martedì 8 febbraio 2011

CRONACHE FERMANE

La ricerca si muove anche a Fermo. 
Di Laura Gioventù


È il terzo raffreddore che prendo quest’anno.
Dopo una settimana la tosse non accenna a passare e prima che degeneri in qualcosa di più serio decido di andare dal medico.
Passo mezza giornata a fare anticamera nell’ambulatorio per farmi prescrive uno sciroppo.
Ottenuta la prescrizione, con la ricetta in mano, vado subito in farmacia.
Manca poco all’ora di chiusura. Arrivo, come al solito, all’ultimo minuto. Hanno già abbassando le serrande ma la porta è ancora aperta. Ci metterò cinque minuti, non mi dovrebbero fare storie.
Sperando nella bontà del farmacista provo ad entrare lo stesso.

-Permesso, posso? Buongiorno dottore, avrei bisogno di questa medicina.- dico mentre mi avvicino al bancone e passo la ricetta al farmacista.

Il dottore prende in mano il foglio e legge. Controlla da computer la disponibilità del prodotto poi apre uno dei cassetti del grande mobile che ricopre tutta la parete alle sue spalle, estrae un flacone, me lo mostra e dice:

-Dunque Signora, la medicina che le hanno prescritto va bene ma in alternativa potrebbe provare questo prodotto ….-

-… mi consiglia il farmaco generico?-  gli dico mentre osservo la boccetta.

-No, questo cara signora non è un farmaco generico ma è uno sciroppo preparato in laboratorio. Una delle nostre preparazioni farmaceutiche …- mi risponde il farmacista.

-Le fate voi? Ma come, dove, qui?- gli domando.

-Sì, li prepariamo qui. Nel retro di questa farmacia c’è un piccolo laboratorio.-

-Per cui lei mi sta dicendo che sareste in grado di rifare qualsiasi altro tipo di farmaco?-

-Ovviamente no. Non tutti, ma i principali. Prepariamo anche integratori di sali minerali e vitamine e poi creme cosmetiche…per la couperose, la psoriasi, la cellulite… e tante altre…- precisa il farmacista.

Interessante questa cosa, penso. Mi ha convinta.

-Va bene, se me lo consiglia lei …- gli dico - …mi dia pure questo sciroppo. Voglio provarlo.-

Pago, ritiro il sacchetto con la medicina ed i tre euro di resto.
L’ora della chiusura è passata da oltre dieci minuti. Il dottore si toglie il camice, lo appoggia sulla sedia dietro al bancone e si avvicina alla porta d’ingresso. Ma invece che aprirla per farmi uscire la chiude dall’interno con doppia mandata. Pensavo volesse accompagnarmi all’uscita,  ma in pratica mi chiude dentro.

-Mi segua, le voglio mostrare una cosa.- mi dice il dottore.

Resto immobile. Ferma. Come paralizzata. Seguirlo? E dove? Che cosa dovrà farmi vedere? È già tardi e devo andare a casa…non ho altro tempo da perdere…

-Non si preoccupi, venga pure, ci vorrà solo qualche minuto…- mi dice mentre con la mano mi fa cenno di seguirlo.

Ci vorrà solo qualche minuto, ma per fare cosa? Che significa? Cosa faccio, vado? Non vado? Dovrei assecondarlo? Non lo so. Non so cosa fare, so solo che voglio andarmene al più presto da qui!
Da dietro il bancone s’intravede un’altra stanza.
In qualche modo dovrò pure uscire.
Decido di seguirlo.
Entro nel magazzino della farmacia. Il dottore fa strada camminando davanti con passo deciso. Attraversiamo tutta la stanza fino ad un corridoio. Ci sono delle porte. Altri ambienti. Forse il bagno, forse anche un ufficio. Ma lui tira dritto senza mai fermarsi ed io continuo a seguirlo fino ad arrivare alla fine del corridoio. C’è un’ultima porta. Il dottore la apre e siamo fuori.
È l’uscita di servizio della farmacia. È l’ora di pranzo e per la strada non si vede anima viva.

-Mi venga dietro …- mi dice mentre attraversiamo la via.
Camminiamo per una ventina di metri fino ad arrivare davanti una grande porta a vetri senza insegne e nemmeno il campanello.

-Prego, si accomodi pure. - mi dice il farmacista invitandomi ad entrare.

La stanza è grande e molto luminosa. Mi guardo in torno. Ci sono strani aggeggi. Riconosco un microscopio. Sulla parete destra c’è un lavello ed un lungo piano di lavoro in acciaio e poi, vetreria sparsa ovunque, provette , alambicchi e bottiglie. Sulla sinistra uno scaffale aspetta solo di essere riempito dal contenuto dei cartoni chiusi parcheggiati all’angolo. Ed ancora libri, barattoli, sacchetti ed altri oggetti appoggiati a terra.

-Allora, che ne pensa?- mi domanda il dottore rompendo il silenzio.

-Che ne penso? Penso che è carino … sì, bèh oddio, a parte il disordine …. Mi scusi se mi permetto, non si offenda, ma qui sembra sia scoppiata una bomba! Mi faccia capire … ma dove mi ha portata, nel laboratorio della farmacia? È qui che lei prepara lo sciroppo che ho appena comprato?- gli domando mentre mi aggiro per il locale.

Mi muovo con molta cautela, facendo attenzione a dove metto i piedi. Ho paura di rompere qualcosa. Tutti quei vetri hanno l’aria di essere molto fragili.

-No, signora, no. Gli sciroppi li preparo nel laboratorio della farmacia. Questo invece è mio. Mi scusi per la confusione, ma l’ho preso in affitto da poco e devo ancora terminare il trasloco. Mancano le ultime cose...- mi spiega il dottore.

-Mi perdoni, ma non capisco. Perché ha aperto un laboratorio, a cosa le serve se non ci prepara le medicine?- gli dico.

-Perché ho un bisogno, realizzare un sogno!
Vede, la carriera universitaria è stata lunga e per niente remunerativa. Non potendo fare il mantenuto a vita ho preferito al dottorato un lavoro più sicuro e mi sono messo a fare il farmacista, ma la mia vera passione è sempre stata la ricerca!
Faccio esperimenti da sempre. Ho cominciato nella mansarda di casa dei miei genitori che avevo tredici anni e non ho mai smesso. Vede questo?
- mi dice, indicando una macchina appoggiata vicino al lavello.

-Questo è un mescolatore sottovuoto. E le vede tutte queste attrezzature e tutti questi materiali? 
Li ho comprati con i soldi guadagnati facendo il farmacista. Perché, anche se fare questo lavoro non è mai stata la mia massima aspirazione mi permette di “finanziare” il mio sogno.
- aggiunge.

-…lavora come farmacista e si autofinanzia…interessante…- commento ad alta voce.

-Sì, per ora non ho altra scelta … pensi che per pubblicare il libro che ho scritto sulla galenica me lo sono dovuto auto-finanziare perché non ho trovato qualcuno che fosse disposto ad investire su di me.
La ricerca non da garanzie in questo paese. Chi vuole rimanere nell’università è costretto ad andarsene all’estero. E chi decide, come me, di rimanere, ha scarse possibilità. Se hai un progetto, soprattutto nel campo delle sperimentazioni, nessuno ti aiuta. Nessuno è più interessato ad investire in capitale umano, ma solo nella produzione materiale e nel commercio. Qui si finanziano i fatti concreti, non i sogni.
-

-E le istituzioni?-domando.

-Le istituzioni locali spesso sottovalutano il problema. Ci dovrebbe essere una maggiore sensibilità e una maggiore considerazione per questi temi. Non basta parlarne, servono aiuti concreti!
Poi c’è anche la famiglia.
La famiglia da un lato sostiene economicamente tutti i tuoi studi e ti fa laureare, ma poi, una volta uscito dall’università ti incoraggia al “lavoro subito” per non essere più da peso.
Per cui spesso, spinti dalla voglia di autonomia, davanti all’ipotesi di “gavette” lunghe ed altrettanto dispendiose ma piene di opportunità e la possibilità di un impiego immediato e sicuro ma senza grandi prospettive, si ripiega nella soluzione più rassicurante e meno incerta.
Dall’altro però quella stessa famiglia ti riempie di soldi, soddisfa ogni tua richiesta,ogni bisogno materiale. Non ti fa mancare nulla. La famiglia è l’ancora di salvezza per chi resta, perché male che vada si è sempre con le spalle coperte. Anche se il lavoro non lo trovi comunque hai sempre la sicurezza di un tetto sopra la testa. Insomma, non si è mai troppo “disperati”, per fortuna. Ma è proprio questo “benessere”, questa “fortuna”, questa “sicurezza” che inibisce qualsiasi stimolo per cui non si hanno grandi ambizioni, non si sente la necessità di “creare” qualcosa...
-

-Non si direbbe la stessa cosa di lei…però…- osservo.

-Io sono uno di quelli che sono restati. Ho delle idee, ci credo e voglio realizzarle, dimostrando che si può fare anche rimanendo qua. Non mi sono mai fermato, ho continuato a studiare, sperimentare e fare pubblicazioni. Ovviamente sempre gratis. Naturalmente non basta scrivere un libro ed autofinanziarselo, bisogna anche promuoverlo. E per farlo conoscere e fami conoscere oltre che pagarmelo l’ho distribuito gratuitamente. Il mio non è mica un romanzo di Muccino e non pretendo di far soldi con un libro! Ma proprio grazie ad esso l’anno scorso sono riuscito ad ottenere un incarico come docente per un master annuale di galenica organizzato dall’università di Camerino.-

-Ma se fa il farmacista a tempo pieno, come fa a conciliare il suo lavoro con l’insegnamento o anche solo ad avere una vita privata?-gli domando.

-Sacrificando molto del mio tempo libero. Le lezioni me le preparavo nel fine settimana, mentre per l’insegnamento al corso ho utilizzato tutti i miei giorni di ferie. Non è sempre facile. I momenti di sconforto non mancano. Tengo i piedi in più staffe, ma non mollo. Piuttosto faccio piccoli passi, ma vado avanti. Ora ho preso in affitto questo locale per proseguire i miei studi e per continuare con i miei test e gli esperimenti. Qui potrò organizzarmi meglio e lavorare con più tranquillità! …e cominciano ad arrivare anche i primi risultati, a dicembre, infatti, mi hanno riconfermato la cattedra al master per il secondo anno!-

Ascoltando la storia del farmacista non mi sono resa conto del tempo che passava. Per me si è fatto davvero tardi. Gli faccio i miei più sinceri auguri per i suoi progetti e me ne vado lasciandolo nel suo mondo di vetrini e becher ma, mentre cammino per riprendere l’auto e tornare a casa non posso far altro che ripensare al suo racconto.

Le sue parole mi hanno trasmesso entusiasmo. Mi hanno fatto capire che è ancora possibile realizzare i sogni, bisogna solo crederci!

Salendo in macchina mi ritornano alla mente anche le parole di Luca Barbarossa nell’ultima intervista che ho fatto. Il cantautore romano consiglia ai giovani di andare, di inseguire i loro sogni, di tentare e di mettersi in gioco, perché se non lo facciamo ora che siamo giovani non lo faremo mai più. Ma dice anche che “in tutte le professioni bisogna essere pronti a studiare, a sacrificarsi, a mangiare pane e polvere per parecchio tempo e poi forse ad avere dei risultati.”

Chissà, magari tra qualche anno al farmacista consegneranno anche il Premio Nobel, oppure no, lo scoprirà solo provandoci. Comunque vada sarà un successo, perché potrà dire di averci provato, perché potrà dire di non avere rimpianti nella vita.

Ancora non ho preso lo sciroppo, ma già mi sento molto meglio. Ascoltare questa storia deve aver sortito un effetto placebo perché la mia tosse sembra sparita.

E lo so che state pensando che tutta la storia che vi ho raccontato sia inventata, lo so, anche a me avrebbe dato questa idea se l’avessi ascoltata da qualcun altro, ma è tutto vero. Come faccio a saperlo, come faccio ad esserne certa? …ma è semplice, il farmacista è mio fratello.

Buona galenica a tutti.

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mercoledì 2 febbraio 2011

CRONACHE MOSTRUOSE

Ovvero, la triste realtà del neorealismo mostrografico.
di Laura Gioventù



Ora immaginate una mostra fotografica con diverse foto in bianco e nero.
Tutte della stessa dimensione.
Tutte montate su cornice nera quadrata con passe-partout avorio.
Che cosa vi dicono queste informazioni?
Esattamente nulla, vero?
Bene.
E se vi dicessi ...Dipinto ad olio su tavola di pioppo.
Dimensioni 77 × 53 cm.
Ancora niente, vero?
Bene, molto bene, anzi malissimo!

A Montegranaro (FM) c’è una mostra fotografica.
Si intitola “Luigi Crocenzi: Borgate Romane” ed è composta da una serie di stampe che documentano la vita delle periferie Romane nel 1947, anno in cui l’autore frequentava gli studi di cinematografia nella capitale.
E sabato pomeriggio è stato il giorno dell’inaugurazione.
Arrivo, come al solito, un’ora dopo i saluti delle autorità e la galleria è ancora piena di gente.
Vedo le foto appese alla parete e comincio ad osservarle una ad una facendo tutto il giro della stanza.
Sono tutte foto in bianco e nero e riproducono istanti di vita vissuta, strade di terra battuta, piccole case, vecchi tram sullo sfondo di grandi palazzi, panni stesi ad asciugare, volti di gente comune, donne, vecchi, e bambini che giocano. Testimoniano la povertà, testimoniano i segni dalle difficoltà della vita dell’epoca. Immagini tristi ma vere di un tempo non troppo lontano ma spesso dimenticato.
Molto interessante!
Ma quali sono le Borgate Romane fotografate?
Non lo so.
Le foto non mi dicono nient’altro.
Credevo di trovare delle didascalie, come si fa in ogni mostra che rispetti e che rispetti il pubblico, ma sotto quelle fotografie non c’è scritto nulla.
Non c’è l’autore.
Non c’è il luogo né la data dello scatto.
Non è dato sapere il tipo di pellicola.
Non è dato sapere il tipo di stampa.
E nemmeno la dimensione della foto è importante.

Da visitatrice deduco siano tutti scatti dello stesso autore. Va bene.
Ma di quali Borgate Romane sto vedendo le immagini?
Il titolo della mostra non specifica nulla.
Borgate Romane potrebbe indicare un solo quartiere  ma anche luoghi diversi.
Gli aspetti del degrado urbano, sempre esistito e mai definitivamente scomparso, sono uguali in ogni città di ogni angolo della terra. E tutte le istantanee in mostra non presentano alcun particolare che permetta di identificare in maniera inequivocabile la città impressa nella fotografia.
Potrebbe essere Roma, ma potrebbe essere qualsiasi altra periferia di qualsiasi altra città italiana del dopoguerra. Le foto potrebbero essere state scattate ovunque.
Come faccio a capire se non c’è scritto niente?

Forse gli organizzatori vogliono far giocare ad indovinello i loro visitatori.
Un indovinello rivolto però solo ai cittadini romani. Ma anche se fossi stata Romana piuttosto che Fermana  per me sarebbe stato comunque impossibile riconoscere i luoghi di quelle immagini. Solo chi nel 1947 era un ragazzo e viveva a Roma potrebbe individuare quelle zone e confrontarle con quello che sono diventate oggi. Ed io, come molti visitatori, non solo non sono Romana ma non ero nata nel 1947!

Hanno dato per scontato che i visitatori non fossero marchigiani, oppure la mostra è stata allestita pensando solo ai turisti romani che arrivano nella nostra provincia a fare shopping?

È evidente che i responsabili dell’evento hanno ritenuto superfluo e persino una perdita di tempo comunicare queste informazioni.
Ma allora mi chiedo, come mai sotto la Primavera di Botticelli c’è scritto il nome, l’autore, l’anno, le dimensioni, il tipo di legno e la tempera utilizzata se quel quadro è talmente famoso che lo conosce il mondo intero?

Il giorno dopo, domenica, a Fermo, c’è una seconda mostra dello stesso autore, ma non solo. È una collettiva sul neorealismo della fotografia italiana e comprende immagini che vanno dal 1945 al 1965.
Ed è sempre il giorno dell’inaugurazione.
Tra le immagini ne riconosco alcune uguali a quelle presenti alla mostra del giorno prima. Chissà, magari saranno state inserite per far numero, ma in questa le didascalie alle foto almeno le hanno messe.

Le fotografie mi piacciono molto, così, viste entrambe le mostre decido di acquistare il catalogo fotografico.
Ma non posso farlo. Il catalogo è terminato e se voglio averlo devo tornare alcuni giorni dopo … forse.   
Ma come, la sera dell’inaugurazione hanno terminato tutti i cataloghi?
È incredibile!
E se non avessi più modo di ripassare?
Ma quanti ne avevano portati? Una decina mi dice qualcuno. Ma il giorno di apertura è sempre quello di massima affluenza perciò come minimo ne avrebbero dovuti avere trecento di cataloghi. Come minimo.
Non li avevano pronti oppure avranno preso tutti quelli avanzati dall’altra esposizione? Che fanno, tra una mostra e l’altra, se li scambiano a vicenda in base alle richieste? Oppure sanno già che non venderanno altri libri all’infuori delle giornate inaugurali per cui trecento pezzi non li hanno prodotti per paura di non venderli?
Anche questa esposizione, come l’altra, resta un mese e in un mese non credono di vendere almeno trecento cataloghi?
Ma l’addetto comunale non sa darmi una spiegazione.
Allora, prima di andarmene, chiedo di poter lasciare un commento nel libro delle presenze.
Ma non posso perché non c’è nessun quaderno.
Il quaderno manca perché hanno finito tutte le pagine e non c’è più spazio disponibile nemmeno per un autografo, oppure perché lo hanno perso?
Caspita, ma dalle 17, ora dei saluti istituzionali, alle 19 quanta gente è andata?
Se hanno terminato i cataloghi ed hanno riempito tutto il quaderno di autografi devo proprio essermi persa un evento memorabile. Eppure è molto strano, quando sono andata io ho trovato solo tre persone ed erano da poco passate le 19.
Il messo comunale ammette candidamente che il libro non c’è mai stato e che anche altre persone hanno fatto la mia stessa osservazione.
Saranno i soliti rompiscatole, ma la gente perché non se ne sta a casa la domenica?
Ma se l’ingresso è libero come fa l’amministrazione comunale oppure gli stessi organizzatori a fare una stima del numero dei visitatori se non hanno manco un libro presenze?
Forse, oltre che sui cataloghi, vogliono risparmiare anche sul libro ed hanno deciso di far contare il numero delle persone che entrano all’addetto alla reception e poi a fine giornata tireranno le somme.
Certo, così è anche più facile mentire sui numeri, altrimenti come fanno a dire che ci sono stati tre mila visitatori?
Eppure l’evento è stato finanziato anche dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo. Questi enti che elargiscono soldi non sono interessati ai numeri oppure danno il contributo agli eventi che giudicano interessanti anche se poi hanno un successo incerto?
Con quale criterio si patrocinano e si sponsorizzano queste manifestazioni?
Per una mostra si spendono anche i soldi dei cittadini quindi si dovrebbe render conto delle spese sostenute e dei riscontri avuti anche in termini di visite.
La mancanza di un costo del biglietto non vuol dire automaticamente che l’evento sia gratuito. Alla fine paghiamo sempre noi cittadini attraverso i fondi degli assessorati.
Ma chi organizza la mostra che lavoro fa?
Che senso ha spendere soldi pubblici se poi le mostre sono così male organizzate?
Se la mostra non ha affluenza significa che qualcosa non funziona. Non piace, non interessa oppure non è stata promossa adeguatamente. E  se non funziona non sarebbe meglio direzionare le risorse su altri tipi di interventi culturali? Perché altrimenti queste iniziative hanno la puzza della solita propaganda politica per compiacersi ed autocelebrasi con la solita cerchia di elettori.


Pensate siano solo dettagli? Pensate che queste cose siano solo sottigliezze?
Non credo.
No. Sono dei segnali importanti.
Dimostrano che le amministrazioni, le associazioni locali e gli stessi organizzatori sottovalutano erroneamente la capacità critica dei loro visitatori.
Dimostrano che in qualità di fruitori di cultura non contiamo nulla per loro, ma solo come contribuenti.
Dimostrano che non serve saper organizzare bene mostre fotografiche e questo mi dispiace profondamente.
Ma se non sono in grado allora credo sia il caso di farle organizzare a chi è più competente. Perché la promozione turistica di questo territorio passa anche per queste manifestazioni culturali e non solo per gli outlet calzaturieri, le verdi colline o il ciabuscolo.

Ah già, è vero, scusatemi, me ne stavo dimenticando, volete sapere a chi appartengono le misure del dipinto ad olio su tavola di pioppo, vero? Ebbene sono della Gioconda di Leonardo Da Vinci!

Ma siete proprio sicuri che le misure della Gioconda siano effettivamente 77 x 53 cm? Forse sono giuste, ma andatelo a controllare di persona, tanto Parigi è dietro l’angolo.

Buona mostra a tutti!

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domenica 23 gennaio 2011

CRONACHE FERMANE

Ovvero, un quarto d'ora di comparsata non si nega a nessuno!
Di Laura Gioventù


Ciak, si gira!


Sono le dieci del mattino.
Squilla il telefono.
Chi potrà mai essere che disturba a quest’ora del mattino?
Prendo in mano il telefono. Sul display compare il nome di Carla, una mia amica. Ma guarda un po’ chi telefona, penso, saranno due mesi che non la sento? No, forse più di tre. Caspita, come corre veloce il tempo. Forse si preoccupa di sapere che fine ho fatto, forse vuole sapere come sto, magari mi chiama per un invito a cena. Le rispondo.

Laura  -Pronto chi parla?-

Carla - Ciao Laura, scusami se ti disturbo, stavo su face book e mi è stata segnalata da un’amica la notizia che il regista Pupi Avati girerà il suo prossimo film a Fermo. Ma è vero? Tu ne sai qualcosa?- Esordisce la mia amica che tutto sembra meno che interessata di sapere come sto.

Laura - … Veramente è già da un po’ che la notizia circola sui quotidiani locali, le prime indiscrezioni risalgono a prima di Natale!!! - le rispondo.

(Che tempismo, per me la cosa non fa più notizia, ma del resto capisco che leggere il giornale è noioso.)

Carla -Ma allora è tutto vero!- si affretta ad aggiungere lei, piena di entusiasmo.

Laura -Sì, sembra proprio di sì. Le riprese dovrebbero iniziare a metà febbraio, almeno questo è quello che dicono ...- le confermo.

Carla -… ed ho letto che gli attori principali saranno Michaela Ramazzotti e Cesare Cremonini e che stanno cercando delle comparse!!! E c’è pure un indirizzo di posta elettronica. Chiunque sia interessato a partecipare alle selezioni per il casting può inoltrare la richiesta inviando foto e curriculum direttamente via mail...-

Laura -Non mi dire che vorresti fare la comparsa, ma dai …-

Carla -Ma no, non io, è il mio nuovo ragazzo che vorrebbe candidarsi.-

Laura -Sì, ma digli pure di non montarsi la testa perché il cast potrebbe già essere stato scelto. Non è detto che stiano davvero cercando nuovi volti, questa del casting potrebbe essere solo un’ipotesi lanciata per fare rumore ... la notizia infatti potrebbe solo essere  un’operazione mediatica per richiamare l’attenzione e l’interesse della gente.-

Carla -Comunque sia sarebbe un peccato non approfittarne. È una fortuna che un regista così famoso abbia scelto proprio Fermo per girare il suo film. Forse tu non ti rendi conto,ma un’occasione del genere non capita mica tutti i giorni! … sto pensando di partecipare anche io!-

Laura -No, no. Io, invece, mi rendo conto benissimo … -
Mi rendo conto di quanto siamo provinciali. Nella provincia basta una notizia del genere che subito impazza la voglia di apparire del popolino, ma una volta spente le luci della ribalta tornano coglioni come prima.

Carla -Ovvio, io non sono un’attrice, però sono una bella donna … e pure alta … faccio la mia bella figura e non è poco! No, perché, parliamoci chiaro, visto quello che offre il “mercato locale”, secondo te, ma se non ci provo io chi ci dovrebbe provare?!?-  precisa lei.

È incredibile, una troupe si sta muovendo per girare nel Fermano le scene del prossimo film di Pupi Avati e i miei concittadini lo stanno aspettando manco fosse Fellini o Monicelli e addirittura il nostro illustre Sindaco ha sparso la voce per trovargli le location e, a sto punto, magari pure le donnine allegre per sollazzare i macchinisti?

Carla -Tentar non nuoce, potrebbe essere solo una bella esperienza oppure qualcosa di più … chissà … Nella vita, mia cara, non si può mai sapere! Mi vedono, mi scelgono … e divento una star. Te l’immagini, mi trasferisco a Roma, e tra una serata mondana e l’altra comincio a girare tutto il mondo …. Comunque ho già tutto pronto, anche il book fotografico! Una mia amica che fa la fotografa me ne ha fatto uno proprio l’estate scorsa!- mi dice lei sempre più galvanizzata.

Una star? Successo, soldi facili, vita facile….La fantasia non ha limiti, ma Carla supera di certo il confine. In effetti è una bella donna, ma quanto potrebbe bastare? La bellezza non è tutto. Ma poi, per uscire da Porto San Giorgio si deve per forza diventare famosi?

Laura -Beh, ma allora cosa aspetti, sbrigati a mandare la richiesta!- le faccio.

Ma Carla subito mi risponde - Stavo per farlo … ma poi … dicono che l’indirizzo non sia esatto e tutte le mail inviate tornino indietro. Questa cosa dell’indirizzo mail non è molto chiara … -

Laura -Sì, ma hanno anche comunicato la correzione. C’è stato un errore di stampa, sembra mancasse un punto nell’indirizzo. Se leggessi i giornali … -

Carla -Dici? Non lo so. La mail resta impersonale, e poi non è sicuro la prendano …  potrebbero anche non riceverla … potrebbero cestinarla … potrebbe succedere di tutto, sai come funziona .... e poi, poi moltissimi aspiranti attori si saranno già fatti avanti e chissà quanti altri se ne presenteranno … per questo volevo chiederti, ma tu, tu non conosci un modo per accelerare? -

Laura -Accelerare? No, mi dispiace. Da quello che mi risulta, questo, per ora, è l’unico modo per partecipare ai casting per il film!-

Carla -No, sai, te lo chiedo perché un giorno t’ho vista parlare con un tizio che è amico di un amico di uno che dovrebbe conoscente il Sindaco … perché un conto è inviare una mail … un conto è essere presentati …. sono sicura che se ci vedessero di persona sarebbe diverso …. capisci? - insiste la mia amica.

Laura - Sì, sì, capisco benissimo. Ma l’unica cosa che posso dirti è di provare ad aggiungere il punto nell’indirizzo mail … anzi, per essere sicura ti consiglio di spedire le richieste ad entrambi gli indirizzi mail! Tutto quello che so purtroppo è quello che leggo dai giornali locali.- le ripeto.

Tutto il mondo è un paese! Ora capisco il vero motivo della telefonata, siccome non ha un futuro se lo prende con una scorciatoia!

Laura -Tu ti dai tanto da fare, ma se per assurdo la produzione alla fine si trovasse a dover scegliere tra te e il tuo ragazzo, e scegliesse lui, come la mettiamo? Non ci hai pensato? È un’eventualità che dovresti prendere in considerazione … la legge di Murphy non la conosci? “Se qualcosa può andare storto allora lo farà”. ahahah - le dico mentre scoppio a ridere.

Carla -Ad essere sincera ti ho chiamato perché il mio vanitoso ragazzo mi ha chiesto di informami per lui … ha talmente insistito che alla fine anche io … ti confesso che in realtà mi sto muovendo solo per me. Se mi devo esporre lo faccio per me, mica sono scema!-

Come biasimarla, nella mia zona i maschi mandano avanti le moglie perché loro non si vogliono esporre.
Ma se la moglie ha successo, allora si fanno avanti per fare da impresari e contabilizzare la fortuna delle loro consorti. E dopo, magari, non faranno altro che vantarsi con i propri amici perché avevano sempre detto che la “loro” donna aveva i numeri per emergere, ma che è solo grazie a loro se certe qualità vengono a galla. Ovvio!

Carla -Comunque come non detto, pensavo mi potessi aiutare in qualche modo … pensavo sapessi come fare per presentarmi. A questo punto dovrò chiedere ad una ragazza che recita in una compagnia teatrale. Avrei preferito risolvere in altra maniera, ma non ho alternativa. Non ho molta confidenza ma lei, di sicuro, saprà come fare. Lei di sicuro potrebbe aiutarmi. Però potrebbe pure non farlo … perché a te non te ne importa nulla di queste cose, ma questa ragazza potrebbe voler partecipare esattamente come me e non verrà di certo a dirmi come fare per … - aggiunge la mia amica.

Ma io replico -Può darsi, del resto tu, al suo posto, non faresti la stessa cosa?-

E lei -Vabbè ma che centra, dai, ora provo a chiamarla, poi ti farò sapere … ciao. -

La conversazione telefonica si chiude ed io rimango basita con il telefono in mano. Carla non m’ha dato manco il tempo di salutarla.

Certo, siamo considerati  maluccio. Il Sindaco crede che basti dare al popolo "Panem et Circenses", come dicevano i latini, per ingraziarsi i cittadini e farli fessi e “coglionati”, ma se la gente poi corre verso il casting allora forse hanno ragione i governanti.

Certo, stiamo combinati malino. Affetti dalla smania di apparire in televisione e di uscire dall’anonimato, tutti vogliono fare gli attori o le attrici pensando che la comparsata in un film sia l’occasione machiavelliana che risolva la vita. La panacea di tutti i mali, la via diretta verso una carriera di successo.

La mia amica sarebbe disposta a tutto, quindi farebbe di tutto. (sarà così che nascono le escort ?) È un’altra di quelli che piuttosto di costruire qualcosa cercano solo scorciatoie. Di quelli che partecipano ai quiz televisivi sperando nella vincita milionaria, di quelli che credono che andando a “Uomini e donne” oppure al “Grande Fratello” si diventi famosi senza talento, senza studiare e senza capacità vere.
“Non studierò, non leggerò, ecco perché diventerò qualcuno”, recita una canzone di Caparezza.

Presseranno la produzione, sfrutteranno le conoscenze di questo e di quell’altro, cercheranno l’arrivo facile senza cercare di costruire un futuro solido. Non serve studiare, non serve fare la gavetta, perché si cerca di passare avanti solo con le conoscenze. E chi studia e si prepara una vita intera?
(Per carità, le raccomandazioni serviranno pure, ma bisogna saperle usare nel momento e nel modo giusto.)

Siamo proprio provinciali che aspettano le star del cinema come l’arrivo di un extraterrestre, e che credono in una apoteosi mondiale dopo l'uscita della pellicola per Fermo e Provincia,
I maschi Fermani che sperano nelle attrici per allargare la collezione di farfalle, e le femminucce che scalpitano per un successo effimero che non hanno. Così va il mondo.

Ciao Carla.
Uno su mille ce la fa.
Buona comparsata a tutti.


Pubblicato su ... seratiamo.it
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domenica 16 gennaio 2011

“Attenti a quei due”

“Attenti a quei due”,
ovvero, cosa succede quando due artisti famosi affrontano delle domande fuori di testa messe in due Panama di Montappone.
 

Di Laura Gioventù




Venerdì 14 gennaio 2011

Abbiamo incontrato Neri Marcorè e Luca Barbarossa nei camerini del Palasport di Porto Sant’Elpidio (FM), a pochi minuti dalla loro esibizione per lo spettacolo che i due artisti hanno deciso di dedicare alla solidarietà, devolvendo i proventi del ricavato, a favore della Fondazione Paladini per il finanziamento di progetti a sostegno delle persone affette da patologie neuromuscolari….ed ora vi racconto cosa è accaduto.
Avevo portato con me alcune domande, due cappelli Panama di Sorbatti (Montappone) e l’idea di mischiare le domande per poi distribuirle equamente nei due cappelli, di modo che ognuno dei due “ragazzi” avesse le sue domande nel suo cappello ma  rigorosamente messe a casaccio, un gioco, e loro si sono prestati al gioco ben volentieri.

L. Gioventù: - Facciamo un gioco. Ragazzi, mi raccomando, siccome è una cosa seria, non mi fate troppo ridere … -

N. Marcorè: - Che cosa devo fare?-

L. Gioventù: - Lo vede il cappello? Le vede le domande dentro al cappello? Bene, ne prenda una, la legga e dia la risposta. Crede di poterci riuscire?-

L. Barbarossa: - (sbirciando come un monello all’interno del cappello qualche domanda) … ma sono tutte così provocatorie? -

L. Gioventù: - Dai, per favore, non cominciate a leggere prima. Ho detto che è un gioco, siate seri! (a me viene già da ridere). Marcorè, inizia tu! -

N. Marcorè (leggendo la sua domanda): -“Certe notti sei solo più allegro, più ingordo, più ingenuo e coglione che puoi quelle notti son proprio quel vizio che non voglio smettere, smettere, mai”. (Ligabue). Non mi azzarderei mai di darle del coglione ma..lei le ricorda quelle notti, quei locali o solo piazze, in cui era allegro, ingordo con il vizio di non smettere mai, oppure è sempre stato una persona, come si dice spesso, con la testa sulle spalle? Era uno di quei  ribelli che dopo troppe battaglie hanno messo la testa a posto? -

(R) - No, Io non sono mai stato troppo…purtroppo! Avrei sempre sognato una vita spericolata con “whiskey droga e rock’n roll” … ma no, in realtà non è che l’ho sognata veramente … sono sempre stato un tipo tranquillo, un po’ per indole, un po’ perché non mi attirava quel tipo di vita, un po’ anche perché nella provincia, come la nostra, non è che ci sia chissà che cosa…ma vuoi rispondere  pure tu (guardando Luca)? Oppure ognuno c’ha la sua di domanda? Comunque ero un ragazzo con la testa sulle spalle … un bravo ragazzo … -

L. Barbarossa: - No, no, io c’ho le mie! Infatti ora leggo la mia …“E' sbagliato giudicare un uomo dalle persone che frequenta. Giuda, per esempio, aveva degli amici irreprensibili.”(Marcello Marchesi). Se la dovessimo giudicare dalla persona con la quale si sta esibendo, secondo lei cosa dovremmo pensare?-

(R) - Beh, pensare bene, perché Neri è notoriamente una persona “da bene”, che tutti amano. Credo sia l’attore più amato dagli italiani e tra poco anche dai francesi perché è in uscita un film in Francia con Neri e Stefano Accorsi e presto sarà amato anche oltralpe. È una persona di enorme talento e mi onoro, anzi, mi pregio della sua amicizia!

N. Marcorè: - Dai, non farmi troppa promozione … mi fai arrossire! Adesso leggo la mia … “Meglio un morto in casa che un marchigiano alla porta”?-

(R) - (assumendo la posa dell’avvocato difensore) Questo lo dicono, esatto, quelli invidiosi delle Marche, perché nelle Marche, signori e signore, si vive bene e si conduce un’esistenza come dovrebbe DA essere (DA essere, DA essere!) ...tutto a misura d’uomo, e anche di donna, con una cucina meravigliosa. C’abbiamo, nella provincia di Macerata, ultracentenari come solo in Sardegna. Quindi, lor signori mi capiscano, un marchigiano alla porta è meglio di un morto in casa!-

L. Gioventù: - Bene, dopo l’arringa difensiva, adesso ci dica veramente un difetto dei marchigiani e quanto c’è di marchigiano in Luca?-

N. Marcorè: - I difetti dei marchigiani … no, no, no … questo lo devi chiedere a lui. E poi, quanto di marchigiano c’è in Luca?… in Luca c’è molto di marchigiano … -

L. Barbarossa: - dici? -

N. Marcorè: - … sì, perché è uno che dice pane al pane vino al vino... mi dispiace non dire un difetto dei marchigiani, ma questo è un altro pregio. Luca è una persona franca e schietta, è uno che apprezza le cose naturali così come stanno, quelle artefatte non le apprezza molto quindi…un bicchiere di vino con un panino … la felicità! (mentre canta la canzone di Al Bano) … una partita a tennis, un calcio anche al pallone, la famiglia, i figli, gli affetti … Luca è molto, molto marchigiano. Ha anche lui la testa sulle spalle marchigiane e poi, poi si esprime in dialetto marchigiano come nessun altro romano sa fare!-

E prima che Barbarossa legga la domanda successiva, è Neri che lo incalza.

N. Marcorè: - Dai romano, dimmene almeno uno … l’avremo un difetto almeno … oppure abbiamo tutti solo pregi? -

L. Barbarossa: - No. I marchigiani non hanno difetti. I marchigiani sanno vivere … beh, forse proprio vivere non direi, ma l’unica cosa che posso dire è che Neri, e non i marchigiani, è un po’ invidioso del fatto che io vivo a Roma, che sono nato a Roma, che sono stato ispirato dalla città perché lui non è che può scrivere canzoni sulle olive ascolane … è evidente che Roma ispira. -

N. Marcorè: - … forse un difetto è la lentezza …. la lentezza dei marchigiani.-

L. Barbarossa: - Aspetta, aspetta … Neri, mi è capitata una domanda cattivissima …”Non è mai troppo tardi per diventare un bravo artista....lei quando inizierà ad esserlo?...ha già iniziato?...e come mai non ce lo ha mai detto allora?”-

N. Marcorè: - Ma queste domande erano invertite o sono capitate così a caso? Posso pescare anche nel cappello di Luca? … è divertente sta cosa! –

L. Barbarossa: - No. Nel mio cappello non ci peschi! La risposta è … ma lei come si permette??? Noi le apriamo le porte del nostro camerino, e anche le nostre braccia, che solo alcune donne fortunatissime hanno avuto questo onore e lei, lei che fa, ci tratta così a pesci in faccia …?-

N. Marcorè (gli fa eco): - … a pesci in faccia … che pesci sono? Dell’Adriatico? Cara signorina, ma almeno sono i pesci della nostra riviera adriatica?-

L. Barbarossa: - … questa domanda, cara signorina, sarebbe potuta capitare al mio socio, che notoriamente è violento …-

N. Marcorè: -…e sensibile!-

L. Barbarossa: - … lei deve ringraziare che sia capitata a me, perché altrimenti avrebbe fatto una brutta fine … magari quello se la baciava pure.-

L. Gioventù: - (fra me e me….Ho il timore che questi due si stiano prendendo gioco di me.)

N. Marcorè: - Adesso tocca a me (e legge la domanda successiva) …“ Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un calciatore..” (Francesco De Gregori). Nel caso….chi di voi due calcerebbe il rigore della vita?-

(R) - Toga! Che bella questa domanda! –

L. Barbarossa (intromettendosi): - Lui … lui … è lui, è lui, io segno sempre in corsa, non posso mica segnare da fermo…e poi siamo a Posto Sant’Elpidio mica a Fermo! –

N. Marcorè: - Allora … io sono uno che...punto. Boh, non lo so. Se c’è da prendersi una responsabilità me la prendo, quindi se c’è un rigore da calciare e se tutti indietreggiassero … lo tiro io … poi magari lo sbaglio … però lo tiro. Ma posso dire la stessa cosa anche del mio socio che c’ha gli attributi per dire “non mi si piegano le ginocchia quando devo affrontare una sfida” e forse litigheremo e ci picchieremo per battere entrambi il calcio di rigore. -

L. Barbarossa: - (leggendo una delle cinque domande che si era già letto mentre l’amico rispondeva) … “Con l’avvento del cinema e della fotografia si sta perdendo il senso della morte, oramai sembrano tutti ancora vivi e vegeti vedendoli alla televisione e alla fine nessuno muore più veramente. Il gesto di Mario Monicelli è secondo voi un nuovo modo di “vivere” ancora o e una scorciatoia per l’eternità?”-

(R) - Il gesto di Mario Monicelli mi ha molto colpito e commosso pur nella sua drammaticità - perché comunque un uomo che si lancia da una finestra è un gesto drammatico - mi è sembrato il congedo più logico per un laico quale lui era. Uno che ha sempre vissuto come aveva desiderato vivere e che ha scelto, non di togliersi la vita e di morire di morte violenta, ma di non morire tutti i giorni perché la malattia a questo lo avrebbe portato, ad una lenta ed inesorabile agonia. Ad una degenerazione che lui non avrebbe meritato né sopportato come nessuno dovrebbe sopportare. Quindi credo che  il suo gesto, paradossalmente, anche alla fine dei suoi giorni, sia stato un gesto verso la vita.-

N. Marcorè: - (molto serio) … posso aggiungere che, dal momento che abbiamo fatto la domanda sul rigore della vita, Monicelli ha tirato il rigore della sua vita. Ha deciso che la vita era la propria ed avendola sempre vissuta ad accelerazione piena, non si avvedeva a viverla in altro modo e ha deciso che la media non andava abbassata ed ha preferito fare così.-

Barbarossa conta i foglietti nel suo cappello e vede che gliene manca uno.

N. Marcorè (guardandolo) : -  ... ho letto le tue domande e te ne ho fregata una … ma adesso tocca a me leggere …“Se A è uguale al successo, allora la formula è: A uguale a X + Y + Z, dove X è il lavoro, Y il gioco, Z il tenere la bocca chiusa”. (Albert Einstein). Eppure un cantante e un attore proprio della parola e della bocca hanno bisogno … Quale fattore cambia nella formula del successo di Marcorè?-

(R) - Ma di che ti droghi? Di ciabuscolo? … La domanda è difficile però è semplice la risposta … è l’ironia. Nella formula cambia l’ironia. L’ironia nella vita è fondamentale … -

L. Barbarossa: - Adesso tocca ancora a me, senti questa Neri … “Attenti a quei due” è una minaccia oppure una promessa? Il vostro spettacolo è un’istigazione a delinquere, ad uscire di casa o che cosa?”-

(R) - La vera istigazione a delinquere, secondo me, è restare a guardare la televisione a casa. Credo che uscire per andare a vedere uno spettacolo sia sempre un gesto di grande curiosità e di apertura verso gli altri. “Attenti a quei due” è una delle tante occasioni per uscire di casa e visto che ognuno di noi ha tanti cavoli per la testa trovo che la leggerezza di questo spettacolo sia ideale. Questo non è solo uno spettacolo comico, a tratti porta anche alla riflessione, ha dei momenti musicali ed è fatto anche di emozioni. La somma di tutti questi fattori porta in definitiva ad uno spettacolo leggero ed io, molto sinceramene, quando esco di casa, dopo giornate pesanti e molto intense, fatte di tanti impegni, gradisco molto chi mi regala due ore di leggerezza. Sono molto più grato, per esempio, a Checco Zalone rispetto a quelli che mi fanno dei film che torno a casa che sto peggio di quando sono uscito … -

N. Marcorè: - … allora … “Barbarossa … Ariete 1961 e Marcorè … Leone 1966. Come riescono a convivere sul palco due “fuochi” come voi?"-

L. Barbarossa (ironicamente): -… due cuochi? Ci ha dato dei cuochi? -

N. Marcorè: - … Sì, si, dei cuochi … Luca, tra l’altro, è un ottimo cuoco!-

L. Gioventù: - “Convivere con un Leone significa sempre dargli ragione?”-

N. Marcorè: -  Ma no, ma non è vero … -

L. Gioventù: - “Come fa a resistere un bambino viziato come l’Ariete?-

L. Barbarossa: - … sì infatti … siamo un po’ viziati …-

L. Gioventù: - “Il passatempo di un leone è impartire ordini. Vuole essere sempre al centro dell’attenzione, è prepotente, è egocentrico e dà ordini a chiunque gli stia intorno?”-

N. Marcorè: - Noi siamo due segni di “fuoco” però capaci anche di lasciare spazio. Tra noi ovviamente abbiamo delle metodologie diverse per arrivare ognuno al proprio obiettivo, però in effetti siamo entrambi abbastanza “capoccioni”. L’uno con l’altro -e questo è forse il segreto del fatto che “stiamo insieme” da parecchio tempo- non ci pestiamo i piedi perché poi nei segni di fuoco c’è sempre uno che vuole imporre la propria volontà. In questo senso siamo molto umili…forse avremo degli ascendenti che ci favoriscono…io sono Leone ascendente Bilancia…lui forse una cosa simile…-

L. Barbarossa: - … io, sono Ariete ascendente Leone …. ammesso che mia madre ricordi a che ora sono nato … -

L. Barbrossa (legge la domanda successiva): - …”Nel caso i suoi figli le confessassero di voler intraprendere una carriera artistica simile alla sua,  spenderebbe il suo tempo per dare loro le informazioni giuste per sfondare o spiegherebbe fino alla nausea che ci sono professioni meno dispendiose e più remunerate di quella che fa attualmente lei?”-

(R) - Nessuna delle due cose. Secondo me è sempre bene quando un figlio vuole intraprendere una carriera artistica, perché anche questo è un segno di grande sensibilità ed apertura ma, sostanzialmente i figli devono essere felici. Un genitore lotta per la felicità dei propri figli e non deve intromettersi più di tanto ma deve però passare ai propri figli l’informazione che qualsiasi strada sceglieranno, questa deve essere una strada portata avanti con serietà e sacrificio. Visto da fuori si può pensare che il mondo dello spettacolo sia una passeggiata di salute invece, come tutte le professioni, anche in questa bisogna essere pronti a studiare, a sacrificarsi, a mangiare pane e polvere per parecchio tempo e poi forse ad avere dei risultati. Quindi bisogna insegnare ai figli che questa non è una scorciatoia e che le scorciatoie nella vita non si devono mai prendere.-

N. Mercorè: -… c’è gente di spettacolo tristissima e depressa e ci sono metalmeccanici felici ed entusiasti! -

L. Gioventù: - Altro giro, altra corsa … tocca a Neri! -

N. Marcorè: - “Un attore fa di tutto per diventare celebre e poi, quando ci riesce, si mette un paio di occhiali scuri per non farsi riconoscere”.(Marcello Mastroianni). Lei cosa indosserebbe per passare inosservato? -

(R) - Io sono stato riconosciuto nonostante fossi bardato da sciatore, quindi con la cuffia, gli occhiali, il giubbotto. Sembrava la scena del film “Fantozzi è lei?”. Mi hanno riconosciuto in fila allo skilift quindici anni fa dicendomi “ah … lei è Marcorè, ma con questa “canappia” si riconosce…!” Insomma, il naso non mi permette di camuffarmi. Dovrei indossare un naso diverso ma le dimensioni non sarebbero credibili quindi comunque non passerei inosservato … -

L. Barbarossa: - Ora tocca a me, che bella questa canzone …“bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà: tu giri adesso con le tette al vento, io ci giravo già vent' anni fa!”(Eskimo - Francesco Guccini). A suo parere, potendo fare un azzardato paragone fra i giovani della sua generazione e i giovani di quella attuale, in cosa i giovani di oggi continuano a non essere propositivi, per una scelta sbagliata del tempo da vivere o per contrarietà?-

(R)
- Le contrarietà credo ci siano sempre state. La favola dei figli che oggi hanno una strada più difficile di quella dei loro padri o viceversa a me non ha mai convinto pienamente. Credo che nell’accezione proprio del termine “giovane” ci debba essere proprio la capacità di saper rischiare, di azzardare, di prendere e andare. Spesso sento dire “ma i giovani non escono da casa perché le case costano troppo… e perché questo...e perchè quello…”  ma noi quando siamo usciti da casa non cercavamo casa, cercavamo tutto, tranne la casa! Anche oggi consiglierei ai giovani di andare, di inseguire i loro sogni, di tentare e di mettersi in gioco, perché se non fanno questo da giovani non lo faranno mai più.-

N. Marcorè: - Ora la leggo io questa domanda (e provandosi il cappello allo specchio) … è dei nostri, vero? … “Se vi offrissero due ruoli in un film, chi vorreste essere: Bud Spencer e Terence Hill; Stansky e Hutch oppure Jack Lemmon e Walter Matthau nel film ...La strana coppia???”-

(R) - Nessuna delle tre coppie. Questo spettacolo si chiama “Attenti a quei due” quindi vorremmo essere Tony Curtis e Roger Moore …-

L. Barbarossa:  -…Franco e Ciccio…!  (ride)

N. Marcorè (ridendo): - …cicciuzzo!… io sono più “british” per cui interpreto Roger Moore, lui invece fa Tony Curtis, l’americano. Però queste sono tre coppie meravigliose. A me personalmente piacciono tutte. Bud Spencer e Terence Hill, per esempio, però … siccome Luca dovrebbe fare Terence Hill ed io Bud Spencer….no, allora preferisco fare Stansky e Hutch. Io faccio Hutch e lui Stansky, che era quello più veloce. Va bene Luca?-

L. Barbarossa: - Io preferisco Stanlio e Olio! -

N. Marcorè: - …la prossima domanda è una canzone di Barbarossa… Luca leggila un po’ tu! -

L. Barbarossa: - …“Quando diventerò grande,
sarò famoso e sarò pieno di grana,
tornerò qui nel mio quartiere,
con una macchina americana,
e comprerò fiori per tutti quanti,
scenderemo in strada come a carnevale…”(Quartiere)
Ascanio Celestini dice che in fondo un quartiere è come un paese di provincia, ma un paese di provincia non sarà mai un quartiere…come mai?
-

(R) - Mammamia….ho i crampi al cervello con questa domanda…e questa perché l’hai data a me?-

N. Marcorè: - …perché è difficile no, mica sono fesso, te l’ho data apposta…-

L. Barbarossa: - Porto Sant’Elpidio oppure Porto San Giorgio non saranno mai un quartiere. Questo lo confermo, ma è ovvio anche che un quartiere, pure se vissuto come un paese, appartiene ad un insieme molto più grande e più complesso. Dal quartiere ci si può anche perdere e disperdere nei tanti vicoli e vie della città. Poi, tra me e Neri, c’è un’antica disputa sui vantaggi di essere romani o di essere di Porto Sant’Elpidio. Ognuno di noi tira l’acqua al proprio mulino: io sono, tutto sommato, contento di essere nato e vissuto a Roma perché è una città che aveva il fascino del paese e nel contempo aveva l’attrazione di una grande metropoli … di un grande crocevia di storia, di racconti e di persone. -

N. Marcorè: - Io sono contento di aver vissuto l’infanzia in un paese come Porto Sant’Elpidio dove tutto è a dimensione riconoscibile. Dopo di che, quando si cresce, quando ci si ingrandisce (ride) e si ha bisogno di avere stimoli diversi... poi … insomma, sono felice di aver passato l’infanzia e l’adolescenza in provincia, e sono felice anche che la vita poi mi abbia dato l’opportunità di passare in una grande città con stimoli diversi. Ciò non toglie che Sant’Elpidio ha sempre qualche cosa in più rispetto a Roma….ecco…c’ha più lettere per esempio….P o r t o S a n t’ E l p i d i o…(ride) -

N. Marcorè: - Vabbè, dopo questa superiorità di Sant’Elpidio passiamo alla prossima domanda …“Quando certi uomini di teatro sollecitano la partecipazione viva del pubblico ai loro spettacoli dovrebbero meditare sui pericoli cui vanno incontro.” (Ennio Flaiano) …Grande saggezza, ma la domanda qual è? Ah … eccola! …”A Sant'Elpidio a Mare il mare non c'è, a Porto Sant'Elpidio il porto non c'è, al Teatro delle Api sperate di trovare il miele oppure avete paura delle punture degli spettatori?”-

(R) - Domanda curiosa, se permetti, ma anche un po’ birichina. Al Teatro delle Api non abbiamo mai paura degli spettatori ed è un teatro che da quando ha aperto i battenti sta andando benissimo. È diventato un polo culturale importante per questa zona, non soltanto di questa città, se così può essere definita. Insomma, il miele in qualche modo lo abbiamo già trovato e gli spettatori direi che pure si dichiarano sempre molto contenti e lo si vede dalle partecipazioni con cui affluiscono al teatro. Anche la tua bella faccina viene spesso a teatro, vero? Brava, fai bene! -

L. Barbarossa: - Senti questa invece, qui c’è il nostro amico Giorgio…”Non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me.” (Giorgio Gaber). Sinceramente, lei teme più Berlusconi o se stesso?-

(R) - Secondo me questo paese è diviso tra persone che amano troppo Berlusconi e persone che lo odiano troppo. Io vorrei semplicemente prescindere da Berlusconi.

N. Marcorè: - Berlusconi eh … ignorarlo!-

N. Marcorè:  - Luca senti questa, adesso qui ci si stringe il cuore …”Non è Francesca” (Lucio Battisti) E allora chi era la ragazzina per la quale avevate perso la testa?-

(R) - Ho avuto amori folli a partire dell’infanzia in poi, bambine e poi ragazze per le quali avrei dato braccia, arti e tutto poi, dopo qualche mese o anno, è tutto passato quindi nell’ordine…Maria…Sonia…Catia….ecct…ecct.-

L. Barbarossa: -… anche io ho avuto un amore folle ... perché mi ero dimenticato di mettere la marcia … siamo andati a sbattere sull’albero di cedro …-

N. Marcorè: - Quante ce ne stanno di domande ancora?-

L. Barbarossa:  - Dai Neri, sbrighiamoci, dobbiamo andare! Questa è l’ultima… è l’ultima per tutti … dobbiamo proprio andare … si è fatto tardi. Io sono il cattivo dei due, non so se l’ha capito… (manca veramente poco all’inizio dello spettacolo ) …”È tutto un rivisitare, tutto una cover con novità rare ma con molte rielaborazioni, l’utilizzo ed il recupero del passato nell’arte, nella musica, nel cinema sta diventando una necessità, una moda o paura per il futuro?”-

(R) - È un momento di grande crisi creativa internazionale, non solo Italiana. Non arrivano grandi idee. Questo è secondo me frutto di una società del benessere che crea poche “necessità interiori”. Se la gente sta bene, “non soffre” … non è ispirata … sono tutti molto soddisfatti materialmente. Siamo tutti dei grandi compratori di cose ...-

L. Gioventù: - …Compri cose di cui non hai bisogno…-

L. Barbarossa:  - Esatto, ci convincono che senza queste cose non si possa vivere. Non è così. La ricerca di queste cose e la lettura del manuale per utilizzarle -perché in genere si tratta di tecnologia- prende quasi tutta la nostra giornata e poi, l’impiego stesso di queste cose, ci porta via altro tempo ... vedi computer, televisioni, videogiochi e tutto il resto. È ovvio che questo sistema non produca grande ricerca interiore e quindi grandi idee per l’arte. Credo quindi che, tutto sommato, non sia da disprezzare la rivisitazione dei classici perché, come dice la domanda, almeno è una certezza di qualità e di contenuto della proposta.-

N. Marcorè: - Ultima domanda, questa è seria … possiamo rispondere anche insieme ...-

Luca Barbarossa inizia a prepararsi per lo spettacolo provando il suo Panama.

L. Gioventù: - Vi faccio io la domanda…”Ritornate sul palco per una serata di beneficienza a favore della fondazione marchigiana Paladini. Il ricavato della serata sarà utilizzato per finanziare progetti a favore di persone affette da patologie neuromuscolari. La solidarietà è spesso confusa con la beneficenza, o peggio con l'elemosina, come riconoscerne la differenza e come spiegare a chi pratica il disinteresse che di solidarietà non ce ne sta mai abbastanza???”-

N. Marcorè: - La differenza tra elemosina “brutta” e solidarietà è che l’elemosina si fa per liberasi da uno scocciatore o per sistemarsi la coscienza, la solidarietà invece è un percorso interiore molto più profondo che parte dal prendere coscienza del fatto che c’è chi nella vita ha avuto più opportunità e chi ne ha avute meno. Non sempre questo dipende dalla propria volontà, ma anche da un fatto casuale. Chi è fortunato dovrebbe pensare che se si fosse dall’altra parte sarebbe bello non essere dimenticato. La solidarietà fa si che chi può non smetta di guardare agli altri con l’obiettivo di livellare, nel suo piccolo, le piccole e grandi disuguaglianze che vivere in questa società moderna e liberista composta. Se i governi, ma anche questo governo, avessero fatto delle politiche sociali che tendessero a livellare queste sperequazioni non ci sentiremo giorno dopo giorno chiamati come cittadini a fare il numero verde per donare tramite sms due euro. C’è sempre molto bisogno di solidarietà perché evidentemente qualcosa non funziona anche a livello di politiche sociali e governative. Ci sono due aspetti. Uno, quello personale e privato che è quello di guardare sempre agli altri e dall’altro, sopperire a qualche mancanza istituzionale.-

L. Barbarossa: - Concordo…concordo…però ora dobbiamo proprio scappare …domande molto carine….-

N. Marcorè: - …davvero … alcune molto belle.-
 
A questo punto bussano alla porta ed entra un tecnico per avvisare che è a breve ci sarà l’inizio dello spettacolo: - Ma che state facendo ancora qui, ci sono 1300 persone che vi stanno aspettando là fuori!!!-

L. Gioventù: - …accidenti, avrei voluto avere più tempo! Grazie ragazzi, siete stati molto gentili, anche se un po’ “cattivelli” nel giocare con me … ma  in pratica, tra voi due, chi è il buono e chi è il cattivo….oppure vi scambiate i ruoli?-

N. Marcorè: - Luca è il cattivo. Però il cattivo vero sono io, ma faccio passare per cattivo lui. Cattivi siamo tutti e due. Però Luca interpreta meglio la parte del cattivo, è lui che caccia le giornaliste dai camerini, è lui che dice “adesso andiamo” quando i fans stanno in fila. Io dico che purtroppo è lui che mi richiama, faccio finta … e invece … alla fine … -

L. Gioventù: - Per cui alla fine Neri Marcorè è quello più disponibile…-

N. Marcorè: -… questo è quello che appare! -

L. Barbarossa: - Voglio rispondere all’ultima domanda come i condannati a morte…-

L. Gioventù: - Va bene, l’ultima domanda … “Queste sono le “Marche Sporche”…-

L. Barbarossa: - … Ma queste quali, scusa ? –

N. Marcorè: - Questa zona qua, da Macerata ad Ascoli Piceno, sono le Marche Sporche. -

L. Barbarossa: - Ah, ora ho capito, è la zona che si chiama così… -

L. Gioventù: - Bene … “queste sono le Marche Sporche … avete paura di sporcarvi oppure vi siete lavati le mani?”-

L. Barbarossa: - Ma questa domanda neanche Marzullo la farebbe…è una domanda terribile. Mi rifiuto di rispondere…ahahahaah -

Nel frattempo Luca Barbarossa continua a guardarsi allo specchio con il Panama in testa. Caspita quant’è vanitoso! E mentre mi stanno spingendo fuori dalla porta mi giro per l’ultima domanda …”E visto che siamo nel distretto calzaturiero più importante del mondo, ditemi a chi vorreste fare le scarpe e a chi dareste una sòla…???

E finalmente i due ragazzi irresistibili restano a bocca aperta.

N. Marcorè: - … a chi vorrei fare le scarpe boh…che ne so…. a Ibrahimović. Vorrei avere i piedi di Ibra… -

L. Gioventù: - …e dare una sòla…?-

L. Barbarossa: - Al nostro impresario e … alle giornaliste ficcanaso che non se ne vogliono mai andare! - (ride)

L. Gioventù: - … grazie ragazzi, siete stati molto carini…ah…dimenticavo, i cappelli sono un nostro pensiero, perché noi non facciamo solo le scarpe.-

N. Marcorè: - Vorrei aggiungere una cosa! Posso? A me non piace dare sòle. Preferisco dire sempre quello che penso in faccia alle persone. … Grazie per l’intervista! -

L. Barbarossa: - Sinceramente io una bella sòla la darei…-

N. Marcorè: -… a chi la daresti?-

L. Barbarossa: … alle banche, alle assicurazioni, alle compagnie telefoniche. A tutti quelli che le danno regolarmente tutti i giorni a noi …-

N. Marcorè: - … ammazza che bella risposta!-


E su questa frase hanno chiuso la porta e sono andati a prepararsi per lo spettacolo che da lì a qualche munito avrebbero messo in scena facendo contente più di 1300 persone accorse per vederli sul palco.
Veramente due ragazzi irresistibili, dei professionisti in gamba, due persone squisite. È vero, uscire di casa per certi spettacoli è gratificante.

(Proprietà letteraria riservata)

Pubblicato su ... seratiamo.it
Pubblicato su ... informazione.tv

mercoledì 5 gennaio 2011

Rincorrendo Franca

Intervista all'Avv. Franca Romagnoli.
Di Laura Gioventù

Franca Romagnoli

Che cosa ne pensa della candidatura per le comunali di Fermo della Proff.ssa Nella Brambatti nel centro-sinistra? La candidatura di una donna rappresenta una novità positiva per la politica locale?    

Credo non sia sufficiente essere donna.
Nonostante apprezzo con favore quando si candidano le donne, io non sono per le donne a prescindere.
Sicuramente però quella della Brambatti è una candidatura di valore per la sua storia e la sua cultura.
La sua provenienza è decisamente di sinistra per cui, guardando oltre la novità, credo ci sia poi bisogno di una grande capacità di aggregazione e questa, nel caso di Nella Brambatti non credo sia piena.
Dubito riesca ad avere un consenso pieno a 360 gradi proprio per la sua spiccata connotazione.
Non credo nemmeno che la politica debba essere così, ognuno ha il suo schieramento, ma sono certa troverà difficoltà ad entrare in certi ambienti proprio per la sua provenienza e la sua personalità, doti che comunque apprezzo e reputo molto importanti.
È una donna che ha già dato a Fermo, che ha avuto le sue esperienze e penso che la sua candidatura  sia “anomala” rispetto alla scelta di non ricorrere alle primarie, metodo con cui il centro-sinistra si muove sempre.
Una anomalia in questo senso la registriamo, però non so dire se il criterio utilizzato sia un bene o un male. Lo vedremo dall’esito delle elezioni.

Secondo lei la Brambatti è troppo legata al suo partito?

Lei viene dal PCI, quindi da una cultura fortemente di sinistra…e non so se questo andrà bene per tutte le stagioni.
Fermo attualmente ha bisogno anche di estrema moderazione.
Il centro-sinistra deve superare più sconfitte comunali e quindi una maggior capacità aggregativa poteva essere necessaria.
Sicuramente questa è una scelta “identitaria” forte; ed a me piace pure una persona che coerentemente va avanti cercando di mettere più possibile passato e presente insieme però poi  non sempre gli elettori sono d’accordo.
È una scelta precisa.

Qualcuno sostiene invece che la candidatura della Brambatti si orienti al centro. Lei che ne pensa?

Io non vedo grandi centri a Fermo.
Non li vedo anche negli schieramenti. Credo e spero che l’Udc resti con il centro-destra e soprattutto non credo che possa sostenere la candidatura della sinistra.
Gaetano Massucci ha già detto espressamente che non sarà della partita quindi sinceramente lo schieramento della Brambatti è fortemente sbilanciato a sinistra a meno che non ci si inventi un nuovo “centrino”.
Non credo assolutamente che proponendo la Brambatti abbiano voluto in qualche modo inseguire il centro.
Candidando la professoressa hanno fatto altre valutazioni, hanno fatto una scelta di forte connotazione; rispettabile, certo, ma i moderati avranno sicuramente qualcosa da ridire…

E lei, al posto di Nella, avrebbe accettato questo impegno?

Anche io avrei accettato. Insomma, è una bella sfida e credo sia normale l’abbia affascinata.

Come valuta l’attuale situazione politica del centro-destra fermano?

Il centro-destra a Fermo è da ricompattare e auspico che questo avvenga a breve.
Non siamo certo noi, parlo dei miei amici, di Futuro e Libertà, e di buona parte degli ex An, a dover ricompattare se parte dirigente, perché le divisioni sono state fra altri.
È comunque indispensabile trovare un’unione generale. Io lavoro affinché la coalizione sia la più larga possibile e riprenda quella fatta nel 2001, quindi contenga l’Udc, i civici, il PDL, la Lega, Di Ruscio e Futuro e Liberà.

In previsione, secondo lei, quando riuscirete a tirare fuori il candidato del centro-destra? Si arriverà in prossimità delle elezioni? Oppure state aspettando che si chiarisca meglio la situazione politica a livello Nazionale? 

Il discorso Nazionale qui a Fermo non inciderà più di tanto qualora, come io spero, si riesca ad andare tutti insieme alle elezioni.
Ho avuto contatti con l’on. Ceroni e posso confermare che non c’è nessun attendismo di questo tipo.
Futuro e Libertà ovviamente sta nel centro-destra e spero starà con tutte le altre forze politiche di destra perché solo stando insieme si può vincere.
Credo sia solo un problema di coesione.
Ritengo addirittura che la scelta stessa del candidato sindaco è “secondaria” rispetto alla compagine.
Se si è uniti un condottiero comunque lo si trova.
L’unità è il valore primario in questo momento per il centro destra ed il programma. Non è sul candidato che si sta discutendo. Bisogna prima rimettersi tutti intorno ad un tavolo.

Nella scelta del candidato, ritiene opportuno anche per il centro-destra individuare una figura estranea alla vita attiva e alle polemiche dell’amministrazione Di Ruscio? Come valuta il possibile candidato individuato nella precedente intervista dall’assessore Buondonno, potrebbe essere una soluzione da prendere in considerazione?

Credo proprio di sì.
Adolfo Leoni, anche se esterno alla politica comunale non è estraneo alla politica. Conosco Leoni da quando militava nei movimenti giovanili, da molto prima di quanti magari lo conoscono e lo apprezzano adesso.
Lui ha avuto la sua evoluzione e la sua coerenza culturale e forse pochi identificano la sua attività come politica perché da anni si occupa più di cultura e di comunicazione.
Credo che una candidatura del genere, decisamente diversa per collocazione e matrice culturale, sia fortemente alternativa alla Brambatti.
Questa è la cosa che più mi piacerebbe e sono certa che in questa ipotesi i moderati li accoglieremo.
È un’idea molto positiva.
Io voglio bene ad Adolfo Leoni e lui lo sa. Abbiamo fatto attività culturali insieme e lui, in particolare, prestando la sua opera anche a nostri convegni politici ma non solo, ha un’attenzione valoriale che per me è indispensabile in politica e che in ogni caso aggrega perché lui è anche l’uomo dei moderati, è l’uomo anche divulgativo. Insomma, è tutt’altro del talebano.
Talebani magari lo si è nei principi, ma non nei metodi e nel fare politica. È diverso.
Ben venga quindi, con un avversario del genere e tutti uniti e compatti, saremo noi a vincere a mani basse.
Ora non voglio bruciare questa ipotesi che ho appreso anche io della sua intervista, però, è l’esatto contrario. Prioritaria è la coalizione e prioritario il programma. È necessario che la candidatura esprima questa unità perché di grandi solisti che spaccano non ne abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di recuperare unità e di qualcuno che la rappresenti.
È proprio la mancanza di unione che ci ha creato problemi alle provinciali.
È evidente e mi metto insieme a tutti coloro che hanno determinato quelle candidature e quella sconfitta.
Avremmo potuto ottenere un esito diverso se si fosse cercata l’unità.
Forse era già troppo tardi e sarebbe stato comunque impossibile ma a molti però quell’episodio sembra non aver insegnato nulla.
A me sì.
La sconfitta dovrebbe insegnare più di mille vittorie, purtroppo però non ho sentito grandi “mea culpa”.
Io ho sempre cercato l’unità. Ovunque.
I primi tempi a Fermo, poi anche a Porto San Giorgio per portare dentro Stampatori e l’Udc che fino all’ultimo giorno non volevano Andrea Agostini. Per le provinciali l’impresa  era ardua, quasi impossibile.
La questione è stata radicalizzata su due nomi. Non ci sono riuscita e non ci sono riusciti neppure gli altri.
Siamo partiti con questo handicap. Solo la coesione ci poteva far vincere.
Adesso, non riconoscerlo e non farne tesoro, solo per levarsi delle soddisfazioni, o per fare ancora dispetti e dispettucci, non so proprio come definirlo.
Se questa volta non si recupera, temo che il popolo del centro-destra ci prenda a sassi. Dobbiamo fare molta attenzione, bisogna superare questi personalismi, abbiamo bisogno di unità a tutti i costi.
Noi come Futuro e Libertà per ora non abbiamo nessuna candidatura da proporre. Staremo nel centro-destra purché veda tutti i protagonisti del centro-destra uniti e solidi. Diversamente partiremo con il piede sbagliato.
Io parteciperò attivamente e darò il mio apporto come dirigente di questo nuovo partito.

Recuperando l’unita e con una candidatura nuova, seria e credibile, il centro destra non avrà problemi a vincere di nuovo. Dell’amministrazione Di Ruscio c’è tanto da salvare  e portarsi dietro.

Secondo lei, una figura come Adolfo Leoni garantirebbe una giunta pulita oppure permetterebbe i soliti giochi e calcoli di partito?

Il rilievo dei partiti la politica deve sempre averlo.
Non si corra il rischio di dimenticare la politica il giorno dopo eletti perché si vince per la qualità del candidato sindaco ma si vince anche per i partiti.
Questo è ora che anche il soggetto più bravo del mondo, anche se viene da altre esperienze, come potrebbe essere un Adolfo Leoni, lo tenga ben presente.
Non dimentichiamo comunque che Leoni è un politico e la sua non sarebbe una candidatura civica.
Lui è un politico della politica vera, quella fatta di valori, della mediazione, della partecipazione. Ed a mio avviso lui saprebbe mediare.
Gli “ufo” sono un macello, rischiano di dire “sono tutto io ed i partiti non mi servono più”.
Il candidato deve essere una persona che rispetta la politica, quella sana, quella buona, non del manuale Cencelli, deve essere un mediatore che comunque rispetti la politica che ti ha permesso di diventare Sindaco.
Adolfo Leoni sarebbe in grado di farlo. Lui in questo senso è un “homo novus reale”. Per lo meno il cammino che con lui abbiamo fatto su certi valori e su certi principi mi porta a dire questo. Anche sperimentandolo non avrei delusioni.

Per Futuro e Libertà, su tantissimi valori, dal senso del dovere all’etica pubblica, sono convinta Leoni saprebbe rappresentare bene tutte le novità alla base di questo nuovo movimento.

Quale è la differenza tra destra storica e destra “manganellara”?

Quella “manganellara”, per fortuna, non ci appartiene.
Io credo però che nemmeno il fascismo sia stato la rappresentazione di una destra “manganellara”.
Manganellara indica un metodo, è una degenerazione che può appartenere anche alla sinistra.
Appartiene agli urlatori. Non credo, anzi, ne sono certa: neppure il ventennio fascista può essere ridotto a tale definizione. La destra storica, anche se finita, è quella ottocentesca di Cavour da cui ha preso piede la dicotomia destra e sinistra. Sotto alcuni aspetti questo tipo di destra ancora resta, ma a me piace parlare di una destra europea e moderna rispetto ad una destra populista. Manganellara no, ma populista sinceramente ne vedo troppa in Italia. La deriva plebiscitaria, la ricerca del consenso, la ricerca dello scontro, l’aggressività… insomma, con questo nuovo partito vogliamo voltare pagina. Sia nei metodi sia nei principi.
La destra europea di David Cameron, la destra di José Marìa Aznar oppure quella di Nikolas Sarkozy, sono esempi di destre dialoganti, liberali e conservatrici.
Conservatrice nel senso di recuperare la tradizione e di riformare nell’ambito di una matrice conservatrice.
Che non c’entra nulla con lo strillare, con quello a cui purtroppo il Pdl e il “berlusconismo” ci hanno abituati negli ultimi anni ed a cui purtroppo An si è assuefatta.
Quella che ora sogna Futuro e Libertà è una destra riformista.

Il revisionismo?

Il revisionismo appartiene ad un atteggiamento storiografico.
È giusto esserlo.
lo abbiamo predicato per anni chiedendo giustizia su certe visioni errate e faziose del fascismo e della storia della seconda guerra.
Credo che ora si vada con grande serenità in quella direzione.
Il 25 aprile sta diventando sempre più una festa condivisa, i martiri sono stati riconosciuti da una parte e dall’altra.
Il revisionismo anche su Mussolini e su tutta un’epoca storica è avvenuto come è avvenuto il riconoscimento dell’olocausto e delle tragedie della seconda guerra.
Un riconoscimento di responsabilità che nei primi anni non c’era stato. Quello è un atteggiamento storiografico che spero prosegua ma già è a buon punto.
Il riformismo per noi invece è una parola che va riempita di riforme. Le riforme del centro-destra ovviamente non sono le stesse della sinistra. Noi partiamo da un approccio diverso, l’On. Fini pone al centro il dovere più che i diritti.
Oggi la cultura e l’etica del dovere non la sento nominare dalla sinistra ma neanche dal Pd.
Le nostre sono riforme di giustizia, dove l’ordine e la legalità devono avere il primo posto. Sicuramente teniamo conto anche la solidarietà. Siamo riformisti, ma l’unità nazionale, la patria ed una certa politica estera sono comunque pilastri che vanno conservati. Senza venir meno a questi capisaldi, ecco che si può essere riformisti e conservatori allo stesso tempo.
Auspico che questa nuova destra liberale riesca ad essere conservatrice della tradizione e di ciò che è l’identità italiana per poi fare le riforme necessarie.
Il disagio che avvertivo nell’altro partito era grande perché di riforme non se ne parlava se non di riforme ad uso personale. Il respiro non era certo quello della cultura del dovere, dell’unità nazionale e del rispetto delle istituzioni. Ho visto troppi sfregi verso le istituzioni. Dalla sinistra, per inciso, me lo aspetto, perché è uno dei motivi per cui da sempre sono in politica.
Per noi c’erano certi assiomi mentre  per la sinistra c’era una deriva di altro tipo, ma che lo avesse fatto il mio governo, i ministri del mio governo e che lo facesse la Lega insomma… il non rendersi conto che se si rappresentano le istituzioni non si è più uomo di parte…questo per me è inaccettabile.
La condizione della donna, il velinismo, atteggiamenti di carrierismo facile di donne che dall’oggi al domani, senza alcun merito politico, ricoprono ruoli chiave per sole  scelte dispotiche del capo è una mentalità opposta a quella della militanza di destra a cui sono sempre stata abituata.
Un forte disagio per me che per una serie di congiunture strane, Fini che è stato cacciato, Fini che ha deciso di andarsene e noi che abbiamo seguito il nostro capo, ora sento una serenità che non avevo da anni.

Oltre che coerente lei è stata anche molto coraggiosa …

Sì, fin dalla prima ora, come credevo dovessero fare tutti quelli che avevano avuto Fini come leader, come mi aspettavano che facessero soprattutto quelli che Fini ha messo in lista.
Perché io, Franca Romagnoli, Consigliere regionale, ho preso sempre le mie preferenze per stare in Regione. Penate. Il partito ha fatto la sua parte ma il candidato fa abbondantemente la sua. È un sistema elettorale di forte meritocrazia.
Alle politiche il sistema è completamente diverso. I posti sono bloccati, in base a dove ti mettono nelle liste si è eletti o meno. Sinceramente dai deputati messi da Fini in lista mi aspettavo un minimo di riconoscenza, invece c’è stata la corsa verso il nuovo capo Berlusconi  e questo mi ha sconvolto.
Per me è stata una scelta consequenziale.
A Febbraio avremo il Congresso Nazionale. Fini il 24 sarà nelle Marche e lo porterò anche a Fermo.
Sono certa che andrà bene nonostante abbia avuto una notevole battuta di arresto dovuta anche ad una impostazione forse non perfetta nella comunicazione data nell’ultima fiducia parlamentare.
Forse potevamo evitarla.
Forse questa cosa è diventata troppo populista, mentre noi dobbiamo rifuggire il populismo.
L’antiberlusconismo non deve essere la bandiera del nuovo partito. Noi dobbiamo andare oltre Berlusconi e non contro Berlusconi.  Si era creata questa aspettativa, avevamo urlato troppo. L’obiettivo era diventato quello di mandare a casa il governo. Cosa sbagliata.
Il nostro obiettivo è costruire negli anni un qualcosa di diverso che sia il nuovo Pdl, che già non esiste più.
Lo chiameranno Popolari, segno evidente che il cofondatore era indispensabile. Cambiano nome, cambiano tutto nel Pdl. Berlusconi diventerà coordinatore unico. Fini non era un accessorio, era il cofondatore. Ne hanno preso atto e cambieranno il partito anche loro. Per questo errore di comunicazione con il voto della fiducia il 14 dicembre abbiamo avuto questa battuta di arresto. Ora ripartiamo. Sono convinta che le cose andranno bene. Ci vorrà del tempo per far capire certi contenuti, la strada è in salita. Comunque vada sono contenta della mia scelta. Anche ripartire dai numeri piccoli come per anni abbiamo fatto nell’Msi, per costruire qualcosa di grande a me non fa paura, anzi, provo un entusiasmo che non avevo da tempo.
Non c’è solitudine nei numeri primi, solo molto entusiasmo.

La destra fa tanto riferimento alla famiglia,  poi però i suoi leader, Bossi, Berlusconi e Fini sono tutti separati mentre a sinistra sono tutti ancora (felicemente ?) sposati.  Possiamo dire che la sinistra è bigotta oppure è la destra ad essere ambigua?

A me, Franca Romagnoli, questa cosa dispiace moltissimo.
Io sono cattolica tradizionalista e credo che l’esempio non sia solo pubblico ma anche privato.
Un politico che salva la sua famiglia e la fa durare negli anni è per me un ottimo esempio. Io cerco sempre di testimoniare quello che dico. Per me è un assioma. Per me la famiglia è un valore ed ho sempre cercato di viverla come tale tutta la vita. Sono sposata da trent’anni e sono fiera di questo. Capisco che ci siano situazioni diverse e mi dispiace molto che i leader del centro-destra  come anche Casini, siano incorsi in queste vicissitudini. Non credo sia una regola, ma a me dispiace.
Il problema è un altro e si pone sullo sbandierare i valori cattolici da parte del Pdl.
Questo mi preme dirlo. Non è solo sulla famiglia. Io credo che questa difesa dei valori cattolici, al di là delle singole situazioni personali, vada oltre la predica. Si rischia una sorta di “fariseismo” eccessivo.
Fare puntualmente il controcanto del Papa solo per recuperare consensi non ha senso. Come non lo ha senso invocare l’unità politica dei cattolici, che sappiamo non esiste più, quasi in una sorta di nuova Democrazia Cristiana. L’unità politica dei cattolici a mio avviso va trovata nelle aule parlamentari battendo i pugni su certi temi.

Cercare la convergenza con tutti i cattolici che si trovano in tutti gli schieramenti politici è doveroso per un cattolico che fa politica.
Però pensare che un partito come il Pdl, che è pieno di atteggiamenti ambigui sulla famiglia  ma anche di altre trasgressioni di principi e valori fondamentali,  e che a mio avviso ha creato addirittura tutto un modello sociologico particolare, dal “velinismo” al carrierismo passando per il consumismo dei grandi centri commerciali, che è tutt’altro dalla sobrietà e che è lontanissimo dalle beatitudini che il vangelo ci raccomanda, ed avere la presunzione di essere l’unico partito a poter agitare la bandiera dei cristiani è gravissimo.
È una grande ipocrisia.
Un atteggiamento “fariseico” che punta solo, ripeto,  ad accattivarsi le simpatie, a Roma, d’Oltre Tevere (Vaticano), qui sicuramente del clero ma non solo.
Credo che la Chiesa abbia bisogno d’altro, abbia bisogno di convinzione , di testimonianze e di esempio prima che di parole. Dico questo perché amici carissimi che sono rimasti nel Pdl mi dicono che è meglio un Berlusconi che razzola male ma poi consente certe leggi.
Fini le consentirà lo stesso perché questi sono temi di libertà di coscienza dove le maggioranze si troveranno. Si troverà la maggioranza sul testamento biologico, sulle unioni di fatto. Ognuno voterà secondo coscienza. Ridurre i partiti a confessionali per poter dire gli altri sono laicisti è una strumentalizzazione.
Sento parlare di valori cattolici da persone che hanno militato da anni con me e che non ho mai saputo fossero cattolici, non me ne sono mai accorta. Lo so per certo di Alfredo Mantovano, con cui ho intrapreso un cammino di fede, ed è la persona che più vive ed esprime i valori cattolici. Poi escono certi nomi, non solo a Roma, ma anche nelle Marche, a difensori della Chiesa e dei valori cattolici nel Pdl oppure in An che io non ho mai visto entrare in Chiesa, che non ho mai visto prendere un sacramento, che ho visto calpestare i diritti umani e le donne. Ora si sta facendo una corsa sfrenata ai temi cattolici da persone che per vent’anni, che fossero cattoliche, non me ne sono mai accorta perché non lo sono. Allora credo che un cattolico che testimonia con l’esempio questi valori in Futuro e Libertà o nell’Udc sia più impostante di un partito che li mette nel proprio proclama e poi li calpesta nella vita.

A me dispiace che Fini sia ateo perché non ha la rivelazione della fede che è la cosa più bella. Se potessi gliela regalerei per fargli del bene. Purtroppo lui non ha questo dono, ma stiamo comunque lavorando al manifesto dei credenti per far capire che all’interno di Futuro e Liberà ci sono credenti e non credenti. Un partito laico è questo, c’è tutto. Noi poi lavoreremo con tanti altri credenti di tanti altri partiti per affermare determinate idee. Quanti cattolici del Pd voteranno insieme su certe cose? Questo significa essere laici. Pretendere che un partito abbia la bandiera del cattolicesimo rappresentato da persone che, ripeto, non hanno mai vissuto un’ora di cattolicesimo è davvero insopportabile per me.
Non solo mi crea disagio, mi indigna!


Quando le donne scendono in politica spessissimo devono sacrificare molto della loro vita privata, matrimonio, famiglia e carriera professionale.
Lei è sposata da trent’anni, ha due figli, fa l’avvocato, per un periodo ha fatto anche l’insegnante ed è stata sempre impegnata in politica, insomma, non si è certo riposata nella vita.
Come è riuscita e riesce a conciliare tutto? Quali consigli darebbe alle donne che vorrebbero partecipare attivamente alla politica per non cadere nella trappola dei ricatti affettivi e dei sensi di colpa?


Conciliare tutto è molto difficile. Nessuno si illuda che la situazione della donna sia uguale a quella dell’uomo.  Per la donna che voglia mantenere, come ho fatto io, la priorità assoluta della famiglia e dei figli, cercando di declinare intorno alla famiglia tutto il resto e cercando di rendere tutto compatibile con la famiglia è difficile.
Non dare delle scelte e mettere tutto sullo stesso piano da infelicità alla donna che sceglie di essere madre. Non si tratta di sensi di colpa, ma è la famiglia che va a rotoli. Ritengo che se la donna non si dedica alla famiglia va tutto allo sbaraglio. È difficile poi educare e mantenere l’unità.  la priorità è la famiglia che poi diventa anche il motore. Per me lo è stata. Adesso sono con Fini anche e soprattutto per i miei figli che mi avevano dato quasi un ultimatum. Sono figli di destra, che hanno fatto le loro esperienze, soprattutto mio figlio che sta con Azione Giovani, sono figli dello stesso schieramento ma che si sentivano imbarazzati verso il Pdl tanto che per loro è stato difficile anche votarmi e scrivere il mio nome. Purtroppo io ho ascoltato anche loro. I giovani, a differenza di quello che è stato fatto ultimamente, se non da Napolitano, vanno ascoltati. Se un giovane sentiva imbarazzo per un certo modo di fare politica di un certo partito rispetto alla madre evidentemente qualcosa non andava.
Ripeto, per fare tutto questo, per ascoltare ed educare i figli occorre che la priorità sia la famiglia e che su questo non si deroghi. Poi, se la famiglia funziona diventa il mio motore.  Se la famiglia non funziona probabilmente io sarei stata ferma e non avrei fatto politica, non avrei fatto l’avvocato.
Se un figlio ha problemi, se un figlio non è sereno, non credo che una madre riesca ad uscire e fare un comizio. È stata molto dura e ringrazio il Signore che provvede ad illuminare. La scelta comunque va fatta. Non si può pensare che tutto stia nello stesso piano. La priorità assoluta è la famiglia.
Poi per chi non la fa, fa molto prima. Per una donna che sceglie, rispettabilissimo, di non avere famiglia e di non avere figli, le cose sono molto più semplici. Soprattutto per arrivare a certi livelli che io mi sono preclusa.  Fare il Consigliere Regionale è tanto ed è un ruolo che comunque svolgo tornando sempre a casa, facendo le riunioni nel pomeriggio, anche se ora i miei figli sono grandi. Sicuramente mi sono data delle limitazioni. Una donna che non ha famiglia può sicuramente fare di più, nella professione come nella politica. Questo è sicuro, ma deve essere una scelta. Fare famiglia per poi sacrificarla è la cosa peggiore che si possa fare. È difficile. È dura. Dico comunque alle ragazze di provarci. Di essere convinte. Gli uomini non ti fanno spazio. Lo spazio in politica te lo devi ottenere prendendo i voti e non aspettando santi dal cielo. Perché la tua libertà non ha prezzo. Facendosi mettere in lista dal capo di turno si perde la propria libertà perché poi devi essere devota a quell’uomo e non più ad una idea. Ma anche l’avere sponsor di tipo economico fa perdere la propria libertà.
Per cui una donna in politica deve sapere che deve lavorare, deve radicarsi, deve prendere i voti, deve credere nelle idee ma non nel padrone di turno, che sia politico o economico.
E per questo raccomando la gavetta. Partire subito con le elezioni politiche, fino a quando ci sarà questo schifo di legge elettorale, è il modo peggiore per la donna per non essere libera. Devi prima piacere ad un uomo che ti mette poi in lista e ti sponsorizza. Questo significa perdere la propria dignità e spesso la propria libertà. Un’altra cosa che raccomando sempre alla donna in politica è di non rincorrere l’elezione per ottenere solamente la carica. Fino a quando la donna non arriva nella stanza dei bottoni e fino a quando il partito lo fa l’uomo è difficile che una donna abbia potere. Io ho amministrato i partiti, ho fatto i congressi e li ho pure vinti. Solo una volta sono stata nominata, solo nel Pdl, ma poi tre mesi fa mi sono dimessa da coordinatrice provinciale proprio per seguire Fini.

Avere il partito in mano, quindi più donne e meno uomini all’interno, solo questo può far si che la vita di partito possa premiare le donne e far si che le scelte possano ricadere sulle donne. Finché le segreterie politiche, che scelgono le candidature, sono composte quasi esclusivamente da uomini, questo non sarà possibile.
Nella mia esperienza personale per esempio,  mi sono sempre trovata come unica donna nelle cene politiche. E sola lo ero ancor più quando ero ragazzina.
È chiaro che le segreterie, se sono composte da uomini, scelgono per le liste altri uomini e le donne sono sempre più penalizzate.  Non è sufficiente avere voti e preferenze per essere candidati. Serve una segreteria politica che ti indichi. Occorre stare nelle segreterie politiche. Per le donne  auspico la vita di partito prima di tutto. Se le donne cercano la scorciatoia rovinano l’immagine stessa delle donne. Io sono la nemica numero uno delle donne che cercano le scorciatoia, perché ci fanno fare le peggiori figuracce, e soprattutto perché non ottengono risultati. Occorre lavorare all’interno dei partiti e portare democrazia in maniera che poi le donne candidano le altre donne e tutto il meccanismo cambia.

Lei riconosce la stranezza del fatto che le donne non votano le altre donne e secondo lei perché accade questo?

Devo riconoscere che per buona parte delle donne è così.
Intanto le donne in politica sono poche. Nelle liste regionali c’era la quota rosa di un quarto.  Certo è che se le donne votassero le altre donne saremo la metà in Parlamento come anche in Consiglio Regionale, invece siamo solo otto su quarantatre ed è tutto dire. Perché le donne non votano le altre donne, sicuramente  è un po’ per gelosia e per invidia. Spesso però le donne devono stimare un’altra donna per votarla.
Non sempre la donna, soprattutto negli ultimi anni, si è posta nella condizione di essere stimata da un’altra. E le donne che in politica si sono preoccupate solo di sbattere gli occhi piuttosto che puntate i piedi sono state sempre di più. Io almeno devo votare chi stimo e nella selezione la donna è molto più sensibile.
Poi fondamentalmente c’è anche il fatto che le donne non fanno gruppo tra loro.
Provvisoriamente le quote servono, anche se sono contraria in linea di principio. Per rompere la tremenda percentuale dell’Italia – siamo il fanalino di coda europeo  - sulla partecipazione delle donne in politica, le quote sono necessarie. In Consiglio Regione siamo otto donne solo grazie al vincolo delle quote. Altrimenti saremo state molte meno. Nel 2000 eravamo in tre su quarantadue!
Le quote sono necessarie sia nelle elezioni politiche sia nelle amministrative. E poi naturalmente serve cambiare l’attuale legge elettorale soprattutto per la donna che ha meno canali dell’uomo. Questo sistema che ti affida ad un padrone che ti candida a sua discrezione e che non ti sottopone al consenso territoriale è atroce. Le donne in questo sistema restano solo delle pedine. Non c’è nessun filtro, non c’è una reale selezione, ma c’è solo la discrezione di una singola persona, che quasi sempre è un uomo.
Anche quelle che vengono elette sono l’espressione della scelta di un uomo.
L’origine di tutti i mali in questo momento è la legge elettorale delle politiche. Lo dico e lo ribadisco perché fa perdere la liberta tanto più a chi già ne ha poca come le donne che purtroppo in politica sono più limitate.

Conosco gente che va a dormire alle 22.30 e per loro sarebbe impensabile la partecipazione a riunioni ed appuntamenti politici che si protraggono fino alle due di notte. Questo è anche uno dei principali motivi che allontanano le donne dalla partecipare attiva alla politica. Lei è una nottambula per cui condivide questo modo di fare, oppure vorrebbe dare un taglio netto a questa abitudine?

Io sono una nottambula, ma a casa.
Non sono assolutamente d’accordo con questo modo di fare.
Come dirigente del partito a livello provinciale sia in An che nel Pdl ho imposto un cambio di rotta. Per questo dico che una maggiore partecipazione delle donne  all’interno del partito è necessaria, anche per coniugare i tempi al femminile per chi ha famiglia e per chi non ce l’ha. L’uomo perde un sacco di tempo perché ha bisogno della scusa per uscire di casa dopo cena. La donna no. Anche io sono nottambula, ma a casa, perché io preparo tutto per il giorno dopo, dalla cucina alla relazione per il Consiglio Regionale dell’indomani, come anche stendermi, vedere la televisione o leggere un libro.
Non è giusto che i tempi si dilatino e non è possibile che la scelta dei momenti ricada sempre e solo in orari che vanno dalla cena al dopo cena. Io ho imposto le riunioni alle 18.30 e alle 19 ed alla fine gli uomini si sono dovuti adeguare. Poi alle 21 tutti a casa. Perché alle 21 si va a cena. C’è una sorta di scadenza per cui non ci sono scuse per rientrare alle tre di notte.  Ripeto, spesso è solo un modo per stare fuori casa. L’uomo evidentemente ha bisogno di scuse e di alibi per uscire.  La donna non perde tempo, perché ha tantissime altre cosa da fare. La donna si organizza, perché è abituata a fare i conti con molti impegni. L’uomo no. Non ne ha bisogno. Purtroppo la donna è la tartaruga, si porta tutto dietro, dovunque deve fare i conti con mille cose. L’uomo è abituato male, per lo meno l’uomo classico. I giovani oggi per fortuna sono abituati in maniera diversa e aiutano anche in casa.
Ma l’organizzazione domestica non sta all’uomo.
Gli uomini perdono tempo anche perché voglio uscire la sera e per uscire questo è un bell’alibi. Ed è vero anche che questo è un modo per escludere le donne, perlomeno quelle che preferiscono organizzarsi ed essere serie. Per carità, poi c’è quella a cui piace stare in giro fino alle tre del mattino e chi è contento di andare a bighellonare in giro dopo le riunioni. A mio avviso questo non è un modello serio da trasmettere.
Nessuno ci darà nuovi orari e nuovi tempi se non siamo noi donne ad essere le dirigenti del partito. Non basta dire mi candido al consiglio comunale come una meteora. Ma saranno sempre gli uomini a dettare i tempi della politica ed a scandirli. Entra invece in un partito oppure in un movimento civico perché è da lì dentro che si può modificare la vita politica, lavorare e far entrare i giovani. Anche perché poi sono le donne che accolgono i giovani. Io mi vanto, poi però sono rimasti tutti nel Pdl, Putzu, ma anche Vitali Rosati. Io mi vanto di aver creduto nei giovani e ho dato loro ruoli di responsabilità indicandoli capogruppo. Sono rispettosissima delle loro scelte, anche se non hanno ritenuto di seguirmi. Quella di Fini è una scelta di coscienza ed io non ho chiesto a nessuno di seguirmi né tantomeno ai giovani. Però mi vanto di averli aiutati, di averci creduto, li ho messi in lista ed aiutati anche a farsi votare. Questo lo fa solo una donna. Questi ragazzi hanno l’età dei miei figli e so che se qualcuno lo facesse con i miei figli mi farebbe molto piacere. Le donne hanno sempre quest’ottica di madre, un uomo non lo avrebbe fatto. Se ci sono dieci posti, l’uomo se li prende tutti e dieci. Se la donna non capisce di lavorare nei partiti e lì modificare le regole che sono anche gli orari, sono anche i dopocena, è inutile che si accontenti di essere eletta al Consiglio Comunale.
Io ci credo nella vita partecipativa nei partiti. Ho penato da morire, facevo prima ad andare a cercare i voti per me stessa piuttosto che stare ad organizzare tutti i quaranta comuni, quaranta circoli, tutte le sedi, fare tutte le liste elettorali per le comunali. È un impegno molto faticoso.  Se avessi pensato solo a me non lo avrei certo fatto invece ho voluto lasciare un segno dentro la vita democratica dei partiti. Adesso lo farò in questo nuovo partito. Qui si comincia da zero perciò spero si partirà con il piede giusto. Non accetto errori.

Nel giudicarla, l’assessore Giuseppe Buondonno, l’ha bocciata per l’ideologia politica, ma sul piano umano l’ha valutata molto positivamente per la sua personalità, la sua coerenza, le sue recenti scelte partitiche ma anche per l’amicizia che vi lega.
Si può essere amici in politica pur facendo parte di orientamenti opposti?


La politica non è l’urlo contro il nemico e basta.
Ci sono avversari ed il rispetto tra avversari politici è una cosa che mi riempie di gioia. Non mi fa paura. Se sono rispettata è perché sono una persona corretta e per bene. Poi l’intransigenza è sulle idee. Chi ha paura delle persone è perché non ha idee. Io sulle idee sono intransigente. E sicuramente tra me e Peppino sulle idee c’è un abisso. Le persone non mi fanno paura, ripeto, frequento tutti e sto con tutti, non ho mai avuto problemi di questo genere e soprattutto non ho mai abdicato alle mie idee per aver frequentato un “comunista” come dice Berlusconi, oppure perché ho frequentato un mussulmano pur essendo cattolica.
Non esiste.
L’intransigenza per me è solo sulle idee. Certo, non con tutti c’è la fortuna di essere amici, con qualcuno c’è più sintonia che con altri per cui spesso capita di non trovarmi in sintonia con quelli del mio stesso partito perché non li stimo e magari non riesco a prenderci neanche un tè. Con quelli ci devo convivere, ma l’amicizia è un’altra cosa.
Ripeto, chi fa queste barricate è perché non si fida delle proprie idee e non ha paura di relazionarsi con tutti.
Un motivo per cui mi trovo a mio agio è proprio perché Fini ora dice questo. Possiamo parlare con tutti senza gridare all’untore, al comunista e dire Fini è diventato un comunista, la Romagnoli è diventata comunista, magari poi di Fli diranno anche questo, ma è una cosa che fa ridere i polli. È solo una  semplificazione banale e stupida che denota una mancanza di argomenti e di idee. Chi usa questi slogan ha paura del confronto.

E molti vi ricorrono proprio perché, avendo un partito che va per slogan, come il Pdl, che è diventato un partito che non convinceva e non radicava le proprie idee su altre basi, si teme di perdere la bussola. Se uno invece è convito della propria cultura e del proprio passato va a testa alta.
Senza confronto non c’è crescita.
Questa non è una banale sfumatura, è un altro modo di fare politica che nel PDL ha avuto questa estremizzazione. Così come è vero che non è vero che i miei hanno sempre ragione. Quelli che stanno nel tuo partito hanno sempre ragione e con gli altri non ci devi parlare. Ecco, nel mio partito ne vedevo tanti di questi tipi. Cosentino, anche se era un coordinatore regionale ed io provinciale per lo stesso partito, per me non aveva ragione. Un partito libero deve avere la possibilità di poterlo dire, invece no. Quello andava difeso comunque in toto perché del Pdl, mentre tutti gli altri erano comunisti.
È un atteggiamento che non prevede il dialogo, che indica una mancanza di dialettica interna ed infatti appena Fini ci ha provato ad inserirla nel Pdl è stato cacciato.

Non ho mai avuto paura di frequentare persone con idee diverse da me e mi fa molto piacere che ora Futuro e Libertà lo abbia codificato.
  
Buondonno sulla sua carta d’identità ha scritto “professore”, però anche lei ha insegnato diritto per dieci anni. Proviamo a mettere qualche voto.
A Nella Brambatti, per esempio, che voto darebbe? 


Due voti distinti.
Come donna che crede nelle sue idee ha sicuramente la sufficienza. Le sue idee per me non hanno la sufficienza, quindi un bel quatto.

A Saturnino Di Ruscio?

A Di Ruscio diamo un voto altamente positivo perché comunque va riconosciuto l’aver assorbito la sconfitta alla provinciali avendo comunque tenuto in piedi l’amministrazione comunale. Dopo le provinciali poteva succedere di tutto invece comunque sia l’amministrazione giunge a termine. Rimpasti o non rimpasti lui è ancora in piedi e l’amministrazione ha continuato a lavorare.
Otto, per le doti amministrative.

A Luciano Romanella?

Romanella, come uomo, io non ho avuto mai grandi rapporti. Come Assessore, anche lì ci fu un fulmine a ciel sereno. La politica in quel caso non disse la sua. Fu una decisione abbastanza repentina del Sindaco. Fino a quando ha fatto l’assessore ha avuto la sufficienza. Lo vedevo molto operativo.
Però poi da ex assessore non mi è piaciuto il suo aver appoggiato lo schieramento di sinistra alle provinciali, anche se fa parte delle reazioni dell’uomo. Capisco che possano scattare meccanismi di reazione particolari che però io non condivido. Quindi un bel quattro. In politica non ci si può state per fare dispetti e non credo si potesse trovare bene in un amministrazione di segno opposto a quella in cui era stato fino la giorno prima.
Qualcosa non mi riporta…

A Remigio Ceroni?

Posso dirti con certezza che Remigio è un politico di razza. Ho avuto molti diverbi con lui ed ora che mi trovo in un altro partito, riflettendoci e vedendo le cose in maniera più distaccata ho capito che lui incarna una ortodossia politica che io invece non ho mai incarnato. Probabilmente io sono un politico anomalo, sono più impetuosa, più istintiva, più passionale. Le mie scelte vengono dalla pancia, le sue dalla testa, sono ragionate e calcolate e spesso gli va data anche ragione.
Le regole della politica, che sono anche il calcolo, la strategia, il dire e non dire … spesso ho cozzato con questo modo di fare. Però è quella la politica, a torto o a ragione. In questo Remigio è impeccabile e posso dire che ci vado più d’accordo ora che prima. Adesso da parte sua c’è la sincera volontà di andare tutti uniti e di rivincere a Fermo. Sta favorendo questi tavoli di accordo e vuole assolutamente che con i civici ci sia di nuovo un rapporto. Lo vedo impegnato sinceramente.
Insomma, come politico, seppur molto diverso da me, un sette sicuro.

A Fabrizio Cesetti?

Fabrizio è un collega, io mi ci sono scontrata ed anche con lui ho avuto dei diverbi politici che per me sono finiti quando è diventato Presidente della Provincia. Ripeto, per me l’istituzione è l’istituzione. Credo che stia svolgendo questo suo ruolo in maniera confacente all’essere il primo Presidente della Provincia. Un ruolo decisamente più istituzionale che politico. Per me raggiunge la sufficienza. Ha capito che questo è il momento di costruire, quindi deve essere uomo di istituzione più che di politica.
Non mi è piaciuto che abbia abbracciato la sinistra estrema dopo aver fatto il deputato perché credo non sia il suo campo. Credo che non c’azzeccasse nulla con SEL e Verdi in cui è andato a finire. Mi è sembrato un po’ un volersi parcheggiare per qualche anno. Anche se questo poi gli ha dato ragione perché è diventato Presidente. Ha prevalso la personalità sull’appartenenza politica, come ora prevale l’istituzione. Ed il primo presidente della prima provincia di Fermo non poteva non essere così.
Un sei pieno.
  
A Silvio Berlusconi?

C’è un prima e un dopo. Il primo Silvio Berlusconi è stato utile, gli do un otto. Negli ultimi anni non ha capito di fermarsi, non ha capito che il suo tempo era finito. Oggi si merita un bel quattro.

A Pier Luigi Bersani?     

Secondo me è un mediocre. Non ha la sufficienza e non ha l’insufficienza
Un cinque.

Nichi Vendola?

Tre. Perché anche lui deve risolvere un po’ di contraddizioni con se stesso nonostante sia molto abile lessicalmente.

A Giuseppe Buondonno?

Condivido con lui un’amicizia di vecchia data ed una stima reciproca anche se sul piano politico ci troviamo in disaccordo. Gli do l’insufficienza.
Apprezzo chi si butta, apprezzai che si candidasse contro Di Ruscio anche se era un’impresa impossibile. Però poi su altre scelte politiche sono in disaccordo.
Forse Leoni ha visto bene, nel senso che Peppino potrebbe egemonizzare in un certo senso la Brambatti. Lui è comunque una persona cui piace un po’ avere tutto sotto controllo e far sentire la sua presenza. Politicamente per me ha l’insufficienza. Al suo ardire del 2006 metto però un sei.

Ed infine, a Gianfranco Fini?

Prende nove e non dieci perché sciogliemmo il partito per andare nel Pdl. Non che dia la colpa a lui, era tutta una classe dirigente convinta che solo quella di sciogliere An fosse l’unica strada da seguire. Lui ci ha provato, ma ha pure capito che c’è tempo per tornare indietro e riprovarci da soli. Poteva essere un dieci…però…


Grazie Franca, molto passionale e preparata, e questo molti politici maschi lo sentono come un macigno…ma solo chi non ha idee teme la preparazione altrui….una bella immagine di donna, diversa da Nella, ma legata a lei da una comune e  innegabile intelligenza, magari un giorno si potrebbero, dopo un sincero confronto, trovare concordi circa i futuri destini di Fermo…del resto solo chi ha idee non teme nessun confronto.



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