Vuoi diventare la nuova Nicole Kidman?
Di Laura Gioventù
Giovedì sera.
Il solito Porto San Giorgio.
La solita passeggiatina serale su e giù per le vie del centro e per il lungomare.
La solita fila per la solita consumazione al solito chalet.
Che fai, che non fai, come butta e cominciamo con i soliti discorsi.
Tutto come al solito! Anche la noia è la stessa.
-Sabato scorso sono stata alla festa di compleanno di Sara. Te la ricordi, la mia amica milanese? È stata una serata indimenticabile. Balli scatenati e musica fino all’alba…-
Mi racconta tutta entusiasta la mia amica Chiara.
- … e dove l’hanno fatta?- Le domando per fare un po’ di conversazione.
-SULLO chalet. Devi assolutamente andare un sabato sera … bella gente, bella musica… un posto stupendo!-
Chiara è una fanatica delle discoteche ed è sempre molto informata sui locali più “cool” di tutta la riviera adriatica.
-L’hanno fatta sul tetto?… caspita, originale!!! … una festa sul tetto mi manca proprio! - Le dico in tono stupito.
-Sul tetto? No, ma che dici, come fanno a farla sul tetto? L’hanno fatta SULLO chalet … ma perché mi guardi in quel modo? Che cosa ho detto di tanto strano?-
Chiara rimane perplessa e non riesce a capire se è solo uno scherzo oppure faccio sul serio.
-Laura, non cominciare a fare la sofisticata come sempre …- Si intromette la mia amica Serena, tanto cara, ma sempre un po’ impicciona.
Sinceramente non ho voglia di stare troppo a discutere con chi non vuol sentire, ma con Chiara ci conosciamo poco così cerco di spiegarmi meglio:
-….per l’italiano c’è poco da fare, certe lacune te le porti dietro a vita! Ma potresti sempre farti regalare una grammatica italiana invece del solito cellulare o del solito paio di scarpe! … per il dialetto invece la vedo un po’ più facile!-
-Tu sei marchiSCIana come me ma non parli in dialetto. Come mai?- Aggiunge Chiara incuriosita.
-Io, più che marchigiana sono una “donzelletta che vien dalla campagna” … ma a parte questo particolare...è l’italiano la lingua ufficiale e non il marchiSCIano e se il buongiorno si vede dal mattino, parlare decentemente è il primo “biglietto da visita” per la vita e per il lavoro in generale, anche se, molto probabilmente l’inflessione marchigiana si sentirà sempre.- le spiego.
-Proprio vero! Laura hai perfettamente ragione, il nostro modo di parlare lascia molto a desiderare. E quando ci intervistano alla tv noi marchigiani facciamo sempre una pessima figura … le T che diventano D…poi le Z le S e le G la Bicicletta diventa la Vicicletta…la Birra che diventa la Virra….e poi le O che si trasformano in U come Lu portU… insomma non è fra i dialetti migliori!
E che cosa dovrei fare per correggermi?- Mi chiede Chiara, sempre più interessata all’argomento.
-Se ti interessa migliorare il modo di esprimerti c’è un mio amico che ti potrebbe aiutare.
Si chiama Alessandro Maranesi ed insieme ad altre persone tiene dei corsi di “educazione all’espressione” per adulti e bambini in collaborazione con il Gruppo Teatrale Cretarola, l'Assessorato alla Cultura del Comune di Porto Sant'Elpidio ed il Comitato di quartiere Cretarola .
Il corso permette, attraverso lezioni teorico-pratiche di dizione e fonetica ed esercizi di respirazione e per la voce, di acquisire un italiano corretto non solo nello stile, ma anche dal punto di vista del suono e dell'intonazione, al fine di togliere le cadenze tipiche del dialetto.-
-E chi lo frequenta?- seguita la mia amica.
-Il corso è utile a tutti coloro che hanno l'esigenza di relazionarsi in pubblico, per gli studenti e per chiunque voglia migliorare il proprio modo di esprimersi ma è anche un buon punto di partenza per chi vuole intraprendere una carriera artistica di attore, cantante, speaker o presentatore. Magari, non solo ti appassioni, ma scopri di avere talento e diventi la Anna Magnani dei giorni nostri ! Nella vita non si può mai sapere …- Le dico sorridendo.
-E come no?!?... diventerò una star famosa come Nicole Kidman… ma dai …!!!! Piuttosto, come funziona esattamente? Fammi capire bene …- continua la mia amica.
-I corsi si terranno presso il Centro Sociale Cretarola di Porto Sant'Elpidio (FM) ed inizieranno quasi sicuramente a metà ottobre. Comunque è prevista una riunione preventiva, senza impegno, dove verrà spiegato il programma e verrà fatta una lezione di prova per poter capire meglio di che si tratta e si ti interessa realmente.
In ogni caso, per maggiori informazioni anche su costi ed orati ti puoi rivolgere a questi numeri 339.88.01.659 e/o 328.42.18.192 oppure puoi contattarli via mail all’indirizzo gtcretarola@gmail.com o su facebook al link www.facebook.com/gtcretarola.
... .hai scritto tutto????-
Si è fatto tardi e mentre mi alzo per tornare a casa la “futura” Kidman mi ringrazia e dice:
-Sì sì, perfetto, ho segnato tutto! Grazie. Domani mattina li contatterò! Sono rimasti pochi giorni e mi devo sbrigare. Ora metto queste informazione anche nella bacheca sullo chalet.... cioè … no …. volevo dire … la bacheca DELLO chalet, scusami, ahahahaah …. -
pubblicato su... Seratiamo.it
giovedì 23 settembre 2010
CRONACA MARCHIsciANA.
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Provincia di Fermo
giovedì 9 settembre 2010
CRONACHE ACQUATICHE
Difendiamo l’acqua.
Di Laura Gioventù
Stirare, pulire, lavare, cucinare.
“C'è da fare, c'è da fare.
C'è sempre qualcosa da fare e da rifare
C'è da far da mangiare
C'è da mandare avanti la baracca
Aggiustare qualcosa che si spacca
La mattina c'è da riordinare il letto
E rimetter molti sogni nel cassetto
C'è da fare il bucato dove abbiamo sporcato
C'è sempre qualcosa da fare e tu lo sai …”
Lo so bene, lo so bene!
La canzone che mi ronza per la testa si sostituisce ad un pensiero fisso che mi disturba alquanto: c’è da fare che devo ancora lavare il mio piumone invernale!!!
È già, il piumone dell’Ikea è rimasto lì per tutta l’estate, in garage, chiuso in un grande sacco.Temo pure possa aver fatto la muffa. Non oso guardare dentro, magari esce fuori un pipistrello!
Ogni giorno ci sbatto davanti, ogni giorno mi dico “domani lo porterò a lavare”.
Domani.
È sempre domani che lo farò.
Domani che non è mai oggi.
Domani.
Ma oggi basta con questa storia, è giunta l’ora di farla finita con i rimandi all’infinito.
Oggi è domani cioè domani è oggi.
Vabbè, comunque sia, sta di fatto che mi decido, lo carico in macchina, e lo porto a lavare.
Ma non ho voglia di spendere molto e parlando con una mia amica sono venuta a sapere dell’esistenza di una lavanderia self service che lava e asciuga a basso prezzo dove spesso si serve anche lei.
Decido di provare.
Arrivo in un negozietto anonimo, lungo la Statale, con un’insegna ancora più sconosciuta.
È impressionante come io ci sia passata davanti migliaia di volte e non ci abbia mai fatto caso.
Entro trascinando dietro me il grande sacco con la speranza di trovare qualcuno che possa aiutarmi.
Dalle grandi vetrate sembrava non ci fosse nessuno, invece trovo un uomo che legge il giornale.
Saluto cordialmente e comincio a guardarmi intorno.
La lavanderia è molto semplice per non dire spartana. Da un lato ci sono tre enormi cubi di lamiera con un oblò sul davanti mentre nella parete opposta ci sono delle sedie in plastica bianche per sedersi durante l’attesa ed un tavolo, anch’esso in plastica bianca.
Mi avvicino alle macchine e cerco di capire come funzionano.
-Scusi, ho questo piumone da lavare. Non so proprio da che parte cominciare! Non sono molto pratica, come devo fare?-
Rivolgendomi al signore, che smette subito di leggere, si alza e si avvicina guardandomi con aria interrogativa.
-È molto semplice, non si preoccupi, le faccio vedere io. Innanzitutto servono delle monete … -
Comincia a spiegarmi ed è tutto talmente elementare che anche un bambino di sette anni saprebbe come cavarsela e mentre rifletto sulla mia imbranataggine il piumone è già nella macchina a lavare.
-Ha capito tutto? Come vede è facilissimo, pratico ed ecologico...-
-Perché ecologico? Non capisco, si spieghi … - Domando perplessa.
-Perché questi tipi di macchine non solo utilizzano detersivi totalmente biocompatibili ma consentono al tempo stesso un risparmio di acqua di oltre il 20% rispetto alle lavatrici tradizionali. Vede, l’acqua è un è un bene preziosissimo di vitale importanza. E’ un bene essenziale ed insostituibile per la vita di ogni essere vivente. Non va sprecata! Dopo averne sperperato per decenni abbiamo il dovere morale e civile di non abusarne!-
L’ardore di quelle parole, urgenti e forti mi prendono un po’ alla sprovvista ed improvvisamente domando:
-E’ molto che ha aperto questa lavanderia?-
-Guardi che io non sono il proprietario- risponde lui sorridendo.
-Mi scusi, sembra molto preparato su queste cose e l’avevo scambiata per il proprietario!-
Nel momento in cui lo dico non posso fare a meno di notare che è pure un bell’uomo. Alto, capelli sale e pepe ed aria da intellettuale.
-Sono solo un cliente abituale che viene sempre qui a lavare i suoi panni. Sono separato da cinque anni e come tutti gli uomini che vivono soli ho imparato anche a stirare le camice!-
Il sorriso scompare, torna a farsi serio e con voce preoccupata continua a parlare.
-Come molti, anche io non mi rendevo conto dell’importanza di questo bene fino a quando un giorno, causa lavori alle tubature comunali, sono rimasto quattro giorni senz’acqua.
Che cosa sono in fondo quattro giorni? Per me è stato come vivere in un incubo per il solo fatto di non potermi lavare. Avevo impegni di lavoro importanti, stavo fuori tutto il giorno, e la sera per farmi una doccia sono stato costretto a chiedere asilo presso parenti ed amici.
Senz’acqua non ci si può lavare, non si può fare il bucato, e non si possono annaffiare le piante. E la pasta? Nemmeno quella si può cucinare. Purtroppo però ci si rende conto della necessità e del valore dell’acqua solo nel momento in cui ci viene a mancare; quando la sua mancanza ti impedisce di fare anche le cose più elementari come bere oppure lavarsi i denti.
Dicono che la privatizzazione dell’acqua sia il futuro. Ma il resto del mondo sta tornando all’acqua pubblica.
Dicono che l’acqua privata è più economica di quella pubblica. Ma se guardiamo in Toscana, dove l’acqua è privata da 15 anni, le tariffe sono le più alte d’Italia.
Dicono che la privatizzazione dell’acqua migliorerà i servizi. Ma l’acqua pubblica va incontro ai bisogni dei cittadini mentre i privati inseguono solo profitti. Chi li obbligherà ad investire nelle infrastrutture?-
Il lavaggio sembra andare bene come il discorso che sta facendo.
Non oso interromperlo ma intanto mentre parla lo osservo attentamente. Dice tanto di saper stirare ma la camicia che indossa in effetti è tutta spiegazzata ... anche se pulitissima!
- Dicono che l’acqua rimarrà un bene fondamentale ed inalienabile. Ma che cosa impedirà ad un privato di togliere il servizio a chi non può pagare una bolletta? Si può restare una settimana senz’acqua?
Lei provi ad immaginare che cosa possa significare restare improvvisamente senz’acqua con un bambino piccolo in casa. Dobbiamo rifletterci. Dicono che con l’acqua privata non ci saranno discriminazioni. Ma un privato non avrà interesse a raggiungere zone isolate o difficili da collegare.
Dicono che aprendo al mercato privato la concorrenza migliorerà i servizi. Ma le grandi società francesi sono già pronte a spartirsi il bottino “Italia”. Altro che concorrenza!
Questo sarà il rischio che correremo se l’acqua verrà privatizzata.
Ti dicono di accettare tutto. Ci stanno incastrando, ma la cosa più triste è che nemmeno ce ne rendiamo conto. Abbiamo la responsabilità di lasciare un mondo migliore ai nostri figli e alle future generazioni per cui, come molti, ho deciso di firmare per il referendum contro la privatizzazione dell’acqua.-
Lui ha appena finito di lavare i suoi vestiti e se ne sta andando via.
Non ero certo preparata per discorsi di tale spessore e mai mi sarei immaginata di incontrare una persona così interessante e carina. Sono molto incuriosita. Forse per via dei suoi ragionamenti, oppure per la situazione in se e voglio assolutamente continuare a parlare con lui.
- Lei è stato molto gentile e trovo molto importante quello che dice. Poco più avanti ci dovrebbe essere un bar. Le posso offrire un caffè? Così potrò cambiare anche i soldi visto che non ho più monete per far asciugare il piumone.-
Alla fine il tizio ha accettato il mio caffè, ho lavato il mio piumone cavandomela con soli 14€ e mi sono pure divertita!
Non pensavo che gli uomini si interessassero di queste cose dimostrando una grande sensibilità per temi importanti come l’acqua pubblica.
Non pensavo che esistessero uomini diversi dai soliti mariti. Credevo fossero solo dei superficiali disinteressati.
Ma soprattutto non pensavo di riuscire a “rimorchiare” in una lavanderia a gettoni!
Mi rimane difficile però spiegare come sia possibile che un uomo del genere si sia separato. È lui il rompiscatole oppure è la moglie che non capisce niente? Probabilmente si sarà svegliato solo dopo che lei lo ha mollato! Forse la separazione migliora la percezione dei problemi, viceversa la non separazione lascia i maschi nella completa ignoranza, sia dei problemi sia dei bisogni delle donne.
Non lo so.
Comunque sia, prima di salutarci, gli domando come mai un uomo affascinante come lui sia solo e mi risponde che “I matrimoni sono come il latte, hanno la scadenza già impressa sul tappo anche se sembrano ancora freschi....”.
Non gli ho nemmeno chiesto di che cosa si occupi esattamente, ma ho come l’impressione che la sappia lunga su parecchie cose.
Sarebbe bello poter approfondire altre discussioni...
E chissà, magari ci rivedremo al prossimo lavaggio. Ma ritornerò solo nel caso in cui il servizio resterà pubblico perché nell’ipotesi di privatizzazione il costo per pulire il mio piumone raddoppierebbe!
Di Laura Gioventù
Stirare, pulire, lavare, cucinare.
“C'è da fare, c'è da fare.
C'è sempre qualcosa da fare e da rifare
C'è da far da mangiare
C'è da mandare avanti la baracca
Aggiustare qualcosa che si spacca
La mattina c'è da riordinare il letto
E rimetter molti sogni nel cassetto
C'è da fare il bucato dove abbiamo sporcato
C'è sempre qualcosa da fare e tu lo sai …”
Lo so bene, lo so bene!
La canzone che mi ronza per la testa si sostituisce ad un pensiero fisso che mi disturba alquanto: c’è da fare che devo ancora lavare il mio piumone invernale!!!
È già, il piumone dell’Ikea è rimasto lì per tutta l’estate, in garage, chiuso in un grande sacco.Temo pure possa aver fatto la muffa. Non oso guardare dentro, magari esce fuori un pipistrello!
Ogni giorno ci sbatto davanti, ogni giorno mi dico “domani lo porterò a lavare”.
Domani.
È sempre domani che lo farò.
Domani che non è mai oggi.
Domani.
Ma oggi basta con questa storia, è giunta l’ora di farla finita con i rimandi all’infinito.
Oggi è domani cioè domani è oggi.
Vabbè, comunque sia, sta di fatto che mi decido, lo carico in macchina, e lo porto a lavare.
Ma non ho voglia di spendere molto e parlando con una mia amica sono venuta a sapere dell’esistenza di una lavanderia self service che lava e asciuga a basso prezzo dove spesso si serve anche lei.
Decido di provare.
Arrivo in un negozietto anonimo, lungo la Statale, con un’insegna ancora più sconosciuta.
È impressionante come io ci sia passata davanti migliaia di volte e non ci abbia mai fatto caso.
Entro trascinando dietro me il grande sacco con la speranza di trovare qualcuno che possa aiutarmi.
Dalle grandi vetrate sembrava non ci fosse nessuno, invece trovo un uomo che legge il giornale.
Saluto cordialmente e comincio a guardarmi intorno.
La lavanderia è molto semplice per non dire spartana. Da un lato ci sono tre enormi cubi di lamiera con un oblò sul davanti mentre nella parete opposta ci sono delle sedie in plastica bianche per sedersi durante l’attesa ed un tavolo, anch’esso in plastica bianca.
Mi avvicino alle macchine e cerco di capire come funzionano.
-Scusi, ho questo piumone da lavare. Non so proprio da che parte cominciare! Non sono molto pratica, come devo fare?-
Rivolgendomi al signore, che smette subito di leggere, si alza e si avvicina guardandomi con aria interrogativa.
-È molto semplice, non si preoccupi, le faccio vedere io. Innanzitutto servono delle monete … -
Comincia a spiegarmi ed è tutto talmente elementare che anche un bambino di sette anni saprebbe come cavarsela e mentre rifletto sulla mia imbranataggine il piumone è già nella macchina a lavare.
-Ha capito tutto? Come vede è facilissimo, pratico ed ecologico...-
-Perché ecologico? Non capisco, si spieghi … - Domando perplessa.
-Perché questi tipi di macchine non solo utilizzano detersivi totalmente biocompatibili ma consentono al tempo stesso un risparmio di acqua di oltre il 20% rispetto alle lavatrici tradizionali. Vede, l’acqua è un è un bene preziosissimo di vitale importanza. E’ un bene essenziale ed insostituibile per la vita di ogni essere vivente. Non va sprecata! Dopo averne sperperato per decenni abbiamo il dovere morale e civile di non abusarne!-
L’ardore di quelle parole, urgenti e forti mi prendono un po’ alla sprovvista ed improvvisamente domando:
-E’ molto che ha aperto questa lavanderia?-
-Guardi che io non sono il proprietario- risponde lui sorridendo.
-Mi scusi, sembra molto preparato su queste cose e l’avevo scambiata per il proprietario!-
Nel momento in cui lo dico non posso fare a meno di notare che è pure un bell’uomo. Alto, capelli sale e pepe ed aria da intellettuale.
-Sono solo un cliente abituale che viene sempre qui a lavare i suoi panni. Sono separato da cinque anni e come tutti gli uomini che vivono soli ho imparato anche a stirare le camice!-
Il sorriso scompare, torna a farsi serio e con voce preoccupata continua a parlare.
-Come molti, anche io non mi rendevo conto dell’importanza di questo bene fino a quando un giorno, causa lavori alle tubature comunali, sono rimasto quattro giorni senz’acqua.
Che cosa sono in fondo quattro giorni? Per me è stato come vivere in un incubo per il solo fatto di non potermi lavare. Avevo impegni di lavoro importanti, stavo fuori tutto il giorno, e la sera per farmi una doccia sono stato costretto a chiedere asilo presso parenti ed amici.
Senz’acqua non ci si può lavare, non si può fare il bucato, e non si possono annaffiare le piante. E la pasta? Nemmeno quella si può cucinare. Purtroppo però ci si rende conto della necessità e del valore dell’acqua solo nel momento in cui ci viene a mancare; quando la sua mancanza ti impedisce di fare anche le cose più elementari come bere oppure lavarsi i denti.
Dicono che la privatizzazione dell’acqua sia il futuro. Ma il resto del mondo sta tornando all’acqua pubblica.
Dicono che l’acqua privata è più economica di quella pubblica. Ma se guardiamo in Toscana, dove l’acqua è privata da 15 anni, le tariffe sono le più alte d’Italia.
Dicono che la privatizzazione dell’acqua migliorerà i servizi. Ma l’acqua pubblica va incontro ai bisogni dei cittadini mentre i privati inseguono solo profitti. Chi li obbligherà ad investire nelle infrastrutture?-
Il lavaggio sembra andare bene come il discorso che sta facendo.
Non oso interromperlo ma intanto mentre parla lo osservo attentamente. Dice tanto di saper stirare ma la camicia che indossa in effetti è tutta spiegazzata ... anche se pulitissima!
- Dicono che l’acqua rimarrà un bene fondamentale ed inalienabile. Ma che cosa impedirà ad un privato di togliere il servizio a chi non può pagare una bolletta? Si può restare una settimana senz’acqua?
Lei provi ad immaginare che cosa possa significare restare improvvisamente senz’acqua con un bambino piccolo in casa. Dobbiamo rifletterci. Dicono che con l’acqua privata non ci saranno discriminazioni. Ma un privato non avrà interesse a raggiungere zone isolate o difficili da collegare.
Dicono che aprendo al mercato privato la concorrenza migliorerà i servizi. Ma le grandi società francesi sono già pronte a spartirsi il bottino “Italia”. Altro che concorrenza!
Questo sarà il rischio che correremo se l’acqua verrà privatizzata.
Ti dicono di accettare tutto. Ci stanno incastrando, ma la cosa più triste è che nemmeno ce ne rendiamo conto. Abbiamo la responsabilità di lasciare un mondo migliore ai nostri figli e alle future generazioni per cui, come molti, ho deciso di firmare per il referendum contro la privatizzazione dell’acqua.-
Lui ha appena finito di lavare i suoi vestiti e se ne sta andando via.
Non ero certo preparata per discorsi di tale spessore e mai mi sarei immaginata di incontrare una persona così interessante e carina. Sono molto incuriosita. Forse per via dei suoi ragionamenti, oppure per la situazione in se e voglio assolutamente continuare a parlare con lui.
- Lei è stato molto gentile e trovo molto importante quello che dice. Poco più avanti ci dovrebbe essere un bar. Le posso offrire un caffè? Così potrò cambiare anche i soldi visto che non ho più monete per far asciugare il piumone.-
Alla fine il tizio ha accettato il mio caffè, ho lavato il mio piumone cavandomela con soli 14€ e mi sono pure divertita!
Non pensavo che gli uomini si interessassero di queste cose dimostrando una grande sensibilità per temi importanti come l’acqua pubblica.
Non pensavo che esistessero uomini diversi dai soliti mariti. Credevo fossero solo dei superficiali disinteressati.
Ma soprattutto non pensavo di riuscire a “rimorchiare” in una lavanderia a gettoni!
Mi rimane difficile però spiegare come sia possibile che un uomo del genere si sia separato. È lui il rompiscatole oppure è la moglie che non capisce niente? Probabilmente si sarà svegliato solo dopo che lei lo ha mollato! Forse la separazione migliora la percezione dei problemi, viceversa la non separazione lascia i maschi nella completa ignoranza, sia dei problemi sia dei bisogni delle donne.
Non lo so.
Comunque sia, prima di salutarci, gli domando come mai un uomo affascinante come lui sia solo e mi risponde che “I matrimoni sono come il latte, hanno la scadenza già impressa sul tappo anche se sembrano ancora freschi....”.
Non gli ho nemmeno chiesto di che cosa si occupi esattamente, ma ho come l’impressione che la sappia lunga su parecchie cose.
Sarebbe bello poter approfondire altre discussioni...
E chissà, magari ci rivedremo al prossimo lavaggio. Ma ritornerò solo nel caso in cui il servizio resterà pubblico perché nell’ipotesi di privatizzazione il costo per pulire il mio piumone raddoppierebbe!
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mercoledì 1 settembre 2010
CRONACHE DI UN’ASSOCIAZIONE ANNUNCIATA
Il sabato dei ritardi.
Di Laura Gioventù
È sabato.
Sabato pomeriggio.
Il solito sabato del villaggio.
Del solito villaggio.
Il sabato di quattro amiche, donne, mogli e mamme che si ritrovano per il caffè, al solito bar, per le solite chiacchiere, nel solito villaggio.
Un villaggio chiamato Porto San Giorgio.
Sì, un villaggio, -non potrebbe essere definito altrimenti, perché non è grande nemmeno quanto un quartiere di Roma- dove si vive “tanto bene” con le case tutte nane!
Al solito, tra gli impegni di una o di un’altra è difficile organizzarsi ma, al solito, ci riusciamo sempre.
Al solito dovremmo essere in quattro. Questa volta siamo io, Lucia, Caterina ed Elisa…ma Elisa dov’è?
Elisa come al solito ancora non si vede. Lei è sempre in ritardo! Riesce persino a fare peggio di me, ma ogni volta, come al solito, si salva con una scusa sempre nuova. Chissà che cosa s’inventerà questa volta.
Ma eccola, eccola che arriva, Elisa. Impossibile non notarla.
-ragazze, avete già ordinato?-
Esordisce mentre si mette subito seduta. È sempre un po’ agitata. Oggi più del solito. Lo si percepisce nel tono della voce, alto e veloce con punte di acuti assordanti, ma anche nel modo di camminare.
Anche lo sguardo è irrequieto. Gli occhi grandi, che trucca sempre molto, ora guardano in alto, poi in basso e si distraggono spesso come a voler tenere tutto sotto controllo, sempre e comunque.
-Sei in ritardo di mezz’ora! Si può sapere questa volta che hai da dire a tua discolpa? E non mettere in mezzo tuo marito, perché questa è una scusa che non regge più! Inventane un’altra!-
Le dice Lucia ironizzandoci su, ma lei precisa.
- Il ritardo non è di mezz’ora ma di due mesi e mezzi … giorno più giorno meno …-
A quel punto tutte noi ci sentimmo contente per lei, e non mancammo di dirglielo con la solita appendice gossippara.
-Ma è una notizia fantastica che ci coglie di sorpresa! Che bello … tanti auguri!! ... come la Nannini, del resto è la tua cantante preferita.-
-… auguri un par di palle! …ed io non sono la Nannini!!-
-Elisa, ma che dici?-
Immediatamente è il silenzio!
-Ragazze, non mi guardate con quelle facce, avete capito benissimo!
Fare un figlio in queste situazioni è una fregatura.
Non ne ero sicura, speravo di sbagliarmi, pregavo e scongiuravo che non fosse vero.
Poi ho fatto il test.
Sono in attesa di un altro figlio.
Non so che fare. Non me l’aspettavo, non era previsto e neppure lo avevamo programmato!
Ed ora che farò con il mio lavoro?-
-Adesso che c’entra il lavoro con il figlio?-
Elisa si fa immediatamente seria ed ha gli occhi piedi di lacrime. La guardiamo ammutolite mentre continua a parlare.
-Al lavoro in passato ho creduto fino in fondo. Volevo essere intraprendente e piena di iniziativa, e mi sono ritrovata peggio di una stacanovista. Producevo, producevo senza sapere nemmeno che cosa stessi facendo. E più mi chiedevano più davo. Sempre, senza riserve e senza limiti! E come se non bastasse spesso mi portavo anche il lavoro a casa. Pensate quanto siamo fesse! Credevo che prima o poi mi avrebbero fatto fare qualcosa di più interessante. Ero addirittura convinta di fare carriera. Pensate un po’! Naturalmente pensavo male!
Solo dopo essermi sposata ho capito che qualche cosa non funzionasse. E l’ho capito esattamente dopo la nascita di mia figlia. Carriera finita, orari impossibili, proposte improbabili e condizioni assurde. Mi sentivo davvero sfruttata. Mi hanno anche detto "Se non fai quello che dico io, te ne stai a casa a fare la mamma!” oppure frasi come “Troppo tempo sprecato dietro i figli”. Perché, secondo loro, quel tempo lo avrei dovuto dedicare solo al lavoro. E' come se avere dei figli significasse in qualche modo essere monche, limitate, impedite.
A quel punto ho focalizzato il vero problema.
Ho capito che una donna sposata e con i figli non ha scampo, o si licenzia oppure accetta qualsiasi ricatto.
E non parliamo di carriere, quelle finiscono appena ci si sposa!
Io che cosa ho fatto? Ho resistito! Credevo che non fosse possibile accettare un licenziamento, ma alla fine hanno vinto loro. Ci sono riusciti. Alla fine lo hanno fatto. Mi hanno licenziata!
E sapete la cosa buffa qual è? Che al danno si è aggiunta la beffa!
A licenziarmi è stata una donna.
Sì, avete capito bene!
Una donna, una donna sposata, una donna con i figli, come me, come te, come noi.
Una donna che voleva far vedere all’azienda quanto lei fosse ligia alle regole.
Vi ricordate quella famosa canzone di VECCHIONI “SRONZA come un uomo”?
Ecco,esattamente così, una STRONZA!
Dopo che cosa è successo?
Ho dovuto fare la mamma.
Ovviamente la mia carriera è finita.
Ovviamente sono stata dipendente economicamente in tutto da mio marito.
Ovviamente sono andata in depressione.
Poi, dopo anni, ho deciso di ricominciare a vivere. Mi sono messa sul mercato del lavoro ma, con un marito e con una figlia sulle spalle se non accetti quei lavori saltuari e precari che ti propongono sei fuori dal mercato!
Da qualche mese ne ho trovato uno “decente”. Non mi piace ma me lo faccio piacere per forza.
Questo lavoro “decente” termina tra tre mesi per un altro eventuale rinnovo. Ma tra tre mesi sarò già entrata nel quinto mese di gravidanza e a quel punto nessuno mi rinnoverà più nulla.
Adesso avete capito perché è una fregatura?
Per non parlare poi di tutte le spese relative alla gravidanza e al dopo che si dovrà accollare mio marito. E sinceramente non so come faremo ad arrivare alla fine del mese.
Se porterò avanti la gravidanza diventerò mamma per la seconda volta. Bello, ma se non la porterò a termine continuerò ad essere una persona normale con la sua dignità lavorativa ed umana.-
A quel punto Lucia mugugna un commento e lo fa come se parlasse a se stessa. Come se si dicesse una verità che si era sempre evitata di confessarsi.
- Io invece ho mollato tutto, non ce l’ho fatta. All’inizio ho chiesto il part-time ma non me lo hanno concesso. Mi sono sentita dire “la porta è quella, se non ti sta bene te ne vai!” Sono stata costretta a scegliere e non ce l’ho fatta. Ho lasciato il lavoro e una carriera promettente e sono tornata a casa per i figli. Una donna di casa, ma fino a quando? Presto i figli cresceranno, e dopo? Ho fatto della famiglia l’unica mia ragione di vita.
Solo questo. Mi rimane solo questo…
Forse alla lunga anche io sarò una di quelle mogli cornificate dai soliti mariti che con la scusa di mantenere la famiglia li vedi uscire di casa al mattino tutti lindi e pinti e li vedi rientrare la sera tardi senza sapere minimamente che cosa hanno fatto delle loro giornate. Del resto loro non hanno sacrificato la loro vita, il loro lavoro, la loro carriera. Siamo noi donne che facciamo tutto ciò. A questo punto vi chiedo se facciamo bene, perché è tanto tempo che ho molti dubbi su questa storia.-
Cala una strana atmosfera sulle nostre teste.
“Ognuna in fondo persa dentro i fatti suoi!” Come quella famosa canzone di Vasco Rossi che tutti cantiamo, vedo Elisa e Lucia che guardano punti indefiniti nello spazio.
Ognuna persa dentro i fatti suoi.
Ognuna persa dentro i problemi suoi.
Ognuna persa dentro i pensieri suoi.
Ognuna persa dentro un universo femminile sempre uguale dappertutto.
Anche Caterina, anche lei sembra essersi persa. Anche lei, che non ha detto una sola parola, fissa su un punto indefinito del cielo.
Io ero lì, davanti a loro, e mentre le guardavo riflettevo.
Il problema esiste, ma non basta parlarne.
Forse è il momento che noi donne cominciamo ad organizzarci ed ha trovare soluzioni concrete altrimenti non arriveremo da nessuna parte.
Basta con le chiacchiere, basta con le sterili lamentele.
Non dovremmo permettere alla paura di fermarci, ma di spingerci ad andare avanti.
Superiamo l’individualismo e cerchiamo concretamente di venir fuori dalla palude.
Usiamo tutta la nostra capacità e le nostre mille risorse per reagire e metterci di nuovo in gioco!
Non ci lasciamo scoraggiare da un sistema ancora troppo maschilista.
Siamo sempre così impegnate nel vedere le altre donne come delle rivali.
Smettiamola! Anche questo ci penalizza.
Osserviamo invece i comportamenti solidali che l’altro sesso adotta con i propri simili.
Facciamo come fanno i maschi, che non mantengono la rabbia ma la stessa solidarietà di quando vanno a giocare a calcetto.
Annulliamo le diffidenze, le invidie e le rivalità e mettiamoci insieme, l’unione fa la DONNA.
Cara Elisa,
Care Amiche,
Care Donne,
Recentemente, come molte di noi, mi sono trovata nella condizione di cercarmi un lavoro, sia per ragioni economiche sia per ragioni puramente organizzative.
Senza un lavoro le giornate sono lunghe e si rischia spesso la depressione della casalinga. Durante la ricerca mi sono imbattuta nelle situazioni che tutte noi conosciamo bene: false promesse, ipotetiche assunzioni e anche proposte che nella realtà generalmente definiamo indecenti.
Ma la cosa che più mi ha fatto pensare è stata la paura che una donna alla ricerca di lavoro possa anche decidere di diventare madre e solo questo pensiero terrorizza i sedicenti datori di lavoro, maschi e femmine fa lo stesso, circa l'impossibilità di poter lavorare solo perché si voglia procreare.
Per mantenermi comunque impiegata e non volendo accettare la routine delle vane attese, ho iniziato a tenermi occupata facendo cose che prima non ritenevo possibili come collaborare con alcuni siti informatici con spiccate finalità giornalistiche e promozionali dando vita a delle interviste con personaggi politici e non della nostra Provincia e della nostra Regione. Ve lo confesso, ero spaventata, solo l'idea di formulare delle domande per poi pubblicarle su un sito mi metteva timore. Poi, come spesso accade, la cosa inizia a piacerci, affinando, intervista dopo intervista, il "mestiere" di intervistatrice. In questi contatti, che definisco "di lavoro", è emersa da parte di tutte queste persone, casualmente tutti maschi, il consiglio-invito di dar vita ad un’organizzazione che possa porsi come ausilio per ciò che riguarda l'ideazione e la realizzazione di eventi culturali. In sostanza un'Associazione Culturale con scopi e finalità definiti come da statuto ma con una caratteristica particolare: la possibilità che si dia vita ad una Associazione Culturale formata, almeno inizialmente, solo da donne, senza quella negatività che spesso siamo così brave a mettere in atto verso le nostre simili, dimostrando, che se volessimo, saremmo le migliori complici di noi stesse.
A mio avviso ci sono sia le premesse sia la possibilità di realizzare un'iniziativa del genere per la totale assenza di un’ Associazione similare con pari finalità ed identici scopi nel nostro territorio, ma anche perché c'è l’assoluta mancanza di una spinta ideativo-realizzativa relativamente gli eventi realizzabili in questa zona che venga direttamente dalle donne e dal loro mondo, e la presenza di manifestazioni generali alle quali manca quella componente femminile così determinante per il successo delle iniziative stesse.
Non solo dalle interviste, ma anche dalle conversazioni che ho avuto con tutta questa gente, sono più che certa che un'iniziativa del genere possa riscuotere un successo collettivo e allo stesso tempo riempire un vuoto sociale di cui la nostra Provincia e la nostra Regione non possono fare a meno offrendo altresì l'enorme opportunità di creare posti di lavoro, specialmente per le donne, ma non solo per loro, tramite la collaborazione tra la futura Associazione Culturale, che vorrei chiamare "Accento", e gli Enti Pubblici locali, ma anche con quelle aziende regionali che sono il nostro vanto produttivo a livello mondiale.
Spero che queste poche righe non ti abbiano annoiato ma incuriosito e mi piacerebbe che tu facessi parte di questa Associazione Culturale già dalla sua fondazione.
Laura
Di Laura Gioventù
È sabato.
Sabato pomeriggio.
Il solito sabato del villaggio.
Del solito villaggio.
Il sabato di quattro amiche, donne, mogli e mamme che si ritrovano per il caffè, al solito bar, per le solite chiacchiere, nel solito villaggio.
Un villaggio chiamato Porto San Giorgio.
Sì, un villaggio, -non potrebbe essere definito altrimenti, perché non è grande nemmeno quanto un quartiere di Roma- dove si vive “tanto bene” con le case tutte nane!
Al solito, tra gli impegni di una o di un’altra è difficile organizzarsi ma, al solito, ci riusciamo sempre.
Al solito dovremmo essere in quattro. Questa volta siamo io, Lucia, Caterina ed Elisa…ma Elisa dov’è?
Elisa come al solito ancora non si vede. Lei è sempre in ritardo! Riesce persino a fare peggio di me, ma ogni volta, come al solito, si salva con una scusa sempre nuova. Chissà che cosa s’inventerà questa volta.
Ma eccola, eccola che arriva, Elisa. Impossibile non notarla.
-ragazze, avete già ordinato?-
Esordisce mentre si mette subito seduta. È sempre un po’ agitata. Oggi più del solito. Lo si percepisce nel tono della voce, alto e veloce con punte di acuti assordanti, ma anche nel modo di camminare.
Anche lo sguardo è irrequieto. Gli occhi grandi, che trucca sempre molto, ora guardano in alto, poi in basso e si distraggono spesso come a voler tenere tutto sotto controllo, sempre e comunque.
-Sei in ritardo di mezz’ora! Si può sapere questa volta che hai da dire a tua discolpa? E non mettere in mezzo tuo marito, perché questa è una scusa che non regge più! Inventane un’altra!-
Le dice Lucia ironizzandoci su, ma lei precisa.
- Il ritardo non è di mezz’ora ma di due mesi e mezzi … giorno più giorno meno …-
A quel punto tutte noi ci sentimmo contente per lei, e non mancammo di dirglielo con la solita appendice gossippara.
-Ma è una notizia fantastica che ci coglie di sorpresa! Che bello … tanti auguri!! ... come la Nannini, del resto è la tua cantante preferita.-
-… auguri un par di palle! …ed io non sono la Nannini!!-
-Elisa, ma che dici?-
Immediatamente è il silenzio!
-Ragazze, non mi guardate con quelle facce, avete capito benissimo!
Fare un figlio in queste situazioni è una fregatura.
Non ne ero sicura, speravo di sbagliarmi, pregavo e scongiuravo che non fosse vero.
Poi ho fatto il test.
Sono in attesa di un altro figlio.
Non so che fare. Non me l’aspettavo, non era previsto e neppure lo avevamo programmato!
Ed ora che farò con il mio lavoro?-
-Adesso che c’entra il lavoro con il figlio?-
Elisa si fa immediatamente seria ed ha gli occhi piedi di lacrime. La guardiamo ammutolite mentre continua a parlare.
-Al lavoro in passato ho creduto fino in fondo. Volevo essere intraprendente e piena di iniziativa, e mi sono ritrovata peggio di una stacanovista. Producevo, producevo senza sapere nemmeno che cosa stessi facendo. E più mi chiedevano più davo. Sempre, senza riserve e senza limiti! E come se non bastasse spesso mi portavo anche il lavoro a casa. Pensate quanto siamo fesse! Credevo che prima o poi mi avrebbero fatto fare qualcosa di più interessante. Ero addirittura convinta di fare carriera. Pensate un po’! Naturalmente pensavo male!
Solo dopo essermi sposata ho capito che qualche cosa non funzionasse. E l’ho capito esattamente dopo la nascita di mia figlia. Carriera finita, orari impossibili, proposte improbabili e condizioni assurde. Mi sentivo davvero sfruttata. Mi hanno anche detto "Se non fai quello che dico io, te ne stai a casa a fare la mamma!” oppure frasi come “Troppo tempo sprecato dietro i figli”. Perché, secondo loro, quel tempo lo avrei dovuto dedicare solo al lavoro. E' come se avere dei figli significasse in qualche modo essere monche, limitate, impedite.
A quel punto ho focalizzato il vero problema.
Ho capito che una donna sposata e con i figli non ha scampo, o si licenzia oppure accetta qualsiasi ricatto.
E non parliamo di carriere, quelle finiscono appena ci si sposa!
Io che cosa ho fatto? Ho resistito! Credevo che non fosse possibile accettare un licenziamento, ma alla fine hanno vinto loro. Ci sono riusciti. Alla fine lo hanno fatto. Mi hanno licenziata!
E sapete la cosa buffa qual è? Che al danno si è aggiunta la beffa!
A licenziarmi è stata una donna.
Sì, avete capito bene!
Una donna, una donna sposata, una donna con i figli, come me, come te, come noi.
Una donna che voleva far vedere all’azienda quanto lei fosse ligia alle regole.
Vi ricordate quella famosa canzone di VECCHIONI “SRONZA come un uomo”?
Ecco,esattamente così, una STRONZA!
Dopo che cosa è successo?
Ho dovuto fare la mamma.
Ovviamente la mia carriera è finita.
Ovviamente sono stata dipendente economicamente in tutto da mio marito.
Ovviamente sono andata in depressione.
Poi, dopo anni, ho deciso di ricominciare a vivere. Mi sono messa sul mercato del lavoro ma, con un marito e con una figlia sulle spalle se non accetti quei lavori saltuari e precari che ti propongono sei fuori dal mercato!
Da qualche mese ne ho trovato uno “decente”. Non mi piace ma me lo faccio piacere per forza.
Questo lavoro “decente” termina tra tre mesi per un altro eventuale rinnovo. Ma tra tre mesi sarò già entrata nel quinto mese di gravidanza e a quel punto nessuno mi rinnoverà più nulla.
Adesso avete capito perché è una fregatura?
Per non parlare poi di tutte le spese relative alla gravidanza e al dopo che si dovrà accollare mio marito. E sinceramente non so come faremo ad arrivare alla fine del mese.
Se porterò avanti la gravidanza diventerò mamma per la seconda volta. Bello, ma se non la porterò a termine continuerò ad essere una persona normale con la sua dignità lavorativa ed umana.-
A quel punto Lucia mugugna un commento e lo fa come se parlasse a se stessa. Come se si dicesse una verità che si era sempre evitata di confessarsi.
- Io invece ho mollato tutto, non ce l’ho fatta. All’inizio ho chiesto il part-time ma non me lo hanno concesso. Mi sono sentita dire “la porta è quella, se non ti sta bene te ne vai!” Sono stata costretta a scegliere e non ce l’ho fatta. Ho lasciato il lavoro e una carriera promettente e sono tornata a casa per i figli. Una donna di casa, ma fino a quando? Presto i figli cresceranno, e dopo? Ho fatto della famiglia l’unica mia ragione di vita.
Solo questo. Mi rimane solo questo…
Forse alla lunga anche io sarò una di quelle mogli cornificate dai soliti mariti che con la scusa di mantenere la famiglia li vedi uscire di casa al mattino tutti lindi e pinti e li vedi rientrare la sera tardi senza sapere minimamente che cosa hanno fatto delle loro giornate. Del resto loro non hanno sacrificato la loro vita, il loro lavoro, la loro carriera. Siamo noi donne che facciamo tutto ciò. A questo punto vi chiedo se facciamo bene, perché è tanto tempo che ho molti dubbi su questa storia.-
Cala una strana atmosfera sulle nostre teste.
“Ognuna in fondo persa dentro i fatti suoi!” Come quella famosa canzone di Vasco Rossi che tutti cantiamo, vedo Elisa e Lucia che guardano punti indefiniti nello spazio.
Ognuna persa dentro i fatti suoi.
Ognuna persa dentro i problemi suoi.
Ognuna persa dentro i pensieri suoi.
Ognuna persa dentro un universo femminile sempre uguale dappertutto.
Anche Caterina, anche lei sembra essersi persa. Anche lei, che non ha detto una sola parola, fissa su un punto indefinito del cielo.
Io ero lì, davanti a loro, e mentre le guardavo riflettevo.
Il problema esiste, ma non basta parlarne.
Forse è il momento che noi donne cominciamo ad organizzarci ed ha trovare soluzioni concrete altrimenti non arriveremo da nessuna parte.
Basta con le chiacchiere, basta con le sterili lamentele.
Non dovremmo permettere alla paura di fermarci, ma di spingerci ad andare avanti.
Superiamo l’individualismo e cerchiamo concretamente di venir fuori dalla palude.
Usiamo tutta la nostra capacità e le nostre mille risorse per reagire e metterci di nuovo in gioco!
Non ci lasciamo scoraggiare da un sistema ancora troppo maschilista.
Siamo sempre così impegnate nel vedere le altre donne come delle rivali.
Smettiamola! Anche questo ci penalizza.
Osserviamo invece i comportamenti solidali che l’altro sesso adotta con i propri simili.
Facciamo come fanno i maschi, che non mantengono la rabbia ma la stessa solidarietà di quando vanno a giocare a calcetto.
Annulliamo le diffidenze, le invidie e le rivalità e mettiamoci insieme, l’unione fa la DONNA.
Cara Elisa,
Care Amiche,
Care Donne,
Recentemente, come molte di noi, mi sono trovata nella condizione di cercarmi un lavoro, sia per ragioni economiche sia per ragioni puramente organizzative.
Senza un lavoro le giornate sono lunghe e si rischia spesso la depressione della casalinga. Durante la ricerca mi sono imbattuta nelle situazioni che tutte noi conosciamo bene: false promesse, ipotetiche assunzioni e anche proposte che nella realtà generalmente definiamo indecenti.
Ma la cosa che più mi ha fatto pensare è stata la paura che una donna alla ricerca di lavoro possa anche decidere di diventare madre e solo questo pensiero terrorizza i sedicenti datori di lavoro, maschi e femmine fa lo stesso, circa l'impossibilità di poter lavorare solo perché si voglia procreare.
Per mantenermi comunque impiegata e non volendo accettare la routine delle vane attese, ho iniziato a tenermi occupata facendo cose che prima non ritenevo possibili come collaborare con alcuni siti informatici con spiccate finalità giornalistiche e promozionali dando vita a delle interviste con personaggi politici e non della nostra Provincia e della nostra Regione. Ve lo confesso, ero spaventata, solo l'idea di formulare delle domande per poi pubblicarle su un sito mi metteva timore. Poi, come spesso accade, la cosa inizia a piacerci, affinando, intervista dopo intervista, il "mestiere" di intervistatrice. In questi contatti, che definisco "di lavoro", è emersa da parte di tutte queste persone, casualmente tutti maschi, il consiglio-invito di dar vita ad un’organizzazione che possa porsi come ausilio per ciò che riguarda l'ideazione e la realizzazione di eventi culturali. In sostanza un'Associazione Culturale con scopi e finalità definiti come da statuto ma con una caratteristica particolare: la possibilità che si dia vita ad una Associazione Culturale formata, almeno inizialmente, solo da donne, senza quella negatività che spesso siamo così brave a mettere in atto verso le nostre simili, dimostrando, che se volessimo, saremmo le migliori complici di noi stesse.
A mio avviso ci sono sia le premesse sia la possibilità di realizzare un'iniziativa del genere per la totale assenza di un’ Associazione similare con pari finalità ed identici scopi nel nostro territorio, ma anche perché c'è l’assoluta mancanza di una spinta ideativo-realizzativa relativamente gli eventi realizzabili in questa zona che venga direttamente dalle donne e dal loro mondo, e la presenza di manifestazioni generali alle quali manca quella componente femminile così determinante per il successo delle iniziative stesse.
Non solo dalle interviste, ma anche dalle conversazioni che ho avuto con tutta questa gente, sono più che certa che un'iniziativa del genere possa riscuotere un successo collettivo e allo stesso tempo riempire un vuoto sociale di cui la nostra Provincia e la nostra Regione non possono fare a meno offrendo altresì l'enorme opportunità di creare posti di lavoro, specialmente per le donne, ma non solo per loro, tramite la collaborazione tra la futura Associazione Culturale, che vorrei chiamare "Accento", e gli Enti Pubblici locali, ma anche con quelle aziende regionali che sono il nostro vanto produttivo a livello mondiale.
Spero che queste poche righe non ti abbiano annoiato ma incuriosito e mi piacerebbe che tu facessi parte di questa Associazione Culturale già dalla sua fondazione.
Laura
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