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venerdì 20 gennaio 2012

Sponsor delle mie brame

Sponsor delle mie brame
siamo il comune più disponibile del reame.
di Laura Gioventù


Petrax.it

Nei momenti di difficoltà c’è chi reagisce con rabbia e chi con rassegnazione, chi con la crisi si perde e chi usa la fantasia per uscirne fuori, e la Provincia di Perugia ha dimostrato di aver usato la fantasia, infatti dal mese di dicembre 2011 ha risparmiato il costo delle auto blu a sua disposizione, facendosele dare, ad uso gratuito, da uno sponsor, tre macchine nuove a costo zero dando l’opportunità allo sponsor stesso di farsi pubblicità. Per la cronaca lo sponsor è una concessionaria di auto di Foligno. Idea talmente riuscita che ha avuto l’approvazione dei due bravissimi conduttori de Il Ruggito del Coniglio, Dose e Presta, il programma umoristico in onda su Radio Rai 2 la mattina presto, i quali sono andati oltre proponendo anche altre sponsorizzazioni, come per esempio l’applicazione del logo sui certificati anagrafici, uno stato di famiglia sponsorizzato da un mobilificio oppure un certificato di nascita sponsorizzato da un produttore di beni per i bambini. Certo non si può negare una certa ironia nel proporre certe soluzioni, ma allo stesso tempo sono idee di facilissima realizzazione e di veloce esecuzione, e in tempo di crisi chi si potrebbe permettere di fare lo schizzinoso?
Per cui, per Porto San Giorgio, e per fronteggiare la crisi di incassi, oltre i documenti sponsorizzati, una cosa si potrebbe farla senza danneggiare nessuno ma anzi, facendoci anche guadagnare dei soldi e non solo al Comune. Partiamo dal concetto che ogni sindaco ha negli impiegati comunali la sua squadra, e a Porto San Giorgio questa squadra è di circa 160 persone,  e parliamo solo dei dipendenti comunali, ebbene, come ogni squadra che si rispetti quando scende in campo lo fa indossando una divisa, e su essa oltre al numero c’è anche il marchio dello sponsor. Tutta questa squadra comunale, potrebbe venir sponsorizzata da privati, e per la pubblicità di prodotti o eventi legali, meglio ancora se regionali o nazionali, tramite accordi economici precisi e alla luce del sole. Tutti i dipendenti, iniziando dal sindaco all’ultimo dei dipendenti, solo negli orari di lavoro, o nelle cerimonie ufficiali o di rappresentanza, e cioè ogni volta che “scendono in campo”, indosseranno la loro divisa sponsorizzata, magliette in estate, giacche o maglioni in inverno, scarpe comprese visto che di produttori locali ne abbiamo a iosa, così di dare modo al Comune di incassare molti soldi da questa operazione.
Ma visto che nessuno da nulla per nulla, e per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro, sia la programmazione e il censimento dei dipendenti e delle strutture da poter affittare, sia la ricerca e il rapporto con gli sponsor, potrebbe essere dato in gestione ad una cooperativa di giovani, con una percentuale congrua di guadagno per finanziare stipendi e spese interne, e una ulteriore percentuale del 10% delle entrate totali delle sponsorizzazioni potrebbero essere divise equamente fra tutti i dipendenti comunali, sindaco e assessori compresi, rendendo così meno coercitivo per i dipendenti dover accettare l’idea senza nulla in cambio.

Facciamo un esempio. Fra tutte le sponsorizzazioni possibili si potrebbe arrivare a raccogliere, e non sarebbe difficile, una cifra ipotetica sulla quale ragionare in termini economici per un totale annuo di 4 milioni di euro, dividendo il 10% per i dipendenti comunali si avrebbe a raggiungere la cifra di 2.500/3.000 euro annua a persona…non sarebbe male come inizio, non vi pare? Ovvio tutto alla luce del sole e tutto documentato. E questo è solo un primo esempio di possibili sponsorizzazioni per le quali il Comune dovrebbe attivarsi. Oltre tutto Porto San Giorgio potrebbe essere il primo Comune Italiano totalmente sponsorizzabile, e questo sarebbe già di suo una notizia di risonanza nazionale se non internazionale, sulla quale giornali e televisioni non risparmierebbero di certo né articoli né notiziari dedicati, con ulteriore presenza e maggiore “visibilità” turistica. In tempi di crisi non si possono avere remore, ma serve usare la fantasia, specialmente se non diventa impegnativa e rende anche bene in termini economici.


Pubblicato su ... informazione.tv
Pubblicato su ... lindiscreto.it

domenica 8 agosto 2010

DOSSIER Parte I

Mecenatismo e sponsorizzazione promozionale di eventi o rassegne.
di Laura Gioventù

Per lungo tempo, l’investimento culturale in Italia, è stato percepito esclusivamente come una sorta di mecenatismo, e, perlopiù, come fenomeno isolato nel quadro dell’attività generale del soggetto stesso che decide di “finanziare l’arte” per propria passione individuale/personale (come un qualsiasi fruitore del prodotto artistico) senza l’obiettivo di ottenere specifici rendimenti individuali, movente principale delle sponsorizzazioni culturali.

Tuttavia l’investimento culturale, sia sotto forma di mecenatismo sia di sponsorizzazione, ha prodotto risultati utili per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali agendo in un’ottica di servizio alla cultura e all’arte e svolge un ruolo costruttivo e significativo per la valorizzazione di una risorsa unica del nostro Paese.

Modifiche a situazioni strutturali, quali i mutamenti del panorama socio-economico verificatisi nel corso degli anni, e situazioni contingenti, quali le sempre più pressanti esigenze di tutela e conservazione del patrimonio storico-artistico italiano, hanno fatto sì che interessi d’imprese private, organizzazioni culturali, Enti e Pubblica amministrazione confluissero verso una direzione condivisa.

Sulla base di queste considerazioni abbiamo condotto un’indagine sul rapporto fra Mecenatismo Culturale e sponsorizzazione promozionale di eventi o rassegne, intervistando alcuni soggetti direttamente interessati, Banche e Fondazioni, circa il loro intervento in future iniziative sia per il settore culturale sia per ciò che riguarda il comparto del divertimento e dell'intrattenimento turistico-spettacolare in genere.

Ne segue uno spaccato molto interessante che evidenzia come il settore culturale sia autentico collettore naturale di politiche di sponsorizzazioni per l’innumerevole serie di manifestazioni, eventi e attività che quotidianamente investono il patrimonio culturale italiano.

In un successivo dossier pubblicheremo le considerazioni di alcuni Enti Pubblici e associazioni culturali sul rilievo strategico che le sponsorizzazioni rivestono soprattutto nel settore culturale offrendo uno strumento integrativo, se non addirittura sostitutivo, dei finanziamenti pubblici e sulla loro capacità di creare sinergie e condivisioni tra pubblico e privato.

Di seguito vi proponiamo le domane seguite dalle risposte fornite da:

BANCA POPOLARE DI ANCONA per voce del Direttore Generale Dott. Luciano Goffi;
FONDAZIONE CARIMA per voce del Direttore Generale Dott. Renzo Borroni;
BANCA DELLE MARCHE per voce del Presidente Prof. Avv. Michele Ambrosini;
CASSA DI RISPARMIO DI FERMO per voce dell’Amministratore Delegato Dott. Alessandro Cohn.

Per facilitare la lettura, ogni risposta sarà preceduta da una sigla che identifica lo specifico ente. Quindi avremmo:

Banca Popolare di Ancora     =  B.P.Ancona
Fondazione Carima         =  F.Carima
Banca Marche         =  B.Marche
Cassa di Fermo         =  Carifermo

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I DOMANDA



Nel 1923 dall’incontro fra Giovanni Gentile, allora ministro dell’istruzione, e Giovanni Treccani nasce l’idea di una enciclopedia universale … cosa per altro realizzata e con il successo che noi tutti conosciamo, esempio di lungimiranza culturale finanziata dallo Stato.
È possibile, ai nostri tempi, che si possa ricreare una situazione similare ma con le banche private o le Fondazioni al posto dello Stato, oppure l’indispensabile “ritorno” preclude ogni possibile lungimiranza?
Magari non una enciclopedia, ma una presenza maggiormente “culturale” nella nostra Regione, che abbia tempi lunghi e non duri solo per alcune edizioni
.


B.P.Ancona

Non credo sia venuto meno, in assoluto, lo spirito del mecenatismo e quindi quella proiezione verso il territorio e la società civile che anima spesso le istituzioni private le quali, traendo proprio dal territorio il proprio valore economico, decidono di riversarne una parte a vantaggio della crescita sociale e culturale del contesto in cui sono radicate. Quello che forse è cambiato rispetto al passato è che probabilmente non c’è più il “mecenate” in assoluto, capace di grandi impegni economici, quanto piuttosto una pluralità di soggetti che – compatibilmente con le proprie congiunture – intervengono per entità singolarmente di norma non particolarmente rilevanti o determinanti. Ma come in molti altri campi, l’unione fa la forza e la buona volontà di molti può consentire di realizzare grandi progetti.

F.Carima
La risposta alla domanda è che un’iniziativa di questo genere sarebbe auspicabile, ma difficilmente realizzabile per un motivo semplicissimo: intanto in una regione come le Marche le fondazioni bancarie sono otto e completamente diverse l’una dall’altra, soprattutto in termini di dimensioni e di possibilità reddituali, quindi anche di possibilità di investimento. In realtà sono solo due o tre le fondazioni marchigiane che potrebbero supportare un progetto di questa natura. Un’iniziativa che comunque avrebbe come presupposto fondamentale una quantità di denaro e un tipo di impegno che non credo che le fondazioni, per come sono rappresentate in questa regione, possano avere. Un progetto di questo genere, che pure potrebbe essere una bellissima ed importante iniziativa, ha come premessa un grado di coordinamento delle fondazioni assai considerevole e determinante e soprattutto una volontà di investire una somma rilevante di denaro: tutti elementi che non vedo presenti in questo momento nelle nostre fondazioni.

B.Marche
Reputo che la risposta possa essere senz’altro positiva, anche se nel momento in cui facciamo riferimento a banche che nascono da vecchie Casse di Risparmio, sappiamo che i soci di riferimento di queste banche sono normalmente le fondazioni cui istituzionalmente è demandato il compito di svolgere un’operazione prettamente culturale, un’attività per la sponsorizzazione artistica ai fini di garantire una ricaduta culturale e assistenziale sul territorio di appartenenza. Ciò non toglie che alcune banche, in questo caso io mi sono fatto promotore presso Banca Marche, vogliano essere delle banche “aperte” a quelle che sono le plurime esigenze culturali e artistiche del nostro territorio oltre a quelle assistenziali. Alcune banche, particolarmente sensibili, possono decidere di intervenire anche in settori sociali, sopperendo, insieme con il volontariato e l’iniziativa privata, all’eventuale mancanza dello Stato. A tale proposito cito la Fondazione Roma e il libro Il terzo pilastro. Il non profit motore del nuovo welfare del Professor Emmamuele Emanuele che affronta nello specifico l’argomento “terzo settore”. Facendo riferimento prevalentemente alla situazione di Roma, ma rivolgendosi contestualmente a tutta la situazione nazionale, si mette in evidenza la necessità di demandare quote capitali sempre maggiori per lo sviluppo specifico di settori assistenziali e filantropici nei quali lo Stato, per burocrazia, per tempi e per mancanze di bilancio, non riesce a intervenire in maniera efficace ed efficiente.

Carifermo

Crediamo che l’indispensabile “ritorno” possa, anzi, debba essere accompagnato da una proficua lungimiranza. La Carifermo Spa, ad esempio, in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, lavora ogni anno ad un progetto editoriale che si conclude con la realizzazione del libro strenna natalizio. Non si tratta di un’opera prodotta da terzi e sulla quale la Banca mette semplicemente il proprio logo. Il progetto ha come obiettivo lo studio e l’approfondimento di tematiche, spesso di taglio artistico-culturale, da sviluppare o incomplete. Lavoriamo insieme all’editore sulla scelta dei contenuti, degli studiosi, sulle immagini. Negli anni abbiamo trattato grandi artisti del nostro territorio come Carlo Crivelli, Luigi Fontana, Vincenzo Pagani e, da ultimo, i  Ricci.
La lungimiranza sta nel valorizzazione e far conoscere maggiormente il nostro territorio, evitando di proporre opere, forse più “semplici”, ma scontate. Il “ritorno” sta nell’utilizzare le pubblicazioni come dono per i nostri clienti in modo da non duplicare i costi.

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II DOMANDA


C’è da una parte il Mecenatismo e dall’altra la Sponsorizzazione, due metodi diversi per ottenere lo stesso risultato oppure la stessa filosofia per far partecipare il denaro al processo di produzione culturale e/o dello spettacolo in genere?
Spesso sentiamo parlare di investimenti culturali che le banche o le fondazioni operano a diversi livelli. È soltanto un sistema fiscale per abbattere i profitti oppure una oculata strategia aziendale che guida le banche/fonfazioni verso questo tipo di sovvenzioni?
Offrendosi come partner economico per la Cultura, le banche/fondazioni potrebbero condizionarne gli stile e spostare un certo mercato dell’Arte a favore di alcuni gruppi a discapito di altri?



B.P.Ancona

Lo spirito mecenatistico accompagna sempre le decisioni di destinare risorse  a favore di iniziative di tipo culturale o sociale; non disgiunto certamente dalla ricerca di un ritorno, quasi mai di mera natura economica – peraltro assai difficilmente misurabile (si pensi ad esempio alla difficoltà di misurare se, avendo affiancato una determinata iniziativa, solo per questo siano stati acquisiti o meno nuovi clienti) – quanto piuttosto in termini di accrescimento dell’immagine, della reputazione, che per un istituto bancario rappresenta un valore di enorme importanza. Tenderei ad escludere qualsiasi motivazione di tipo fiscale, come pure mi sento di escludere qualsiasi rischio di “distorsione del mercato”. Intendo dire che ci può stare che, appoggiando un progetto piuttosto che un altro, un eventuale errore di valutazione di merito, potrebbe in astratto escludere e non far decollare progetti di valore; ma c’è da dire intanto che – proprio a motivo della limitatezza delle risorse disponibili – le decisioni di come allocarle risponde di solito a criteri di estrema attenzione; ed inoltre se un progetto è veramente valido se non ottiene il patrocinio del soggetto a cui per primo viene presentato, probabilmente può ottenerlo da altri più capaci magari di saperne leggere l’importanza.

F.Carima
Intanto questi quesiti sono, secondo me, quasi tutti tarati per le banche, indipendentemente dal fatto che usiamo il termine fondazione piuttosto che banca, perché le prime due parti di questa seconda domanda non si possono riferire alle fondazioni. Mi spiego subito: le fondazioni, per loro natura, non fanno né mecenatismo né sponsorizzazioni. Esse svolgono un ruolo previsto dalla legge e la loro è una partecipazione dovuta. Lo statuto prevede che gli utili, i margini, i risultati e i guadagni che le fondazioni riescono a mettere in piedi con la gestione del proprio patrimonio debbano essere per forza investiti nel territorio di propria competenza, in determinati settori. Una volta che la fondazione ha stabilito e scelto un ambito di intervento, che nel nostro caso è quello culturale, sebbene avremmo potuto anche non sceglierlo come fanno altre fondazioni ed a quel punto il problema non si sarebbe nemmeno posto, perché in tal caso istituzionalmente la fondazione avrebbe potuto non investire nemmeno un euro su quella voce, ma dal momento che ha scelto, tra i vari settori, quello della cultura, ecco che la fondazione non fa né mecenatismo né sponsorizzazione. Per noi è un dovere istituzionale investire o riversare, per meglio dire, il denaro proveniente dalla gestione del nostro patrimonio, quindi non saprei che dirle … ripeto, noi dobbiamo obbligatoriamente,  per legge e per statuto, intervenire ed investire. Lo dobbiamo fare e basta e lo facciamo perché la fondazione è un’istituzione che di fatto persegue un’utilità collettiva. Nel nostro caso, poi, avendo scelto di intervenire, fra i vari settori, in quello della cultura, lo facciamo anche nel settore della cultura. Non è un sistema fiscale per abbattere i profitti, il nostro. E comunque, voglio precisare che dietro alla nostra attività erogativa c’è un’attenzione particolare nel cercare di indirizzare le erogazioni in campo culturale verso degli obiettivi che il nostro Consiglio di Amministrazione e i nostri organi istituzionali si sono dati. Una strategia di fondo c’è, anche se il tipo di attività erogativa che noi facciamo soggiace fatalmente, perché anche questo è un obiettivo della fondazione, alle richieste che provengono da tutto il territorio di riferimento. Richieste, queste, spesso estremamente differenziate e diversificate, che colpiscono una miriade di problematiche e che magari, a volte, ci danno la sensazione di non essere frutto di una visione organica. Ma è un dovere istituzionale della fondazione dare una risposta anche a richieste piccole e differenziate, perché comunque abbiamo un obbligo di risposta verso l’intera provincia formata da tante realtà completamente diverse fra loro. Se le fondazioni potrebbero condizionarne gli stili e spostare un certo mercato dell’arte? No, non credo che ci siano queste possibilità. Ma poi per mercato dell’arte che si intende? Il mercato dei quadri, delle sculture e delle mostre? Direi di no, se non fosse altro per la poca capacità di incidenza: non abbiamo una massa di denaro così imponente e determinante da riuscire ad indirizzare il mercato.


B.Marche
Mecenatismo e sponsorizzazione oggi sovente si confondono e diventano un po’ la medesima cosa, anche se hanno caratteristiche e finalità ovviamente diverse. Credo che le fondazioni siano più portate per un vero e proprio mecenatismo. Alcune volte le banche tendono maggiormente a fare delle sponsorizzazioni perché in qualche maniera si attendono un “ritorno” e, in ogni caso, entrambe le ipotesi rappresentano un modo per far partecipare il denaro a quella che è la produzione culturale e lo sviluppo intellettuale e formativo, indipendentemente dal “ritorno”. Certo, alcune volte, le banche che fanno investimenti culturali, forse potranno anche avere il beneficio di un ritorno fiscale, tuttavia mi sembra un caso molto limitato, e per quello che ne so io, noi, come Banca Marche, fino a questo momento, non lo abbiamo mai fatto. Quello che vogliamo fare è seguire un binomio cultura-economia che ci sembra un accostamento davvero interessante se si vuol classificare un istituto di credito come una banca “aperta” e quindi come una banca del territorio. Perché se noi interpretiamo il concetto di territorio come una comunità di destino, necessariamente, nella nostra Regione e presso le nostre popolazioni, non può venire meno l’aspetto artistico e l’aspetto culturale, che poi è l’espressione dello spirito dei nostri luoghi e, come sempre, così com’è nella nostra produzione, questa espressione è un’espressione di eccellenza. Basterebbe guardare un momento indietro, ma anche all’attualità, ai nostri artisti, alla nostra storia dell’arte per passare da Raffaello a Michelangelo al Pergolesi per arrivare a Giovanni Allevi. Mi scuso se dimentico altri nomi, che in questo momento non mi vengono alla mente, ma sicuramente abbiamo una storia culturale e artistica di grandissima eccellenza, basti pensare al secondo pittore di Urbino che dopo Raffaello è il Barocci per comprendere qual è la grandezza dei nostri territori. … potrebbero condizionarne lo stile e spostare un certo mercato dell’Arte? … Beh, dovremmo parlare di arte moderna. Noi, come Banca Marche stiamo cercando di utilizzare gli spazi aperti che abbiamo a disposizione nella nostra sede come una piccola galleria d’arte dove abbiamo esposto delle antiche Ceramiche di Casteldurante, abbiamo messo in mostra alcuni pezzi e oggetti già presenti presso il Metropolitan Museum di New York della collezione living del cristallo d’arte, mobili realizzati da un unico blocco di cristallo. Abbiamo anche intenzione di esporre alcuni pezzi della storia del design di Poltrona Frau, in maniera dilettantistica e segmentaria. Difatti non seguiamo un unico filone culturale e, per quel che mi riguarda, diventa molto difficile credere che si possa spostare il mercato d’arte attuale salvo che la banca non faccia grossissimi investimenti su alcune espressioni artistiche e di attualità. Credo che la vera finalità della banca sia di godere, insieme ai propri utenti, assieme ai propri soci e quindi assieme al proprio territorio di alcune opere d’arte che rappresentano, per davvero, la soddisfazione dell’anima e dello spirito. Non mi ricordo quale fosse questo grosso scrittore che diceva che “tutte le vie dello spirito partono dall’anima e difficilmente vi fanno ritorno” beh credo che una possibilità per far ritornare le vie dello spirito all’anima sia “gustare” un’opera d’arte!

Carifermo

Mecenatismo e Sponsorizzazione generano due partership estremamente differenti. La Sponsorizzazione ha come elemento distintivo l’identificabilità della fonte, il soggetto che sponsorizza ha come obiettivo quello di associare il proprio marchio all’oggetto della sponsorizzazione. Lo sponsor, nel valutare l’attività,  stima il valore della sponsorizzazione anche per le “ricadute media” che essa può garantire.
Diverso è il Mecenatismo, più vicino al modus operandi delle Fondazioni, che non risponde a logiche di ritorno dal punto di vista dell’immagine o a vantaggi di tipo commerciale.
In Carifermo le Sponsorizzazioni fanno parte del piano di comunicazione. Rientrano in una programmazione annuale che segue obiettivi di promozione dell’immagine aziendale e di partnership con le iniziative che vengono ritenute più rilevanti nel nostro territorio di competenza.

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III DOMANDA



Spesso le Banche/Fondazioni, attraverso la sponsorizzazione, fanno confluire ingenti somme su eventi di interesse politico più che culturale, questa scelta è sentita come una costrizione per voi, oppure come una normale partecipazione nella prospettiva che l’evento stesso riesca a camminare con le sue proprie risorse ben oltre la dipendenza politica?
L’investimento culturale è sempre visto come un finanziamento che le fondazioni operano verso l’esterno, ma quando sono le fondazioni a chiedere partecipazioni o patrocini per le loro iniziative che tipo di risposta arriva dall’esterno e principalmente dai soggetti della politica?



B.P.Ancona

Ho difficoltà a dare una risposta a tale domanda, in quanto nella mia esperienza non ho in mente casi in cui la componente politica abbia avuto un rilievo. Un progetto deve creare di per sé valore nel contesto in cui si colloca, sia esso sociale o culturale o sportivo e solo sotto questa prospettiva deve essere valutato. Se poi gode anche del patrocinio di soggetti istituzionali che non ne inficino la coerenza, ben venga tale patrocinio.  Alcune iniziative che ci vedono impegnati in qualità di project partner – penso ad esempio a Tipicità o a Musicultura –  godono di questo patrocinio istituzionale, che non solo non è condizionante, ma anzi apportatore di collegamenti più stabili e solidi con la società civile.

F.Carima

Intanto la prima parte della domanda sicuramente ha un senso ed ha una logica anche se, secondo me, non si può riferire alla realtà della nostra provincia, ma non credo nemmeno alla realtà della nostra regione. È vero comunque che vedendo dei segnali e vedendo delle iniziative a livello nazionale si possano verificare situazioni di ingerenza: tra politica ed iniziative culturali si percepiscono a volte queste intromissioni. Ma non è, secondo me ripeto, il caso della realtà regionale delle Marche. Non credo proprio. E tanto meno non lo è per le fondazioni. Noi non facciamo iniziative per benevolenza nei confronti dell’interesse e del potere politico. Assolutissimamente no. Anzi, andiamo alla ricerca di una nostra autonomia, la ribadiamo con orgoglio e con convincimento. La verità è un’altra: è che le fondazioni sono state sempre viste, fin dalla loro costituzione, esclusivamente come erogatori di risorse e basta. Questo non solo dalle istituzioni politiche, ma da parte di tutti. Il territorio ha sempre visto le fondazioni come “bancomat”; bussi e prendi il denaro che ti serve per fare le iniziative. Questo è il campo in cui effettivamente il nostro Consiglio di Amministrazione e la nostra fondazione si sta muovendo negli ultimi anni: invertire questa situazione. Noi riteniamo che le fondazioni abbiano una loro indipendenza. Di fatto sono enti che hanno natura privatistica, ecco quindi che per noi le fondazioni devono potersi muovere sul proprio territorio con una loro capacità decisionale, con una loro visione, con una loro totale autonomia da queste ingerenze. Noi non le abbiamo, ma abbiamo riscontrato una mentalità che tende a vedere nella fondazione un partner che sia esclusivamente un erogatore, un partner supino alle richieste di terzi. Stiamo vedendo invece che, con tutta una serie di attività ed iniziative che abbiamo realizzato negli ultimi tempi e, se vogliamo, anche con la capacità dovuta alla personalità di chi più rappresenta l’ente, stiamo invertendo questa situazione e veniamo riconosciuti dal mondo che ci circonda, quindi anche dai politici, come enti e come partner che hanno la loro indipendenza e che hanno il loro peso per dire la propria su questi temi, visto che poi siamo quelli che effettivamente stanziano denaro. Proprio perché questi soggetti ci hanno sempre visto come distributori e quindi come possessori del denaro, meno che meno possiamo essere visti come coloro che possono ricevere denaro per le iniziative che fanno. Noi stiamo cercando di far capire, invece, che quando un ente come il nostro organizza un’iniziativa - sulla quale poi tutti possono dire la loro, se è fatta bene, fatta male, se è giusto o meno farla - che va a vantaggio del territorio, le fondazioni avrebbero titolo e diritto, come qualsiasi altro ente, di essere aiutati, sovvenzionati, supportati dagli amministratori e quindi anche dal mondo politico, se riscontra, il mondo politico, nell’attività e nel fare della fondazione, un agire giusto, logico e conveniente per il territorio. Però … questo magari arriverà molto molto lentamente, con il tempo, anche per le difficoltà oggettive che hanno attualmente tutte le amministrazioni pubbliche.

B.Marche
Non abbiamo mai, per quello che mi riguarda, nella storia di Banca Marche – ed io l’ho fondata nel 1994 - fatto confluire somme in eventi d’interesse politico, perché siamo sempre stati lontani dal prenderci un’etichetta politica. E’ un dato storico e oggettivo e questo può rappresentare un bene oppure un male, secondo l’ottica in cui si guardi quest’aspetto. Mentre alcune volte, e per quel che mi riguarda meno di un anno fa, abbiamo preso noi l’iniziativa su alcune manifestazioni di carattere artistico-culturale. Io sono stato promotore in una cena e durante un Consiglio di Amministrazione nel Palazzo Ducale di Urbino, della proposta di creare la prima mostra mondiale delle tre città ideali: quella di Urbino, di Baltimora e di Berlino. Proposta che è nata dal fatto che esse rappresentano il primo manifesto pittorico sull’urbanistica, in modo da dimostrare che l’urbanistica è nata con il rinascimento italiano e non alla fine del settecento in Scozia. Raffaello, Michelangelo e Leonardo, oltre ad essere stati dei pittori, sono stati architetti e soprattutto degli urbanisti; con la prospettiva è nata l’urbanistica. Tuttavia, indipendentemente da qualsiasi circostanza politica, credo che questo sia un evento di portata mondiale che ha una grossa valenza culturale. E’ evidente che quando sono le banche a prendere iniziative di questo genere devono cercare anche il supporto e il consenso delle forze politiche o dei rappresentanti degli enti locali. Diversamente certe manifestazioni non si potrebbero realizzare senza la fattiva collaborazione e la co-iniziativa. Senza la collaborazione della Sopraintendenza dei Beni Artistici e Architettonici delle Marche non si potrebbe realizzare una manifestazione di questo genere. Senza il patrocinio di alcuni musei non si potrebbe fare questo. Senza la presenza e il consenso di alcuni Enti locali quali il Comune di Urbino, la Regione Marche e quant’altro, eventi di questo genere non si potrebbero realizzare. Allora, qual è il rapporto? Beh, il rapporto è un rapporto di collaborazione tra quelli che noi chiamiamo vertici amministrativi del territorio, più che politici, e i vertici della banca. E’ ovvio che ci debba essere un interesse convergente e comune nel portare avanti manifestazioni di questo genere che io credo arricchiscano molto il territorio e non solo per quello che si diceva prima, perché è il territorio che in qualche maniera s’istruisce, e l’istruzione è sempre una forma di arricchimento, ma perché sopraggiunge anche un guadagno economico derivante dalla presenza turistica di tutti quelli che, in qualche maniera, vogliono condividere queste esperienze.

Carifermo
Non facciamo mai scelte di tipo politico. I nostri indicatori sono ritorno d’immagine, vantaggio commerciale, visibilità, coinvolgimento e territorio. Il resto non ci interessa.
Per la seconda parte della domanda, sosteniamo per intero le iniziative che realizziamo direttamente (una tra le più importanti è sicuramente la “Pagella d’Oro”). Tuttavia, al di là del finanziamento, non abbiamo mai avuto difficoltà con enti di natura pubblica o privata con i quali, negli anni, abbiamo instaurati rapporti di proficua collaborazione e stima.

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IV DOMANDA


Quando vi trovate di fronte ad un progetto culturale nuovo, sia per un finanziamento sia per una partecipazione maggiormente attiva da parte Vostra, quali sono i criteri di scelta che siete soliti adottare per la decisione finale?
Come si sviluppa l’investimento o la sponsorizzazione in merito agli eventi del puro divertimento, sono visti solo come una prassi sporadica oppure stanno aumentando in funzione del maggiore impatto con i possibili utenti futuri delle banche?



B.P.Ancona

Il nostro slogan che ci accompagna sempre è “sponsorizziamo i valori”, intendendo con ciò la volontà di essere al fianco solo di quelle iniziative che effettivamente possono arricchire il territorio, sotto il profilo culturale o della crescita sana dei giovani nello sport, o ancora della valorizzazione delle eccellenze che esistono sul territorio. Cerchiamo di evitare di disperdere a pioggia gli interventi, cerchiamo di favorire l’aggregazione, di superare i particolarismi, spingendo – per quanto possiamo fare – i soggetti di buona volontà che animano questa Regione a unire le forze e le intelligenze su pochi grandi progetti che abbiano al centro l’intero nostro territorio regionale. Da quanto detto credo si possa desumere che, salvo rarissime eccezioni, rifuggiamo dal sostenere iniziative che possano essere qualificate come di “puro divertimento”.

F.Carima
Qui bisogna distinguere fra le tipologie di richieste che arrivano. La maggior parte delle richieste sono richieste tout court di finanziamento per coprire delle spese che l’ente o il soggetto terzo che organizza deve affrontare. Ecco che ci chiedono denaro, ci chiedono un intervento economico semplicemente per supportare le spese che hanno già deciso di fare. Spesso quindi sono progetti di terzi che noi normalmente finanziamo tenendo conto di tanti elementi: uno di questi è quello che ho detto prima e che noi non possiamo non tenere abbondantemente in conto, cioè quello di cercare di riversare su tutto il nostro territorio di riferimento, che è la provincia di Macerata, le nostre disponibilità finanziarie. Molti vedono in questo tipo di atteggiamento un limite nella capacità erogativa della fondazione e soprattutto nell’identificazione della validità dei progetti che arrivano. Può anche esserci questo limite, che però risponde ad un’altra esigenza che la fondazione ha: quella di dare risposta al territorio anche quando la progettazione che sottostà alla richiesta non è il massimo della validità artistica, scientifica e della qualità. Anche se non è solo questo; noi tendiamo a dare sempre una risposta alle piccole realtà perché vogliamo che sull’intero territorio ci sia comunque una presenza della fondazione. Riteniamo, per fare un esempio, che sia molto difficile che un comune della nostra provincia posto ai limiti della fascia montana, di duecento abitanti, possa mettere in piedi un progetto culturale che abbia la stessa valenza di un progetto culturale che può essere messo in piedi da una città di cinquanta mila abitanti e che ha le proprie strutture, le proprie organizzazioni, i propri elementi di raccordo con altre istituzioni culturali. E’ difficile che un’iniziativa che nasce in un paese sperduto della nostra montagna possa competere con quelle di altri comuni più grandi, tuttavia, se non ci fosse la fondazione a supportare anche quell’iniziativa, che può sembrare marginale, che può essere distante da quei livelli di qualità a cui tendiamo, quell’ambito, quel territorio, quelle persone, quel piccolo comune, non avrebbe nemmeno la possibilità di fare una piccolissima pubblicazione, una piccolissima iniziativa culturale. Siamo insomma molto attenti all’intero territorio provinciale e alle esigenze delle fasce deboli della popolazione. Uno degli elementi di valutazione che ci sta particolarmente a cuore è la marginalità. Tutti quei paesi, tutte quelle zone, tutte quelle aree e quelle fasce di popolazione che sono penalizzate fatalmente dall’allocazione geografica, riteniamo debbano comunque essere, in qualche maniera, aiutate e supportate. In merito agli eventi del puro divertimento, la nostra fondazione ha come riferimento due grandi obiettivi, quello che ho già detto prima, l’attenzione al territorio e l’essere vicini alle parti più marginali, e l’altro, prioritario anch’esso, di offrire qualunque tipo di manifestazione culturale, artistica e di divertimento sempre gratuitamente a tutti. Perché cerchiamo di essere presenti, soprattutto in periodi come questo, di grande crisi economica e di grande difficoltà, in cui la fruizione della cultura è difficile da parte della gente ed è ciò che viene fatalmente tagliato fuori per primo.
Oltre alle richieste che provengono da terzi, abbiamo un nostro ambito di intervento diretto: identifichiamo delle iniziative da fare e tentiamo di realizzarle e di gestirle direttamente, come l’esperienza dello scorso anno di tuttoingioco e l’esperienza, oramai consolidata, di un’altra manifestazione come Herbaria, che quest’anno arriva alla quarta edizione. Quando siamo noi ad organizzare lo facciamo in maniera gratuita proprio, per rendere possibile a tutti di fruire delle cose che offriamo e, soprattutto, cerchiamo di realizzare un prodotto che, sì, contenga anche elementi di divertimento, ma che comunque sia sempre un prodotto di livello qualitativamente elevato. Nell’ambito di questi contenitori, che includono appunto elementi culturali, artistici e di divertimento, cerchiamo di offrire un ventaglio di iniziative variegate che hanno tutte un comune denominatore: sono tutte iniziative di un certo livello.

B.Marche
Inizierei a dare la risposta partendo dal secondo punto. Gli eventi di puro divertimento li interpretiamo come un qualcosa di sporadico, anche se, nel momento in cui alcuni di questi eventi, anche di puro divertimento, sono replicati, poi anche le stesse sponsorizzazioni sono una prassi e diventano ripetitive. È ovvio che ci si aspetti sempre un possibile ritorno da eventuali futuri utenti della banca. Poi ci sono sponsorizzazioni di tipo assistenziale, come le sovvenzioni erogate ad alcune strutture ospedaliere, per il finanziamento di alcuni macchinari come gli ecografi, oppure altri tipi d’interventi presso la Fondazione Salesi e l’ospedale Salesi di Ancona che, sostanzialmente, sono interventi che dovrebbero essere coperti dalla Fondazione della Cassa di Risparmio competente per territorio, e che nel caso di specie dovrebbe essere Verona; ma noi siamo la banca del territorio delle Marche e se Verona non interviene, noi, in qualche maniera, ci sentiamo portati a intervenire. Questa rappresenta solo l’appendice di tipo assistenziale rispetto alla domanda che invece aveva oggetto gli eventi di puro divertimento.  … di fronte ad un progetto culturale nuovo come si muove la Banca? Noi crediamo che si sia passati, anche in economia, come nella storia, a una sovrapposizione di corsi e ricorsi storici. Siamo passati dalla società del prodotto alla società della conoscenza. Se siamo nella società della conoscenza, qualsiasi tipo d’iniziativa, anche economico-imprenditoriale, diventa progetto culturale. Perché un nuovo start-up d’impresa, se porta a un’innovazione di prodotto e di processo, è, in senso lato, un progetto culturale allargato. Pertanto, di fronte a questi progetti – si sente sempre dire … finanziate le idee, finanziate le persone, finanziate i progetti - ci poniamo con grande attenzione indipendentemente dalla legislazione internazionale sul credito che ci condiziona non poco, specialmente in una realtà di piccole e medie imprese come quella marchigiana. Siamo anche pronti a fare dei finanziamenti. Non a caso abbiamo proposto, rispetto a tutti i procedimenti d’innovazione, di raddoppiare tutti i fondi che fossero arrivati alla Regione Marche dalla Bay e della Cee. Abbiamo stanziato un plafond a sostegno delle imprese per quattrocento milioni di euro. Di questi, venti milioni sono destinati ai nuovi progetti di tipo culturale e innovativo. Stiamo cercando continuamente di mettere insieme gli spin-off universitari per fare nuova cultura nel settore dell’innovazione. Uno dei miei motti fondamentali è quello del “pensare globalmente operando territorialmente”. Se diciamo che siamo in un momento in cui vi è un passaggio dalla società del prodotto alla società della conoscenza, quindi alla società dell’immateriale, al mettere in rete tutti i nostri distretti manifatturieri, se diciamo che dobbiamo tendere verso l’innovazione pensando globalmente e operando territorialmente, uno dei progetti che io ho in animo, e su cui continuo a insistere è quello di creare il primo museo del design o dell’immateriale marchigiano. Come si può mettere in piedi questo museo? Attraverso un concorso internazionale di idee e progetti presso le principali facoltà di design del mondo da Londra a Stoccolma, a New York. I giovani che ci faranno pervenire i progetti, saranno poi chiamati, i prospetti saranno selezionati da una giuria internazionale composta di designer internazionali e di imprenditori locali in maniera da scegliere le quattro o cinque opere migliori e premiarle. Per poi procedere alla realizzazione dei prototipi e verificare, con i nostri imprenditori, la possibilità della messa in produzione. La verifica è determinata ovviamente dal costo. Proprio questi prototipi potrebbero costituire insieme a tutti i progetti, il primo nucleo del museo dell’immateriale e della conoscenza. Perché proprio il design? Perché il design suggella perfettamente il discorso della progettazione e della conoscenza con il discorso del manifatturiero, quindi del prodotto. Il punto d’incontro è tra il design internazionale che esprime il pensare globale e la realizzazione del prototipo e la messa in produzione che tratteggia l’operare territorialmente. Se riusciamo a realizzare questo progetto, tale manifestazione culturale avrà anche delle rilevanze artistiche perché non è detto che il design sia limitato a se stesso. Quando seguivo l’Università del Progetto di Reggio Emilia, questo tipo di discorso era un discorso di continua innovazione che poi l’innovazione non è detto che sia solo tecnologica. L’innovazione è anche lo sfruttamento commerciale delle idee migliori per risolvere i bisogni delle nostre popolazioni. Bisogni che cambiano continuamente. Se dovessimo rifarci alla filosofica marxista, ci dovremmo chiedere chi è più ricco, chi a più soldi oppure chi ha meno bisogni? La mia risposta è che è più ricca una società che soddisfa i bisogni evoluti attraverso programmi d’innovazione ecocompatibile. Anche lì ci vuole l’eticità di uno sviluppo ambientalmente compatibile.

Carifermo

Quelli che elencavo prima. Innanzitutto immagine e visibilità, poi la possibilità di essere partner attivi dell’iniziativa magari con operazioni di marketing, quindi il territorio. Cerchiamo, ove possibile, di legare il nostro marchio a quello delle principali manifestazioni o realtà.
Per l’investimento e la sponsorizzazione in merito agli eventi del puro divertimento, fermi restando i criteri descritti, non facciamo particolari distinzioni tra le varie tipologie di eventi.



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DOSSIER Parte II

Mecenatismo e sponsorizzazione promozionale di eventi o rassegne.
di Laura Gioventù




 V DOMANDA

Di sicuro l’avere dei finanziamenti su progetto o su opere prime ha dato maggiore impulso al cinema, al teatro ed alla musica classica. (art. 28 sostegno al cinema)
Per quanto riguarda il settore dell’intrattenimento si potrebbero prevedere analoghe forme di intervento, sia per gli eventi estemporanei sia per quelli consolidati sul territorio?
Ci illustri quali saranno i vostri prossimi interventi di sponsorizzazione nella nostra Regione o se state pensando di usare aiuti economici per sviluppare nuove idee culturali adeguate al cambiamento di generi culturali.




                                                                                                                 
B.P.Ancona

Musicultura può essere preso a riferimento quale modello di progetto culturale che abbiamo ritenuto  coerente con i nostri principi; un festival che mantiene, dopo venti anni, fresca ed attuale la propria missione di dare una opportunità a migliaia di giovani talenti; lustro al territorio marchigiano, e a Macerata in particolare che lo ospita, ma soprattutto questo tema dei giovani, e dei talenti e della voglia di emergere, di crescere; concetti per noi perfettamente assonanti con il nostro scopo di affiancare gli imprenditori nel loro quotidiano sforzo rivolto alla crescita, allo sviluppo, alla valorizzazione del talento imprenditoriale.  Un altro esempio è il sostegno che abbiamo dato sin dalla apertura al Teatro delle Api di Porto Sant’Elpidio, un luogo moderno, dinamico nel quale si può fare intrattenimento, ma anche cultura. Di cose se ne possono fare molte, sempre però cercando di non disperdere le risorse – che per definizione sono appunto poche – e sempre con lo spirito, che ritengo fondamentale, del contenimento dei costi. Viviamo una fase storica della nostra economia nella quale la sobrietà è d’obbligo e quelli bravi ritengo siano coloro che riescono a fare cose belle senza spendere cifre insostenibili.

F.Carima
Per rispondere a queste domande bisogna fare una piccola premessa di conoscenza: una fondazione come la nostra, che bene o male nelle Marche è la prima fondazione insieme a quella di Pesaro per ricchezza ed importanza, che è una fondazione estremamente rappresentativa nel panorama delle fondazioni marchigiane, in un settore come quello della cultura, per le proprie capacità erogative, ha una potenzialità che va da un milione a un milione e mezzo di euro al’anno. Se togliamo a questa cifra gli oneri e gli obblighi per delle iniziative già strutturate, come ad esempio l’Arena Sferisterio, e se si tolgono tutti i finanziamenti che dobbiamo fare per la salvaguardia dei beni culturali, per il recupero di aree archeologiche, ecc. ci si accorge che, in fondo, la quantità di investimento che possiamo destinare al prodotto culturale, inteso come prodotto dell’attività culturale, è talmente marginale e limitata che non si può ragionale in termini di investimenti. È fatale che, la brutalizzo, i “quattro soldi” che alla fine possiamo investire su questo tipo di prodotto sono talmente pochi che non servono quasi a niente. Per essere più chiari, è la stessa cosa che prima capitava quando finanziavamo un settore che era la ricerca scientifica. Abbiamo volutamente eliminato questo settore, non perché la fondazione non ne riconosca il valore,  ma semplicemente perché la quantità di denaro che veniva destinata alla ricerca scientifica era talmente irrisoria rispetto alle grandi necessità di tale ambito che alla fine si finiva, non dico per sprecare, ma quasi, quel poco investimento che facevamo. Abbiamo quindi  preferito chiudere un settore pur di non perdere quel poco denaro che non avrebbe avuto il respiro necessario per soddisfare le necessità di un settore come quello della ricerca scientifica. Anche in ambito culturale è la stessa cosa: in ultima istanza il denaro che abbiamo non è una somma così corposa ed importante da raggiungere quello che in economia si chiama il break even point, cioè un punto al di là del quale si comincia a guadagnare. E’ una mole di denaro talmente minima, la nostra, che non incide su tutti questi discorsi. Quali saranno i nostri prossimi interventi di sponsorizzazione nella nostra regione? Intanto c’è da capire questo: noi siamo una delle pochissime fondazioni bancarie in Italia, che sono in tutto 89, che realizzano qualche cosa in proprio. Complessivamente saranno cinque o sei. C’è la Fondazione di La Spezia che finanzia il Festival della mente di Sarzana. C’è la Fondazione di Massa Carrara che finanzia una manifestazione nel campo ambientale. C’è la Fondazione di Modena che finanzia il Festival della filosofia, la Fondazione di Bergamo che finanzia il Festival della scienza e via dicendo. Alla fine sono pochissime che fanno questo, però, secondo me, dovremmo essere l’unica fondazione in Italia che addirittura organizza direttamente e integralmente le proprie manifestazioni. Tutte le altre esperienze che conosco sono esperienze di fondazioni che hanno inventato la manifestazione, l’hanno pensata, l’hanno voluta, la finanziano, ma non la realizzano con le proprie strutture. Noi organizziamo le nostre manifestazioni con la nostra struttura, vale a dire con le persone che abitualmente lavorano qui dentro, considerando che siamo solo otto dipendenti. Questo per far capire che organizzare iniziative di questo genere per noi comporta una sforzo in termini di impegno personale notevole. Per venire alla risposta della domanda, per noi riuscire a fare una manifestazione all’anno come Herbaria e come tuttoingioco è già tantissimo, significa impegnare un ente come il nostro al limite delle proprie capacità realizzative. Pensare di usare aiuti economici per sviluppare nuove idee culturali adeguate al cambiamento di generi culturali … purtroppo non ho ancora capito quale è il nuovo genere culturale che si impone. Noi cerchiamo di confezionare prodotti che abbiano contenuti di qualità anche se si fa, come stiamo facendo in questo momento per dire, una pubblicazione che tratta di gastronomia. Ritengo che la gastronomia, in quanto tale, possa magari non essere una manifestazione culturale di massimo livello. Se la volessimo paragonare alla filosofia è sicuro che sarebbe una manifestazione culturale di livello diverso, tuttavia, se noi andiamo a mettere mano su un’iniziativa di tipo gastronomico il prodotto che realizziamo, in questo caso si stratta di una pubblicazione, è assolutamente di grandissimo livello, pur trattando un tema che non è di così grande spessore. Basta guardare i volumi che pubblichiamo per vedere che non hanno nulla da invidiare ai libri d’arte. In definitiva, cerchiamo di realizzare un prodotto che sia di qualità, indipendentemente dal tema che andiamo a trattare. E se anche ci occupiamo divertimento, vorremmo produrre sempre qualche cosa di qualità e di livello. Non vorremmo riproporre un altro Grande Fratello, per intenderci!

B.Marche

Credo di aver già risposto in precedenza. Questo è verissimo, perché più ci muoviamo su espressioni artistiche di maggiore diffusione di massa come il cinema, il teatro, la musica, più c’è comunicazione, maggiore è la diffusione, e più decisivo è il ritorno, anche d’immagine, per l’istituto che finanzia. Già semplicemente nel settore della musica, Banca Marche, sponsorizza il Rossini Opera Festiva di Pesaro, lo Sferisterio di Macerata, siamo presenti al Pergolesi. Quest’anno il libro strenna di Banca Marche 2009 è stato il film su Padre Matteo Ricci, un cortometraggio, con il quale siamo stati presenti anche alla Mostra di Venezia. Ciò non toglie che abbiamo interessi anche su nuove idee culturali adeguate al mutarsi delle generazioni. Il problema è cercare di avere un po’ le idee chiare. Perché io dico sempre che, mentre una volta i corsi e i ricorsi storici avevano spazi lunghi, oggi abbiamo avuto un corso storico che è la globalizzazione e abbiamo avuto un contro-ricorso che è la crisi della globalizzazione. Se la storia è fatta per quattro quarti da economia, lo stesso tipo di confusione e di accelerazione l’abbiamo in economia. Di conseguenza, se la storia è fatta dagli uomini, le generazioni degli esseri umani si stanno sovrapponendo proprio perché gli spazi generazionali si sono sempre più accorciati. Noi viviamo in una generazione in cui io ho ancora mio padre e ho i miei nipoti, ci sono cinque generazioni assieme con gusti completamente diversi e con valori e tendenze totalmente differenti. Questo si riflette anche nel mondo dell’arte e della cultura. Quali cose decidiamo di seguire? I miei figli, il più grande fa il pittore, il più piccolo fa il cantante e l’artista. E tra di loro i gusti sono completamente diversi. Se io dovessi scegliere quale dei miei figlio dovrei, in qualche modo, seguire meglio, avrei delle difficoltà a scegliere. E’ ovvio che un istituto di credito che svolge invece un ruolo di “guida economica” sul territorio abbia la necessità di fare anche scelte di questo genere e in maniera ponderata.

Carifermo

Carifermo Spa è una Banca locale. Difficilmente ragioniamo su progetti cinematografici, proprio perché l’iniziativa sponsorizzata deve avere una dimensione territoriale.
Per l’anno in corso abbiamo confermato la sponsorizzazione delle iniziative che “storicamente” sosteniamo. Dalle rievocazioni storiche al teatro, dal divertimento allo sport.
Ad oggi non abbiamo pianificato nuovi progetti. In questo momento preferiamo continuare ad essere al fianco dei nostri partner storici che lavorano con competenza per la valorizzazione il territorio e per proporre iniziative di alto spessore in qualsiasi settore.

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VI DOMANDA


La nostra è una Regione per le sue piccole aziende e per alcune eccellenze produttive a livello mondiale, che partendo da piccoli sottoscala sono arrivati ad occupare grandi capannoni sia grandi spazi di mercato. Viceversa, nel comparto eventi culturali, ci siamo sempre limitati a piccole sagre di paese senza mai riuscire a dare vita ad una manifestazione di caratura mondiale. (Festival dei Due Mondi/Giffoni Film Festival). A questo “crescendo produttivo” marchigiano non si è accompagnato un altrettanto “crescendo culturale” marchigiano.
Secondo Voi questa situazione dipende da una mancanza di prodotto interno o da quel senso di provincialismo tipico dei marchigiani che prediligono per certi “prodotti” il nome internazionale piuttosto che la produzione locale?



B.P.Ancona

Il nostro carattere di marchigiani ci porta ad essere individualisti e campanilisti; questo riguarda la cultura e purtroppo riguarda in primis il mondo delle imprese. I tanti campanili sono un valore in se ma solo se riescono a suonare insieme le proprie campane; la nostra Regione possiede tutto quello che serve per essere una terra di grandi potenzialità non solo manifatturiere, ma anche turistiche e culturali; la sfida è mettere insieme quelle potenzialità, queste eccellenze. Cito come esempio un progetto che abbiamo varato l’anno passato insieme alla Regione e con il supporto di Tipicità e dell’Università di Macerata: si chiama  “Marche d’Eccellenza” e il messaggio che vuole lanciare è proprio quello di unire dentro un unico “contenitore” le nostre eccellenze affinché la Regione venga vista dall’esterno come un unicum di grande attrattività e affinchè il visitatore che viene nelle Marche possa  facilmente godere di tutto il meglio che questa Regione offre.

F.Carima

Questa è una domanda che viene rivolta a me, a questo punto, come cittadino, piuttosto che come direttore della fondazione … da direttore non saprei rispondere. Che vuole che le dica, non è un problema che in qualche maniera interessa noi come fondazione per le motivazioni che le ho detto prima. Perché per fare manifestazioni, il ragionamento è questo: per fare iniziative che possano avere una ricaduta, non dico a livello mondiale, che è quasi impossibile, ma per avere anche una ricaduta a livello nazionale, ci vogliono degli investimenti importantissimi, perché comunque sia per uscire dall’Appennino, a livello di comunicazione, bisogna investire una massa di denaro che enti come i nostri difficilmente si possono permette e parlo di una fondazione che nelle Marche, insieme a quella di Pesaro, è la più ricca. Certe manifestazioni e certe iniziative se non vengono supportate da un retroterra finanziario notevole, non possono svilupparsi per quanto uno abbia fantasia ed impegno. Insomma per imporre una manifestazione a livello nazionale ci vogliono finanziamenti e disponibilità economiche e finanziarie di più enti e soggetti e anche l’intervento dello Stato. Basti guardare per un secondo solo una manifestazione che da quaranta anni si tiene a Macerata, che è la stagione lirica. Se uno se la va a guardare bene e fosse veramente onesto intellettualmente si accorgerebbe subito che è una manifestazione che, secondo me, non gira nemmeno al di là dell’Appennino. Insomma, se arriva a Pesaro è già tanto. Per esempio, a Roma la pubblicizziamo, ma è una cosa minima: dovrebbe essere un prodotto di grande qualità, così affascinante da poter essere esportato per davvero, ma al di là delle solite cose che si fanno per autocelebrarsi, perché tutti fanno così, in realtà quella grande visibilità a livello internazionale poi non è vero che c’è ed i numeri ce lo dimostrano. Indipendentemente dalle tante o poche capacità che possono avere gli organizzatori di un evento di questo genere, dietro a tutto questo si nasconde comunque una necessità di tipo finanziario che non può essere quella che gestiscono in questo momento. Per poter imporre un prodotto, al di là della qualità stessa, occorre un investimento in termini di comunicazione ingentissimo. Voi avete fatto l’esempio delle aziende. In realtà, siccome conosco abbastanza le aziende marchigiane, soprattutto della nostra provincia, posso dire che quelle che veramente hanno una dimensione internazionale, si contano sulle dita di una mano e resta il fatto che quelle che hanno una dimensione internazionale, comunque, hanno fatto quel ragionamento che le sto facendo io: hanno per prima cosa, sì investito sul prodotto, ma soprattutto hanno investito nella comunicazione, perché se hai un prodotto che vale cento e fai una comunicazione pari a cinque, il tuo prodotto passa per due, al massimo per tre. Il problema sta nel fare un prodotto che vale cinquanta ed investire cento in comunicazione e probabilmente viene fuori quaranta. Altrimenti non ce la fai. Per affermarsi e per avere una dimensione che non sia solo quella provinciale bisogna investire tanto in comunicazione. Credo che noi, come Fondazione, se non altro, e non è una autocelebrazione, abbiamo avuto il merito di aver almeno tentato di creare un prodotto, sia per quanto riguarda Herbaria che per tuttoingioco. I nostri sforzi e i nostri tentativi sono stati quelli di creare almeno un prodotto, perché è difficile anche fare questo. Credo che entrambe le nostre manifestazioni abbiano dei contenuti interessanti proprio dal punto di vista del prodotto: catturano l’attenzione e sono intriganti per certi aspetti. È ovvio che possono essere migliorate, ma, se non altro, sono prodotti che possono in qualche maniera essere “venduti” e quindi aspirare ad avere un respiro nazionale. Ma per poter fare questo torno a dire che occorrono delle disponibilità finanziarie che non possiamo avere in modo così importante in questo momento. Sarebbe estremamente necessario ed utile avere al nostro fianco l’aiuto e il supporto delle amministrazioni locali, che con un piccolo supporto potrebbero darci la possibilità di arrivare a superare quel limite, il break even point, ovvero il punto oltre il quale potremmo avere dei ritorni a livello nazionale. Il massimo che riusciamo a fare è un intervento a livello regionale in termini di comunicazione ed abbiamo questo tipo di risposte; le nostre risposte sono al massimo regionali.
Un po’ dipende da questo provincialismo tipico dei marchigiani … non so … che le debbo dire, forse dipende anche dalla voglia di fare. È chiaro che le fondazioni, almeno la nostra, si affacciano in un territorio, che è quello del “fare”, che era normalmente occupato e presidiato integralmente dalle amministrazioni. È ovvio che un ente attivo come il nostro magari non è visto in maniera positiva da qualcuno. Viene percepito come “invadenza di campo”, mentre invece non si capisce che una struttura come la nostra potrebbe dare una grandissima mano, perché abbiamo un’elasticità dovuta proprio alla conformazione giuridica del nostro ente, che ci permette di agire con tanta velocità ed efficacia, fuori da tante pastoie che invece, al contrario, bloccano l’attività degli enti pubblici, loro malgrado.

B.Marche
Forse, in un’analisi storica, questo può essere stato vero. Alcuni degli aventi cui mi riferivo prima hanno un rilievo di carattere mondiale. Per dirle semplicemente la Mostra di Raffaello a Urbino ha avuto una caratura di tipo mondiale. In questo momento stiamo finanziando il Premio Internazionale di Giornalismo Press Howard. Quest’anno verrà premiato un  Premio Pulitzer non mi ricordo esattamente il nome … L’anno scorso abbiamo premiato Freeman Thomas L. con il suo libro “Caldo, piatto e affollato”. Un best seller anche nel settore della tutela ambientale. Non più tardi di dieci giorni fa siamo stati tutti ricevuti all’Ambasciata Americana alla presenza dei più importanti protagonisti mondiali del giornalismo. Abbiamo contatti con Berth Life, il più grosso network ambientalista, il cui Presidente è Carlo d’Inghilterra, che poi è anche uno dei soci dell’Accademia Raffaello di Urbino. Per il 2010 avevamo programmato di predisporre questo un premio Berth Life sull’ambiente, che sarà consegnato da Carlo d’Inghilterra a Sir Hattemborck, il primo che per la BBC ha fatto i documentari ambientalisti. Il prossimo anno si pensava alla Principessa del Giappone con un premio a uno scienziato giapponese. Tutti questi esempi mi sembrano eventi a respiro internazionale. Il CINFAI (Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Fisica delle Atmosfere e delle Idrosfere) che ha sede presso l’Università di Macerata, ha già realizzato un importante convegno mondiale sull’ambiente e sta progettando di creare un grosso centro di raccolta dati de tutti i siti UNESCO e dove comparirà Urbino e altre città del nostro territorio. A me sembra che tutto questo incominci ad avere un aspetto internazionale. Alcuni grossi nomi di famiglie marchigiane come per esempio Della Valle, Merloni, Guzzini, Scavolini, stanno sponsorizzando vari avvenimenti di tipo culturale. Noi purtroppo abbiamo contemporaneamente una fortuna e una sfortuna: quella di avere una ricchezza immensa e una straordinaria diversità d’iniziative culturali e artistiche. Noi non riusciamo a tutelare tutto il nostro patrimonio artistico perché ne abbiamo troppo. Dentro ogni casa abbiamo almeno un poeta, uno scrittore e un fotografo … in definitiva … siamo un paese di artisti. E allora diventa anche difficile riuscire a dare spazio a tutto, bisogna operare necessariamente delle scelte. Chi come me siede in un osservatorio un po’ privilegiato per questi eventi, deve ammettere che di prodotto interno ce n’è fin troppo: tutti i giorni mi arrivano dalle venti alle trenta richieste di sponsorizzazione su eventi artistici. La scelta non è facile, ne parlo un po’ anche con i miei e qui con i funzionari competenti e assieme guardiamo soprattutto quelle proposte che hanno un rilievo di ampio respiro coinvolgendo tutta la Regione. Anche se non possiamo sponsorizzare sempre la banda di paese, bisogna tenere in considerazione il fatto che, per esempio, la Nuova Orchestra Filarmonica Giovanile delle Marche è diretta da Giovanni Allevi. Poi ci sono alcune richieste di sponsorizzazione che riguardano ricorrenze particolari. Normalmente noi cerchiamo di evitare di sponsorizzare i personaggi ma come si fa a non sponsorizzare un Matteo Ricci, come si fa a non sponsorizzare nel 2012 i cinquecento anni del Barocci. Come si fa, quest’anno, a non sponsorizzare il Pergolesi? Ci sono alcuni eventi che in qualche maniera ci tirano dentro per i capelli, perché questi non hanno una rilevanza solo marchigiana, ma sono nomi che hanno uno spessore internazionale. Noi stiamo cercando di fare, secondo una buona prassi e tradizione, nei limiti del possibile, anche le piccole sponsorizzazioni. Questa “ricaduta a pioggia” stabilisce un buon tipo di rapporto nei confronti dell’istituto che eroga e dei soggetti che richiedono, anche se in realtà non è che sia folliera di chissà quale ritorno culturale perché purtroppo molte di queste manifestazioni rimangono fini a se stesse.

Carifermo
Quando si pensa alle province di Fermo e Macerata sicuramente una delle prime cose che vengono in mente è il distretto calzaturiero, un supporto fondamentale dell’economia fermana e marchigiana. Parlando di aziende, nell’ambito di una crescente competizione internazionale, il territorio è tornato ad essere un fattore di competitività. Lo stesso discorso può essere fatto per la cultura? Si sente spesso parlare di “distretto culturale”, non so tuttavia quanto possa essere facilmente realizzabile.


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VII DOMANDA


La vostra Banca/Fondazione che tipo di eventi sognerebbe di sponsorizzare, quelli che innalzino il grado di partecipazione dei cittadini ma con riscontri per Voi visibili solo a lungo termine, oppure manifestazioni di gran massa e di discutibile impatto culturale ma di soddisfacente e immediato ritorno economico per Voi?
Delle innumerevoli sponsorizzazioni, quale è quella che ritenete il vostro fiore all’occhiello anche se dal punto di vista dei ritorni non è stata soddisfacente?



B.P.Ancona
Come avrà compreso non puntiamo ai risultati immediati, come ripeto non misurabili e comunque non realizzabili; non che ci dispiaccia che ad esempio Tipicità venga visitata da 10 mila persone, o che lo Sferisterio strabocchi alle serate finali di Musicultura, o che quanto gioca una squadra che porta il nostro nome lo stadio sia pieno. Ma non è questo l’obiettivo primario; siamo convinti che i risultati vengano nel tempo, mano mano cioè che il territorio percepisce che se quel progetto è andato veramente bene un po’ di merito ce l’ha anche la banca;

F.Carima
Anche questa è una domanda che non gira nei confronti delle fondazioni. Noi non abbiamo la necessità di avere ritorni economici. La verità è che noi cerchiamo, nelle manifestazioni e nelle iniziative che facciamo, come le ho detto prima, di raggiungere il coinvolgimento di tante persone. Il nostro fare verso un obiettivo nazional-popolare è sicuramente vero. Andiamo alla ricerca di un coinvolgimento massimo da parte dei cittadini, ma come ho già detto non certo proponendo cose di basso livello, bensì cose che facciano sorridere ma pensare. Cerchiamo di offrire prodotti qualitativamente alti coinvolgendo più persone possibile. Non a caso, infatti, tutte le nostre iniziative sono gratuite. Non vorremmo mai fare cose elitarie, non è nel nostro dna. E per rispondere all’ultima parte della domanda, ovvero qual è la manifestazione che è stata più soddisfacente, sia tuttoingioco che Herbaria ci hanno dato entrambe delle soddisfazioni enormi, perché hanno avuto il pregio di riuscire al primo colpo. Il che vuol dire che il prodotto che si è realizzato è appetibile e ha colpito quella fascia di pubblico che noi volevamo raggiungere: la partecipazione di massa.
 
B.Marche
Sono certo che un interesse di ritorno economico immediato non lo si abbia in nessun tipo di sponsorizzazione, perché non siamo direttamente compartecipi, cioè non siamo soci delle manifestazione culturali. Nella nostra sponsorizzazione della mostra di Raffaello, i soggetti che hanno curato l’esposizione hanno avuto introiti maggiori rispetto alle spese effettivamente sostenute ma noi non abbiamo percepito nessun tipo di dividendo in questo senso. Se poi c’è un effetto indotto nel tempo che può essere quello di avvicinare l’immagine di Banca Marche alla clientela, io credo che questo non sia quantificabile. Nel momento in cui promuoviamo una squadra sportiva, e mettiamo il nome del nostro istituto insieme con quello di qualche grande o piccolo imprenditore delle Marche, non abbiamo un ritorno economico, anche nell’immediato.  Anche quando allo stadio compare la scritta di Banca Marche, a me interessa solamente che l’occhio dell’utente, l’occhio del nostro concittadino ci faccia l’abitudine. Mi spiego, un fratello di un ragazzo, una sorella, una madre, un padre, una famiglia che, all’interno della propria casa, dentro la stanza dei propri figli, vede sul letto una maglietta sporca con la scritta Banca Marche ha acquisito l’abitudine alla presenza di un “amico” all’interno di quella abitazione. Banca Marche non è un estraneo ma è un qualcuno che già è entrato in quell’ambiente attraverso un’attività che può essere meritoria o meno, ma che sicuramente è un qualcosa che rientra nell’ambito della famiglia. Non è un qualcuno che arriva per la prima volta. Così come credo che la banca sia mia, ma anche sua e di tutti noi, perché  Banca Marche è fatta da alcuni di noi, dai nostri amici, dagli amici dei nostri figli, cioè da una ragnatela, anche di amicizie, di parentela, di presenza sul luogo che fa sì che il territorio sia nel dna della stessa banca. Noi non veniamo da Berlino, che nessuno ci conosce. Siamo qui, siamo la gente del territorio, e faccio sponsorizzazione, non perché ci dobbiamo far conoscere, ma per raggiungere una certa familiarità e un certo grado capillarità nel territorio e fare assieme coesione sociale. Noi siamo soci di fatto nel ricercare una certa qualità della vita per il nostro benessere. La Banca deve essere interpretata come supporto sociale e non solo come un soggetto che eroga quattrini per poi riprenderseli. La banca è un disegnatore, che insieme agli imprenditori e alle famiglie delinea la geografia economica del territorio. La banca è un soggetto con cui si dialoga e non è un ente al quale si chiede solamente: è interattivo.

Carifermo

Guardando al nostro territorio, possiamo dire con franchezza che stiamo già sponsorizzando le iniziative alle quali volevamo legarci. Al contrario, ci spiacerebbe perdere alcune partership a fronte di sponsor o realtà nazionali che sarebbero disposte ad investire più di noi. Finora la nostra territorialità è stata premiata. Delle innumerevoli sponsorizzazioni è impossibile per noi citarne una su tutte. Come già detto ci piace legare il nostro nome a quello dei principali eventi che si svolgono sul territorio. Basti pensare alla Sutor Basket Montegranaro o al Gran Premio Capodarco, alla Cavalcata dell’Assunta di Fermo o alla Contesa del Secchio di Sant’Elpidio a Mare o ancora alle grandi stagioni teatrali, il Teatro dell’Aquila di Fermo su tutte.
Sul piano del ritorno invece cerchiamo di ottimizzare la nostra presenza a prescindere dall’entità dell’iniziativa. Ci è capitato ad esempio di avere importanti riscontri anche da piccole partecipazioni.

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VIII DOMANDA



Per quel mondo giovanile sempre ricco di idee ma molto scarso in denari, cosa suggerite nel caso volessero cimentarsi nella realizzazione di eventi o semplici luoghi del divertimento culturale, avete una linea privilegiata di partecipazioni finanziarie oppure anche per loro conta la lunga trafila fatta da molte attese e, purtroppo, scarsi successi?

B.P.Ancona
Ai giorni nostri le sfide che i giovani hanno davanti, nel lavoro come nella cultura, sono molto dure; il contesto è molto competitivo e non sempre i giovani trovano i giusti sostegni. Il suggerimento è quello di non lasciare mai nulla al caso: programmare, grande attenzione ai dettagli e al valore concreto che un progetto può generare per l’ambiente in cui si inserisce. Essere capaci di far comprendere e condividere la visione, il sogno, che anima quel progetto e non demordere di fronte ai no che si incontrano lungo il percorso.

F.Carima

Sono le banche che dovrebbero finanziare iniziative. Noi eroghiamo denaro per tutte le richieste che provengono dal nostro territorio. Se ci vengono presentate da gruppi di giovani e noi ne riconosciamo il valore e la valenza, le finanziamo. Gruppi di giovani organizzati, intendiamoci. Bisogna fare una precisazione infatti: noi non possiamo erogare denaro a soggetti privati e conseguentemente è sempre un ente, un’associazione, un’istituzione che soddisfi il vincolo territoriale che può presentare istanza e quindi richiesta di finanziamento.

B.Marche
Sono dell’avviso che, specialmente negli start-up dei giovani bastino le buone idee. Buone idee e giovani affidabili. Proprio alle nuove generazioni rilasciamo prestiti d’onore, dove la cessione di denaro è fatta sostanzialmente sulla fiducia e sul rapporto. Stavamo anche pensando di organizzare le cosiddette “cene” di Banca Marche, un momento e un’occasione dove giovani intraprendenti possano presentare i loro progetti con la possibilità di farne nascere qualcosa di positivo. Mi sembra questo un modo come un altro per offrire delle possibilità …. Ma non solo, adesso, con l’Expo 2010 abbiamo messo a disposizione dei prodotti finanziari, oltre che per agevolare i nostri imprenditori locali che vanno all’estero, per fa si che gli stranieri - i cinesi sostanzialmente- visitino il nostro territorio: quando arriveranno nella nostra Regione dovranno essere indirizzati a frequentare i nostri alberghi, invitati a girare con i nostri mezzi di strasporto e soprattutto dovranno essere spinti a guardare le nostre opere d’arte e divertirsi usufruendo dei nostri luoghi di divertimento. Perché, pur dirigendoci verso questo modo di pensare globale, l’operatività deve ricadere sul nostro territorio. E in questo senso, se ci sono iniziative culturali promosse dai giovani ben vengano. Io, ad esempio, e questo magari non c’entra proprio con la cultura, ho sempre avuto una grandissima passione per la cinofilia. Sovente ho organizzato delle mostre e qualche anno ho ottenuto delle sponsorizzazioni anche da Banca Marche, non perché fossi io, ma perché Banca Marche si interessa anche di settori come quello della cinofilia.

Carifermo
La prima cosa che facciamo quando incontriamo un ragazzo o una ragazza che ha bisogno di un finanziamento per l’associazione o l’ente che rappresenta è farlo o farla dialogare con il direttore della filiale a lui preferita. Non abbiamo linee di finanziamenti dedicati perché ci piace parlare con il cliente, ascoltarlo e capire le sue esigenze al fine di costruire intorno a lui una serie di servizi che possa rispondere ai suoi specifici bisogni.
Se invece viene richiesta una sponsorizzazione allora cerchiamo di rispondere celermente, compatibilmente con il numero, sempre crescente, delle richieste che arrivano.
Una nota positiva sul mondo giovanile è data dal fatto che spesso le richieste che vengono presentate denotano una professionalità maggiore rispetto alle altre e, nel corso della sponsorizzazione, un’alta serietà ed attenzione verso lo sponsor.


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Di sicuro le interessanti opinioni degli esperti finanziari daranno vita ad un dibattito fra operatori del settore finanziario e personaggi della Cultura, e noi saremo molto lieti di ospitare le loro opinioni in merito.



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