Laura Gioventù incontra Adolfo Marinangeli, Assessore al genio e protezione civile, informatizzazione, parchi, caccia e pesca, politiche comunitarie e per la montagna, decentramento e circondari della Provincia di Fermo.
Fermo, giovedì 20 maggio 2010
I suoi studi e i suoi titoli la definiscono un uomo di calcolo e di precisione, come sono del resto gli ingegneri, come si spiega una caratteristica come la sua con la politica, arte del compromesso perenne?
Si spiega perché non sono definito per nulla un uomo di calcolo. Come potrei dirle, sono un uomo difficile da capire. Le sembrerà strano, ma non sono un ingegnere secondo gli schemi e non rientro nei canoni nei quali siamo sommariamente inquadrati e definiti. Ho studiato ingegneria, ma sono un ingegnere del restauro perché ho frequentato un corso di restauro e risanamento edilizio. Sono uno dei primi ingegneri ad avere questa qualifica perché ho una forte propensione verso l’arte e il re-cupero di edifici storico-culturali. Mi considero un ibrido tra ingegnere e architetto e mi piace la po-litica proprio perché è l’intersezione tra il sogno e la realtà e che inevitabilmente approda nel compromesso. Quello che mi appassiona della politica è proprio il cercare di afferrare il sogno per trasformarlo in realtà. Quando, con la mia professione, entro in un cantiere, quello che mi entusiasma particolarmente è immaginare e studiare la maniera di rimettere a nuovo un edificio senza modifi-carlo eccessivamente, intervenendo il meno possibile.
Questo ovviamente rappresenta il sogno, consapevole del fatto che si dovranno necessariamente porre in atto delle lavorazioni che dovranno concretizzare il sogno per risanare lo stabile. Così come nel mio lavoro, il bello della politica sta proprio in questo incrocio tra sogno e realtà. Veramente, se nella politica togliessimo il sogno di fare bene, di creare un mondo migliore, di pensare che si pos-sano correggere le cose, di credere che questo sistema possa essere trasformato, che cosa resterebbe? Non avrebbe più senso…
Il suo partito ha nel suo interno la parola “valori”, secondo lei sono da intendersi come beni da cui si deve necessariamente ricavare un guadagno, oppure sono la “conditio sine qua non” per immaginare un futuro possibile per i giovani sia della nostra Regione sia del mondo intero?
Assolutamente sì. Sono tornato a fare politica dopo una pausa durata oltre quindici anni e sono rien-trato con uno slogan: un mondo migliore e un futuro migliore per i nostri figli, che poi è stato anche il motto per la campagna elettorale delle ultime regionali. Potrei ripetere un augurio, forse scontato, che mi ha lasciato mio padre - e qui ritorniamo all’ideale del sogno - dell’affrontare e vincere nuove sfide verso successivi traguardi, ovvero l’opportunità per la nostra società di avere davanti una prospettiva di crescita migliore. Nella realtà odierna si traduce nell’avere la certezza di un la-voro che ci possa mettere nella condizione di poter costruire una famiglia, di poter coltivare un hobby, di dedicarsi alle proprie passioni, di avere un’esistenza più tranquilla e serena. Quindi di a-vere una qualità della vita migliore. Non ho mai identificato la parola “valori” con il termine “beni”, assolutamente. Anche se il nostro maestro di politica Leoluca Orlando ci insegna che c’è un’etica anche nella convenienza. È un concetto un po’ strano da spiegare: molto spesso fare una cosa può essere conveniente, ma quando fare questa stessa cosa è anche eticamente corretto, non si fa altro che produrre uno sviluppo e di conseguenza creare opportunità anche per gli altri. Pertanto, c’è un’etica anche nella convenienza. Si parlava di compromessi: se questi portano alla realizzazione di un bene pubblico, anche se ha dato delle “convenienze”, l’opera è eticamente valida. La parola “valori” che sta nel nostro simbolo, rappresenta esclusivamente la ricerca di un futuro possibile per i nostri giovani.
Come mai ha fatto una pausa di oltre quindici anni nella politica?
Ho cominciato all’interno della Democrazia Cristiana. Ero molto giovane, forse troppo, pur avendo avuto delle grandi soddisfazioni sia in termini d’impegno che di risultato. All’inizio degli anni novanta, con la crisi della prima Repubblica, rimasi fortemente deluso dal comportamento del mio partito. Gli avvenimenti italiani di quel periodo mi hanno fatto capire che era giunto il tempo di mettersi fuori dal momento che non trovavo più quei valori e quella dignità della politica che mi davano la motivazione per continuare a programmare ed a fare.
Sono rientrato in gioco per incoraggiamento della mia stessa famiglia con la quale spessissimo ho aperto numerose discussioni. Ho quattro figli e i più grandi hanno iniziato a disapprovare i miei giudizi e le mie accuse contro il sistema pubblico sostengono che è troppo facile criticare standosene in casa ed è troppo facile dire che bisogna cambiare il mondo senza impegnarsi in prima persona, continuando a svolgere la propria professione, preoccupandosi esclusivamente del proprio orto e della propria famiglia. Per utilizzare un altro eufemismo, quando la casa va a fuoco, quando tutta la città s’incendia, ognuno deve buttare il proprio secchio. Ognuno, a suo modo, è chiamato a contri-buire. Proprio in conformità a queste considerazioni, mi sono nuovamente affacciato all’universo politico pensando fosse giusto tornare a impegnarsi in prima persona per consegnare un futuro mi-gliore ai nostri giovani.
Come molti giovani della nostra Regione, anche lei si trasferì a Roma per l’Università. Questa abitudine, secondo lei, continuerà per ragioni storico-ambientali, tanto è forte il legame che unisce Roma alle Marche, oppure ci sono le premesse perché la Regione Marche possa distac-carsi riuscendo ad avere un’Università organizzata al punto da non vedere i suoi ragazzi emi-grare per un titolo di laurea almeno “presentabile”?
Le università della nostra regione hanno già tutte le carte in regola e non sono da meno alle altre u-niversità italiane tanto che io ho frequentato l’università ad Ancona e solo negli ultimi anni mi sono trasferito a Roma. Questo perché in quell’anno si era appena istituito il corso di laurea in restauro e risanamento edilizio che m’interessava. Mi sono spostato solo per il semplice motivo che quello che cercavo si trovava solamente là e non perché pensassi che in una grande città avrei potuto ottenere una laurea diversa oppure migliore. Assolutamente no.
Di là di ogni campanilismo, i giovani dovrebbero frequentare l’università in Europa. Ne sono pie-namente convinto. È questa la carta vincente per la nuova generazione. Che poi farla sotto casa, a Camerino, a Macerata, ad Ancona - tutte ottime università - va bene comunque, poiché dire di farla in Europa significa seguire gli studi ad Ancona, ma con una mentalità europea, sapendo che si do-vranno eseguire stage europei, dove la stessa preparazione sia europea e superi i confini provinciali, oltrepassando quelli regionali e nazionali. Noi abbiamo bisogno di giovani che guardano all’Europa come alla loro nazione.
Ho un figlio che è voluto andare a studiare a Trento, nonostante io abbia tentato in ogni modo di trattenerlo qua, perché a Trento, più di ogni altro posto, ha trovato la facoltà d’informatica che sod-disfa le sue esigenze.
La precisione è aritmetica, mentre l’istinto è matematica: se dovesse scegliere una delle due materie come esempio per i nostri giovani, come spiegherebbe la materia, scartata alla luce della tradizionale intemperanza giovanile? Lei è stato un giovane “preciso” o uno “istintivo”?
Qui nasce l’equivoco della prima domanda. Sono un istintivo per natura, anche se può non sembrare così perché il mio modo di fare è quello di una persona molto precisa, attenta ai particolari, anche alle minuzie più piccole, concentrato sugli aspetti più elementari quasi con una precisione maniacale. Un perfezionista. Molte volte la mia istintività prende il sopravvento predominando sull'intelletto e la ragione. Come in politica, arte del compromesso tra il sogno e la realtà, tra l’aritmetica e la ma-tematica, scelgo entrambe in un connubio che possa far valere le specificità e le particolarità dell’uno e dell’altro aspetto. Questa è la complicazione del fare politica: la difficoltà di trovare un equilibrio tra l’essere istintivo - a volte lo sono davvero troppo e ogni volta faccio ammenda di correggermi – e l’essere preciso e razionale, aspetti diametralmente opposti.
Ma se dovesse scegliere, per i nostri giovani, istintivo o preciso?
Istintivo.
Istintivo due volte.
Perché chi sogna è un istintivo. La persona razionale non può sognare, è troppo ancorata a terra, è l’ingegnere calcolatore che deve computare l’equilibrio e la staticità degli edifici. Non può sognare perché non c’è sogno nel calcolo.
Ci deve spiegare la materia scartata, in questo caso la precisione.
Scarto la precisione perché io non la esigo nemmeno dai miei figli, perché capisco che la condizione stessa di essere giovani implica una natura più spontanea alla ricerca continua di esperienze nuove. Sono pieni di traguardi da raggiungere, in continuo movimento e in costante evoluzione. Hanno il fervore, l’impazienza, l’entusiasmo, lo slancio e forse anche quell’incoscienza che li rende pronti a mettersi in gioco in qualsiasi momento …. quello che anch’io vorrei fare, mettermi in gioco, sempre! Il dovere d’ingegnere, le responsabilità del mio ruolo e della mia professione mi chiamano ad assolvere i miei compiti con rigore scientifico ed ossessiva scrupolosità e non sempre mi è possibile. È una lotta incessante, anche in questa intervista, il mio animo è in conflitto perenne.
Quale potrebbe essere fra i suoi Assessorati di competenza quello che potrebbe darle le peggiori difficoltà e quello invece dal quale si aspetta grandi risultati di consensi e di soddisfazioni?
L’uomo politico, e quindi il mio lato razionale, mi porterebbe a rispondere con il solito: tutti! Ogni incarico ha la stessa importanza, non esiste un assessorato che potrebbe darmi delle difficoltà e sono qui per cercare di dare il meglio di me stesso! La mia onestà intellettuale mi costringe, però, a rico-noscere che ci sono degli argomenti nei quali non ho esperienza. È ovvio che le attività nelle quali penso di avere più consensi e soddisfazioni riguardano le materie e gli assessorati che più sono in linea con la mia professione. In primis, le politiche comunitarie, poi lavori pubblici, genio civile e protezione civile. Mi muovo con timore e circospezione nell’ambiente della caccia e pesca, argo-mento nel quale spesso mi sento di essere come il cerbiatto in mezzo ai cacciatori. Cerco di essere molto attento, studio gli argomenti, mi preparo, tento di imparare dai collaboratori vicini e soprat-tutto ascolto molto. Tra tutte le materie di mia competenza questa è quella dove incontro delle diffi-coltà, mi sento meno preparato e nella quale ho paura di azzardare di più. Contrariamente a quanto invece accade per le politiche per la montagna, vivendo ad Amandola, per me è uno stimolo e un piacere continuo affrontare e risolvere le problematiche della montagna.
Lei proviene da Amandola, nel Parco dei Sibillini, terra di favole e di leggende, ma anche terra di caccia. La difesa della bellezza e della salvaguardia della montagna come si concilia con la caccia, sport spesso portato ad esempio per distruzione e bracconaggio selvaggio?
Distruzione e bracconaggio rappresentano nella caccia un cattivo esempio, un’esasperazione tanto da non poter più parlare né di hobby, né di passatempo e quanto meno di sport. Il bracconaggio e la distruzione provocano un danno all’ambiente, sono una forma d’inciviltà che va combattuta e an-nullata con ogni mezzo. Malgrado quest’aspetto estremo, fortunatamente abbastanza isolato nelle nostre zone, c’è la necessità di rivedere completamente l’approccio nei confronti di chi invece esercita tali pratiche seriamente e rispettosamente.
Mi piacerebbe invitarla a fare una visita lungo il fiume Tenna dove sono stati eseguiti lavori di puli-zia del fiume, di sistemazione degli alvei, di rinaturalizzazione con esperimenti di ripopolamento con trote autoctone. L’ecosistema del corso d'acqua è monitorato sistematicamente da appassionati che volontariamente hanno messo a disposizione il loro tempo e i loro soldi per la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse ambientali. Sono state istallate delle telecamere a circuito chiuso per monitorare la vita del fiume e controllarlo costantemente per denunciare chi pratica l’attività della pesca in modo abusivo e illegale. C’è amore nei confronti del proprio hobby e pertanto c’è partecipazione alla difesa dell’habitat naturale. Sulla base di queste iniziative è evidente che non ha più senso parlare di consumo smodato e indisciplinato del territorio.
La situazione è analoga anche nella caccia. Nelle aree di ripopolamento si tenta di ristabilire la fauna originaria del luogo con il ripristino di allevamenti di selvaggina e con la collaborazione degli stessi agricoltori. Si tratta, infatti, di zone a zero impatto chimico, con divieto assoluto di utilizzo di sostanze chimiche per la coltivazione dei terreni.
Tutti questi interventi sono svolti in conformità a metodi scientifici che forniscono informazioni circa la percentuale numerica degli animali che vivono per chilometro quadrato in uno specifico ter-ritorio. Si compiono valutazioni, analisi statistiche e censimenti di tutta la cacciagione presente. Quando la densità di alcune specie supera le soglie previste, comincia il degrado del luogo. Sono gli stessi animali che iniziano a distruggere l’ambiente con conseguenze tragiche per l’intero sistema. Basta pensare all’enorme incremento dei cinghiali degli ultimi anni, arrivati fino alla costa.
La questione è molto complessa e certe posizioni approssimative del tipo “cacciatore uguale di-struttore” oppure “cacciatore uguale uomo contro la natura” non hanno più modo di esistere perché completamente superate nei fatti e vanno necessariamente riviste. Invito tutti gli ambientalisti a riguardare preconcetti e parallelismi di questo tipo.
Oggi il cacciatore è quello che protegge l’ambiente per salvaguardare la propria passione, è colui che ripopola il territorio. È un uomo che, per passione, cerca di tutelare l’ambiente trasformandosi lui stesso in un ecologista.
Le politiche comunitarie potrebbero aumentare l’ingresso della Provincia di Fermo nel circuito Europeo come distretto produttivo, oppure darebbero impulso a una nuova “conquista” da parte degli stranieri del nord Europa circa casali e borghi antichi com’è successo prima per la Toscana e poi per Umbria e alto Lazio?
Le politiche comunitarie rappresentano lo strumento essenziale per tentare di risolvere molti dei problemi economici che abbiamo. I Fondi Europei sono l’unica opportunità che ci è rimasta per rea-lizzare alcune infrastrutture che con gli stanziamenti nazionali non riusciremmo a realizzare. Quello delle politiche comunitarie è uno dei servizi che vanno assolutamente implementati all’interno della Provincia di Fermo, ma anche all’interno delle amministrazioni in genere. Ci stiamo organizzando prontamente in questo senso tanto che, in soli sette mesi, abbiamo presentato dodici progetti europei per oltre venti milioni di euro e ci stiamo impegnando per seguire tutti i fondi del POR (Programma Operativo Regionale), del PSR (Programmi di Sviluppo Rurale), e ora anche i fondi FARS di pros-sima uscita. In questo momento stiamo lavorando per utilizzare il Fondo Cultura 2007-2013 e ci siamo adoperati per impiegare i fondi messi a disposizione per l’integrazione dall’Europa. La Pro-vincia di Fermo ha sponsorizzato ben diciotto gemellaggi tra i Comuni fermani e i paesi europei. C’è un forte dinamismo nel servizio delle politiche comunitarie, ci crediamo fermamente e lo con-sideriamo un elemento essenziale per lo sviluppo.
Alcuni fondi sono utilizzati all’interno di un progetto di marketing territoriale molto ambizioso pre-sentato già a Bruxelles e valutato molto positivamente dalla commissione europea. Abbiamo formu-lato un’iniziativa che prevede un percorso turistico religioso denominato “Percorso della Sacra Spi-na” che promuove contemporaneamente bellezze naturali, contenitori storico culturali, castelli, chiese romaniche, incluse le molteplici strutture ricettive distribuite nel territorio con particolare attenzione agli agriturismi.
Successivamente abbiamo sviluppato dei progetti finalizzati all’innovazione tecnologica, quindi in-dirizzati al mondo produttivo, anche se le attività manifatturiere usufruiscono di altri tipi di finan-ziamenti regionali destinati a canali mirati che vanno al sostegno dell’occupazione, allo sviluppo di moderne economie e diretti ad incoraggiare la nascita delle nuove imprese.
Svilupperemo un bando rivolto a 150 laureati per stage formativi presso alcune imprese con l’obiettivo di facilitare l’incontro tra territorio, impresa e giovani laureati. Ci prepariamo a dare so-stegno alle occupazioni giovanili sull’onda di quello che già sta facendo l’Europa.
Per i giovani della nostra Provincia abbiamo predisposto due programmi europei rivolti all’occupazione giovanile ed in particolare a quella femminile. Sostanzialmente aiuti per la creazione di nuove imprese.
Sono previsti aiuti anche per associazioni tutte femminili?
Anche se la legge e le recenti normative vanno verso il mondo femminile, l’essere donna non deve essere una qualità. Il pregio del femminile è la capacità del femminile. Non ci deve essere il femmi-nile solo perché rappresenta il bello, ma perché è intelligenza, competenza e genio imprenditoriale. Solo in questo caso. Non ci si rende conto che si sta solamente arrecando un danno alla condizione femminile quando gli sono riservate specifiche condizioni a prescindere. Quando, per esempio, nella stesura delle liste elettorali, deve essere previsto obbligatoriamente un numero fisso di donne a pre-scindere, quando cioè devono essere riconosciuti dei posti senza tener conto della meritocrazia, ma solo perché si è donne.
Nella lista elettorale delle ultime regionali doveva essere osservata la presenza di due terzi di un sesso. Noi abbiamo deciso di inserire tre donne e due uomini, perché abbiamo trovato tre donne ca-paci rispetto agli uomini. Se una donna è capace, allora se lo merita. Se si assegnano le quote rosa, si crea solamente uno “steccato” per il quale s’inseriranno donne qualsiasi solo perché le dobbiamo mettere e poiché le dobbiamo mettere, ci inseriremo la “cretina” di turno. Ecco come la stessa legge si aggira con un inganno. Proprio perché la presenza femminile è tanto importante, deve essere va-lutata quanto quella dell’uomo. Che poi in questa società ci siano ancora discriminazioni tra i sessi è per una questione di retaggi culturali che ci trasciniamo dietro da secoli e che hanno tradizional-mente punito e penalizzato il genere femminile. Ancora oggi la donna ha molte più difficoltà dell’uomo a emergere. Questo va riconosciuto, nonostante io conosca molte più donne capaci che uomini.
… e dal momento che devono continuamente dimostrare quanto valgono, s’impegnano di più!
È proprio per questo, per il loro impegno e per il loro merito, che vanno premiate. Altrimenti si ri-schia solamente che la legge sia scavalcata con artifici che non vanno a favore dell’emancipazione femminile … anzi.
Ritornando alla domanda, l’arrivo d’Inglesi, Americani e Tedeschi nelle nostre zone sta ancora por-tando grandi economie rendendo possibile il recupero di molte aree rurali abbandonate e dimentica-te. È un fenomeno positivo e deve essere visto solo con grande interesse perché costituisce, al tempo stesso, un’importante forma d’integrazione con i nostri amici europei. Dopo la Toscana e l’Umbria, le Marche sono una delle mete più ambite dagli stranieri proprio perché le nostre terre presentano una bellezza architettonica, storico-culturale e paesaggistica senza eguali. Abbiamo saputo conservare gli habitat naturali con boschi e parchi invidiati da tutta l’Europa. Nello spazio di pochi chilometri, in un piccolo “fazzoletto” di terra, si concertano contemporaneamente monti, colline e mare. Una vera e propria bomboniera difficilmente replicabile, piena di gioielli d’arte, di teatri, di storia, di archeologia, di cultura.
Lei è anche Assessore al decentramento, è inteso come fatto puramente burocratico, oppure per decentramento si vuole intendere tutto ciò che possa allontanare le persone dalla cosa pubblica?
Decentramento significa portare le istituzioni il più vicino possibile al cittadino, e non allontanarlo.
Il decentramento non è un fatto burocratico, ma di servizio al cittadino ed è utile per avvicinare il cittadino alla cosa pubblica. Portare fuori dalle stanze protette della politica i servizi e condurli in ogni angolo dovrebbe essere un fatto obbligatorio. È un atto dovuto nei confronti dei cittadini. Oggi, anche la strumentazione informatica ci aiuta molto nel fornire un servizio capillare su tutto il territorio. Più si riesce a capire che il decentramento, quindi l’essere vicino alla gente, ci porta a far bene e più si scegliere meglio, perché si sceglie solo condividendo e partecipando alle opere. Altrimenti la reazione potrebbe essere quella di dire “non vado a votare” oppure “la cosa non m’interessa perché non è mia”. Si generano disinteresse e indifferenza nei confronti della politica, la si rifiuta perché si percepisce lontana, ovattata e distorta. Io mi trovo anni luce distante dalle stanze dei bottoni e mi sento comunque dire di fare politica anche per i miei interessi. Ma a questo punto, se io non incido, se non intervengo, se non sono chiamato nelle scelte, in definitiva che la faccio a fare la politica? Me ne resto tranquillamente fuori! Un po’ come la battuta dei miei figli quando mi dicevano di non essere autorizzato a criticare se ne restavo fuori, parlando comodamente seduto sul divano di casa mia. Allora sporcati le mani, ritorna nell’agone politico, probabilmente avendo mille delusioni e una sola soddisfazione. Fare politica significa stare nelle cose e interessarsi di tutte le cose. Altrimenti ci si allontana sempre di più.
Il ruolo del politico è quindi quello di un amministratore?
A me la politica è sempre piaciuta. È la mia passione. C’è chi ha la passione per il calcio e anche se piove o nevica va comunque a vedere la partita allo stadio. Io sono come uno di quelli cui, anche se piove e nevica, fa piacere sentire parlare di politica e vivere la politica. Essere amministratore signi-fica invece entrare in campo, partecipare attivamente, mettersi a disposizione della politica passando dal sogno di avere un mondo migliore, quindi muovendomi dalla matematica all’aritmetica, all’azione e all’operare scelte concrete, spesso anche difficili e con innumerevoli compromessi.
Le sembro forse troppo idealista e sognatore?
…. la trovo poco disincantato!
Dopo circa un anno dal suo insediamento, la Giunta Provinciale, a suo parere, ha risolto un problema territoriale distaccandosi da Ascoli, oppure è un’incognita ancora da decifrare per chi la volesse risolvere?
Il nostro Presidente e questa giunta provinciale hanno già risolto gran parte dei vecchi problemi. La Provincia di Fermo sta restituendo dignità e prestigio a questa terra e non costituisce in alcun modo un’incognita. Stiamo portando avanti ogni iniziativa con un piglio diverso e nuovo e con la soddi-sfazione e il piacere di sentirci parte di essa. Il Presidente, i miei colleghi ed io crediamo veramente che questa istituzione sia stata, è, e sarà, una grande opportunità per tutto il territorio.
Il recente terremoto in Abruzzo ha evidenziato molte cose negative e positive, secondo lei la nostra Protezione Civile Nazionale è all’avanguardia, come molti affermano, oppure anche lei è preda di bramosie di potere e di appalti economici molto sospetti?
Assolutamente no, la nostra protezione civile è all’avanguardia e un vanto per l’Italia intera per-ché investe principalmente sulla sicurezza e sulla prevenzione.
Proprio stamane, 20 maggio, ci siamo ritrovati presso l’Istituto Tecnico per Geometri di Fermo per iniziare un progetto pilota di micro zonizzazione sismica che coinvolge, per il momento, dodici Comuni della vallata dell’Aso. Invece di assegnare l’incarico a professionisti esterni, abbiamo scelto di farne un elemento culturale per i giovani, coinvolgendo in questo esperimento le classi quarte e quinte dell’istituto con la possibilità, per questi studenti, di conoscere una futura ipotesi di lavoro. Il progetto consiste nella mappatura dei centri storici. Una sorta di censimento degli edifici che ne verifica il rischio sismico e la loro pericolosità e sulla base del quale sarà stilato un piano provinciale di protezione civile. Ecco la forza della nostra protezione civile: non esiste solo in occa-sione dell’evento tragico, ma esiste ancor più in prevenzione dell’evento, nella formazione di una cultura alla prevenzione e nell’attenzione alla sicurezza. Viviamo in una zona sismica per natura, non possiamo prevedere eventi sismici e non possiamo avere nessuna incidenza nell’impedirli. Allora la migliore prevenzione è di insegnare alla gente come ci si può difendere attraverso costruzioni sicure e piani di evacuazione, imparando a conoscere le strutture labili degli edifici e a gestire il panico in situazioni di emergenza.
Che poi ci siano stati o ci possano essere stati degli scandali negli appalti, questo è l’aspetto nega-tivo della politica che è sempre in agguato e a cui i politici dovrebbero fare attenzione. Non tutte le persone che incontriamo sono limpide e sincere e dovremmo saper sempre discernere quella che è comunque la positività della gente. Gli scandali, in parte clamorosi, non potranno mai intaccare in al-cun modo quella che è la vitalità della nostra protezione civile.
intervista pubblicata su
Provincia di Fermo