Visualizzazione post con etichetta Giuseppe Buondonno. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Giuseppe Buondonno. Mostra tutti i post

giovedì 9 maggio 2013

Ciak...nel vuoto!


L’iniziativa è interessante anche se non originale, libri e film sono da sempre un binomio collaudato, in questo caso alla gradevolezza del libro si accompagna una presentazione sincera da parte del Prof. Buondonno, e per quello che riguarda il film, un Mastroianni superlativo appaga il bisogno di recitazione e non solo di comparsate cinematografiche, ma nonostante le premesse ed il contesto,qualcosa di questa manifestazione non è riuscita come avrebbe dovuto.

Occorre però fare una premessa “Urbana”, continuiamo a considerare Fermo come una città con un territorio molto esteso, con quartieri periferici e piccole frazioni, ovviamente anche un centro storico, ma nella realtà non è così. Da troppo tempo ormai la città di Fermo è solo quello che chiamiamo Centro Storico, le periferie o le frazioni sono troppo distanti e disperse fra loro, hanno non facili collegamenti con il centro e questo ci sta  convincendo che ormai Fermo non sia quella città grande di cui si parla, ma solo un piccolo borgo sulla collina.

Altra premessa è l’orario e la location di certe iniziative, troppo tardi per chi ha figli piccoli, oppure per gli anziani, i giovani forse non sono interessati al binomio film-libro, e poi è evidente una sorta di rassegnazione culturale che non facilita le persone ad entusiasmarsi per certi eventi, con il risultato che le manifestazioni sono sempre meno affollate e anche se le si organizza nel modo migliore, non raccolgono i partecipanti che dovrebbero, e questo incide sia sulla continuità di certi eventi sia sul loro grado di attrattiva che possono avere per gli sponsor privati, ed alla fine ci viene il dubbio che qualunque cosa si proponga non raccoglierà mai il pubblico,distratto da altre mille cose, che meriterebbe.

Queste due considerazioni sono alla base della nostra riflessione mentre assistevamo stasera alla presentazione di “Ciak, si legge”, perché nonostante Mastoianni, Tabucchi, Faenza, solo dieci, e dico 10 persone erano presenti all’ evento.

Potremmo discutere fino ai titoli di coda di Sostiene Pereira, ma la situazione non cambierebbe, dieci persone sono niente in confronto a quelle che sarebbero dovute arrivare, e se non vogliamo mettere la testa nella sabbia, sarebbe bene riflettere tutti insieme sul rapporto numero-evento, e porci le domande vere e non darci solo le risposte di comodo. La situazione culturale nel Fermano, ma specialmente nella città di Fermo, è spaventosamente drammatica, e non è colpa di Tizio o di Caio, è solo figlia di un atteggiamento che va scalfito, che va demolito prima che lui demolisca tutti noi, e che alla prossima proiezione si arrivi con la sala totalmente vuota.

Soluzioni pronte non credo ci siano, ma manca anche la voglia di affrontare il problema per come si dovrebbe, perché se da una parte è vero che la crisi ci sta abbrutendo tutti, dall’altra per uscire dalla crisi culturale servono tutti e non solo poche persone, magari contente di non avere scocciature nel doversi inventare cose nuove e vincenti, per cui io lancio il sasso nello stagno, sperando che altri lo raccolgano per discuterne tutti insieme….speriamo sia così e non come al solito che dopo due giorni è come se  non fosse successo nulla!

Il link dell'iniziativa Ciak, si legge!
http://www.informazione.tv/index.php?action=index&p=305&art=42861#.UYrtgaJHAas


_________________
LA LUCE E I SENTIERI
Associazione Culturale
info@lucesentieri.com


mercoledì 16 febbraio 2011

CRONACHE FERMANE

A CHE GIOCO STIAMO GIOCANDO?
Ovvero, come la politica diventa un gioco. 
di Laura Gioventù
 


Salone nella sede della Provincia di Fermo.
I giocatori si dispongono al tavolo.
Da una parte l’Avv. Fabrizio Cesetti con il ruolo di Presidente della Provincia nonché mazziere e dall’altra parte giornalisti, opinione pubblica e fra loro, disposti un po’a destra un po’ a sinistra e qualcuno al centro, tutti gli esponenti politici, partitici, associativi e tutti quelli che in odor di elezioni escono fuori come i funghi.

L’occasione per il gioco è stranota, le dimissioni da vice presidente della provincia di “Tano” Massucci, in quanto lo stesso sembra deciso a giocare ad un altro tavolo, quello che con la posta in gioco offre la poltrona da sindaco della città di Fermo.

Il mazziere mischia le carte e comincia a dichiarare a che gioco sta giocando.
Ma a che gioco sta giocando effettivamente l’Avv. Cesetti?
Il presidente-mazziere gioca a RisiKo, perché cerca la strategia vincente per conquistare più territori possibili, chissà quanti carrarmatini detiene, saranno sufficienti per fare una guerra oppure solo per contenere le perdite?
E Gaetano Massucci a che gioco sta giocando?
“Tano” Massucci sta giocando a scacchi, ed in sella al suo cavallo salta i partiti cercando di fare scacco alla regina per contenderle la poltrona da sindaco.
E la “regina” Brambatti a che gioco sta giocando?
Ma è ovvio, la professoressa sta giocando a “nascondino”, forse cercando di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo e sembra che il suo slogan sia “tana, votatemi tutti!”.
Ma torniamo alla Provincia.
Il SEL a che gioco sta giocando?
Perbacco, ma sta giocando a “ruba bandiera”, perché spera di impadronirsi di un posto nella giunta provinciale, scalpita e si agita per un assessorato ma resta ancora una volta con un pugno di mosce in mano!
E la Sinistra, nel suo insieme tutta unita, a che gioco sta giocando?
La Sinistra gioca al “tiro alla fune”, perché tira la corda ipotizzando dall’altra parte un avversario che non c’è, perché la malattia della sinistra è che senza un rivale non riesce proprio a stare.
Ed il suo storico nemico, la Destra, nel suo insieme tutta divisa, a che gioco sta giocando?
La Destra gioca a “mosca cieca”, perché brancolando nel buio spera disperatamente di “acchiappare” il candidato giusto per perdere dignitosamente.
E fra loro c’è il Centro. Ma il Centro a che gioco sta giocando?
Il Centro gioca a “ruba mazzo”, perché spera di alzare la carta più alta per poter prendere il mazzo e distribuire lui le carte.
Ed insieme al Centro c’è la Chiesa. A che gioco sta giocando la Chiesa? 
La Chiesa gioca sempre a Ping Pong, perché se la rimpalla continuamente cercando la paletta o la pallina,  ma se la racchetta ora è Massucci, la pallina chi la fa?
Poi ci sono gli altri giocatori.
Vediamo che gioco stanno giocando anche gli altri.
C’è Franca Romagnoli. La Franca a che gioco sta giocando?
Lei è impegnata con il gioco dell’oca, perché schierandosi con Futuro e Libertà ha fatto due passi avanti e non si sa quanti indietro.
E Luciano Romanella a che gioco sta giocando?
Romanella ha scelto lo “schiaffo del soldato”, perché vuole mettersi nella condizione di indovinare sempre chi, dandogli il colpo più forte, lo faccia cadere.
Mentre il giovane Andrea Putzu a che gioco sta giocando? Putzu gioca a "scala quaranta", perché da bravo under quaranta sogna di scalare il potere.
Remigio Ceroni invece a che gioco sta giocando?
Remigio gioca a "traversone", perché fa di tutto per perdere cercando di non segnare neanche un punto.
Poi c’è il nostro caro “Peppone” al secolo Buondonno Giuseppe, tutto preso a giocare a tressette con il morto, con il sogno, mai tanto nascosto, di giocare avendo in mano entrambe le carte, le sue e quelle del morto.
E poi a questo tavolo ci sono i giocatori occasionali, quelli di questo momento, ovvero il movimento delle donne, ed a che giocano queste donne? Queste donne giocano alle belle statuine, perché nonostante siano armate di tacco alla riscossa, acconciature in similpelle e unghie laccate rosso passione, non riescono ad essere più quelle di una volta, e mentre passano qualcuno canta ambarabà ciccì coccò…
Poi ci sono gli ospiti d’onore, i giornalisti, a che gioco stanno giocando i giornalisti?
Le “signore” e i “signori” della stampa giocano al “mercante in fiera”, perché senza sapere quali saranno le carte vincenti azzardano puntate grammaticali degne di miglior causa.
E non presenti al tavolo, ma vittime predestinate dell’esito finale dei vari giochi, ci sono gli elettori, l’opinione pubblica e tutti noi insomma.
E noi, a che gioco stiamo giocando?
Poveri noi, noi non stiamo giocando, dovremmo giocare allo “scopone scientifico” ma ogni volta che scartiamo una carta c’è sempre qualcuno che fa scopa e non siamo mai noi!

Signore e signori avvicinatevi al tavolo, i giochi stanno iniziando, rien ne va plus!


Pubblicato su ... informazione.tv

lunedì 3 gennaio 2011

Io, Nella e la Sinistra.

Intervista al prof. Giuseppe Buondonno
di Laura Gioventù

Giuseppe Buondonno



La sinistra, la cultura, le alleanze, la pagella, gli scenari futuri, i "buoni e i cattivi": intervista a tutto campo, con "soluzione finale".

Per chi le sta vicino, ed in particolare per il futuro candidato sindaco della sinistra, la prof.ssa Brambatti, lei si ritiene un talismano di fortuna oppure porta sfiga?

Non ho mai portato sfiga a nessuno in vita mia e in realtà il candidato sindaco del centro sinistra non è vicino solo a me ma a tutte le forze politiche e vicino a tanta parte della città. È una persona apprezzata e stimata da tutti. Certo il partito a cui è iscritta è il Pd, ma saprà rappresentare tutti quei cittadini che vogliono un cambiamento profondo della città, anche quelli che in passato hanno votato Di Ruscio e che oggi sono comunque molto scontenti di questo centro destra e delle sue divisioni personalistiche. L’unità della sinistra ha una grande valenza attrattiva ma non è autosufficienza. Noi guardiamo a tutti i fermani e pensiamo ai problemi della città. Non ci sono tra noi problemi di carattere personale …

Cinque anni fa lei correva contro Di Ruscio, fu lui a vincere o lei a perdere?

Di Ruscio ha vinto, questo è evidente. Noi abbiamo fatto allora una straordinaria rimonta rispetto a quello che dicevano i sondaggi. Abbiamo riaggregato dopo 5 anni il centro-sinistra e oggi questo clima unitario, come quello delle provinciali, è frutto anche di quello che si creò cinque anni fa. D’altra parte sono rarissimi i casi, se penso al 2006, di sindaci uscenti che abbiano perso le elezioni del secondo mandato. In questo caso Di Ruscio rimase nella norma perchè in genere le città riconfermano sempre al secondo mandato i loro sindaci. È difficile che accada il contrario …
Poi i cittadini di Fermo lo hanno bocciato come Presidente della Provincia. Non ci dimentichiamo che Di Ruscio ha perso alle provinciali proprio nella sua città.
Comunque Di Ruscio oramai è una figura che appartiene al passato … noi dobbiamo guardare al futuro e lo dobbiamo fare guardando ai problemi reali dei cittadini e un po’ meno a questa dietrologia personalistica che non interessa a nessuno.

Di Ruscio ha vinto nel 2006, ora perché lei non si è ricandidato?

Intanto non credo che le persone si debbano candidare ma debbano essere candidate dalle forze politiche o dalle primarie, a seconda del metodo che si sceglie di utilizzare …

… Come mai allora non è stato ricandidato?

Perché ho scelto di fare l’Assessore in Provincia e credo con discreti risultati. Ritengo che bisogna avere rispetto per i ruoli istituzionali, non a caso mi sono dimesso da Consigliere comunale, proprio perché i ruoli non si confondessero. Certo, sono anche il segretario cittadino del PD, ma questo è un ruolo puramente politico e non istituzionale e credo che sia giusto tra l’altro individuare come Sindaco della città una figura che, come in questo caso, è fuori dalle (anche giuste e sacrosante) polemiche di questi ultimi anni.
Nella Brambatti è una figura che in questo momento può guardare al di là degli schieramenti.

Secondo lei, “bisogna saper perdere” è una affermazione di principio da condividere, oppure il foglio di congedo per chi non abbia i requisiti per governare?

Questa è una cosa vada detta al centro-destra. Penso che perderanno le elezioni a Fermo come hanno perso le elezioni provinciali e credo che questo segnerà anche un cambiamento in tanti Comuni del territorio della Provincia. È evidente che, un po’ come sta accadendo a livello Nazionale, le divisioni della destra sono la conseguenza di piccoli e grandi fallimenti.

…quindi è un foglio di congedo per chi non ha i requisiti per governare …?

Mi sembra una domanda prematura. Vediamo chi vincerà e chi perderà. La democrazia è bella proprio per questo. Sono convinto che Nella Brambatti ha buone probabilità di vincere e di fare il Sindaco della Città e se sarà il sindaco della città, lo sarà di tutti. Quello del Sindaco non deve essere un ruolo di parte, ma deve rappresentare i cittadini, i loro diritti e i loro bisogni, senza appartenenze e senza personalismi. La forte indipendenza e la forte personalità della Brambatti è una notevole garanzia in questo senso!

Ritornando a Di Ruscio, il Sindaco è al termine del secondo mandato, come mai allora continua a fare campagna elettorale, se non può più ricandidarsi? Lei che cosa legge dietro questo atteggiamento?

A me sembra che stia cercando, con un po’ di propaganda, di uscire a testa alta da questo quinquennio. Il problema non è tanto Di Ruscio, in quanto Sindaco io l’ho criticato molto per degli errori gravi, ma devo riconoscere anche che ha lavorato molto. Il problema non è Di Ruscio, credo che con questo movimento di acque di superficie si stia cercando di nascondere l’assoluta mancanza di governo di questi ultimi tre anni che sono stati letteralmente persi per la città. Questo è il momento però di accettare che toccherà ad altri ridisegnare, attraverso lo strumento principale della democrazia che sono le elezioni, il futuro di Fermo, i prossimi venti anni di questa città. Non ha senso simulare attacchi alla diligenza mentre la diligenza sta arrivando al capolinea …

Se la Brambatti punta al centro, come è stato vociferato, come si potrebbero guadagnare i voti del centro e di tutti gli “scontenti” di Di Ruscio, contestualmente si potrebbero perdere i voti più a sinistra. In questo caso il suo ruolo di segretario potrebbe essere quello di “guardiano” della sinistra? 

Io penso che non bisogna dire sciocchezze … il segretario del Partito Democratico come tutti i segretari del centro-sinistra sono tutti molto vicini a Nella Brambatti. La sostengono e la sosterranno con grande forza, energia, impegno e lavoro quotidiano. È bene chiarire che Nella Brambatti è una donna che viene da una cultura di sinistra ed è, come tante persone della sinistra, una donna aperta, attenta ai bisogni della gente, attenta alla pluralità delle culture; ed è una donna che guarda ai problemi concreti (come spesso accade alle donne, molto più degli uomini spesso troppo attenti al proprio ego). Qui non si tratta di ridurre tutto a “schemini” politici astratti, il centro, la destra, la sinistra. C’è un’impostazione culturale che guarda alla trasparenza e ai diritti della gente. Un’ impostazione solidale. Dopodiché, un bravo Sindaco, come sono sicuro saprà essere la Brambatti, guarderà ai problemi di tutti i cittadini e chiederà il voto a tutti i Fermani indipendentemente dalla loro appartenenza politica. È così quando un sindaco sa rappresentare lo spirito di una città e non di una singola forza politica. Le forze politiche sono importanti, saranno parte organica della coalizione, ma chi amministra si sveste dei panni di appartenenza. A me capita per esempio, in qualità di assessore, di scordarmi l’appartenenza politica del sindaco o dell’assessore con cui sto parlando.
E credo che ci siano molti sindaci di centro-destra della Provincia di Fermo che te lo potrebbero confermare.
Quando due amministratori parlano hanno presenti prima di tutto i problemi concreti da risolvere, i progetti e le idee e si appassionano a questo.

Non serve dare anche un programma? La Brambatti è stata invitata senza un menu e non è che se perderà verrà poi accusata di non avere la lista della spesa oppure gli elettori si accontentano di una cena al buio?

Intanto non perderà, e questo credo di poterlo dire con un certo margine di sicurezza. Certo, le elezione devono ancora essere svolte e vanno sempre rispettate. Al contrario di quello che dici però c’è già stato un confronto sulle idee di fondo che sono state riassunte nella carta dei valori e che le forze politiche stanno discutendo nelle linee programmatiche. Su questo, tanto i partiti del centro sinistra quanto Nella Brambatti, sono stati molto chiari nell’individuare i criteri e le linee di fondo; dopodiché la candidata sindaco saprà costruire il programma in un confronto aperto con la città, le associazioni e i quartieri. Il programma non deve essere un menu scritto da cinque persone, ma con la città, sentendo, ascoltando e dialogando. La candidatura di Nella ha definito alcune idee di fondo che sono quelle di una svolta. Una svolta, prima di tutto, nei metodi di governo della città che parte dal bisogno di dare a Fermo una prospettiva nuova che la porti fuori dalla palude di questi anni. Perché questi anni sono stati una palude.

Nel caso in cui lei vi chiedesse autonomia elettorale voi, come Pd, gliela concederete o ci sono ancora le componenti di schieramento da tenere in considerazione?

Credo che questa domanda dovresti farla a lei. È lei che deciderà come impostare la campagna elettorale.

È possibile che una donna non abbia la capacità di vincere da sola? Per vincere ha bisogno di appoggiarsi a qualcuno o di staccarsi? Si deve per forza sottostare ai soliti calcoli di bottega oppure lei ha le caratteristiche per farcela, comunque sia?

Credo che nessuno vinca mai da solo. Tutti vincono grazie all’aiuto e al lavoro di altri, che siano forze politiche o i tanti volontari che già si stanno avvicinando per sostenere la campagna elettorale di Nella, che siano le associazioni che partecipano e contribuiscono al programma.
Un sindaco non è mai una donna o un uomo solo al comando. È sempre espressione di un progetto. Chiunque ha bisogno di un progetto collettivo. Lo stesso Presidente Cesetti ha vinto per meriti propri ma anche grazie ad un grande sforzo collettivo. Chiunque, ripeto, ha bisogno di un progetto collettivo. Dico anche una donna che ha esperienza, carattere e apertura culturale come Nella, ha strumenti in più rispetto a tanti uomini per farcela.

Ci dica allora, se è così sicuro della vittoria …

No, non sono così sicuro, dico solo che ci sono tutte le condizioni perché questa ci sia. La sicurezza della vittoria ce l’hanno solo gli elettori.

… facciamo un pronostico …

No, non li facciamo i pronostici.

… Ci dica ad oggi quale è la vittoria in numeri della Brambatti. Ci dica la percentuale per la quale si possa dire che la Brambatti ha vinto anche se non verrà eletta, nel caso in cui cioè vinca comunque la candidata ma perda il partito.

È un gioco che non mi interessa …

Dopo dieci anni avrete un sogno nel cassetto, quale risultato, in numeri, sperate di ottenere?

Il sindaco di Fermo sarà eletto dal 50+1 dei cittadini Fermani. Che questo poi avvenga al primo turno o al ballottaggio queste sono tecniche elettorali e cambia poco. Credo che Nella Brambatti possa vincere ma ho l’impressione, indipendentemente dal fatto che lo dica io, che anche testate giornalistiche e testate più o meno giornalistiche lo pensino e lo creda anche il campo avversario che privatamente ammette che abbiamo fatto un’ottima scelta. E questo vale molto di più dei miei sondaggi personali, espressione soltanto di un’analisi politica e sociale della città. Fermo ha voglia di un cambiamento, ci sono troppe persone che sono state lasciate sole, che si sentono umiliate da una pratica politica che ha favorito gli interessi di pochi. Si avverte che la città è stata lasciata in uno stato di abbandono. C’è un clima molto positivo, di attesa e sono convinto che la Brambatti lo saprà ascoltare e accogliere per dare una nuova prospettiva. Lei, come molti di noi, è in una fase della vita molto bella, in cui veramente tutto quello che si fa lo si fa per le generazioni future e questo è molto importante. Se questo vale in generale, per una donna vale almeno il doppio …

Voi avete candidato Nella Brambatti per le sue capacità musicali, nel caso di vittoria la suonerebbe contro la destra, e nel caso di sconfitta, il venire trombata non sarebbe così drammatico per un presidente di conservatorio?

Nella ha grandi capacità di direzione, musicali un po’ meno. Non mi risulta che sappia suonare strumenti musicali, ma in ogni caso è più brava a darle che a prenderle.

I comunisti fanno ancora paura al punto da non far votare la classe media? Siete ancora quelli che mangiano i bambini?

Non diciamo eresie.
Intanto i comunisti sono rappresentati nella coalizione del centro-sinistra da due forze politiche, i Comunisti Italiani e Rifondazione, non dalla mia. E sono due forze politiche importanti.
Le forze della sinistra sono fortemente radicate anche nella classe media e nei cattolici, al punto tale che molti cattolici sono di sinistra, e non fanno paura, anzi, rappresentano una prospettiva di giustizia e di libertà. In questo Paese l’hanno sempre rappresentata e chi ti parla viene dell’esperienza del PCI, cioè dall’esperienza di quelli che hanno contribuito a liberare questo paese, che hanno scritto – non da soli, ovvio - la Costituzione, che hanno contribuito a difendere i diritti dei lavoratori e dei più deboli. Che poi vi siano state evoluzioni e cambiamenti di carattere storico questo non significa perdere per strada valori e principi portanti. La parola “comunista” o la parola “sinistra” può far paura semplicemente a qualcuno che è rimasto ingessato nel passato oppure viene usata in un modo disonesto semplicemente per nascondere la prevalenza dell’interesse privato su quello pubblico.
Il Presidente del Consiglio la usa a sproposito, forse mal consigliato durante qualcuno dei suoi festini privati…

Che rapporto c’è tra l’essere non riformista e il volere una rivalsa elettorale?

Non so di che cosa tu stia parlando. Le rivalse non mi appartengono. La rivincita, e sonora, ce l’ha avuta il centro-sinistra alle provinciali.
Ma tutto questo poi, interessa a qualcuno?
Credo che l’importante per i cittadini sia quello che fai, come governi, le risposte che dai ai loro bisogni e quanto li coinvolgi nelle decisioni. Cerchiamo di essere seri. Non inseguiamo provocatori e propagandisti. Fermo, negli ultimi anni, di questa gente ne ha avuta già troppa. Ora veramente è il momento di voltare pagina.

Che vuol dire “riformista”?

Essere riformista significa cambiare nel senso della giustizia e della modernità la struttura di un paese, utilizzando il metodo democratico, attraverso i sistemi e gli strumenti della democrazia.

Riformista è un concetto solo di sinistra oppure è anche di destra? A destra i riformisti come si chiamano, revisionisti?

Direi che riformisti nel centro-sinistra lo siamo dalla svolta di Salerno nel 1944, da quando cioè Togliatti scelse la via democratica di cambiamento della società italiana.

Revisionismo è una categoria che appartiene alla storiografia prima ancora che alla politica. Credo che ci possa essere un riformismo anche di destra. Portiamo un esempio: alcune proposte che vengono da Futuro e Libertà sono proposte riformiste, come il voto agli immigrati e alcuni progetti di natura sociale e anche culturale.
Il riformismo è un metodo, poi naturalmente si caratterizza in base ai contenuti. Nella storia della politica europea e mondiale il riformismo è stato il criterio metodologico della sinistra democratica. Di quella sinistra non rivoluzionaria, social democratica, liberal democratica. Ma questo non significa che non vi possa essere anche un riformismo di destra.

Se i politici di sinistra vengono definiti “barbuti” come Fidel Castro o Che Guevara oppure violenti come Pol Pot capo dei Khmer rossi cambogiani, come si possono definire quelli che stanno a destra?

Stai parlando di politici di sinistra del secolo scorso. Se penso alla sinistra attuale, a livello internazionale, mi viene in mente Obama. Alcuni politici di destra, nella destra italiana, io li chiamerei integralisti, mentre alcuni loro propagandisti sono un po’ talebani. A livelli più alti invece, la destra italiana è una destra neo feudale e questo credo sia proprio uno dei motivi di rottura di Fini con Berlusconi. La destra berlusconiana non ha il senso dello Stato. Ne è totalmente priva, confonde la dimensione privatistica personalistica con le istituzioni e con l’interesse collettivo.

Che cos’è un talebano?

I talebani sono dei guerriglieri islamici caratterizzati da un forte fanatismo integralista religioso. In genere viene usato come sinonimo di fondamentalismo integralista. Ma questo che c’entra con Fermo?

Come definisce la politica nel nostro territorio, di serie A, di serie C oppure è in divenire? A livello nazionale, quanti politici locali di “spessore” potremmo proporre?

Credo che la politica fermana sia in forte divenire. La nascita della Provincia è un elemento che rafforza tutto il territorio. Non solo per ciò che la Provincia sta facendo ma per il semplice fatto di esistere, accresce il peso di questo territorio sia a livello regionale sia nazionale.
All’altra domanda non ha molto senso rispondere. Un territorio viene rappresentato ed ha peso nel momento in cui mette in campo progetti collettivi che vanno anche al di là degli schieramenti. Per questo dico per esempio che la continua polemica di chi ha governato questa città e di certi settori della destra, ieri contro la Regione, oggi contro la Provincia, rischia di isolare il territorio. Credo che si debbano costruire progetti comuni. Certo, si possono criticare delle scelte generali, ma la capacità degli amministratori deve essere quella di costruire anche con gli altri livelli istituzionali.

La nostra è una terra a connotazione prevalentemente artigianale e industriale e in queste zone non abbiamo da proporre il nostro Bersani. Ma se il Pd cerca fuori di se, facendo la corte a Montezemolo, secondo lei, la destra potrebbe andare a cercare Diego Della Valle?

Della Valle non lo conosco, ma non credo sia un uomo di destra. È un imprenditore e se mai è vicino ad ambienti fortemente centristi. Non credo sia neanche intenzionato a fare scelte di carattere politico. Sinceramente, non lo conosco e non mi arrogo il diritto di rispondere. Sono domane che dovresti fare a lui. A livello nazionale il problema per la destra in questo momento si chiama Silvio Berlusconi. Il convitato di pietra da cui questa destra non riesce a liberarsi per diventare una destra moderna ed istituzionalmente attendibile.

Sulla sua carta d’identità lei ha scritto “professore”. Mettiamo i voti ai politici.
Per esempio, che voto darebbe a Di Ruscio?


A Di Ruscio non lo voterei mai.

A Luciano Romanella?

…Romanella…cinque per simpatia.

A Remigio Ceroni?

Per la rappresentanza del territorio darei un voto bassino anche se nel complesso … diciamo una sufficienza.

A Fabrizio Cesetti?

Per quello che ha fatto e che sta facendo … direi un nove pieno.

A Franca Romagnoli?

Non riesco ad essere obiettivo ed equilibrato. A Franca voglio molto bene da tanti anni, quindi il giudizio è comunque positivo. È una persona per cui ho affetto e stima. Dal punto di vista politico lei sa che le metto un voto molto basso anche se per le sue ultime scelte partitiche il voto è alto.

A Gianfranco Fini?

Insufficiente. Una insufficienza determinata dal fatto che le sue scelte devono essere più chiare. C’è un ambiguità profonda. I giudizi sono naturalmente rivolti all’esperienza di cui si è reso protagonista. Fini non può chiamarsi fuori dalle responsabilità che ci sono nella nascita, nella vittoria e nell’affermazione del “berlusconismo” in questo ventennio. Debbo dire però che mi incuriosiscono intellettualmente alcune riflessioni che sta facendo e che ho avuto modo di sentire dal vivo. Naturalmente non sono ipotizzabili esperienze e progetti comuni tra il centro-sinistra e Futuro e Libertà mentre può essere molto interessante un dialogo su alcune questioni di carattere istituzionale e su alcune ipotesi di riforma.

…che voto gli diamo?

Cinque e mezzo.

A Silvio Berlusconi?

Berlusconi non è classificabile. È un problema per il paese.

A Nichi Vendola?

Un buon voto perché sta vivendo un’esperienza di governo interessante in Puglia, sta facendo un buon lavoro di riaggregazione di parte della sinistra. Anche in questo caso devo ammettere però di essere influenzato da un’amicizia e da un affetto di lunga data.

A Pier Luigi Bersani?

Otto. Perché sta facendo un lavoro importantissimo di tenuta e di rilancio del PD. Certo, come spesso succede, può capitare di non condividere singole esternazioni relative alla tattica, ma l’idea del Partito Democratico come partito che sia l’asse portante di una svolta del  Paese credo la incarni.
A volte ci vuole un po’ più di decisione su alcune questioni strategiche.

Ci dica qualcosa di sinistra...

Prima a livello nazionale.
Voglio esprimere tutta la mia solidarietà, al di là dei giudizi su questo o quell’accordo specifico, alla Fiom e tutta la mia profonda contrarietà all’accordo di Mirafiori. Non solo per i contenuti dell’accordo, ma perché si pensa, con un’operazione autoritaria da Fiat degli anni cinquanta, di espellere il più importante sindacato dei metalmeccanici dalle trattative, dagli accordi e dalla rappresentanza democratica dei lavoratori. Sono convinto che i lavoratori sapranno reagire e che la Fiom e la Cgil sapranno difendere il diritto di rappresentanza di quei lavoratori – parlo della Fiom in particolare – che sono stati in prima linea nella conquista dei diritti dei lavoratori di tutte le categorie, non solo per i metalmeccanici.
Non ci dimentichiamo che in questo paese la caduta del fascismo la si deve anche agli scioperi di Mirafiori nel marzo del 1943, quando gli stessi operai che hanno dato vita al sindacato, sono stati deportati nei lager nazisti.
Quello che si è compiuto a Mirafiori è un atto di provocazione nei confronti di tutte le forze democratiche del paese e credo che si debba dare una risposta politica molto forte a cominciare dal mio partito. Non si tratta di questo o quel sindacato, ma del diritto di rappresentanza sindacale. In fabbrica questo diritto va garantito anche a chi dissente, soprattutto a chi dissente.
Sul piano locale e territoriale, credo che il centro-sinistra Fermano, unito e maturo com’è, saprà conquistare il consenso di tutti i cittadini, anche di quelli che non sono di sinistra ma che vedranno in Nella Brambatti una prospettiva di futuro per la città e per chi, ancora, non è nato. Noi dobbiamo lavorare per quei bambini che nasceranno a Fermo nei prossimi trent’anni.

…ed ora ci dica qualcosa di sensato!


Qualcosa di sensato è tutto quello che ho detto fino ad ora!
E comunque non sono stupito del fatto che nel centro-destra non riescano ancora a trovare un candidato unitario, perché sono profondamente divisi. Suggerisco magari, per facilitarci le cose, il direttore della testata su cui pubblicherai quest’intervista. Ci farebbe vincere con estrema facilità!


Nel ringraziare il professor Giuseppe Buondonno per l’intervista, non ci è sfuggito il suo ghigno finale nel nominare il possibile candidato del centro-destra.
Sta a vedere che come Adolfo Leoni ha avuto l’acume di anticipare Nella Brambatti come candidato del centro-sinistra, anche Giuseppe Buondonno abbia un acume similare nell’anticipare Adolfo Leoni come possibile candidato del centro-destra.
Magari è fantapolitica, ma in quel caso siamo proprio sicuri che una candidatura del genere faccia vincere la sinistra a mani basse?
Di una cosa siamo certi, se fossero questi due personaggi a contendersi la poltrona di Sindaco per la città di Fermo, assisteremo finalmente ad una competizione corretta nel rispetto principalmente dell’avversario e non del nemico in quanto tutto si potrà dire tranne che non sono due persone per bene.
 

Pubblicata su ... informazone.tv

venerdì 15 ottobre 2010

Le risposte del Prof. Giuseppe Buondonno

Domanda 1)
«Il potere logora chi non ce l'ha.» Giulio Andreotti
E’ per questo che tutti vogliono candidarsi, per ottenere il potere per non logorarsi?
E voi come riuscite a capirlo?


Molti vogliono candidarsi per ambizione. Qualcuno, per fortuna, ancora vuole candidarsi perché vuole rendere un servizio alla comunità e crede di avere delle idee. A me non piace l’espressione candidarsi, piace l’idea che i partiti, quindi una collettività, candidi una persona. L’idea dell’auto-candidatura non mi ha mai entusiasmato. Rispetto alla citazione di Andreotti poi, onestamente la trovo banale come il personaggio che l’ha pronunciata. È la banalità del male come diceva Hannah Arendt.

Domanda 2)
Il candidato ideale lo si riesce a trovare setacciando tra la sabbia sperando di trovare la pepita d'oro, oppure è un lento lavoro di cesello fra il cercare il migliore ma dovendosi alla fine accontentare del meno peggio?


Il candidato ideale come tutti gli ideali e gli archetipi non esiste. Esistono le persone che hanno la loro storia e la loro esperienza e nella realtà il meglio è sempre un equilibrio tra un modello ideale ed il peggio a cui si guarda con orrore. Poi il meglio è in una determinata situazione, non è detto infatti che cambiando le situazioni il candidato vada sempre bene. Il meglio è assolutamente relativo e soprattutto è bene che non ci siano persone adatte per tutte le stagioni.

Domanda 3)
Ci sono stati molti casi in cui i candidati una volta eletti cambiassero casacca, per evitare ciò non sarebbe giusto farli decadere automaticamente oppure le elezioni sono cose diverse dalle scelte dei partiti?


Io credo che ci vorrebbe una legge per cui un candidato eletto se cambia partito una volta eletto decada. Credo che sarebbe un elemento di moralità, ma è anche vero che ci sono dei limiti costituzionali ad una legge di questo tipo perché uno è eletto dagli elettori anche se scelto dai partiti. Tuttavia io credo che si possono aggirare questi limiti di incostituzionalità perché comunque mi sembra molto giusto che una persona eletta sotto un simbolo e con un certo programma elettorale non debba e non possa poi utilizzare il suo mandato in modo improprio, non magari distinguendosi una volta ogni tanto dal volto che il partito gli indica -questo è anche lecito in alcuni casi-  quello che non è lecito è cambiare di casacca. Per carità, lo si può pure fare nella vita ma bisogna a quel punto restituire il mandato.

Domanda 4)
Quando iniziate a stilare la prima lista dei candidati e vedete in quanti vorrebbero concorrere per risultare eletti, il vostro pensiero è quello di orgoglio per l'entusiasmo che costoro emanano oppure vi chiedete attoniti come mai abbiano chiuso i manicomi visto l'alto numero di pazzi che circolano liberi di credersi statisti della politica???


Dipende dal grado di pessimismo che in quel momento aleggia e dallo stato d’animo. Intanto in un grande partito come il PD non è che le liste le facciano due tre persone. Faccio l’esempio di Fermo, noi abbiamo 6 circoli con centinaia di iscritti, si discute cercando la soluzione migliore. Spesso bisogna anche convincere le persone che noi riteniamo migliori a candidarsi perché spesso sono persone che non vengono da un’esperienza politica attiva e fanno fatica. A volte invece è molto più semplice, certo, in un paese come questo, ci vuole una piccola dose di follia nell’illudersi che sia facile cambiare le cose, ma è comunque una follia molto sana.

Domanda 5)
Una volta i candidati venivano scelti fra certe caste, oppure sorteggiati, altre volte era l'età o la professione che li faceva diventare eletti, al giorno d'oggi la democrazia impone una gara per consensi. Secondo lei, in un prossimo futuro che tipo di soluzioni si potrebbero adottare per cambiare il modello elettorale, un esame teorico-pratico in scienze politiche per chi volesse candidarsi oppure una specie di quiz televisivo per decretare il vincitore?...l'assurdo di eleggere candidati improponibili potrebbe ispirare certe degenerazioni?


Io penso che la scelta dei candidati debba avvenire soprattutto attraverso il grado di radicamento che le persone hanno nella loro comunità, quindi nel territorio. Per esempio, se c’è una cosa profondamente aberrante è l’attuale legge elettorale nazionale con le liste bloccate decise dai partiti. Al contrario bisognerebbe che nel loro territorio, nella loro città, fossero donne e uomini fortemente radicati e riconosciuti, non necessariamente famosi. Anche perché non è detto che un buon candidato che magari vince facilmente le elezioni poi sia un buon sindaco oppure un buon consigliere. Non è così automatico. Se posso fare una battuta, qualche volta più di un quiz ci vorrebbe un certificato di salute mentale.

Domanda 6)
Lei sente la responsabilità degli insuccessi dei candidati che ha incluso nelle liste elettorali oppure alla fine è come alle olimpiadi dove l'importante è partecipare?


Io sento come segretario di un partito la responsabilità dei risultati complessivi che si raggiungono, poi i singoli candidati partecipano come gli altri. Secondo me bisogna togliere alla politica questa esagerata dimensione individualistica, narcisistica e di spettacolarizzazione. Il risultato sono le idee che si affermano o che perdono. Le persone sono al servizio delle idee.

Domanda 7)
Spesso il candidarsi è visto come la scorciatoia all'impegnarsi seriamente in un lavoro, ma per alcuni la politica è un vero e proprio lavoro. Lei consiglierebbe questo lavoro oppure indicherebbe altre occupazioni per essere più felici oppure meno oppressi dai problemi altrui?


Io credo che in linea di principio la politica debba essere una passione ed un impegno. Nel momento in cui lo si fa come lavoro perché il ruolo che si riveste richiede il tempo pieno, va vissuto con la stessa serietà con cui si vive il proprio lavoro. Però non è bene che la politica diventi la sostituzione di un lavoro. In altre fasi questo era legato ad altre situazione quando c’erano i funzionari di partito che svolgevano un ruolo importante. In ogni caso è bene nella vita avere alternative e soprattutto usare la politica per cambiare le cose. Sono contrario alla stessa espressione “carriera politica”. Quella che si fa in politica è un’esperienza di vita.

Domanda 8)
Se una persona volesse provare l'ebbrezza di vedere il proprio nome nella sua lista elettorale, che cosa dovrebbe fare e voi nel caso si presentassero di loro spontanea volontà, cercate di dissuaderli proponendogli solo problemi oppure cercate di non farli scappare raccontandogli solo le mille soluzioni?...e per le donne, servono anche truccatore ed estetista o bastano tempo libero e disponibilità a fare tardi la sera?


Parto dalla fine. Per le donne servono nuove regole di organizzazione della società, il resto sono scemenze. Nuove regole che rendano effettivamente praticabile l’accesso di più donne possibili all’esperienza politica. Secondo me, in generale, è anche giusto che ci siano le quote perché senza una forzatura istituzionale, diciamo di legge, è più facile prevalgano le abitudini che le innovazioni. Al volte le leggi e le costituzioni servono proprio a rompere domini abitudinari. Per quanto riguarda il resto, non si allontana mai nessuno. Sarebbe bene che la gente si impegnasse politicamente e non si avvicinasse alla politica solo per essere candidato o per rivestire un ruolo. Ripeto, non se ne può più di questo narcisismo personalistico che domina tutti gli aspetti della società e che la politica dovrebbe invece contribuire a smorzare, non ad alimentare. È bene che prima si partecipi alla vita politica, ci si faccia un'esperienza, e si verifichi di essere in grado, se si crede sia un’ esperienza bella ed interessante, piuttosto che pensare semplicemente alla vanità. La vanità è un aspetto della vita, per carità, ma non può diventare un elemento strutturale.

Domanda 9)
Candidare è un potere sublime oppure è una rottura di scatole, è il massimo dell’orgasmo politico oppure la solita minestra riscaldata? 


Candidare nel caso del mio partito è un’orgia perché le candidature vengono definite collettivamente. Fare le liste elettorali è una fatica, però è anche una bella esperienza che un partito fa, perché sceglie fuori e dentro di se persone che poi rappresentino le idee per cui si crede. Oltre che impegnativo è un momento bello e positivo, se viene però fatto con l’obiettivo di incontrare le persone, di conoscerle, di sperimentarle e soprattutto se si cerca di coinvolgere più possibile tanti giovani che sono il vero misuratore della crisi della politica e della democrazia.


Pubblicato su ... informazione.tv

(Proprietà letteraria riservata)

giovedì 5 agosto 2010

IL DIVERTIMENTO VISTO DA ...

Laura Gioventù incontra il Prof. Giuseppe Buondonno. Assessore alla cultura, beni culturali, pubblica istruzione e immigrazione della Provincia di Fermo.

Fermo, 26 febbraio 2010



Parliamo di musica.
L’ex sindaco di Roma, Walter Veltroni, realizzò anni fa un piano musicale che prevedeva l’istituzione di spazi e tempi adeguati, all’interno degli istituti scolastici, per le prove e le esibizioni di giovani gruppi musicali formati dagli stessi studenti di quell’istituto. La Provincia potrebbe prendere a prestito l’idea e allargarla al punto da coinvolgere tutte le scuole della Provincia stessa e magari organizzare una manifestazione musicale con i migliori gruppi musicali emergenti, oppure aiutare questi ragazzi sottoscrivendo accordi con i locali della Provincia per farli esibire a costo zero per i gestori? Sarebbe molto importante per i ragazzi che fanno o cercano di fare musica, avere la Provincia come sponsor …

Potremmo fare tutte queste cose, sono tutte cose interessanti che in parte stiamo già facendo.
Stiamo pensando ad una sorta di Woodstock a Campolungo in Amandola, un concerto estivo con tutti i gruppi giovanili della Provincia, un lungo concerto dal pomeriggio alla mattina dopo, nel Parco dei Sibillini. Questa è una idea a cui stiamo lavorando insieme ad alcune associazioni di Amandola. Un’ altra cosa interessante: vareremo a giorni l’ audioteca provinciale che sarà aperta presso il Conservatorio di Fermo a tutti i gruppi musicali. Un audioteca che va dalla musica classica al jazz. Ma il progetto più generale è quello di realizzare una Casa della Musica, un luogo in cui, anche attraverso la possibilità di registrare, non solo di ascoltare, tutti i soggetti che fanno musica nel territorio siano ospitati in qualche modo ed abbiano un loro punto di riferimento, insieme naturalmente poi all’ istituzione musicale per eccellenza del territorio, che è il Conservatorio.
L’ idea di una sorta di festa dei gruppi scolastici musicali è fattibile, già coincide un po’ con la nostra idea del festival Woodstock che vuol dare anche valore al Parco dei Sibillini, spingendo un po’ i ragazzi giovani a vivere questa meraviglia, perché moltissimo si vive sulla costa e poco si gode di questa ricchezza che abbiamo.

E la possibilità di far suonare i ragazzi nei locali pubblici del territorio a costo zero per i gestori?

Questo è possibile farlo, naturalmente  è legato alle possibilità e alle risorse finanziarie della Provincia, perché una cosa di questo tipo potrebbe essere molto onerosa. Favorire in qualche modo la possibilità che i giovani si esprimano si può studiare. Farli suonare a costo zero significa, però, un esborso consistente. Noi stiamo facendo una cosa simile: stiamo elaborando un progetto che si chiama “Sostegno ai piccoli Comuni”, attraverso il quale alcuni soggetti che fanno musica, dal conservatorio, alla Scuola Popolare di Musica, al Tam Club, alla nuova Orchestra Regionale di Montegiorgio, ed altre figure, presenteranno delle proposte a basso costo per i piccoli Comuni.  Sono proprio loro che hanno maggiori difficoltà dal punto di vista finanziario ma anche organizzativo, che la Provincia cercherà di sostenere in quota parte.

Parliamo di numeri: la Provincia ha 40 comuni, di cui 33 sotto i 5.000 abitanti per un totale di 175.000 abitanti. Le imprese sono 20.000, di cui 8.000 nel comparto manifatturiero, scarpe specialmente, siamo il primo distretto europeo in questo settore …. ma l’industria del divertimento non ha numeri ma solo una generica definizione di comparto, eppure è fonte di lavoro, occupazione ed anche di cultura a diversi livelli. La Provincia, anche attraverso la Scuola, potrebbe dare vita ad un “insegnamento” del divertimento sostenibile sia dal punto di vista energetico sia dal punto di vista umano?

Io credo di sì, credo che sia possibile formare ad un divertimento intelligente in tanti modi. Intelligente significa per me soprattutto non autolesionista, non solo sul piano individuale  ma anche dal punto di vista della solidarietà di genere e di specie. Diciamo che il genere umano dovrebbe essere più solidale con se stesso. Divertimento intelligente significa questo:  non c’è nessun giudizio di valore, non sono un moralista e non ho intenzione di diventarlo a quasi cinquant’ anni, però quello che credo importante è che ci debba essere anche una “formazione al piacere”, come occasione di crescita e di coscienza di sé. Io vengo da una generazione in cui il piacere era identificato con la coscienza di sé, non con la perdita di coscienza.
Da questo punto di vista c’è una diversità antropologica molto forte che gli anni ottanta hanno segnato. Il dato essenziale, però, che tu poni è  un altro, anche di carattere economico, cioè mettere  ordine, nel senso buono del termine, mettere in qualche modo in relazione le tante realtà. L’ industria del divertimento è inserita dentro  un comparto più generale che è quello della Cultura, del tempo libero, del turismo. Io, che per mestiere faccio l’ insegnante, se penso alla Cultura, d’ istinto penso alla sua valenza formativa ed esistenziale più che come a qualcosa che crea valore in senso economico. Però è del tutto evidente che è anche questo.
L’ elemento di fondo è dare a questo comparto un ordine in termini di prospettive di sviluppo, o di prospettive di crescita, di concrete opportunità occupazionali. Chiaro che qui gli intrecci sono con l’ universo della Cultura, del turismo,  della ristorazione. E’ un insieme molto ampio ed è meno definibile di alcuni comparti industriali. Il divertimento, come tutta la produzione di beni immateriali in senso stretto, anche se avviene attraverso il consumo di beni materiali, di per se è un bene immateriale e naturalmente è più difficile definirlo ed incasellarlo in un settore specifico.

Lei è anche un insegnante, per cui conoscerà bene i gusti e le propensioni dei ragazzi di oggi, ma ci racconti come era il divertimento quando lei era uno studente come loro, e come sia cambiato da quei tempi ad oggi il rapporto fra le due generazioni, e come il territorio stesso abbia “accompagnato” tali trasformazioni.

La domanda è particolarmente difficile; cercherò, nei limiti del possibile, di evitare il rischio di incorrere in banalità. Molte cose sono cambiate nella superficie della vita, nelle relazioni, ma in realtà poi alcune dinamiche di fondo cambiano ben poco. Il divertirsi ed allo stesso tempo il ricercare se stessi che è un po’ quello che accade nella linea d’ ombra dell’ adolescenza, è un tratto direi eterno dell’ essere umano. Utilizzare il divertimento come palestra di identificazione di sé. Che cosa c’ era di meno? C’ era di meno la possibilità di spostarsi, di muoversi, c’era meno tecnologia nel nostro  divertimento, o meglio c’era quel grado ci tecnologia che la società complessivamente aveva raggiunto. C’ era anche quello, c’ era la televisione; non c’ erano i cellulari, non c’ era internet. Ma c’erano le cabine telefoniche. Non credo che ci fosse più noia di ora, però c’ erano molti più tempi morti.

Forse c’ è più noia adesso?

Non lo so. Non credo. Non mi azzardo, non vorrei veramente fare il “laudator temporis acti”. Mi ha sempre dato fastidio e continua a darmi fastidio anche adesso, però per fortuna facendo l’ insegnante uno è costretto a non vivere solo di rimpianti. Quello che c’era in più … allora c’ erano dei luoghi definiti in cui era facile trovarsi anche se non c’ erano i cellulari. Andare in piazza significava, più o meno, poter vedere tutte le persone che ti interessava vedere a determinate ore.

Adesso magari ci si incontra in altri luoghi “virtuali”…

….si, ma ci si incontra anche in luoghi fisici. Diciamo in alcuni “non luoghi” come dice un celebre architetto, perché i centri commerciali sono dei tipici non luoghi. Quello che mi piacerebbe poter realizzare in cinque anni del nostro mandato sarebbe una rete di trasposti pomeridiani più efficiente per gli studenti. Perché i ragazzi non debbano dipendere dai motorini, se ce li hanno, oppure dai genitori, ma possano spostarsi più liberamente sul territorio della Provincia, e anche fuori Provincia. E non essere prigionieri di alcuni circuiti definiti, ma poter fare cose che magari normalmente non farebbero.

Ma come era il divertimento quando lei era uno studente? Che cosa facevate?  Lei come si divertiva?

Io ho fatto abbastanza sport. Ho fatto Judo per tanti anni. Poi, debbo dire la verità,  noi ci divertivamo moltissimo a fare politica, in tanti. E ricordo tante esperienze collettive divertenti. Poi c’ erano le feste,  si andava a ballare e si andava moltissimo al cinema. Nell’età adolescenziale c’ era il ricreatorio, il San Carlo di Fermo, che per molti di noi è stato un luogo importante, una vera palestra di vita. C’ era una maggiore socialità immediata, che non andava ricercata. Attenti però ai luoghi comuni, perché  c’era altrettanta solitudine e altrettanta disperazione. Dagli anni ottanta in poi c’erano fiumi di eroina che scorrevano nelle nostre città. Adesso magari cambiano le sostanze. Ci  sono, appunto, problemi di fondo che poi sostanzialmente si ripropongono nelle varie generazioni.

La politica, oltre ad essere una passione, potrebbe diventare una forma di spettacolo tramite conferenze o “lezioni” impartite da personaggi sia della politica sia del mondo dello spettacolo, in maniera seria ma anche ironica e umoristica, per avvicinare i giovani ad essa senza le contrapposizioni violente degli anni passati?

La politica è già un pessimo spettacolo, tendenzialmente.
L’ipotesi che tu fai potrebbe essere stimolante. Credo che la cosa migliore per avvicinare i giovani alla politica, o meglio per avvicinare i giovani all’ impegno civile, sia riuscire a discutere dei temi e dei contenuti e meno degli schieramenti.

Magari sviluppare il senso civico che manca?

L’ impegno collettivo sui temi concreti, lo dice uno che fa politica. Se si parlasse di più di temi concreti e si portasse il microfono nelle piazze, nei luoghi di lavoro, per una volta senza avere i battibecchi politici della televisione, a mio avviso, la politica ne guadagnerebbe. Quella che andrebbe superata è una visione “tifosa” della politica.
Che poi è spesso spettacolarizzazione del peggior livello.
Serve una politica che ritorni, invece, a partire dal  basso e a riscoprire i temi e i contenuti. I giovani, più che di persone che parlano loro di politica, hanno bisogno di persone che parlano loro di contenuti e di problemi. Essere aiutati è percepire la concretezza della vita e la concretezza delle conseguenze delle proprie scelte. Questo per me è molto più importante che non una sorta di formazione astratta. E se per fare questo servono dei testimonial, ben vengano. Non mi scandalizzo, ma credo che il miglior testimonial sia un lavoratore che parli concretamente, un operaio cassaintegrato che ha i figli che studiano da mantenere.

L’intervista prosegue in auto …
La Regione Marche ha usato un famoso attore americano per divenire il testimonial di una campagna pubblicitaria molto discussa. Secondo lei, che tipo di personaggio, o personaggi, e con quale messaggio, potrebbero essere idonei per diventare i testimonial della Provincia Fermana?

La prima risposta seria che mi viene in mente è Neri Marcorè, perché sicuramente è molto conosciuto e per le sue capacità comunicative.

I nostri giovani vogliono avere sempre più luoghi di incontro, ma anche motivi nuovi e specifici per incontrarsi. Dopo le molte ed interessanti fiere agro-alimentari o storico-folkloristiche, perché non dare vita ad un concorso per le idee aperto ai giovani tramite uno Sportello Provinciale delle Idee,  una sorta di luogo e spunto di incontro-confronto, per evitare che le diversità generazionali impediscano il naturale processo di integrazione fra la tradizione e il futuro?

L’idea è positiva. L’idea di uno “Sportello Provinciale delle Idee” sostanzialmente sarebbe una sorta di raccolta di tutti i progetti possibili. Penso andrebbe fatto un lavoro un po’ più organico, un lavoro di progettazione dell’ incontro generazionale. Così come lavoriamo per l’integrazione dei cittadini extracomunitari, abbiamo anche il problema dell’integrazione e dell’intercultura tra le generazioni. In questo senso, un lavoro di “integrazione generazionale”, potrebbe essere fatto. Non so se attraverso lo sportello o attraverso una progettazione un po’ più definita e un po’ meno dispersiva.

La Provincia di Fermo è una novità che spesso non è conosciuta nel resto del Paese, ma al contempo questa novità potrebbe permettere la realizzazione di nuove forme di interventi socio-politici, la Giunta Provinciale come si pone verso l’ipotesi di una Conferenza dei servizi per convogliare tutte le energie produttive del comparto divertimento,  per unirle ad altre per creare sinergie nuove e vincenti per sviluppare il turismo provinciale?

E’ un’idea di cui abbiamo già parlato. Sicuramente può essere utile soprattutto nella fase
Iniziale della Provincia. Non è sostitutiva di un lavoro invece più organico che riguarda più specificamente la promozione del territorio e dei suoi Beni Culturali. Senza dubbio occorre una maggiore organicità di proposta nella valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico anche in chiave turistica. E proprio su questo stiamo lavorando; c’è un progetto strategico per il “Museo Diffuso” in collaborazione con l’Università di Fermo. Per quello che riguarda le politiche del tempo libero, prevedere un appuntamento di tipo conoscitivo ed elaborativo potrebbe essere utile a prescindere dal resto.

Le altre province della nostra Regione hanno da molti anni allestito eventi a carattere nazionale, anche recentemente la provincia di Macerata ha dato vita ad un evento molto seguito (Tutto in gioco), è ovvio che la fresca nomina di Fermo a Provincia deve essere ancora “entrare a regime”, ma c’è in programma un evento che attiri l’interesse di tutti gli Italiani, così da permettere una maggiore visibilità, oppure l’evento sarebbe il coinvolgimento di tutti i comuni della Provincia per dare vita ad una manifestazione “collettiva”? 

Innanzitutto precisiamo che i singoli eventi, di per se, non determinano promozione. La promozione è un lavoro serio, sistematico e metodologico. Sfogliando l’inserto viaggi di Repubblica, ad esempio, non c’è nulla che riguardi il fermano. Sono anni che non c’è nulla o quasi. Perché dietro non c’è un lavoro organico e sistematico di promozione.
Ad alcuni eventi di livello nazionale ci stiamo lavorando; ad esempio una mostra molto importante su Giorgio Morandi e Osvaldo Licini. Mostra che avrebbe una rilevanza di carattere nazionale. Stiamo, inoltre, mettendo a fuoco l’idea di un museo-laboratorio per l’arte contemporanea. Un luogo che, dalla fotografia all’arte contemporanea, sia un punto di riferimento e di attrattiva, senza essere megalomani, un po’ come è stato il Mart per Rovereto. Si tratta di fare un lavoro più sistematico oltre la singola manifestazione. Ritengo comunque che compito della Provincia non sia quello di sostituirsi ai Comuni nella realizzazione di eventi. Compito della Provincia è quello di supportare e coordinare.

La città di Fermo oltre ad una storia millenaria alle spalle, ha una singolare caratteristica, ed è nel suo stesso nome, fermo indica un non movimento, si potrebbe invece realizzare un programma di eventi “In Movimento” che coinvolga i giovani che vogliono vivere la sera in modo sano, anche se provocatorio? E per farlo servono luoghi o convinzioni nuove?

Parto dall’ultima domanda. Le convinzioni nuove sono sempre ben accette. I luoghi nuovi potrebbero certamente aiutare. Prima ho parlato della Casa della Musica. Se questa Casa della Musica potesse avere a fianco un grande locale insonorizzato, un grande capannone, qualcosa come è stato negli anni passati il BarFly di Ancona oppure il Mamania di Senigallia sarebbe una grande opportunità.

Ci sono tante proposte di dismissione creativa di beni pubblici non utilizzati…

Perfetto. Un luogo che poi potrebbe anche ospitare mostre e musica dal vivo. L’espressione “in movimento” mi suggerisce invece una “movida” serale fermana, organizzata in modo tale che determini anche eventi di carattere culturale,  musicale, con un programma definito. Poi esistono tante cose, anche troppe, le notte  bianche, le notti rosa. Onestamente, soprattutto per una Provincia nuova che nasce, credo che sia più opportuno lavorare su delle strutture che rimangano. Il tempo per inventarsi eventi non manca ed i creativi sono una folla.
Dobbiamo comunque anche stare attenti a  non istituzionalizzare la creatività. Le istituzioni possono supportare, ma la creatività istituzionalizzata qualche volta produce “mostri”.

Il turismo, specialmente del nostro litorale, è sempre stato considerato idoneo per le famiglie, ed anche le offerte alberghiere lo confermano, oltre al già consolidato turista-famiglia cosa e con quali forme strutturali potremmo divenire spazio e tempo libero interessante anche per i ragazzi, sia Italiani sia Europei? Un nuovo rapporto cultura-divertimento è possibile?

Intano io credo che lo schema: adriatico-turismo familiare è comunque un po’ superato e un po’ datato. Credo che il turismo sia già ormai diversificato. Ci sono diversi approcci e diverse esigenze che nascono e che maturano. Tra l’altro spesso anche il turismo familiare necessita di momenti di svago per i ragazzi. Cultura-divertimento è senz’altro un binomio assimilabile; non penso che si debba associare l’ attività culturale a qualcosa di noioso e di pesante. Anche se c’è una dimensione “pesante” della Cultura, che non va perduta. La prima cosa è l’integrazione territoriale perché questo è un territorio che consente il turismo di mare, tipico del litorale, con  la scoperta anche dei borghi, dei centri storici e del patrimonio artistico e culturale. E, a sua volta, la scoperta di questo patrimonio può essere associato a qualunque tipo di attività, happening, di tipo teatrale, di tipo musicale. Relativamente al Parco dei Sibillini, per esempio, li è possibile favorire forme di turismo europeo ed internazionale. Poi ci sono i turismi di natura specifica, penso al turismo religioso. Il turismo religioso è un dato reale, oppure, per esempio, al turismo sportivo. Io credo che in questo senso quello che serve è creare strutture ricettive e percorsi. Una pluralità di occasioni, internazionalizzando l’offerta. Non è possibile precostituire un unico modello di tipo turistico. Non regge più. Se avessimo, per esempio, il mare della Sardegna, oppure le piste da sci, allora potremmo pensare ad un turismo “monotipo”. Ma non essendo questa la natura del territorio, questo consente la possibilità di un turismo diversificato e anche meno di consumo, di qualità, distribuito nel corso dell’anno; penso per esempio al turismo scolastico. Chiaro che Fermo non è Amsterdam, ma avere un turismo scolastico della fascia dell’Italia centrale è possibile. Il problema è  garantire l’internazionalizzazione dell’offerta e una rete di accoglienza degna di questo nome; da questo punto di vista siamo veramente molto indietro.

Pubbicato su
http://www.provincia.fermo.it/notizie/cultura/149



  di Laura Gioventù