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mercoledì 16 febbraio 2011

CRONACHE FERMANE

A CHE GIOCO STIAMO GIOCANDO?
Ovvero, come la politica diventa un gioco. 
di Laura Gioventù
 


Salone nella sede della Provincia di Fermo.
I giocatori si dispongono al tavolo.
Da una parte l’Avv. Fabrizio Cesetti con il ruolo di Presidente della Provincia nonché mazziere e dall’altra parte giornalisti, opinione pubblica e fra loro, disposti un po’a destra un po’ a sinistra e qualcuno al centro, tutti gli esponenti politici, partitici, associativi e tutti quelli che in odor di elezioni escono fuori come i funghi.

L’occasione per il gioco è stranota, le dimissioni da vice presidente della provincia di “Tano” Massucci, in quanto lo stesso sembra deciso a giocare ad un altro tavolo, quello che con la posta in gioco offre la poltrona da sindaco della città di Fermo.

Il mazziere mischia le carte e comincia a dichiarare a che gioco sta giocando.
Ma a che gioco sta giocando effettivamente l’Avv. Cesetti?
Il presidente-mazziere gioca a RisiKo, perché cerca la strategia vincente per conquistare più territori possibili, chissà quanti carrarmatini detiene, saranno sufficienti per fare una guerra oppure solo per contenere le perdite?
E Gaetano Massucci a che gioco sta giocando?
“Tano” Massucci sta giocando a scacchi, ed in sella al suo cavallo salta i partiti cercando di fare scacco alla regina per contenderle la poltrona da sindaco.
E la “regina” Brambatti a che gioco sta giocando?
Ma è ovvio, la professoressa sta giocando a “nascondino”, forse cercando di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo e sembra che il suo slogan sia “tana, votatemi tutti!”.
Ma torniamo alla Provincia.
Il SEL a che gioco sta giocando?
Perbacco, ma sta giocando a “ruba bandiera”, perché spera di impadronirsi di un posto nella giunta provinciale, scalpita e si agita per un assessorato ma resta ancora una volta con un pugno di mosce in mano!
E la Sinistra, nel suo insieme tutta unita, a che gioco sta giocando?
La Sinistra gioca al “tiro alla fune”, perché tira la corda ipotizzando dall’altra parte un avversario che non c’è, perché la malattia della sinistra è che senza un rivale non riesce proprio a stare.
Ed il suo storico nemico, la Destra, nel suo insieme tutta divisa, a che gioco sta giocando?
La Destra gioca a “mosca cieca”, perché brancolando nel buio spera disperatamente di “acchiappare” il candidato giusto per perdere dignitosamente.
E fra loro c’è il Centro. Ma il Centro a che gioco sta giocando?
Il Centro gioca a “ruba mazzo”, perché spera di alzare la carta più alta per poter prendere il mazzo e distribuire lui le carte.
Ed insieme al Centro c’è la Chiesa. A che gioco sta giocando la Chiesa? 
La Chiesa gioca sempre a Ping Pong, perché se la rimpalla continuamente cercando la paletta o la pallina,  ma se la racchetta ora è Massucci, la pallina chi la fa?
Poi ci sono gli altri giocatori.
Vediamo che gioco stanno giocando anche gli altri.
C’è Franca Romagnoli. La Franca a che gioco sta giocando?
Lei è impegnata con il gioco dell’oca, perché schierandosi con Futuro e Libertà ha fatto due passi avanti e non si sa quanti indietro.
E Luciano Romanella a che gioco sta giocando?
Romanella ha scelto lo “schiaffo del soldato”, perché vuole mettersi nella condizione di indovinare sempre chi, dandogli il colpo più forte, lo faccia cadere.
Mentre il giovane Andrea Putzu a che gioco sta giocando? Putzu gioca a "scala quaranta", perché da bravo under quaranta sogna di scalare il potere.
Remigio Ceroni invece a che gioco sta giocando?
Remigio gioca a "traversone", perché fa di tutto per perdere cercando di non segnare neanche un punto.
Poi c’è il nostro caro “Peppone” al secolo Buondonno Giuseppe, tutto preso a giocare a tressette con il morto, con il sogno, mai tanto nascosto, di giocare avendo in mano entrambe le carte, le sue e quelle del morto.
E poi a questo tavolo ci sono i giocatori occasionali, quelli di questo momento, ovvero il movimento delle donne, ed a che giocano queste donne? Queste donne giocano alle belle statuine, perché nonostante siano armate di tacco alla riscossa, acconciature in similpelle e unghie laccate rosso passione, non riescono ad essere più quelle di una volta, e mentre passano qualcuno canta ambarabà ciccì coccò…
Poi ci sono gli ospiti d’onore, i giornalisti, a che gioco stanno giocando i giornalisti?
Le “signore” e i “signori” della stampa giocano al “mercante in fiera”, perché senza sapere quali saranno le carte vincenti azzardano puntate grammaticali degne di miglior causa.
E non presenti al tavolo, ma vittime predestinate dell’esito finale dei vari giochi, ci sono gli elettori, l’opinione pubblica e tutti noi insomma.
E noi, a che gioco stiamo giocando?
Poveri noi, noi non stiamo giocando, dovremmo giocare allo “scopone scientifico” ma ogni volta che scartiamo una carta c’è sempre qualcuno che fa scopa e non siamo mai noi!

Signore e signori avvicinatevi al tavolo, i giochi stanno iniziando, rien ne va plus!


Pubblicato su ... informazione.tv

lunedì 16 agosto 2010

CRONACHE DOMESTICHE

Si deve smettere di tacere quando si ha qualcosa da dire che valga più del silenzio 
di Laura Gioventù



Al Sindaco di Porto San Giorgio, Avv. Andrea Agostini,
A tutte le donne,
A tutte le donne Sindaco e/o che ricoprono cariche amministrative pubbliche,
Al Presidente della Provincia di Fermo, ed a tutti i Sindaci della Provincia di Fermo,
All’Assessore alle politiche sociali, giovanili, per la famiglia e per la pace, cooperazione e sviluppo, pari opportunità e dello sport della Provincia di Fermo Dott. Gaetano Massucci.



Porto San Giorgio/Fermo - “Sono questioni private” sono queste le parole di commento del primo cittadino Sangiorgese rilasciate alla stampa locale quando la notizia dell’arresto del dipendente comunale è diventata ufficiale.
L'uomo, 60enne, residente a Fermo e addetto al servizio anagrafe del comune di Porto San Giorgio, dopo la denuncia della moglie 66enne, è stato prelevato dal suo posto di lavoro lo scorso mercoledì (11 agosto), verso l'orario di chiusura, con l’accusa di percosse, lesioni, umiliazioni e vessazioni di ogni tipo nei confronti della moglie.
Solo dopo 30 anni di maltrattamenti, soprusi e violenze fisiche e psicologiche la signora, che si era rivolta al pronto soccorso per la cura delle ennesime lesioni procurategli dal marito,  ha detto basta, si è fatta coraggio e ha denunciato il coniuge.
Solo dopo trenta anni?
Trenta lunghissimi anni?
Come è possibile?
A Fermo, a Porto San Giorgio, nelle Marche, dove si vive tanto bene con le case tutte nane?
Sì, e probabilmente non sarà l’unico caso di violenza tra le mura di casa. Molti abusi infatti restano non denunciati.

Ma l’episodio, nei piccoli paesi della nostra Provincia, dove si fa sempre un gran chiacchiericcio e le notizie viaggiano più veloci della luce, sembra non aver scandalizzato più di tanto l’opinione pubblica! Come mai?
I cittadini, forse ancora reduci dagli eccessi della notte rosa sangiorgese, sembrano più preoccupati di godersi le vacanze al mare e più interessati ad assistere allo squallido “teatrino della politica” offertoci in questi giorni sui quotidiani online proprio dai politici locali.

In un clima omertoso ed indifferente tutti leggono e rimangono impassibili e nemmeno le donne esprimono solidarietà ed indignazione per le loro simili.
E allora, proprio al Sindaco Agostini, che da ignavo si è ben guardato dall’entrare nel merito di tutta la faccenda sia dal un punto di vista legale sia morale glissando superficialmente la questione, vorrei proporre, in qualità di datore di lavoro dell’uomo, un possibile intervento.

Se una moglie per tanti anni subisce violenza al punto da far arrestare il marito, non sarebbe giusto, come risarcimento danni da parte del marito –che dovrebbe essere licenziato-, cederle il suo posto di lavoro così da renderlo indigente e non poter imporre alla moglie una sudditanza che spesso è principalmente economica? Oppure, in alternativa al lavoro, vista l’età della donna nel caso specifico, non si potrebbe almeno passare alla signora l’intero stipendio del marito?

Sarebbe un’azione di aiuto emblematica e al tempo stesso concreta e potrebbe essere l’esempio che potrebbe convincere molte donne ad uscire dal silenzio. Un posto di lavoro (nei casi in cui sia possibile) e/o una garanzia economica le aiuterebbero ad avere più coraggio perché questi sono i dati attuali:

8 casi di violenza fisica e di molestia su 10 avvengono in casa, nel 70% per mano del partner.
Il 69% degli stupri è commesso da un partner.
Il 90% delle violenze non viene denunciato.


Purtroppo le violenze fisiche, sessuali, psicologiche ed economiche sono ancora un tabù, e le donne che denunciano sono ancora pochissime, anche se in crescita.

Perché?

Perché nel nostro paese le donne continuano a stare al chiodo. Non portiamo lo chador o chadar o burqa, ma un velo di altro tipo: mentale e ce l’hanno messo proprio le nostre madri, zie e nonne. È questa la cosa più triste!
Alla base del silenzio ci sono una serie di motivazioni legate alla cultura e alla psicologia che si innescano nelle vittime, ma anche e soprattutto ragioni economiche, perché una donna maltrattata, senza lavoro, con figli piccoli, senza un posto dove andare e senza una famiglia alle spalle, in Italia è perduta!

Le associazioni per i diritti delle donne maltrattate offrono gratuitamente il primo incontro legale e psicologico ma poi, con qualche sconto, è la donna che deve provvedere a pagare le spese legali.

Senza parlare delle leggi italiane che di fatto non tutelano le donne vittime di violenze.
In Italia le mogli che hanno un carattere ''forte'' e che non si lasciano ''intimorire'' possono vedere assolti i mariti che le maltrattano. Infatti, proprio lo scorso 2 luglio, l’ANSA ha diffuso la notizia che la Cassazione ha annullato la condanna a 8 mesi di reclusione nei confronti di un marito, perché l'uomo ha sostenuto con successo che non si trattava di maltrattamenti, in quanto la moglie ''non era per nulla intimorita'', ma solo ''scossa ed esasperata''.

Questo è vergognoso!

domenica 8 agosto 2010

Intervista a Gaetano Massucci di Laura Gioventù

Laura Gioventù incontra il Dott. Gaetano Massucci, Vice Presidente Giunta Provinciale di Fermo, Assessore alle politiche giovanili, sociali, per la famiglia e per la pace, cooperazione e sviluppo, pari opportunità e dello sport della Provincia di Fermo



Fermo giovedì 27 maggio 2010

La sua professione la porta sempre a “entrare all’interno” dei corpi malati, secondo lei, la nuova Provincia di Fermo è un corpo sano in cerca di malattie da guarire con l’esempio di una buona amministrazione, oppure è l’esempio di come una sana vita provinciale possa essere la migliore prevenzione circa pericolose esagerazioni sociali?

Una sana vita è comunque il modo migliore per prevenire qualsiasi malattia. Sono d’accordo. E, di conseguenza, anche la sana vita politica è la migliore prevenzione circa pericolose esagerazioni sociali a tutti i livelli, comunale, provinciale, regionale, nazionale, europea e mondiale. Perché se viene a  mancare la “buona” politica, i problemi si presenteranno a tutti i livelli. Noi la pratichiamo a livello provinciale, ma ognuno, nel suo compito, è chiamato a svolgere una buona pratica amministrativa.

Lei ha una moglie e due figlie, per cui in famiglia potrebbe essere un beato fra le donne, forse abituato a sentirsi l’unico maschio presente. Non le sembra strano che nella Giunta Provinciale non ci sia neppure una donna e che sia lei l’assessore per le pari opportunità e non una donna, come una certa logica sociale consiglia in questo particolare periodo storico?

No, non mi sembra strano. Anzi, secondo me è già pregiudizievole il fatto di credere che le pari opportunità le debba rappresentare per forza una donna. Se uno crede a una certa idea, la deve portare avanti indipendentemente dall’essere uomo o donna e le pari opportunità sono importanti perché siamo persone. È di fondamentale importanza. Io, come uomo e poiché persona, mi sentirei dispiaciuto se una donna fosse penalizzata per il genere, quindi perché donna. Io ne sarei dispiaciuto in quanto persona! Il mio incarico di assessorato s’interessa della giustizia sociale a tutti i livelli, anche quella di genere. Spero di avere la sensibilità giusta … anzi, diciamo pure, credo di avere la sensibilità giusta per occuparmene.

Quindi a lei hanno assegnato l’incarico per questo motivo …?

Le pari opportunità vanno in abbinamento alle politiche sociali e siccome quello era il settore nel quale mi collocavo sicuramente separarle sarebbe stato sbagliato. Poi se ci fosse stata una donna, magari questo incarico sarebbe stato affidato anche a una donna, ma siccome non c’è nessuno in gonnella…

Come mai la Giunta è composta di soli uomini?

Beh, questa è una scelta che non dipende da me, ma dal Presidente …

Non ritiene più giusto che alle pari opportunità ci sia una donna?

Non mi sembra essenziale. Non si tratta di un fatto di giustizia. Anche questo è pregiudizio. Non mi sembra necessario. Se fosse obbligatorio, allora sarebbe un errore. Il solito discorso …
Una donna potrebbe stare anche al patrimonio, oppure potrebbe avere le capacità per essere Presidente … e non per forza solo ed esclusivamente alle pari opportunità. Fino ad ora poi non ci sono stati problemi da questo punto di vista …

Come Assessore per i giovani, ma anche come padre, lei i nostri ragazzi come li vede, compiutamente inseriti nel tessuto socio-culturale Italiano, oppure bisognosi di maggiori confronti umani e dialettici con i loro coetanei delle altre regioni e delle altre nazioni Europee?  Potrebbero, almeno loro, scrollarsi di dosso l’etichetta di “provinciali” che ha spesso connaturato i Marchigiani?
Le domande sono due … io penso che i nostri giovani siano sempre bisognosi di maggiori confronti umani e dialettici. Non sono inferiori a nessuno e vivono gli stessi problemi che avvertono tutti gli altri ragazzi Italiani ed Europei con quel disagio tipico del mondo giovanile. Tuttavia quelli Marchigiani, hanno delle caratteristiche positive in più. Vedo la domanda posta in negativo, come a dire “questi poveracci che …”… no, no, i ragazzi della nostra Provincia sono avvantaggiati più di altri perché, hanno sì, gli stessi malesseri legati all’adolescenza, ma, nel nostro territorio, meno che in altri, è stato compromesso il luogo fondamentale dove l’adolescente cresce ovvero la famiglia. Nella nostra zona la famiglia ha tenuto più che in altre e questo ha portato a una maggiore tutela sia del mondo giovanile, sia degli anziani e del mondo lavorativo in genere. I ragazzi sono protetti da quella che è ancora un’Istituzione fondamentale: la famiglia. E in questo periodo di crisi economica, la tenuta maggiore del sistema è data proprio dalla presenza delle famiglie.
L’etichetta di Provinciali non credo che ce l’abbiano, per cui nemmeno se la devono scrollare di dosso. Abbiamo giovani che provengono dai nostri territori che hanno avuto la capacità di sfondare nel mondo. Anche se poi, magari, sono costretti ad andare a lavorare fuori, perché qui non ci sono specificate situazioni, questo è evidente, ma è anche vero che oggi non possiamo più pensare al “confine”… i giovani nel nostro tempo vanno dappertutto.

La cooperazione e lo sviluppo passano anche attraverso una nuova idea di multi-cultura, visto l’aumento di etnie nella nostra Regione, oppure dovremmo continuare con i nostri riferimenti culturali del passato come Leopardi e Rossini?  Le Marche, e la Provincia di Fermo in particolare, potrebbero dare vita a una nuova visione della cooperazione sviluppando nuove tematiche e offrendosi come “laboratorio” per futuri esperimenti socio-produttivi su scala mondiale?

Ogni domanda è già un tema con un preciso orientamento sulla risposta. Comunque, posso dire che la cooperazione internazionale nello sviluppo non è una prerogativa specifica della Provincia. La Provincia ha un suo ruolo ben preciso all’interno della cooperazione internazionale e non può proporre progetti particolari, è chiamata a intervenire solo in quelli per i quali è deputata. Il rapporto con gli Stati esteri è dello Stato centrale, principalmente, e ora, in parte, anche delle Regioni.
Sviluppare nuove tematiche nei confronti di altri territori e offrirci come laboratorio, beh, io penso che potremmo anche esserlo, ma non solo nello sviluppo della cooperazione perché la forza della nostra Regione ci permette di essere laboratorio per tante altre cose. La forza della nostra pluralità trova nella cooperazione un altro tipo di pluralità. Facilmente queste diversità si possono coniugare, ma non solo nella cooperazione internazionale, dappertutto!

Ripeto, la pluralità della nostra Regione e quindi anche della nostra Provincia ci mette nella condizione di avere automaticamente un’idea di multi-cultura perché siamo plurali. Perché siamo fatti di tanti paesi che parlano pure un dialetto differente l’uno dall’altro. Perché a Grottazzolina si dice, “jamo” a Monte Vidon Combatte di vice “jemo” mentre a Montottone per esempio si dice “jimo”. Essendo poi la cooperazione internazionale, una tematica di competenza dello Stato, come Provincia non possiamo stabilirne altre. Mi accontenterei, non vorrei essere così presuntuoso, di far bene nel nostro territorio. Se siamo capaci di far bene anche in rapporto con la cooperazione, lo dimostreranno i fatti, e solo allora potremmo essere capaci di diventare anche laboratorio per gli altri. Partire con l’idea di fare necessariamente qualcosa di particolare potrebbe essere un fatto, di per se, già condizionante negativamente. Noi dobbiamo dare le risposte e fare del nostro meglio in base alle esigenze del territorio, secondo quello che ci viene richiesto senza guardare a un secondo fine. Se possiamo dare una buona risposta all’integrazione e alla cooperazione con paesi esteri del terzo mondo, noi diamo delle risposte a delle richieste. Se cerchiamo di darle bene, poi saremo anche laboratorio, sarà una cosa in più. Ma è secondo me un doppio fine che non dobbiamo tenere in considerazione, perché non necessario.

La nostra Regione ha molte bellezze nascoste che lentamente gli altri stanno scoprendo. Nella Provincia di Fermo, secondo lei, quale sarà la sorpresa paesaggistico-culturale che presto avrà la giusta consacrazione nazionale, la bellezza delle “Rolling Hills” oppure un paesino scoperto per puro caso, come avvenne per Capalbio in Maremma, solo perché qualche personaggio famoso lo nominerà nelle interviste? Lei che nome farebbe?

Sarà sicuramente la bellezza complessiva del nostro territorio, le “Rolling Hills”. Riprendendo il concetto della pluralità delle offerte, noi abbiamo la bellezza di Fermo con le sue caratteristiche storico culturali, la singolare bellezza di ogni paese delle zone interne, di una Valdaso che offre un aspetto paesaggistico e delle caratteristiche diverse rispetto a quelle delle zone montane e della Valtenna. Questa eterogeneità è un’offerta quasi unica nel panorama italiano ed è questo il nostro vero punto di forza. La Toscana non è come noi, anche se molto analoghe, abbiamo delle potenzialità maggiori.

Come mai allora la Toscana è molto più gettonata delle Marche?

Semplicemente perché è stata promossa prima. E’ finita. Adesso tocca a noi che abbiamo caratteristiche che ancora non sono state valorizzate. Prendere il sole al mare, fare pranzo e andare a fare una passeggiata in montagna nell’arco della stessa giornata e in un modo così rapido è una realtà possibile solo in queste zone. Oppure fare una passeggiata in montagna al mattino, raccogliere i funghi e fare un bagno al mare nel pomeriggio, passando da offerte di vita completamente diverse fra loro è l’eccezionale particolarità Fermana. Una caratteristica da promuovere.

Ma se ci dovesse essere un paesino … che tra tutti si distingue?

Potrebbe essere solo un “fuoco di paglia”.
Noi ce l’abbiamo un bellissimo piccolo paese, che possiamo offrire, si chiama Provincia di Fermo. Una città-territorio che sappia integrare e diversificare le offerte. Questa è la nostra capacità: la pluralità, da ogni punto di vista, umano, culturale, turistico …

… e Porto San Giorgio?

Porto San Giorgio ha le sue caratteristiche, ma da sola sarebbe morta … fare il nome di un paese da solo non avrebbe senso. Se prendiamo ad esempio Capalbio, e lo mettiamo dentro questa Provincia togliendo tutto il resto, sarebbe praticamente inutile. Da sola Capalpio non sarebbe niente. Capalbio è quel che è perché si trova in una zona particolarmente bendisposta vicino l’argentario … poi è stata scoperta per tutta una serie di eventi ma … ma poi, l’abbiamo più sentita nominare? No. È stato solo un momento, legato alla presenza di alcuni personaggi, poi è finito. Alla Provincia di Fermo non dobbiamo dare un “fuoco di paglia”, ma una credibilità duratura nel tempo e solo questa bellissima città-territorio che è la Provincia di Fermo lo potrà fare.

Lei ha vissuto molto anche fuori dalla Regione, che cosa cambierebbe dell’identità Marchigiana e che cosa invece lascerebbe intatta? Abbiamo bisogno di una nuova ricetta per i Vincisgrassi oppure dovremmo avere più coraggio nel mostrarli come una tradizione culinaria non vergognandoci di cucinarli?

Io ho vissuto fuori soprattutto in Abruzzo - sono stato per otto anni all’Aquila - ed è una Regione analoga, molto vicina alla nostra soprattutto per delle caratteristiche di ospitalità. Non penso tuttavia che il nostro territorio abbia niente da invidiare ad altri, e cambiarne l’identità significherebbe snaturalo. Noi siamo fatti così …

Siamo fatti così …. come?

Siamo fatti bene!

Bene è troppo generico!

Siamo persone ospitali, ingegnose, operose, capaci di fare sacrifici cercando di risolvere i problemi autonomamente, senza chiedere aiuto altrui, quindi indipendenti e nello stesso tempo anche molto solidali.

Qualcuno invece li definisce individualisti …

Non è vero. Assolutamente. Il marchigiano ha la caratteristica di sentirsi solo, se sta solo, e cerca sempre compagnia, dappertutto.

Qualcuno invece li definisce anche falsi …

La falsità è propria dell’uomo, volendo, ma non penso. No, non siamo falsi. Una volta si diceva “meglio un morto dentro casa che un marchigiano alla porta” lo dicevano i romani perché i marchigiani facevano gli esattori delle tasse. Ma se erano stati scelti per quel ruolo significa che erano persone affidabili. Siamo attendibili!

Ma una nota negativa ce l’avremo pure, altrimenti sembra un’auto-celebrazione del tipo siamo tutti belli, bravi e i migliori!

No, non siamo i migliori. Ma siamo belli e bravi (sorride). Se siamo i migliori, questo ce lo dovranno dire gli altri. Io dico quelle cose che sono assolute. Tutte quelle qualità relative, che presuppongono delle comparazioni, dovranno, purtroppo, essere gli altri a riconoscercele. Non ce lo possiamo dire da soli!

Ma una nota negativa ce la vogliamo avere? Un aspetto negativo dei marchigiani, quale è?


Ci devo pensare …. nella prossima intervista! Un difetto dei marchigiani? … non riesco proprio a trovarlo. Facciamo così, in tutte queste qualità potrebbero esagerare … quindi potrebbero essere troppo bravi, troppo belli ….

Troppo presuntuosi!?!?

… Sì, potrebbero anche essere così, un po’ di presunzione …. un po’… ma poca!

Quali sono, a suo parere, i risultati auspicabili a breve per la vostra Giunta e quali quelli a lungo termine, è meglio la strategia dell’uovo oggi o della gallina domani?

Per il breve periodo il risultato che ci poniamo è il consolidamento della nostra struttura di Provincia che in un anno ha già fatto dei grandi progressi, è già operativa e ben consolidata in tutte le attività. Nel medio-lungo termine il nostro obiettivo è di dare le giuste risposte al Territorio. La Provincia di Fermo è nata perché delle risposte non erano fornite con il dovuto riguardo. Venivamo un po’ trascurati e a volte anche dimenticati in problematiche molto importati come quelle della viabilità del territorio come motore per lo sviluppo anche economico. Quindi dovremo dare risposte al territorio da questo punto di vista, e un’altra prioritaria questione è dare una programmazione unitaria sia allo sviluppo economico sia culturale. Abbiamo già iniziato, ma, ovviamente è un percorso di lungo periodo.

… ma in definitiva è meglio la strategia dell’uovo oggi o della gallina domani?

Debbo dire che è meglio l’uovo oggi e la gallina domani!

… afferrare tutto!

Noi siamo capaci di fare entrambe le cose. Dobbiamo pensare al domani per una questione di responsabilità come amministratori. L’amministratore non è quello che guarda all’oggi, ma è quello che guarda alla gallina di domani. Nello stesso tempo, vivendo nel mondo di oggi, non possiamo non cercare risposte anche immediate, quindi l’uovo oggi. Di conseguenza bisogna fornire giuste risposte oggi, tenendo conto di ciò che produrremo domani. Bruciare le risorse per star bene oggi e non lasciare niente ai nostri figli, nessun politico è un buon politico se lo fa. Purtroppo abbiamo vissuto con politici di questo genere. È una mala educazione che dalla Prima Repubblica ci trasciniamo dietro ancora oggi. Anche se bisogna riconoscere che, per esempio, nella Prima Repubblica si sono costruite le autostrade che abbiamo ancora oggi, quindi ci sono stati molti esempi di persone lungimiranti. Oggi, più che mai dobbiamo cercare di essere lungimiranti e fare il bene anche nel presente senza per questo penalizzare il domani. Dobbiamo pensare anche al domani. Non possiamo ipotecare un futuro non nostro. Pensare al domani guardando ai bisogni dell’oggi. E questo si traduce proprio nell’uovo oggi e nella gallina domani!   

Il suo segno zodiacale è il Leone, ha studiato all’Aquila ed è nato in un paese che “Combatte”… si sente un predestinato alla battaglia oppure il suo essere Assessore per la Pace mitiga l’indole guerriera?

Oppure! Il segno zodiacale del leone è bello, ci tengo, mi piace! Senza dire che sono nato il 29 luglio! Ho studiato all’Aquila, ma questa è una combinazione casuale come un po’ lo è il nome Combatte del mio paese. A parte ciò, io sono -e spero di esserlo- per la Pace. Sono per la pace, anche se non sempre sono stato capace di esserlo.  E costituisce un’aspirazione per me come per gli altri poter ricoprire questo incarico. Essere Assessore per la Pace mi onora. Sono contento che sia stato affidato a me!

… ma ce l’ha quest’indole guerriera?

No, fondamentalmente no. Forse come tutti, possiamo averne un Po’, ma io sono per il dialogo e la mediazione, da sempre! Mi piace esserlo e spero di riuscire sempre a farlo. Non m’interessa il conflitto e nemmeno la competizione.
Qualche volta mi sono inevitabilmente scontrato, ci sono stati degli episodi, ma non è mai successo per piacere della lotta. È sempre capitato con mio grande dispiacere per non aver avuto la possibilità di mediare prima. Quando si arriva a certe situazioni, è perché non si è raggiunto il compromesso e ogni tentativo d’intervento è fallito. Anche dal punto di vista politico, nella guerra, per esempio, non vince mai nessuno, perché anche il vincitore è metà perdente, e quando si riesce a risolvere un problema qualsiasi con il dialogo ci stanno sempre due vincitori. E’ una certezza. Poi gli accordi quando si fanno, si è minimo in due persone … io ho sempre tenuto all’autonomia del territorio Fermano.

Lei è cresciuto negli ambienti cristiani delle parrocchie, come moltissimi della sua generazione, gli sport tipicamente parrocchiali erano il Calcio Balilla (biliardino), il ping pong e l’immancabile Calcio. Lei, in quali di questi mostrava le maggiori doti talentuose, oppure era uno dei tanti che faceva il tifo per i soliti scalmanati? Come ricorda l’epoca delle parrocchie?


Naturalmente non appartenevo alla categoria di quelli che facevano gli spettatori. Io lo sport l’ho solo sempre praticato. Nel Calcio Balilla, non sono mai stato bravo …. a pin pong me la cavavo mentre ho sempre giocato a calcio, fino a poco tempo fa. Non sono mai stato un tifoso e non sono mai stato allo stadio a vedere una partita, ma tifo il Torino … è una scelta anche questa …. non sono mai andato tra le squadre più famose, ma sempre tra le meno conosciute.
L’epoca delle parrocchie la ricordo non solo come l’epoca del ping pong o del calcio ma come il tempo in cui si parlava e ci s’incontrava, i ragazzi s’incontravano per dialogare. E in quel tempo, la parrocchia era uno dei pochi luoghi diffusi dove c’era il confronto, il dialogo e dove si prendeva coscienza dei problemi. È un bel ricordo, anche perché avevo qualche anno in meno. Nella parrocchia ho vissuto le più belle esperienze della mia vita … come tutti a vent’anni.

… c’è una nota di nostalgia?

No. Assolutamente, io guardo avanti tenendo conto di quei periodi che mi hanno formato. Io non guardo indietro, non vedo mai le vecchie foto. Ma non per paura del passato semplicemente perché preferisco guardare alle prossime foto che scatterò. Guardo avanti. Ho vissuto la mia parrocchia, la mia vita, le mie esperienze, il mio paese, le mie amicizie. Purtroppo nel tempo non tutte le amicizie possono essere coltivate, ma quelle volte che incontro gli amici di un tempo e mi accorgo che sono rimasti gli stessi mi fa molto piacere.

Lei è rimasto lo stesso?

Ma … un po’ come tutti … siamo cambiati. Cerco di pensare in questo modo: nessuno rimane lo stesso. Io spero di essere migliorato. Non posso giudicarmi, credo di non poter essere obiettivo.

Chi è Gaetano Massucci nel privato, un professionista prestato alla politica oppure un politico con la spiccata vocazione per la Chirurgia Vascolare? Il suo futuro sarà in sala operatoria oppure diviso fra comizi e riunioni politiche?

Gaetano Massucci è un professionista che fa politica. Meglio ancora, io sono un cristiano che ha scelto di fare il medico per servizio ma non gli basta, e in questo momento storico in cui la società è malata, cerca di curarla con la politica. Questa potrebbe essere la presunzione legata al mio segno zodiacale e non certo l’indole combattiva. Poi che il mio futuro sarà in sala operatoria oppure in comizi e riunioni politiche … beh … che sia in un posto o in un altro comunque è sempre in mezzo alle persone.