria … Buon PopSophia a tutti!

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sabato 28 agosto 2010

Seconda intervista a Umberto Broccoli

“Poi non è che la vita vada come tu te la immagini. Fa la sua strada. E tu la tua. E non sono la stessa strada."
di Laura Gioventù




Fermo, sabato 28 agosto 2010
Il penultimo giorno della parentesi Fermana, Umberto Broccoli torna a giocare ancora con me.
L’intervista è diversa dalla precedente ma sempre da me guidata.
Le domande sono diventate cinquanta. Mentre nella prima erano scritte su pezzi di carta piegati ed estratte senza la possibilità di leggerle, oggi invece sono stampate su pezzi di carte di tre differenti forme geometriche (quadrati, triangoli e cerchi) e sono aperte.

Ecco le 5 domande scelte dal Professor Broccoli in questo secondo appuntamento.

Domanda n. 1

“Quando certi uomini di teatro sollecitano la partecipazione viva del pubblico ai loro spettacoli dovrebbero meditare sui pericoli cui vanno incontro.” Ennio Flaiano

Anche in radio è pericoloso far partecipare troppo il pubblico per evitare inutili confusioni e spostamenti, oppure è proprio la partecipazione e il coinvolgimento del pubblico che determina il successo delle sue trasmissioni radiofoniche?

Innanzi tutto dobbiamo chiarirci le idee sul discorso del pubblico.
La radio è nata per il pubblico e la radio è l’evoluzione del teatro. Nel senso che mentre il cinema ha il suo corrispettivo nella televisione, la radio nasce per i lombi del teatro. La prima radio si faceva dentro i teatri, si andava con il microfono e si trasmettevano i grandi concerti. Partendo da questo presupposto, dobbiamo poi fare chiarezza sulla partecipazione del pubblico. Il pubblico deve fare il pubblico, stare lì e sentire, apprezzare o non apprezzare se la cosa non è meritevole. Ma che si possa fare uno spettacolo con il pubblico, su quello che era uno degli stilemi della grande improvvisazione degli anni settanta, dove io scendo in mezzo agli spettatori, faccio le cose con loro, ed il pubblico diventa il protagonista, questo è un eccesso. Eccesso che, secondo me, può avere senso solamente a livello sperimentale perché la realtà è un’altra. La realtà è che c’è uno spettacolo, il pubblico vede e partecipa, apprezza o non apprezza. Quel metro, settanta centimetri o due metri, insomma, la distanza che c’è dal palcoscenico al pubblico non sono superabili. Da una parte c’è chi fa lo spettacolo e dall’altra chi lo vede e lo vive.
Quello che dice Flaiano va interpretato in questa direzione. Da questo punto di vista lui era un accademico e un rigoroso del teatro.


Domanda n. 2

“Siamo figli di mondi diversi una sola memoria
Che cancella e disegna distratta la stessa storia”

 Ti scatterò una foto – Tiziano Ferro

Con l’invenzione della fotografia e del cinema si sta perdendo il senso della morte come evento storico, oramai sembrano tutti ancora vivi e vegeti vedendoli alla televisione. Questo strano fenomeno facilita le conclusioni degli storici oppure la fa diventare come un riassunto dell’eterno reality che è la vita di tutti noi?

Noi abbiamo perso il rapporto con la morte. Questo è verissimo, la domanda dice una cosa giustissima.
Faceva parte delle società primitive precedenti la nostra e lo abbiamo perduto negli ultimi ottant’anni. All’inizio del secolo scorso ed ancora oggi nelle società contadine la morte si accompagna. Non si lascia morire un vecchio in ospedale o da solo ma la morte viene vissuta come la fase finale della vita.
Nella società odierna questo valore è completamente perduto. Il compianto, che vuol dire appunto piangere insieme, partecipare, è un aspetto che è degenerato peggiorando ulteriormente negli ultimi anni televisivi.
Gli anni televisivi hanno plastificato tutto. Quello che si vede in televisione non è reale. Nel senso che nessuna delle icone televisive, uomo o donna che sia, si incontra per strada. Penso a determinati atteggiamenti clauneschi di gente che si veste e trucca in una certa maniera. Quello è veramente un barocchismo che non appartiene alla vita quotidiana. È fuori. È totale finzione. Del reato io dico sempre che per andare in televisione bisogna truccarsi, oppure tingersi i capelli. In teatro oppure in radio non ce n’è bisogno. Sei tu. Senz’altro la civiltà della fotografia è completamente differente da quella che è la civiltà delle immagini. Benché queste siano sempre figure, ma in movimento.
Non c’è del moralismo in questo, è semplicemente l’osservazione di un fatto.
Il fatto è che quello che si vede per strada non è quello che si vede in televisione. Punto.
Parlo di spettacolo, ovviamente.

Domanda n. 3

Non domandarmi dove porta la strada, seguila e cammina soltanto. La strada ci farà procedere.
E' Stato Molto Bello di Franco Battiato
Quale è la strada che sta seguendo?

Per altro è una poesia di Evtushenko. Franco Battiato e Mario Sgalambro hanno messo in canzone una poesia di Evgenij Evtushenko, se non ricordo male. La strada che sto seguendo è quella che dice il poeta russo e che cantano Battiato e Sgalandro. È la strada che mi porta da qualche parte. Tendenzialmente ho scoperto che più ci si prefigura un progetto, un percorso, un andare da un punto ad un altro, più diventa complicato. Non voglio certo dire che non ci si riesca, ma a volte si fa molta difficoltà. Spesso la strada della vita ti porta su percorsi completamente differenti che mai ti saresti aspettato di percorrere per cui non domandarti dove porta la strada, seguila e cammina soltanto! Trovo giustissima questa citazione.

Domanda n. 4

Se le dico Marche quale è la prima cosa che le viene in mente?

Il paesaggio. Penso al suo paesaggio che non è come quello umbro e toscano. È marchigiano, appunto.
Penso all’ordine quasi musicale del panorama, quell’ordine che il pittore Tullio Pericoli esprime perfettamente nei paesaggi e nei ritratti della mostra «Lineamenti. Volto e paesaggio» in esposizione presso il museo dell’Ara Pacis di Roma.

Se le dico Fermo?

Penso a sindaco Saturnino Di Ruscio. Sembra una stupidaggine, ma è così, e lo dico, con fermezza, perché il mio rapporto con Fermo è stato sempre mediato dal sindaco. All’inizio con molta diffidenza, adesso con una maggiore consapevolezza. Non la si può ancora chiamare un’amicizia, ma ci conosciamo da cinque anni. Lui per esempio è una persona che è quello che dice e devo riconoscere che è una qualità molto rara, non soltanto nella politica ma soprattutto nel panorama generale dei rapporti umani. Superando la persona, se penso a Fermo mi viene in mente il colore dei mattoni. Questa specie di grande forno nel quale siamo, un forno di mattoni, un forno nel quale si possono cuocere bene le pizze, dove in estate il caldo diventa caldissimo e d’inverno il freddo si fa temperato. Tutto questo sposato con una pulizia incredibile della cittadina. Non volendo prescindere dalla persona Saturnino, tutto il resto è mattone, mattone ovunque, bello, caldo, avvolgente. Siamo circondati dai mattoni ed è bellissimo perché siamo abituati a vedere le case intonacate. Qui invece mi sembra quasi di vedere i lavoratori che mettono uno sopra l’altro i mattoni per costruire palazzi e Chiese.

Se le dico Roma?

A Roma ci sono le mie radici. Paradossalmente mi viene in mente Roma 1960. Adesso sembra stantio, ma siamo stati i primi a parlarne in tempi non sospetti. Il 25 agosto del ’60 veniva inaugurata la XVII Olimpiade
 di Roma. Recentemente mi è capitato di rivedere in televisione il film “La grande Olimpiade”di Romolo Marcellini proprio di quell’anno. Per motivi indipendenti dalla mia volontà, per il semplice fatto di essere nato prima, ricordo perfettamente quella Roma, i colori della città e gli autobus verdi e neri. Una città che stava vivendo un grandissimo sviluppo urbano e urbanistico accanto ad una campagna che poi sarebbe stata aggredita dalla speculazione edilizia, da uno sviluppo esagerato e disordinato di una urbanizzazione non studiata. È giusto urbanizzare, non è che possiamo cristallizzare tutto, ma non è giusto buttare cemento armato di qua e di là come se niente fosse creando queste periferie dormitorio che sono veramente una cosa sulla quale riflettere. Rispondendo in maniera banale, mi sarebbe potuto venir in mente i miei studi, il Colosseo e così via. Invece penso alla Roma del 1960, che era ancora la Roma del dopoguerra e che da quel momento in poi diventerà un’altra cosa, la Roma che poi ha portato a quella del giorno d’oggi.

Quindi una data come segno di un passaggio?

Sì, io non credo alle date come segno di passaggio, ma in questo caso la data è il segno del cambiamento. Come anche il 476 d.C. quando Roma cade per la prima volta sotto i colpi dell’esercito invasore. I barbari, le popolazioni straniere, entrano a Roma  e dal quel momento la città inizia una nuova vita.

E se le dico Italia, che cosa le viene in mente?

Pensando all’Italia non mi viene in mente niente di particolare fuorché tutto.
La conosco abbastanza bene e penso ad un aspetto un po’ più antico e nascosto. Penso a quando il nome stesso di questa nazione è stato una parola nella quale generazioni intere si sono riconosciute e, senza arrivare alla retorica di De Amicis, il tricolore era simbolo di unità. Credo, senza retorica appunto, ad un minimo di patriottismo. Pensando all’Italia mi viene in mente un’unica nazione con tutte le sue differenze -siamo unità tra differenze- che ha le Alpi come confine ed il mare come altro confine. Poi penso anche ad una forma di forte orgoglio nazionale, alla riscoperta delle nostre radici. Siamo italiani e siamo differenti dai francesi, dai tedeschi, dai nordafricani, dagli slavi. Siamo italiani e siamo abbastanza riconoscibili come ethos.


Domanda n. 5

Il vero viaggio di scoperta, non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi.
Voltaire

Voltaire, padre dell’illuminismo. Mi riconosco perfettamente in tutto questo. Non avendo la passione di viaggiare, anzi, detestandolo, sono convinto che il viaggio si possa fare anche nel quartiere di fronte casa cambiando gli occhi. Il cambiamento siamo noi. Forse chi fa viaggi stupefacenti evidentemente non ha tranquillità interiore. Basterebbe immaginare di cambiare gli occhi che si scopre il bello anche a Passoscuro, una piccola località vicino Roma.


Ed infine una mia domanda per concludere il gioco.

Forma e sostanza: Lei ha scelto due domande racchiuse nei cerchi, due nei triangoli ed una nel quadrato; possiamo dire che nello scegliere una domanda piuttosto che un’altra c’è stata una piccola influenza sulla forma?  

Quasi non c’ho prestato attenzione. Ho fatto caso ai tanti fogli di forma diversa sopra al tavolo ma non so se Voltaire sta sul rotondo o sul quadrato oppure Battiato sul triangolo. Nello scegliere, potendo leggere le domande, ho solo fatto caso alla sostanza.

“Il mezzo è il messaggio” diceva Marshall McLuhan
È possibile che nello studiare la storia siamo stati più suggestionati dalla “forma” esteriore (miti, eroi, battaglie) piuttosto che dalla sostanza storica degli avvenimenti accaduti?

Purtroppo la storia la fanno i vincitori. Da sempre.
Non la scrive chi ha perso e quindi, inevitabilmente chi scrive e fa la storia sono i vincitori.
Noi siamo tutti figli della storia scritta dai vincitori ed è chiaro che ne siamo anche influenzati.
Quando pensiamo per esempio a Napoleone Bonaparte pensiamo a chi ha scritto di Napoleone, pensiamo a quello che è stato detto e quindi creiamo quella che si chiama mitopoiesi, creiamo dentro di noi un mito. Dal greco μυθοποίησις,  poie vuol dire “fare” e mithos è mito, quindi "creazione del mito". Noi creiamo un mito ed il più delle volte il mito non è realtà. La nostra operazione, in genere, anche nella vita quotidiana, dovrebbe essere quella di cercare di vedere qual è la sostanza reale delle cose, che cosa c’è dietro ad un fatto, una persona, un avvenimento. Capire dove si vuole andare a parare in sostanza. Credo sia questa la cosa più giusta.

Per quello che riguarda McLuhan, sulla questione che il mezzo possa diventare messaggio, sono state costruite intere biblioteche io però continuo a dire, che è il messaggio che governa e non il mezzo. Se si guarda il contorno, la cornice non sarà mai il quadro. È giusto che esista ma guardiamo il quadro. Ricordiamoci sempre che chi indica la luna con un dito, giusto un fesso guarda il dito e non la luna!

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mercoledì 11 agosto 2010

Laura Gioventù intervista Umberto Broccoli. Sfida alla Storia, 5 domande su 30 per capire se la storia cambierà.

Umberto Broccoli è autore di diversi programmi di approfondimento della Rai, collaboratore di diverse testate giornalistiche nazionali, conduttore televisivo italiano e conduttore radiofonico per  Radiouno Rai. Da luglio  2008, Sovrintendente ai Beni culturali del Comune di Roma e Direttore del Dipartimento di Archeologia medievale.

Per la quinta estate consecutiva, torna a Fermo, dal 10 al 29 agosto, con le sue trasmissione storiche “Con parole mie” e “In Europa”. Dall’aula magna della facoltà dei Beni Culturali di Fermo, Broccoli racconterà insieme ai suoi ospiti, il Fermano nella cultura, nella musica e nelle tradizioni.


10 agosto 2010.
La telefonata alle cinque del pomeriggio mi conferma l’intervista per le 18. Non immaginavo mi ricevessero così subito tanto che me ne ero quasi dimenticata. Allora sposto un impegno precedente e mi precipito, come al solito, temendo di ritardare l’appuntamento, ma arrivo, come sempre, just in time!

Che cosa domandare al nostro intervistato? Sarà la sorte a deciderlo!
Sì, perché questa volta ho scelto di impostare la mia intervista in maniera del tutto insolita.
Faccio un gioco con Umberto Broccoli!
Ho trenta domande diverse ma anche simili, alcune originali, altre un po’ meno pertinenti, stampate su fogli di carta, ritagliate e piegate. Dalla busta di plastica le vuoto tutte sul tavolo, le mischio e le faccio estrarre a caso al mio intervistato. Solo 5 domande su 30 … ed ecco che cosa ne è uscito fuori!


PRIMA ESTRAZIONE

“…Certe notti sei solo più allegro, più ingordo, più ingenuo e coglione che puoi
quelle notti son proprio quel vizio che non voglio smettere, smettere, mai.”
Certe Notti – Luciano Ligabue

Non mi azzarderei mai a darle del coglione ma..lei le ricorda quelle notti, quei locali o solo piazze, in cui era allegro, ingordo con il vizio di non smettere mai, oppure è sempre stato una persona, come si dice spesso, con la testa sulle spalle?

-No, non sono stato mai una persona con la testa sulle spalle nel senso tradizionale del termine. Certo, quando ero molto giovane, dai 14 ai 27 anni è stato un inferno per me, in senso positivo, certo, perché con il fatto che ero un atleta  comunque sia, avevo una vita abbastanza movimentata. Certo, non bevo, non fumo e non faccio altro. Non assumo sostanze stupefacenti però, effettivamente, tirar tardi,  gli amici, il mare insomma nella vita non mi sono mai risparmiato!-

Ed ora?

-Ora è un po’ diverso, ho 56 anni, faccio sempre tardi con il tipo di impegni che ho. Le notti sono sempre sfrenate ma in un altro senso. Amo il legame con la notte, perché di notte si scrive, di notte si pensa. E quei mondi, che oramai sono abbastanza lontani, li riassumo con la fantasia nel senso che di notte produco quello che poi va in onda, più o meno, e poi scrivo. Sostanzialmente, scrivo. Per cui, se vogliamo la liaison esiste sempre, il legame esiste sempre perché c’era una fantasia materiale da toccarsi allora, quando ero ragazzo, e adesso c’è lo stesso tipo di fantasia però evidentemente incanalata in un onirico che poi diventa qualcos’altro. -

SECONDA ESTRAZIONE.

Cartografare è la passione per l’arabesco letterario da elaborare in un labirinto geografico oppure la semplice perdita di orizzonti mentre cerchiamo, come tanti Ulisse nella tempesta, la nostra Itaca interiore?

-Ho risposto un attimo fa. In realtà è questo: pensare e scrivere, anche se negli ultimi vent’anni è diventato un mestiere, sostanzialmente significa andare a riprendere delle cose nei cassetti più profondi della tua memoria e metterli in un ordine che sia ascoltabile, cioè che possano comunque interessare. Anche perché poi, alla fine, i cassetti della nostra memoria sono simili a tutte le latitudini, a tutte le età, a tutte le circostanze, a quelli degli altri. E quindi è facile, da questo punto di vista, andare a riprendere certe cose che possano poi servire per costruirci qualcos’altro … un grande psicologo tedesco che si chiama Carl Gustav Jung parlava di archetipi, gli archetipi Junghiani. Ma spieghiamo anche che cosa vuol dire. Significa che in ognuno di noi c’è un qualche cosa che è simile ad ogn’uno di noi. Quindi magari andando a ripescare un’esperienza antica, provando a cucire intorno delle sensazioni provate allora, andando a riscoprire cose che avevo scritto quando avevo vent’anni, inevitabilmente si parla a quegli archetipi Junghiani perché quelle stesse cose le ha vissute qualcun altro nello stesso identico momento e nella stessa identica situazione, quindi in realtà è un raccontare noi stessi per gli altri. -

La gente ha voglia di identificarsi …

-Sì, la gente cerca l’identificazione e credo che alla fine, senza io essere mai stato modello di nessuno, in realtà cerca anche dei modelli. Ma questo non perché adesso ne manchino, da sempre! L’uomo è sempre stato in crisi. L’uomo vive continuamente momenti di crisi. Crisi vuol dire cambiamento e gli anni sono sempre anni critici, quindi anni di cambiamento. Di fatto, raccontare delle cose accadute anche nel micro cosmo di noi stessi vuol dire parlare comunque a quei noi stessi che sono di fronte a noi e altrove.-

TERZA ESTRAZIONE.

Come vive Lei la sua sera, impegnato com’ è tra l’incarico di sovraintendente ai Beni Culturali di  Roma e la radio, è all’ insegna della produzione ulteriore di responsabilità, oppure è impostata sullo “staccare la spina” per fare cose che gratificano l’ uomo? Come si diverte Umberto Broccoli?

-Facendo quello che faccio. Le passioni le ho sempre avute, da ragazzo avevo la pallavolo e quella mi assorbiva moltissimo, adesso la mia vita pubblica si identifica molto con quella privata. Io non sono un personaggio, sono una persona, da sempre, sia in radio che in televisione. Non rappresento nulla. Faccio la mia vita e trovo un grosso piacere nel realizzare le cose che faccio, sia quelle che svolgo dagli ultimi due anni come sovraintendente al comune di Roma, ma soprattutto per questa fase radiofonica creativa. Poi magari mi stufo pure, però in realtà  la spinta iniziale è già il mio divertimento, è già il mio trastullo, la mia evasione, la mia emozione. Se provo un’emozione facendo una cosa, inevitabilmente questa verrà percepita anche da chi mi sta ascoltando e questo mi basta e mi avanza. Non ho bisogno di altro tipo di stimoli ed emozioni. E poi io non stacco la spina, ce l’ho sempre attaccata oppure ce l’ho sempre staccata. Non credo che esista una dimensione per cui si dice “adesso io non faccio più niente”. Poi, forse questo sì, da quando sono nati questi canali satellitari, mi incuriosisce il mondo della televisione. Mi ha sempre incuriosito molto. Perché anche quando facevo la trasmissione per la tv  “Tele sogni”, io non la guardavo. In realtà parlavo di televisione senza guardarla! Invece adesso mi diverte andare a vedere trasmissioni e filmati di repertorio, cose antiche, riproposte in questi canali, ma è sempre un interesse collaterale al lavoro che faccio … -

QUARTA ESTRAZIONE.

“ D'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.” Italo Calvino
Fermo a quale domanda potrebbe essere la risposta?
E Roma, la sua città?


-Secondo me in tutti i nostri luoghi cerchiamo sempre noi stessi. Il paragone che mi viene immediato è quando andiamo in Cina e diciamo “ma questo assomiglia tanto a Torino”e si cerca sempre un punto di somiglianza,  oppure quello che troviamo è completamente difforme e vedi una città completamente distante da Torino. Noi abbiamo sempre un porto da cui partiamo e inevitabilmente nella città dove andiamo portiamo noi stessi. Non sono io ma è  Jacques Prévert, un poeta francese, che diceva che non siamo noi, ma è l’occhio che guarda male, quindi bisognerebbe, citando tra l’altro una frase del Vangelo, cambiare l’occhio.
A Fermo ci sono arrivato per caso, poi è stato un momento, nel 2005, dove avevo messo a frutto tutta una serie di fantasie che poi sono diventate spettacolo proprio qui! Quindi, inevitabilmente, la dimensione del sogno è legata a Fermo e la dimensione di una storia che non si è interrotta è legata a Fermo, che cosa c’è di meglio? Un sogno e una storia che vivi continuamente ogni volta che ci ritorni. Questa città, Fermo, potrebbe essere  proprio la quinta essenza del bene.
Roma invece è la mia radice, è il porto da cui parto. Parlare di Roma è fin troppo semplice e banale. C’è una definizione di Ennio Flaiano, che è meravigliosa!  Roma, diceva, è come un grande minestrone con tanti ingredienti e non ti devi fare troppe domande. Devi infilare il cucchiaio, tirare su e mangiare. Questo è Roma!-

QUINTA ESTRAZIONE.

La nostra Regione ha molte bellezze nascoste che lentamente gli altri stanno scoprendo, nella Provincia di Fermo secondo lei quale sarà la sorpresa paesaggistico-culturale che presto avrà la giusta consacrazione nazionale, la bellezza delle “Rolling Hills” oppure un paesino scoperto per puro caso, come avvenne per Capalbio in Maremma, solo perché qualche personaggio famoso lo nominerà nelle interviste? Lei che nome farebbe?

-Mi limiterei a Fermo.  Perché tutti  i paesi della Valle dell’Aso sono inflazionatissimi, e già, volendo, sono diventati tutti delle piccole Capalbio. È diventato molto “in” andare a Pedaso, oppure a Campofilone. Però, io prenderei Fermo come punto di riferimento perché c’è questo uso del mattone che ci richiama alle costruzioni ancestrali. All’inizio sembra duro. Vedere il paesaggio di Fermo da lontano sembra quasi aggressivo, questo mattone arcigno che ti guarda da lontano, la cattedrale che sembra incombere, pare un rapace che si è fermato sulla collina. In realtà poi entri dentro e trovi il colore rosso che ti avvolge. Il colore rosso che ti fa sembrare tutto quanto naturale. Quindi io direi senz’altro Fermo. E poi diffiderei largamente delle mode. Io a Capalbio sono andato una volta e non certamente per vedere la città e quando le cose diventano di moda è quello il momento di fuggire via rapidamente.-


Che cosa contengono le altre 25 domande? Lo scopriremo solo … intervistando …. se il nostro caro Umberto vorrà giocare ancora con me!


Di Laura Gioventù


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domenica 8 agosto 2010

CRONACHE CATANE

Cronache Catane, 
ovvero, come cucirsi addosso un abito fuori misura.

di Laura Gioventù

Tra le tante proposte culturali (e di divertimento?) della nostra Provincia, vorrei riflettere sulla rassegna Sangiorgese di letteratura e musica dal titolo  “Di Villa in Villa”,
ed in particolare sul secondo appuntamento che, causa tempo incerto, ha avuto luogo presso il teatro Comunale di Porto San Giorgio, per cui neppure nel luogo scelto si è rispettato il titolo della rassegna.

L’evento era incentrato sul tema:
Libri & libertà,  importanza della lettura e dello studio per formare autonomamente la propria coscienza critica ed intellettuale. Titolo ambizioso e forse anche arrogante, e per meritarsi l’attenzione del pubblico si era pensato di presentare stralci di un testo del poeta Spagnolo Federico García Lorca (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936) tradotto dallo scrittore marchigiano Lucilio Santoni.
Oltre ai testi di Lorca sono stati letti in lingua originale ( Spagnolo ) alcune poesie di
Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo
(Buenos Aires, 24 agosto 1899 – Ginevra, 14 giugno 1986)
e di Pablo Neruda
(Parral, 12 luglio 1904 – Santiago, 23 settembre 1973).
A concludere il tutto, il concerto di chitarra classica di Christian Lavenier.

Adesso che abbiamo presentato la forma “Ufficiale” della proposta culturale, veniamo alla sua realizzazione pratica. Ma se vi aspettate la cronaca di una manifestazione intellettualmente onesta vi avviso subito che di “marchetta” si è trattato, ed anche di una delle peggiori riuscite.

“Marchetta” non è un film, qualcuno la vede come una commedia di insuccessi comunque andati in scena, altri ci vedono dentro la solita prepotenza dei potenti, fatto è che sempre di agevolazioni autorizzate si tratta ed in questo caso i fatti dicono che un Assessorato pubblico finanzia iniziative ad uso ed abuso del suo diretto responsabile, l’Assessore alla Cultura del comune di Porto San Giorgio, PSG per i vitelloni del posto.

L’intellettuale Catà Cesare, come direbbe Marcantonio “è uomo d’onore”, tanto d’onore che ha pensato bene di elargire contributi a se stesso in forma trina, autore, presentatore e commentatore, altro che malattia da protagonismo, qui siamo di fronte ad un caso di culto della im-personalità dirompente,  persino i comunicati stampa recano la sua firma.

Costui sarebbe ben raffigurato con le parole …“El purtava i scarp de tennis”… come il protagonista della canzone di Enzo Jannaci e come una signora in preda alle “vampate” della menopausa per quanto si sia  “sventagliato” con il libro della presentazione per buona parte della serata.

Tra il pubblico …. se non ricordo male …. c’erano gli assenti (ingiustificati?) e fra tutti il sindaco di PSG,  Andrea Agostini che a fare le sue veci ha spedito la sua mamma, la Prof.ssa Fioretti, sempre elegantissima e soprattutto truccatissima!
Tra i presenti anche la Prof.ssa Nanda Anibaldi insieme ad Elisa Ravanese dell’Associazione Culturale Armonica-mente.
Assenti giustificatissimi invece i giovani, praticamente sconosciuti come fruitori di cultura dagli organizzatori, anzi … dall’Assessore, visto che ha fatto praticamente tutto da solo!
Sicuramente esiste una strategia precisa dell’Assessorato in merito alla partecipazione del pubblico agli eventi che propone, altrimenti non si spiegherebbe la scelta del luogo, del programma e del clima filosofico voluto. Il tutto aveva il sapore di invito con preghiera di non intervenire, originale come volontà culturale, molto originale.

I ragazzi di PSG avrebbero invece bisogno di stimoli forti per abbandonare gli chalet, grande fratello,  facebook e la noiosa abitudine di perdere tempo fra una vasca e l’altra del lungomare.
Avrebbero bisogno di riconoscersi e di identificarsi per interessarsi e appassionarsi.
Magari se provassimo ad organizzare incontri sulle letterature per i giovani, con i valori per i giovani non sarebbe meglio?
Senza nulla togliere a Lorca & dintorni ma si potrebbero usare altri scrittori, con meno ragnatele sui loro libri e più fascino per i ragazzi …. sarebbe come pretendere che si appassionino al cinema mostrando loro Ladri di Biciclette e non Avatar … ad ognuno la sua cultura senza steccati, please.

E il nostro giovane Holden (l’Ass. Catà) non potrebbe cimentarsi tra un passo di Bukowski e una favola stile Italo Calvino, invece di riproporre le solite storie di gnomi ed elfi irlandesi?

Tuttavia, pur essendo un tema molto interessante, l’appuntamento non ha espresso moltissimo interesse neanche tra i presenti. Dietro me era seduta la signora Rottermaier che con le sue amiche non se la smetteva di fare commenti stile …. capisco tutto io …. quasi a voler suggerire le frasi al traduttore Lucilio Santoni, che durante l’intervista centellinava le parole con una lentezza da imbarazzanti silenzi.
Le care zie non hanno gradito nemmeno molto le letture in lingua spagnola.
A loro poco importava della musicalità del testo e reclamavano ad alta voce la traduzione letterale, magari in dialetto Marchigiano, come lo stesso Catà Cesare usa nelle sue commedie celebrate nel teatro comunale l’inverno scorso … altra forma di marchetta???
Le critiche sono salite allo zenit con l’esibizione del musicista.
Tecnicamente bravissimo ma solo per pochi intenditori. I brani conciliavano il sonno e c’è chi dopo la prima canzone si è alzato ed è andato via.
Dai commenti “Mi sto annoiando da morire” del secondo brano si è passati ad un ronzio fastidioso.
Non stavano russando ma “cubbanavano”. Il russo, lo saprete, non è più la lingua in voga e le russe stanno perdendo punti. Piacciono molto di più le ragazze del mar dei caraibi come la bellissima lettrice Clara Serrano Diaz. Che sembra sia, come l’edicolante della piazza mi ha detto stamane, la nuova fiamma del giovane Assessore.

L’Assessorato sangiorgese se la suona e se la canta!

Insomma, si è trattato della solita cosa fatta in casa come i “vincisgrassi”, eventi in odore di cultura per pochi eletti sponsorizzati da un assessorato minuscolo per punti di vista e respiro culturale che invece di allargare la base dei possibili fruitori, tende sempre di più a rinchiudersi in piccoli posti pur di celebrare il mito della Elitè culturale.

Un assessorato che non ha il coraggio di osare provocazioni culturali ma preferisce seguire la strade del certo, del tranquillo e del fantasy. L’appuntamento non è stato pensato in funzione del pubblico, e probabilmente l’ideatore non è in grado di affrontare una platea che possa criticarlo ed è stato più interessato a chi non c’era.

Tremiamo alla sola ipotesi di una nuova rassegna di questo livello, temiamo la si voglia chiamare … Di Condominio in Condominio …. aiutoooooooo.

Montegiorgio e le sue "Muse sotto le stelle"

“Muse sotto le stelle” di Laura Gioventù



 “resta, resta cu' mme'
E allora resta, resta cu' mme'”


non solo resto, ma ritorno molto volentieri!

Sulle note della famosa canzone “Resta con me” di Pino Daniele ha avuto inizio, domenica sera, dopo una brevissima presentazione di Mario Liberati di Archeoclub Montegiorgio, “Muse sotto le stelle”. Uno spettacolo che in un’ora ha unito arte poesia e narrativa, combinando sapienti sonorità acustiche e soavi versi poetici.

Entrando nel Chiostro di Sant’Agostino a Montegiorgio, il rosso dei teli dietro il palco colpisce subito il mio sguardo. L’attenzione è rapita dalle candele ed i lumini accesi sparsi sui tavoli, dai quadri di Giuseppina Pasquali posizionati strategicamente tutt’intorno, e dalle stelle, ah, che belle le stelle! Ma non quelle del cielo, che magari c’erano pure, anche se non ci ho fatto caso. Mi perdonate? Io sto parlando di quelle confezionate con la carta stagnola (voto 8 per l’estro), che impreziosivano le tovaglie di carta dei tavolini. Guardando da lontano, per via della mia miopia, inizialmente non avevo compreso di che cosa si trattasse.
Come mi sono avvicinata ho capito: tutto è stato curato nei minimi dettagli!!!

Il pubblico - bello, elegante e di una certa età - ma non me ne vogliate, per la certa età, era già tutto sistemato ai propri posti ed in silenzio. Che strano! Gli spettatori saranno stati ipnotizzati dal palco oppure suggestionati dall’atmosfera monacale del luogo? (educazione voto 8)

Alle 22, puntuale, è questa volta pure io, è cominciato lo spettacolo.

Il racconto “Il mio primo volo da gabbiano”, interpretato dalla stessa autrice, la montegiorgese Antonella Folchi Vici,  ha emozionato  fino a farmi immedesimare nelle vicende ricordate. Bellissimo. (l’enfasi del racconto voto 9)

Le poesie di Cristina Del Bello, invece, sono state lette da Manuela Cosenza, e non dall’autrice. Hanno toccano temi importanti ed impegnativi tra i quali il viaggio, la zavorra, il tempo, il pozzo e il fondo, ma non sono riuscita a seguirle al meglio, forse per piccoli inconvenienti nell’audio e nella recitazione. Cara Cristina, perché la prossima volta non provi a leggerle tu stessa? (poesie voto 8)

Brava, molto brava anche la giovanissima Rebecca Liberati che, tra una lettura e l’altra, ha magistralmente interpretato i brani di “Resta con me” di Pino Daniele, “Oh che sarà” di Fiorella Mannoia e “La cura” di Franco Battiato. Davvero una bella voce. (Rebecca, voto 8)

Tutto si è concentrato in breve tempo. È bastato poco più di un’ora per emozionarsi senza annoiarsi. Una serata per “la cura” dell’anima e dello spirito.

Pensavate forse che per far bene le cose occorre necessariamente impiegare molto tempo? Assolutamente no. Almeno in questo caso lo spettacolo ha dimostrato l’esatto contrario.
Cosa, meglio della puntualità e dell’ottima organizzazione potrebbe riuscire ad attirare l’attenzione del pubblico sempre più spesso disinteressato e annoiato? 
Il cibo! Ma certo, perché la degustazione finale di vini (delle cantine Dezi di Servigliano), formaggi e dolci (della pasticceria Ilari) alla fine ha messo, come sempre, tutti d’accordo. Interessati e non!

Come mio marito, per esempio, che prima se ne è andato altrove lasciandomi da sola, ma poi di fronte al vassoio pieno di formaggi, non voleva più venir via. (alla superficialità degli uomini voto 4, ai dolci, i miei preferiti, voto 8)

“I montegiorgesi sono bravissimi a fare le cose, ma sono ugualmente bravi a disperderle.”
Con questa considerazione di chiusura, Mario Liberati ha ringraziato e salutato i presenti intervenuti con la speranza di ripetere e diffondere anche altrove questo tipo di appuntamenti!

Ed io invece chiudo riportando alcuni versi della canzone  “Oh Che Sarà” di Fiorella Mannoia (2004) solo perché non ho i testi delle bellissime poesie!

“Ah che sarà che sarà che vanno sospirando nelle alcove
che vanno sussurrando in versi e strofe che vanno combinando in fondo al buio
che gira nelle teste e nelle parole che accende candele nelle processioni
che va parlando forte nei portoni e grida nei mercati che con certezza
sta nella natura nella bellezza quel che non ha ragione ne mai ce l'avrà
quel che non ha rimedio ne mai ce l'avrà quel che non ha misura.”




26/07/2010

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CRONACHE FERMANE - Taranta & tarantola. Pizzica & pizzicotto. Di Laura Gioventù


taranta : tarantola = pizzica : pizzicotto

che si legge

taranta sta a tarantola come pizzica sta a pizzicotto

Equazione algebrica oppure funzione matematica?
Non lo so, faccio sempre una gran confusione. Purtroppo durante l’ora di matematica studiavo diritto e ripassavo economia aziendale. E mica ero scema, il Prof. di mate, non faccio il nome per rispetto, era tutto concentrato a scrivere gli articoli per “Il Resto del Carlino”, ed io, secondo te, che dovevo fare? Girarmi i pollici? Infatti so tutto su assegni in bianco, cambiali protestate, ratei e risconti!

Ma oggi è un altro giorno, guardiamo avanti e torniamo a me.

La “taranta”, detta anche “pizzica”, è una danza popolare della Puglia centro-meridionale e della Basilicata. Oggi forse  solo Salentina. (tipo di ballo, voto 7)

E stavo pensando,  sarà perché gli prude il sedere per il troppo peperoncino che mangiano i pugliesi, oppure per il fastidio procurato dal morso del ragno, che hanno inventato questo ballo? (ragni pericolosi voto 2, che paura!)

Buona la seconda, perché è il pepe la spezia che crea questo tipo di disturbi, non certo il peperoncino! (peperoncino, voto troppo pizzicoso) . Per maggiori informazioni vedi su wikipedia, altrimenti perdo il filo del discorso. (enciclopedia libera, ma non troppo, voto 7)

Insomma, stavo dicendo che nel mese di luglio, per tre venerdì consecutivi, lo scrivo se per caso sei uno di quelli che ancora non lo sapeva, in Piazza del Popolo a Fermo, si sono svolti concerti con musiche e balli folcloristici Salentini.

Vorrei spendere una riflessione sul successo di pubblico ma non di critica - perché quella la faccio io - proprio su tale manifestazione.

I miei genitori, classe 1942 e 1951, lo so che non è carino dire l’età, ma l’eccezione conferma la regola, nonostante escano poco, si sono divertiti molto e l’hanno trovata una bella iniziativa. (divertimento dei miei voto 8)
Mi hanno raccontato che il centro storico si è animato, la musica è stata travolgente ed ha coinvolto il pubblico. Iniziativa ben riuscita, hanno detto! E questo mi sembra molto positivo. (la città che vive voto 7)

La curiosità è femmina, e per la proprietà transitiva è pure di Laura. Volevo esserci anche io. Ma, nonostante i miei buoni propositi e tra una cosa e l’altra, non ce l’ho fatta.

Tuttavia, non sono così presuntuosa da raccontare l’evento per interposte impressioni, ci mancherebbe pure, ma una riflessione sorge spontanea. Perché per far vivere il centro storico di Fermo abbiamo bisogno della tarantella o della pizzica pugliese, invece che del nostro “salterello”? Il nostro tipico ballo popolare non avrebbe riscosso altrettanto successo? (6 politico per il saltarello)

Perché la “tarantella” fa più “fico” del “salterello”?

La questione, secondo me, è che ci vergogniamo.  Ma di che cosa?

Il salterello ha una forte connotazione contadina e purtroppo noi, al contrario dei Salentini, ancora ci vergogniamo per la “presenza” storica nelle Marche dell’agricoltura.
Il senso di umiltà, di umiliazione del contadino ce lo portiamo dietro tutti quanti. La mezzadria, il riconoscere l’autorità degli altri. Va considerato anche che per secoli questa Regione è stata uno stato pontificio e tutte queste condizioni hanno lavorato alla base del marchigiano. (provare vergogna per le proprie origini voto 2)

“La tarantella racconta un popolo e una terra. Racconta la storia, i costumi, i luoghi, l’essenza e la radice profonda.”

Possiamo dire la stessa cosa per il nostro “salterello”?

Non abbiano nulla di valido da proporre  o da inventare in alternativa? Dobbiamo sempre importare dagli altri?

E se è vero, come è vero, che non abbiamo nulla da invidiare a nessuno, come mai le amministrazioni scelgono tradizioni non nostre per fare spettacolo?

Svegliamoci con un pizzicotto e smettiamola di vergognarci!

Prendiamo coscienza, acquistiamo consapevolezza, tiriamo fuori il coraggio. Meglio prima che mai.
         

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CRONACHE FERMANE

Preti al cinema. I sacerdoti e l’immaginario cinematografico. visti da Laura Gioventù

(Fermo, 22 luglio – 30 agosto 2010)


“la camera prende fiato pure lei
attraverso questi odiosi facciotti immortalati in troppi poster”


No, no, no. Per piacere, non confondiamo la lana con gli stracci, gli stracci di lana sono un’altra cosa!

Queste sono le frasi di una famosa canzone di Luciano Ligabue del 1990, mentre quella di ieri sera era una mostra fotografica, e quelli che mi sono vista di fronte non erano poster e nemmeno immagini ferme, ma fermi immagine. Istantanee scattate da famosi fotografi sui set cinematografici italiani dal periodo dal muto ad oggi.
E non ci troviamo in una camera, ma nella Chiesa del Carmine di Fermo!

La scenografia è perfetta che mette quasi soggezione, ma evidentemente non a tutti, visto come andavano vestite certe persone.  Purtroppo le belle stagioni e le donne eleganti non esistono più! ‘Ste donne tutte “gnude” è ‘na vergogna! (voto 3 al cattivo gusto. Voto 8 alle suore, le più eleganti di tutti!)

Ma che cosa ritraggono tutte queste foto?

Sempre e solo un unico soggetto: i preti! Sì, sì, proprio loro, che bello!

C’è il faccione di Totò, nel film La mandragola di Alberto Lattuata (1965).
Il film, mai visto! Ma gli occhi a palla e lo sguardo da matto di Totò sono davvero unici. Con i capelli da “frate”, la faccia quadrata e il sorriso un po’ arcigno sembra quasi Frankenstein! (voto 8, ma girato di 180° per gli occhi a palla)

Si arriva poi alla foto di Don Camillo. Come non ripescare nei confusi ricordi della mia prima giovinezza (sono arrivata alla seconda, ma poi, si spera, ci sarà pure la terza e la quarta) il dubbio di allora, che ancora non ho compreso del tutto, sul perché Don Camillo e Peppone litigassero sempre … ma certo, è ovvio! E’ perché Peppone era “comunista”. E i comunisti con i preti, lo sanno tutti, non sono andati mai d’accordo! (voto 2 all’intolleranza, voto 7+ al film)

Poi lo splendido Alberto Sordi, bello, giovane e snello nel film “Venezia, la luna e tu.” di Dino Risi (1958). Unica foto a colori! Il rosso forse fa troppo “comunista” ma quanto sono belli questi preti tutti in fila sulla gradinata! E le scarpe … mi avvicino per vederle meglio … le scarpe indossate da Sordi sembrano le  antenate delle “Clarks”. Ma quanto sono vecchie ‘ste scarpe? (voto 8 agli oggetti “senza tempo”)

Amarcord di Federico Fellini – 1973. Pure i preti mangiano! Ho sempre pensato che vivessero di “Spirito Santo”! Genuina, come il panino che stanno mangiando, è la foto che ritrae Fellini mentre si rifocilla con il parroco. Nel senso che il regista è seduto vicino al prete e non si mangia il prete, ma il panino! Non so se Fellini era comunista, ma che questi si mangiavano i bambini ne sono certa!!!

Non pensarci troppo su, Albertone! Chissà a che cosa pensava. E’ un po’ più maturo e serio, l’Alberto Sordi che si vede nella foto del film “Anastasia mio fratello ovvero il presunto capo dell’Anonima Assassini di Steno (1973). Che titolo lungo, ma non potevano accorciarlo? (voto 2 ai titoli lunghi)

C’è anche la faccia di un altro matto, quella di Roberto Benigni ne “Il piccolo diavolo” di Roberto Benigni (1988). Praticamente fa tutto lui, lo sceneggiatore, il regista, l’attore. Denti gialli, capelli da “diavolo” e fronte a porta aerei, ma quant’è brutto! La natura non è stata molto clemente con lui, ma lo ha fatto intelligente! Vi pare poco? (voto 8+ con grande stima)

Andando avanti “appare” il facciotto da “bambolotto nevrotico” di Carlo Verdone in “Io, loro e Lara.” di Carlo Verdone (2010). Simpaticissimo, un grande! Lui sì, che ha fatto un “patto” col diavolo. Non invecchia mai. Ma quanti anni ha?!?

A fare da ciliegina sulla torta ci manca solamente la foto di Richard Chamberla  che negli anni ottanta ha tenuto mamme e zie incollate ai teleschermi. Ve lo ricorderete sicuramente! (voto 3 agli assenti ingiustificati) nella parte dello scandaloso padre Ralph in Uccelli di rovo.

Tuttavia una bella esposizione! Nessuno aveva mai pensato prima di allestire una mostra sui “preti al cinema” e l’idea è davvero originale! (voto 7+ all’idea)

Ma le foto, oltre che ricordi e sorrisi, fanno “scattare” degli interrogativi interessanti! Perché i sacerdoti si chiamano tutti “Don”? Qualcuno se lo sarà pure chiesto. Non voglio pensare che sono solo mie elucubrazioni mentali. Prima di incontrare qualche prete, che magari potrebbe essermi di aiuto, la rete estesa soccorre tutti nell’epoca del bite! Chiederò all’oracolo “internet”. Chissà cosa mi tirerà fuori …

E poi, ma quanti sinonimi ci sono per il termine di “prete”? Pescando nel dizionario troviamo sacerdote, parroco, curato (perché è il dottore delle anime perdute?), padre (ma di chi, se non ha figli?), pastore (perchè rincorre le pecorelle smarrite?), monsignore, eccellenza … e chi più ne ha più ne metta!

Vabbè, questo è solo il mio punto di vista, fatevene uno pure voi!

La mostra resta aperta fino al 30 agosto …. Approfittatene, ne vale la pena!

Buona "vista" a tutti!

    
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CRONACHE FERMANE

Non siamo più dei “provinciali”,  anche noi facciamo le “marchette”. 
Punti di vista e punti ciechi di Laura Gioventù




La crisi della calzatura ma anche del cappello, attività manifatturiere prevalenti sulle quali si regge l’intera l’economia del Fermano, insieme alla difficile situazione economica nazionale, fanno preoccupare le famiglie, alle prese con i conti della fine del mese, i giovani, alla ricerca disperata di un posto di lavoro che non c’è, ma anche economisti e professori universitari che filosofeggiano su ricerche di mercato e piani strategici di rilancio e politici, sensibili solo alla ricerca costante di voti. (giovani preoccupati voto 10)

Per cui in alternativa c’è il gusto di parlare di “Distretto Culturale”, di sviluppo turistico del Territorio attraverso la valorizzazione e il potenziamento dell’offerta culturale, delle strutture ricettive e delle possibilità di divertimento.

Allora mi chiedo come sia possibile far diventare attraente, per un visitatore, il nostro territorio sia dal punto di vista turistico sia culturale se mancano programmi coordinati, una organizzazione seria e professionale ed un’adeguata comunicazione promozionale???

Purtroppo mi trovo costretta a dover riconoscere, con rammarico e grande tristezza, che è improbabile se non addirittura impossibile che ci si possa far conoscere se nemmeno siamo capaci di presentarci adeguatamente a noi stessi!

Abbiamo una grande potenzialità che però non sappiamo sfruttare e sviluppare.

Come tutti sottolineano con grande orgoglio Marchigiano,

“Abbiamo a disposizione un meraviglioso paesaggio, abbiamo la fortuna di avere le montagne più belle d’ Italia - i Monti Sibillini - e una spiaggia incantevole ed attraente come quella adriatica, il tutto a una distanza davvero minimale: il che rende il nostro territorio un caso preziosamente unico. Non abbiamo nulla da invidiare agli altri.” (Monti  Sibillini voto 8)

Ma ne siamo proprio sicuri? Grandi discorsi in pompa magna e da riempirsi la bocca, ma poi nei fatti, la realtà qual è?

L’offerta ci sarebbe ma è troppo disordinata, poco promossa, scarsamente pubblicizzata e comunque non coordinata, per cui è come non ci fosse.

Ci sono momenti in cui gli appuntamenti si accavallano e altri giorni in cui non c’è nulla.

Manca un programma unitario di iniziative culturali al di sopra delle singole realtà locali. Un nuovo metodo di lavoro che la nuova Provincia di Fermo dovrebbe sviluppare se vuole dimostrarsi davvero “nuova”.

Martedì 20 luglio 2010, per esempio, ero indecisa nello scegliere tra la lettura di alcune poesie della mia ex professoressa di italiano delle superiori, Nanda Anibaldi,(voto 9 di stima) che con la sua verve da “Son Fumino, se non lo dico mi sento male” sa sempre essere accattivante e travolgente, oppure andare alla serata di apertura del cinema all’aperto di Porto San Giorgio (FM).

Per entrambe le iniziative ho travato solamente due articoli online pubblicati da Media Comunicazione sul sito “Infomazione.tv”.

Il 16 luglio 2010 era comparso un articolo proprio sull’inaugurazione di Cinemagnolie 2010 che “avrebbe” dovuto avere come ospite speciale l’attore Giorgio Pasotti. Andando a rileggere l’articolo mi sono accorta che, nonostante la dettagliata biografia della carriera dell’attore, l’autore (voto 4) ha tralasciato una piccola ma importante informazione: l’ora di inizio. Un dettaglio non di poco conto.

Come capita di frequente, gli eventi culturali si sono accavallati anche con quelli famigliari, per altro a volte pure un po’ noiosi.

Sta di fatto che, pur essendo stata invitata da mia suocera in occasione del suo compleanno, appena cenato mi sono alzata in fretta e furia senza poter neppure assaggiare il dolce, per andare alla presentazione cinematografica, curiosa di assistere all’intervista del Dott. Adolfo Leoni. (voto 6)

Mi presento, come al solito, “just in time” e al momento dell’acquisto del biglietto prendo anche la piccola brochure con il programma però, con mio grande stupore, mi accorgo immediatamente che, non solo non verrà trasmesso il film “Baciami ancora” come era stato previsto, ma di Pasotti nemmeno l’ombra. (Pasotti, voto 8 per la bellezza)

Sul palco viene presentato Andrea Montovoli, attore a me sconosciuto, come anche ai più presenti in platea, coprotagonista insieme a Raul Bova (voto 9) nel film “Scusa ma ti voglio sposare”.

Si è trattata, forse, di una tecnica commerciale, quella di dare un nome famoso in pasto al pubblico, per attirare l’attenzione e richiamare spettatori? Il dubbio ci sta tutto visto che l’arena è stata sistemata dalla società Multi Movie, la stessa che il prossimo novembre avvierà il Multiplex di Campiglione di Fermo e che probabilmente ha bisogno di farsi conoscere, ma principalmente di far conoscere al pubblico la prossima apertura commerciale!

Come mai lo stesso sito internet “Informazione.tv” (voto 5) non ha comunicato il cambio di programma?

Forse una variazione improvvisa, di cui però non è stato fatto il minimo cenno al pubblico presente pensando probabilmente che i giornali e le notizie non le legga “quasi” più nessuno, tutti distratti dalla grande discussione “Motodromo sì, motodromo no”. (voto entro i limiti di velocità)

Forse un cambiamento inaspettato pure per lo stesso presentatore Leoni che, alla domanda su come avessero reagito i genitori dell’attore nell’apprendere la volontà del figlio di intraprendere la carriera cinematografica, scopre, con costernazione più nostra che sua, che Andrea Montovoli (voto 7 di stima) è orfano di padre dall’età di 12 anni. Tutto fortunatamente passa inosservato con grande eleganza.

La parola poi passa al Sindaco della città, Andrea Agostini, (voto 4) che ha tenuto a sottolineare l’inizio di “interessanti” rapporti di collaborazione con la società Molti Movie sia per il nuovo allestimento dell’arena, sia per la programmazione invernale di cinema d’essai e cinema per scolaresche a Porto San Giorgio (FM).

E non si è capito se intenderanno riaprire il vecchio cinema Sangiorgese oppure creare una nuova sede. Collaborazioni di cui non si conoscono seguiti e costi per l’amministrazione cittadina, e sottolineiamo costi e non guadagni, perché sembra una eresia dire che con una politica culturale attenta e precisa si potrebbero anche guadagnare dei soldi. Stranamente ci riescono i privati ma mai le amministrazioni comunali. Che strano, vero?

Un cambio di programma non avvertito, un pessimo inizio ed un film, “Baciami ancora”, che non compare nemmeno sul programma. Solo un’occasione ben studiata ma male eseguita di pubblicità per la Multi Movie: una chiara operazione di “marchetta”, venuta pure male! (Marchetta mal riuscita voto 2)

Questo non è sicuramente l’unico episodio negativo.

Si fa sempre un gran parlare di giovani, di cultura e di arte.

Domenica 18 luglio 2010 mi sono trovata a Fermo, spinta dalla curiosità e dal mio orgoglio Fermano, davanti ad una scena desolante. Mi sono recata in centro storico per vedere una collettiva di arte moderna di giovani talenti locali in mostra a Piazzale Azzolino in occasione della prima edizione di “Fermento Festival” (voto zero).

L’arte moderna è considerata effimera e, da queste parti, riceve poco interesse. La tristezza è stata grande quando, arrivata là, non c’era praticamente nessuno.

Come si può pensare di “fare cultura” se le organizzatrici stesse della mostra hanno disertato e degli artisti nemmeno l’ombra?

La mostra iniziava, come da programma alle 19 e pur essendo solo le 20 di una domenica di piena estate, il pubblico, dov’era? Gli artisti vanno presentati e intervistati, le opere, moderne e quindi di libera interpretazione andrebbero spiegate. Quantomeno per evitare la passiva e insignificante fruizione di un’arte che così presentata è solo un inutile “perder tempo”. Ed invece niente di niente. Le opere stavano là, appese sulle grate di quei pannelli, solitarie ed abbandonate a loro stesse.

Le giovani generazioni rivendicano spazio e occasioni di lavoro, ci si auto elegge o ci si celebra come artisti e organizzatori di eventi quando a mancare è proprio la professionalità.

Ci si improvvisa senza essere dei professionisti; quantomeno dovremmo cercare di essere professionali!

Non vorrei fare di tutta un’erba un fascio perché poi ci sono delle manifestazioni che funzionano bene come, per citarne una recente, il recital “Love of my life” messo in piedi da Ortomagico Musical (Voto 7). Uno spettacolo di prima classe che comunque la stampa locale non ha evidenziato nella giusta maniera.

Tuttavia, anche in questa occasione, ci sono stati disguidi nella prenotazione dei posti. La vendita dei biglietti è stata affidata anche a una tabaccheria Sangiorgese ma, arrivata all’ingresso di Villa Vitali, pur avendo prenotato il giorno precedente per un posto numerato in platea, mi sono vista assegnare un posto non numerato sulle gradinate. Altro esempio, questo, di poca professionalità nella gestione e nell’organizzazione dello spettacolo. Uno spiacevole inconveniente che non si sarebbe verificato se non ci si improvvisasse in lavori che non sono di propria competenza.

Ha ragione il Prof. Evio Ermas Ercoli, (voto 8 per la competenza) autore, promotore e provocatore di eventi culturali, che in una recente intervista, parlando degli sbocchi lavorativi che le manifestazioni culturali possono offrire ai giovani del territorio, ha dichiarato:

“…in una situazione come quella che abbiamo vissuto di tuttoingioco c’era coinvolto dallo 0,1% al 3% dell’occupazione giovanile e questo è il massimo che può esprimere un appuntamento del genere o altre situazioni. Secondo me siamo al minimo perché non abbiamo obblighi, impegni e relazioni sul territorio. Io credo che questi appuntamenti possano essere la vera sponda di quest’occupazione e si parla di un settore che va dagli istituti tecnici professionali fino agli uffici stampa ecc. Quale futuro c’è di occupazione nel settore degli eventi, nei settori degli appuntamenti culturali? Si può fare economia in questo settore? Si può rispondere in tantissimi modi: da una parte bisognerebbe avere la certezza degli investimenti, dall’altra ci vuole un minimo di professionalità nella risposta. Siccome le due cose non entrano sempre in sintonia, io investo, però non mi fido di te e tu non esisti per me, alla fine non ci si incrocia. Questa è la questione. Quindi io alla fine faccio occupazione per gli esterni, per i NON marchigiani, per quelli che sono fuori dal giro, mentre quelli che rimangono nel giro si occupano delle Pro Loco, della festa di campanile e non riescono ad entrare in questo tipo di sistema. Non so se mi sono spiegato …”

Occorre un minimo di professionalità nella risposta, altrimenti non si va da nessuna parte e trasformare la vocazione di questo territorio resterà sempre una pura utopia! (utopia voto 10…i sogni sono gratis ma sempre ben pagati!)



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