venerdì 15 ottobre 2010

Le risposte dell'Ing. Adolfo Marinangeli

Domanda 1)
«Il potere logora chi non ce l'ha.» Giulio Andreotti
E’ per questo che tutti vogliono candidarsi, per ottenere il potere per non logorarsi?
E voi come riuscite a capirlo?


Credo che quella di Giulio Andreotti sia stata una battuta di provocazione. “Il potere logora chi non ce l'ha”è un’affermazione abbastanza forte e servirebbe un discorso molto lungo.
Innanzitutto per come la vedo io la politica non è potere ma è una mediazione, è un risolvere i problemi. Per quanto mi riguarda, in questo ultimo anno, il “risolvere i problemi” mi ha logorato molto di più. E se uno la vive nella maniera che reputo giusta la politica logora chi la fa.
Sicuramente c’è anche chi la politica la fa con l’intento di ottenere un potere. Chi probabilmente non ha ricevuto nella propria vita certezze dalle cose che ha fatto. Se uno nella vita ha fatto cose di cui è rimasto soddisfatto, ha avuto soddisfazione, non le va certamente a cercare all’interno della politica. La politica è un’implementazione, è complementare alle cose che si stanno facendo, non è sostitutiva.
Se una persona è soddisfatta della propria attività e la svolge in pienezza, va a fare politica continuando quello che sta facendo e non sostituendolo ma cercando di portare il bene che ha fatto anche nella politica. Se poi io nella vita non avessi fatto niente e non riuscissi a fare niente è ovvio che vedrei la politica come potere e la utilizzerei per prendere potere su me stesso. Se uno ha avuto le proprie soddisfazioni, dalla politica che deve avere? Se si sente già soddisfatto, non chiede per se stesso.

Poi questa gente la si riconosce subito come si distinguono i colori di un oggetto. La si riconosce nei modi di fare, nei modi di comportarsi, in base a quello che va ricercando: finalità per se stessi per costruire il proprio castello di sabbia. La vedi che si affanna a costruire e come ogni castello di sabbia alla fine regge poco. È come quello che la fa sotto la neve e presto si scopre. Ma la neve quanto dura in ragione del freddo? ….prima o poi si scioglie. Se si costruisce un castello sulla sabbia … si ha poco futuro ….”venne il vento e venne l’acqua e lo spazzo via”….(nostro Signore).

Domanda 2)
Il candidato ideale lo si riesce a trovare setacciando tra la sabbia sperando di trovare la pepita d'oro, oppure è un lento lavoro di cesello fra il cercare il migliore ma dovendosi alla fine accontentare del meno peggio?


Trovare il candidato ideale comporta una lenta ricerca ed una scelta puntuale non accontentandosi del meno peggio. Molte volte la società è formata da una miriade di personalità ed è ovvio che vanno tutte rappresentate. Il candidato migliore è sicuramente l’ideale per ogn’uno di noi. Nel senso che il candidato deve essere certamente ideale. Ma bisogna capire quello che è il candidato ideale. Per ogn’uno di noi il candidato ideale è diverso. Per l’Idv è quello che ha bene evidente quella che è l’etica della politica, che vede la politica come servizio e non come occupazione del potere. Questo per noi è il candidato ideale. La persona che ragiona con la propria testa, che è disponibile al confronto ma che non abbandona i propri principi. Chiunque ragioni con la propria testa non rappresenta una minaccia per il nostro partito. Per noi la differenza è un valore, non è una perdita o un problema.
Non a caso sono stato uno di quelli che per primi nel 2009 hanno aperto il partito alla società civile: ho portato in lista alle provinciali quasi un 40% di gente che non era iscritta , che  non aveva mai partecipato ai convegni e ai nostri dibattiti. Qualcuno potrebbe pensare che la nostra scelta sia stata dettata dalla mancanza di tempo e di candidature. Niente affatto, è stata una mossa voluta. Sono andato intenzionalmente a scegliere dei candidati ideali sul territorio. Sono andato a prendere le persone migliori, le persone che, secondo il nostro parere, erano eticamente migliori. Ed è stato un grande successo quello di aver aperto il partito a gente nuova. Un anno dopo Di Pietro si è accorto che questa è la scelta giusta. Molte volte chiedere di entrare a persone che fanno una vita normale e che non fanno politica è una crescita per il partito. Ci guadagna il partito e non la persona che viene inserita. Altrimenti diventa un partito asfittico, un partito monolitico che ha un mono-pensiero. Il dialogo ed il dibattito è sempre un valore, in democrazia. Sempre.

Domanda 3)
Ci sono stati molti casi in cui i candidati una volta eletti cambiassero casacca, per evitare ciò non sarebbe giusto farli decadere automaticamente oppure le elezioni sono cose diverse dalle scelte dei partiti?


Questa è una risposta da mille punti.
Uno decide di candidarsi in un partito. Fa una scelta. Una scelta non solo di ideali, ma anche una scelta etica, di rappresentare quella idealità  -l’ideologia oggi non esiste più-, di rappresentare quel programma, di rappresentare quelle scelte e quei valori che vengono portati avanti da quel partito e non da altri. È ovvio che nel momento in cui tu diventi rappresentante di quel programma non puoi o non potresti o non dovresti abbandonare quel programma. Lì entra in gioco l’etica della persona. Se si è corretti è la stessa che dovrebbe dire “mi tiro indietro”. Questo nella sua generalità. Ma generalizzare è sempre sbagliato. Poi esistono situazioni che portano ad attività che configgono tra il candidato eletto e la struttura di partito. Il candidato che viene eletto si è proposto ed ha ottenuto dei voti perché l’elettorato lo ha scelto, ma non lo ha scelto solo per le idee o il partito che rappresenta ma anche per la sua stessa persona, per il carisma, per la serietà. Lì, diventa difficile dare una valutazione univoca. Molte volte c’è uno scontro tra gli uomini che compongono in quel momento il partito e la persona che è stata eletta che potrebbe non trovarsi nello stesso allineamento. Quando si verificano questi episodi non si può mai generalizzare, ma andrebbe sempre valutato caso a caso. Se io vengo eletto in una compagine è l’abbandono per passare dall’altra parte, dalla minoranza alla maggioranza e viceversa, è ovvio che si abbandona il programma elettorale ed è scontato che in quel momento mi dovrei dimettere. Altra cosa è se all’interno di una maggioranza o di una coalizione, per motivazioni interne, pur restando dentro e pur garantendo fiducia alla coalizione, resto come indipendente. In questo caso si tratterebbe solo di problematiche interne.
Però io distinguerei anche tra i vari tipi di elezioni, nominative, in cui si elegge la persona ed elezione partitiche dove si è nominati dal partito come avviene alle politiche. Nelle politiche il candidato è il rappresentate di quel partito e meno dell’elettorato.
Qualora si salta la coalizione si crea uno squilibrio elettorale perché si è portatori di una massa di voti che ti hanno riconosciuto gli elettori all’interno di un programma elettorale. Cambiando schieramento si dovrebbe chiedere agli stessi elettori che lo hanno votato in virtù di quello che sarebbe andato a rappresentare.
Nelle elezioni locali invece si vota la persona che si conosce e che si stima e molte volte la collocazione partitica rispetto alle politiche è molto più sfumata.

Domanda 4)
Quando iniziate a stilare la prima lista dei candidati e vedete in quanti vorrebbero concorrere per risultare eletti, il vostro pensiero è quello di orgoglio per l'entusiasmo che costoro emanano oppure vi chiedete attoniti come mai abbiano chiuso i manicomi visto l'alto numero di pazzi che circolano liberi di credersi statisti della politica???


Quando comincio a buttar giù la lista e vado a proporre i candidati che rappresentano il nostro programma sono assolutamente orgoglioso. E lo sono ancora di più se la nostra proposta viene accettata con entusiasmo. Poi è vero che molti ti chiedono di poter essere candidati, ma chiedere è lecito e rispondere è una cortesia, per cui lo stai a sentire con piacere e con un certo sorriso cerchi di convincerlo che forse non è il caso. Per essere candidati bisogna avere un minimo di spirito di servizio, avere la capacità di mettersi a disposizione delle presone, avere credibilità ed autorevolezza. E queste sono cose che si vedono immediatamente.

Domanda 5)
Una volta i candidati venivano scelti fra certe caste, oppure sorteggiati, altre volte era l'età o la professione che li faceva diventare eletti, al giorno d'oggi la democrazia impone una gara per consensi. Secondo lei, in un prossimo futuro che tipo di soluzioni si potrebbero adottare per cambiare il modello elettorale, un esame teorico-pratico in scienze politiche per chi volesse candidarsi oppure una specie di quiz televisivo per decretare il vincitore?...l'assurdo di eleggere candidati improponibili potrebbe ispirare certe degenerazioni?


Credo che il futuro sarà come il passato. I candidati oggi vanno scelti per la qualità e per l’autorevolezza.
C’è un aspetto non secondario che è poco accettabile. Molte volte, ed è questo il bello della democrazia, vince chi ha i consensi e non chi ha le idee. Su questo si potrebbe aprire un dibattito ma tra le due è giusto forse che vinca chi ha i consensi perché non c’è un’altra forma di selezione. La democrazia è questo. Qualcuno mi vorrebbe far credere che questa è un po’ la degenerazione della democrazia, cioè che quando la democrazia degenera valgono solo i numeri e poco le idee. Ma è difficile alla fine dare un giudizio su questo perché sarebbe come andare a giudicare gli elettori. Certo, rispetto i bombardamenti dei media, rispetto a certe armi “scorrette” che vengono utilizzate in politica questo dà da riflettere, ma alla fine contano solo i numeri. Se noi accettiamo questo dato, la democrazia è il 50+1% e quindi dobbiamo inchinarci agli elettori. Non vince il più bravo, quello che ha più idee e che farà sicuramente più cose con impegno e capacità. Vince quello più mediatico. Vince quello che è più conosciuto, quello che ha più voti. Ma avere più voti non significa necessariamente avere più capacità: non farei mai l’equazione voti uguale capacità.
Non consiglierei nessun esame e nessun quiz. La democrazia è una rappresentazione di consensi. La democrazia deve essere la ricerca dei consensi, altrimenti non esisterebbe perché se noi mettessimo una discriminante con la quale possa accedere a certi posti solo chi possiede determinate capacità culturali e tecnico-pratiche ne faremmo un governo non democratico. Anche perché molte volte la saggezza, e la saggezza contadina, non è sintomatica di cultura. Uno che ha fatto la quinta elementare potrebbe essere molto più bravo e capace di fare l’amministratore rispetto ad uno più istruito. Se politica significa servire gli altri, potrebbe essere più bravo uno che ha zero di cultura ma ha la grande dote della saggezza umana. Quella grande dote che lo porta a saper scegliere ed a saper dividere la parte buona da quella cattiva. Non sempre un titolo di studio equivale a saggezza e alla capacità di discernere il bene dal male.

Domanda 6)
Lei sente la responsabilità degli insuccessi dei candidati che ha incluso nelle liste elettorali oppure alla fine è come alle olimpiadi dove l'importante è partecipare?


Sì che la sento. Sempre, come una ferita. Ma non c’è mai un insuccesso quando ci si candida per un ideale e si ha piacere di farlo. In fin dei conti partecipare alle elezioni significa partecipare ad un gruppo. Noi per esempio in Provincia di Fermo abbiamo fatto un’esperienza sicuramente molto positiva, quella della costituzione di una squadra che lavorava ed operava insieme. Come in una squadra di calcio dove tutti gli 11 giocatori sono importati anche se alla fine uno solo va a segnare, ma è solo grazie a tutti gli altri 10 che hanno partecipato che si è potuto segnare. Questa è la cosa bella in un’elezione, la costituzione di un gruppo dove si vive, si lavora e si opera come una squadra. È ovvio che poi non ci si deve fermare il giorno dopo le elezioni. Il gruppo di lavoro deve continuare, la collaborazione deve essere mantenuta viva. Non deve essere occasionale, ma stabile e deve essere una scelta anche culturale, di stare insieme, di vivere insieme e di mettere a disposizione di ogn’uno le reciproche capacità.

Domanda 7)
Spesso il candidarsi è visto come la scorciatoia all'impegnarsi seriamente in un lavoro, ma per alcuni la politica è un vero e proprio lavoro. Lei consiglierebbe questo lavoro oppure indicherebbe altre occupazioni per essere più felici oppure meno oppressi dai problemi altrui?


Tutto dipende da come si vive la politica. Se la si vive come servizio, la politica non è un lavoro. Che poi ci sia questa devianza assolutamente sbagliata di vederla come un lavoro e come un rifugio al lavoro -io non ho un’occupazione e mi metto in politica e ne faccio oggetto per un lavoro- questa è una devianza, non la cosa giusta.
Non considerandola un lavoro non la posso certo indicare come una strada per essere felici. Poi se la politica la si fa per cercare di risolvere i problemi, perché ad un certo punto della tua vita vuoi impegnarti per essere di aiuto agli altri allora la consiglierei per essere un po’ più felici. Ritorno comunque a quello che dicevo prima, se uno nella propria vita personale e professionale ha avuto i suoi successi e le sue soddisfazioni, ce l’ha già la felicità e non la va a cercare in politica. Allora perché lo fa? Per mettersi a disposizione. La politica è come una missione, la si fa per sentirsi utili verso gli altri. Nel proprio lavoro ci si sente utili per se stessi e si diventa in un certo senso egoisti. Secondo me la politica è tutt’altro.
Se uno si vuole rendere utile ci sono moltissime altre cose da poter fare oltre la politica e chi fa volontariato non è meno di chi fa politica, sono allo stesso livello. Ci si mette sempre a disposizione dell’altro sia che si faccia il politico, il volontario, il missionario, oppure assistenza in generale.
Se la politica è fatta come servizio, al centro del servizio ci deve essere la gratuità. E sai qual è stato il primo atto fatto dall’amministrazione Cesetti? Togliere tutti i lussi della politica. Il primo atto è stato quello di ridurre lo stipendio. Abbiamo una sola auto e un solo autista a disposizione del Presidente e dei sei assessori. Non esistono prebende. Il rimborso spese degli assessori, chiamato stipendio, è stato radicalmente ridotto ed è il più basso in assoluto. L’assessore quando va fuori non ha nemmeno il rimborso dei pasti. Questo la gente non lo sa, ma è bene che si dica. Quando faccio una missione mi viene riconosciuto solo il rimborso del costo della benzina della mia macchina e se mi fermo a pranzo perché ho fatto tardi pago a mie spese perché non ho alcun rimborso dei pasti. Ma non me ne dolgo. È una scelta. Noi la politica l’abbiamo sempre vista come un servizio ed il servizio è gratuità. Allora non la posso consigliare come lavoro, ma come felicità, come soddisfazione di fare qualcosa per gli altri. Se la soddisfazione, il sentirsi utile, se il servizio è per te un atto importante che ha valore, allora questo valore non è monetario ma è personale, è filosofico, è sociale.

Domanda 8)
Se una persona volesse provare l'ebbrezza di vedere il proprio nome nella sua lista elettorale, che cosa dovrebbe fare e voi nel caso si presentassero di loro spontanea volontà, cercate di dissuaderli proponendogli solo problemi oppure cercate di non farli scappare raccontandogli solo le mille soluzioni?...e per le donne, servono anche truccatore ed estetista o bastano tempo libero e disponibilità a fare tardi la sera?


Bella domanda perché permette di incentivare le persone a candidarsi e sviluppa la voglia della gente di mettersi in gioco.
Se qualcuno volesse provare il nostro è un partito aperto. Non chiediamo il tesseramento, chiediamo solo che alcuni valori, per noi irrinunciabili, debbano essere sottoscritti. Innanzitutto quando ci si candida si dichiara che la propria fedina penale sia intatta. Quando mi sono candidato ho dovuto richiedere il certificato al casellario giudiziario per dimostrare di essere “pulito” dal punto di vista penale, poi ho sottoscritto un documento dei valori con il partito. Un documento etico che noi stessi abbiamo presentato e votato in assemblea elencando quali sono i requisiti per essere un candidato Italia dei Valori. Quindi il rispetto, la moralità,  l’etica, la correttezza negli atteggiamenti. Questi sono per noi valori irrinunciabili. Onorare quello che si è detto di fare per noi rappresenta un patto etico con gli elettori. Il non rispetto è motivo di esclusione. Per noi cambiare “casacca” equivale a ritirarsi, a dimettersi. Noi scriviamo che ci impegniamo a portare avanti il programma elettorale e le indicazioni  etico-morali che ci vengono date dal partito. Non rispettarle equivale ad essere fuori dal partito. Sei tu stesso che ti ci metti, non il partito. Se hai un minimo di correttezza devi dichiararti fuori, ma lo devi dire da solo.
A noi fa piacere trovare persone nuove. Per noi sono una ricchezza, sono una novità e vanno ad arricchire il nostro valore umano. Per le donne servono intelligenza, capacità, disponibilità al lavoro, impegno, serietà, etica morale....le stesse cose che servono per gli uomini. Non vedo diversità, una donna è come un uomo ed un uomo è come una donna. La differenza c’è solo per quello che si ha in mente, in base alla serietà e alla capacità con le quasi si affrontano i problemi, non al sesso. Ed in base ai voti che si portano. È ovvio, che se tu sei una persona introversa, che sta sempre chiusa in casa, che non si fa mai vedere, che non la conosce nessuno e che non ha rapporti con gli altri credo non si possa fare vita politica. La vita politica è stare in mezzo alla gente, rappresentare la gente. Se non riesci a vivere tra la gente come fai ad essere il rappresentante della gente? Non ha senso.

Domanda 9)
Candidare è un potere sublime oppure è una rottura di scatole, è il massimo dell’orgasmo politico oppure la solita minestra riscaldata?


È una rottura di scatole. Candidare e fare le liste è la cosa più difficile di questo mondo perché alla fine devi fare una scelta. E scegliere non è sempre semplice e non sempre si indovina. La scelta ti carica anche dei sicuri errori che farai. È una grande responsabilità ed un grande impegno. La scelta equivale a prendere posizioni e ti costringe a subire anche la parte negativa della scelta, cioè l’errore di valutazione, lo sbaglio, averci questo dolore e portarselo come ferita viva.


Pubbicato su...informazione.tv

(Proprietà letteraria riservata)

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