sabato 10 marzo 2012

Poche idee ma confuse

Elezioni a Porto San Giorgio, 
poche idee ma confuse
di Laura Gioventù




Nel panorama elettorale di Porto San Giorgio assistiamo al proliferare di liste civiche e partiti che continuano ad affollare l’elenco dei pretendenti per il comando della città. Non si tratta tanto di condividere le difficoltà ed i problemi di Porto San Giorgio, quanto di una vera e propria fiera delle vanità politiche perché, al numero delle liste, non segue un conseguente numero di idee o proposte diverse da quelle tre o quattro che in pratica tutti vorrebbero cavalcare, come se la cosa importante sia la loro candidatura e non l’effettivo servizio che potrebbero dare alla città.

Questa malattia di protagonismo collettivo elettorale sta facendo diventare patetica la contesa stessa, e l’alto numero dei candidati lo testimonia, praticamente una carica di sconosciuti allo sbaraglio.

Io al contrario degli altri, ho sempre cercato di fare proposte, di sviluppare idee, magari alternative, per creare i presupposti di una vivacità dialettica che potesse dare vita ad un nuovo fermento culturale e turistico. Non ho mai cercato lo scontro né la polemica, proprio per evitare che il teatrino della politica non riducesse per reazione le mie proposte a banali tentativi di propaganda elettorale sterile e provocatoria. Per questo motivo, e per non alimentare una inutile e ulteriore confusione fra gli elettori e le liste in gara, confermo quanto dissi già tempo fa, e cioè che “Gioventù per San Giorgio” non era nata per la conquista del potere ma solo come soggetto elettorale, come strumento per sviluppare il dialogo e non per ridurlo a barzelletta, per tanto non è mia intenzione partecipare a questa inutile gara di candidature a confronto o di liste in contrasto fra loro, e lo faccio per rispetto sia verso chi andrà a votare, sia per un personale senso etico della partecipazione politica.

Per cui rassicuro tutti quelli che se lo stavano chiedendo che, “Gioventù per San Giorgio”, NON parteciperà come lista autonoma alle prossime elezioni, ma continuerà con le sue idee e con le sue proposte a dare il suo contributo, perché siamo convinti che le idee non abbiamo né confini né colore politico e che per essere tali non debbano subire i ricatti di una politica spesso cieca alle novità e pericolosamente inadeguata ai cambiamenti. Per cui, sono sempre più convinta che l’importante sia mettersi a disposizione della città, e non concorrere solo per raggiungere un personale potere politico. Ci dichiariamo comunque disponibili, con chiunque dovesse vincere le prossime elezioni - specialmente se a vincere o a decidere fossero le donne - nel caso volessero chiedere il nostro contributo, per la realizzazione delle nostre idee, ma anche per la progettazione di altre e magari migliori proposte o nuove manifestazioni, ma sempre per migliorare la vita sociale e umana di Porto San Giorgio.

Allo stesso tempo formuliamo l’invito, alle centinaia di persone che si sono lanciate verso un improbabile incarico amministrativo, di ripensare bene se la loro candidatura sia vera collaborazione o solo il solito quarto d’ora di pubblicità personale verso cui tendono e del quale non possono fare a meno.


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mercoledì 7 marzo 2012

Profumiamo la città

Profumiamo la città, 
fiori e non solo opere di bene
di Laura Gioventù



Kew gardens palm house of London


Si parla e si sparla troppo spesso di rispetto urbano, di arredo urbano, di urbanizzazione selvaggia e di urbanistica, come se un paese, anche piccolo come Porto San Giorgio, sia fatto solo dalle strade che lo compongono, spesso dissestate e prigioniere della loro stessa rete topografica. Poco o nulla invece viene destinato alla componente floreale della città e alla presenza e dislocazione di piante o arbusti, come se la loro distribuzione sul territorio sia lasciata al caso o peggio alle alterazioni climatiche.

Porto San Giorgio non brilla, né per luminarie stradali né per cromaticità edilizia, ma non possiede neppure un suo “profumo”, una sua “fragranza” aromatica che la distingua dal puzza delle macchine o dall’olezzo dei rifiuti, cioè non ha quella caratteristica olfattiva che ne determina un segno caratteriale e floreale sul quale poter sviluppare una promozione turistica, come invece avviene per altre località balneari o borghi antichi.
Ci sono piante che da sole riempiono l’aria circostante della loro fragranza, che addolciscono la visione dei palazzi con i loro meravigliosi colori, e ricordo a memoria il Gelsomino, oppure la Lavanda o la pianta di Mimosa, oltre tutto piante belle anche dal punto di vista estetico. Per non parlare della Salvia, del Rosmarino o delle Bouganville, belle e mediterranee.

Insomma, Porto San Giorgio non possiede questa ricchezza olfattiva, e neppure visiva, ma potrebbe averla, basterebbe solo dare spazio a questo tipo di piante per ingentilire l’aria e proporsi come meta turistica anche di percorsi olfattivi unici e meravigliosi. A questo scopo si potrebbe dare vita ad un concorso internazionale aperto a tutti i grandi architetti floreali e a tutti i più famosi esperti di profumi per la cosmesi per ridisegnare la mappa cittadina dei giardini o delle aiuole. E dare un nome agli spazi destinati alle piante profumate, per cui quartieri o solo strade della Lavanda, oppure del Gelsomino. E se poi proprio non sappiamo cosa farci con l’area Ex Grand’Hotel allora si potrebbe costruire una grande struttura in ferro battuto e vetro, simile ai bellissimi giardini d’inverno inglesi, per ricreare una serra con le più belle piante ornamentali del mondo. Un luogo di sicuro impatto architettonico e di nessuna controindicazione speculativa, oltre tutto la serra potrebbe diventare la sede di una scuola di alta specializzazione per arredatori floreali urbani, figura professionale sempre più ricercata sia dai privati sia da molte amministrazioni pubbliche.

Profumiamo la città usando le piante, e magari anche grazie a loro potremmo proporci meglio sul mercato del turismo moderno.

(Proprietà letteraria riservata)

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venerdì 17 febbraio 2012

Il baratto fra comuni e comunità


Il baratto fra comuni e comunità
di Laura Gioventù



Di recente una notizia di cattiva gestione dei beni comuni ha destato molta perplessità: nel capoluogo della Provincia Fermana, furono comprate delle macchine elettriche che, per ragioni varie, non sono mai state usate. In questa sede non staremo ad accusare o elogiare nessuno, ne chi le ha comprate con soldi pubblici ne chi ha scoperto il danno, ma l’episodio si presta ad una riflessione: può capitare, per incapacità o per altri scopi meno nobili del servire la cittadinanza, che comuni o giunte amministrative si ritrovino dei prodotti che non usano, per i quali si sono spesi dei soldi e si continuerà a dilapidarne altri non riuscendo ad usufruire del bene acquistato, chi le macchine elettriche, chi altri oggetti, ma sembra che tutte le amministrazioni siano alle prese con questi prodotti o servizi inutilizzati. Ma se guardiamo bene, il loro non utilizzo è relativo magari solo a quella determinata città, probabilmente lo stesso prodotto andrebbe benissimo per altre città che, di contro, hanno altro tipo di prodotti inutilizzati, per cui non dovrebbe essere difficile, e sarebbe anche una grande forma di risparmio e di non spreco, ipotizzare una sorta di “mercato” del baratto fra comuni e comunità. Se Fermo ha un certo numero di macchine elettriche che non sa o non può utilizzare, forse perché non riescono a fare le salite, le stesse macchine potrebbero servire moltissimo a Porto San Giorgio oppure a Pedaso, così come certi servizi di cui Porto San Giorgio o Porto Sant’Elpidio hanno in esubero potrebbero andare benissimo per Amandola o Montegiorgio. Insomma, se tutti i comuni della Provincia di Fermo organizzassero una specie di mercato del baratto, dei loro prodotti in esubero, si potrebbe attivare sia un risparmio generale, sia dare lavoro ai giovani per l’organizzazione di questo particolare mercato, utilizzandoli per censire i beni, verificarne le condizioni strutturali, per documentare le necessità altrui e per fornire servizi di appoggio per i comuni bisognosi di scambiarsi tali prodotti. Qualora non tutti i comuni fossero in grado di pagare con moneta contante ciò che prenderebbero, il baratto si attuerebbe fornendo l’elenco di possibili beni di scambio. Se per esempio Porto San Giorgio non avesse il denaro necessario per tutta la spesa delle macchine elettriche, organizzandosi bene, e quindi facendo lavorare i suoi albergatori (servizio che il comune di San Giorgio pagherebbe attraverso sgravi fiscali di vario genere), potrebbe fornire dei soggiorni e dei servizi turistici per l’amministrazione Fermana la quale potrebbe darli ai propri cittadini oppure girarli agli abitanti di altre città limitrofe che avessero dato o daranno i loro beni in eccesso alla città di Fermo.
L’idea del mercato del baratto fra comuni si realizza però solo se esiste la volontà degli amministratori di far risparmiare ai loro cittadini spese inutili, ma anche volendo creare una catena di solidarietà territoriale, che potrebbe diventare una vera e propria possibilità di lavoro onesto e decente per tantissimi ragazzi e ragazze della nostra Provincia (immaginatevi con il recente problema del maltempo quanti scambi si sarebbero potuti generare).

Porto San Giorgio, sia per geografia sia per storia potrebbe essere il sito ideale per realizzare una proposta come questa, e diventerebbe un significativo esempio nazionale di solidarietà amministrativa, perché una volta istituito il baratto del Fermano nulla vieta di estenderlo a livello regionale oppure nazionale, creando una sorta di marchio di riferimento che non esiste in nessun paese in Italia.

Diventare i primi realizzando una ipotesi del genere sarebbe un ottimo motivo di vanto umano e sociale e non solo semplice mercatino dell'usato.



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mercoledì 8 febbraio 2012

La neve un tot a palata?

La neve un tot a palata?
Di Laura Gioventù




Porto San Giorgio - la neve al porto turistico - 4 febbraio 2012


Sta montando una polemica sull’utilizzo dell’Esercito per liberare dalla morsa della neve i paesi e le città Marchigiane. Utilizzo non gratuito, ed è questa la novità rilevante. Per ogni componente dell’Esercito e per ogni mezzo usato c’è, come al supermercato, il prezzo con tanto di specifica se ci sia da aggiungere vitto e alloggio oppure no, chissà se l’IVA sia compresa oppure no? A noi questa sorpresa appare stupefacente, ma tenendo presente che siamo in regime di crisi, e che anche l’Esercito Italiano si deve autofinanziare, come se non bastassero i miliardi di euro che diamo noi tutti per tenerli in vita, ci sono due considerazione da fare in merito.
La prima è che con questo prezziario si è dato corso legale alla liberalizzazione dei servizi, tanto voluta dal primo ministro Monti, per cui l’Esercito, che ha mezzi e personale, si mette sul mercato, ma arrecando una concorrenza scorretta e sleale nei confronti di quei privati che volessero offrire lo stesso servizio sperando in un incasso adeguato, ma non avendo i mezzi già pagati dal contribuente, concorrenza che l’Esercito invece pratica avendo i mezzi già pagati dai cittadini per ben altri scopi e personale che costa tanti soldi per specializzarlo e farlo finire a spalare neve non ci sembra un ritorno economico allo stesso livello. L’altra anomalia sta nell’uso delle proprie risorse, per cui se oggi l’Esercito mette il listino prezzi per i suoi servizi, allo stesso tempo anche un qualsiasi Comune Italiano un domani potrebbe fare la stessa cosa, per cui: per manifestare il costo sarà di tot euro, per sfilare magari lo stesso tot scontato, ma il bello sarebbe far pagare allo Stato - giustamente a questo punto - l’affitto delle scuole usate come seggi elettorali. Perché dare gratis e con la conseguente chiusura  delle attività didattiche se poi, arrivata la neve, per liberare le strade si dovrebbe pagare l’Esercito? Per cui rispetto per tutti ma se alla prossima sfilata degli Alpini la città ospitante chiedesse, in cambio dell’uso delle piazze, un ritorno in denaro nessuno del ministero della Difesa si deve offendere, ma semmai dovrebbero pensare che una sfilata è una festa, mentre una nevicata è una disgrazia che colpisce cittadini inerti e spesso privi dei mezzi per superare la catastrofe.
Liberalizziamo pure, ma che sia una liberalizzazione equa e non un tot a palata.


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sabato 28 gennaio 2012

Adottiamo una strada

Adottiamo una strada 
per non mostrare una cartolina con i margini sfuocati.
di Laura Gioventù


Petrax.it


Dallo schermo quei due occhi ci chiedevano solo una cosa, adottami, anche a distanza ma adottami, non possiamo salvarci altrimenti, per cui adottaci. Finire la cena non fu facile. La mattina successiva, dovendo andare in centro a Porto San Giorgio, nel percorrere le strade ho rivisto quegl’occhi, ma stavolta non erano di bambina africana, stavolta non c’era una cena da finire, erano solo le strade della città che lanciavano lo stesso messaggio, adottami. Ci passiamo sempre, spesso distrattamente, e non parlo delle vie centrali soltanto, quelle piene dello shopping annoiato e isterico per offerte speciali, ma soprattutto di quelle strade ai bordi, di quelle strade a volte spente e senza motivo, di quelle strade a cui nessuno sembra tenere come si fa con i tanti bambini dei bordi del mondo. Sono le strade dove abitano gli altri e quasi mai noi stessi, come se non ci accorgessimo che anche la nostra strada è spesso ai bordi di qualcosa. Si parla spesso di degrado urbano, oppure di rispetto dell’ambiente, ma poi in concreto deleghiamo agli altri l’adozione di misure a salvaguardia, già l’adozione. Quando si parla di adozione non si spiega mai che, oltre ad essere un gesto carino, è anche e soprattutto una responsabilità, chi adotta un bambino e poi lo lascia morire di fame va in galera, non per la fame, ma per la mancata responsabilità nei suoi confronti. Per cui dalla prossima elezione, insieme alla scheda elettorale, ogni cittadino di Porto San Giorgio, dovrà indicare la strada che dovrà adottare, dovrà come assunzione di responsabilità singola che poi diventa collettiva, e ad essa, insieme agli altri che l’avessero indicata, dovrà dedicare parte del suo tempo libero, come in una banca del tempo libero, pensando anche ad una programmazione di rivalutazione urbana, e se serve anche pulirne i muri pieni di scritte offensive.

Se tutti adottassero una strada la nostra città non sarebbe così disgregata, le persone si sentirebbero parte di una vera collettività, rispetterebbero molto di più il lavoro degli altri, di quelli che adottano la strada dove egli vive, e lui adottando la strada dove vivono gli altri pretenderà la stessa cosa, il rispetto per il suo lavoro.
Adottiamo una strada non dovrà essere una imposizione, ma solo un gesto che, oltre i vari credi religiosi o politici, sia prima di tutto un gesto umano. Mettersi d’accordo sul posizionare una panchina, oppure abbellire una parte di parcheggio, dialogare con i pochi o tanti commercianti che vi operano, conoscere le persone che la abitano, magari anziane e forse bisognose solo di una parola cara o lo scambio di ricette culinarie, cose banali se dette così, ma dopo l’adozione sarebbero la norma, migliorerebbe la funzionalità urbana e perfino il nostro modo di intendere il mondo, e l’adozione darebbe vita ad altre adozioni, di altre forme o di altri luoghi, ma con la stessa dinamica umana.

Se ogni cittadino di Porto San Giorgio adottasse una strada della sua città non avremmo più zone ai margini, ma tutte strade al centro dell’interesse comune. Adottiamole queste strade invece di rivolgersi sempre verso l’alto ma senza risolvere mai le cose che insieme, e con soddisfazione, potremmo risolvere facendolo fra noi stessi.

Le strade della nostra città diventano cartoline per i ricordi dei bambini, non facciamo che siano cartoline con i margini sporchi e sfuocati.



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