Il Palazzo dei Bamboccioni,
ovvero iniziamo a parlare dei problemi dei giovani.
di Laura Gioventù
Sarà la crisi, oppure l’ormai stratificata abitudine a non uscire più dalla casa paterna, ma stanno aumentando quei giovani, più maschi che femmine, che oltre una decente età continuano a non voler intraprendere una carriera domestica da singoli.
Sarà che le mamme marchigiane sono da sempre quelle meno convinte a far intraprendere questa carriera ai figli maschi, delegando il loro venir accuditi alle future nuore, sarà che pochissimi di loro hanno intenzione di imparare le stesse cose che alle femmine sono comandate da sempre, fatto sta che l’esorbitante numero di questi giovani, e non solo giovani, sta arrivando alla quota critica oltre la quale potrebbe non esserci ritorno.
Per cui servirebbe aiutare questi ragazzi a sviluppare la vocazione per la vita da singoli, almeno per quello che riguarda la casa e le faccende inerenti, insomma una occasione per praticare una logica vita autonoma e senza il paracadute fornito dalla famiglia di origine.
Spesso si sente dire che l’ostacolo maggiore è rappresentato dal denaro che non c’è, oppure dalle case che mancano e, ove ci siano, non sono fatte per singoli individui ma solo e sempre per famiglie.
Per cui, e viste certe aree e palazzi completamente disabitati a Porto San Giorgio, si potrebbe destinare un’area, magari proprio quella dell’ex Grand Hotel, oppure palazzi già edificati ma vuoti o solo a riempimento stagionale, per ospitare momentaneamente e per brevi periodi di “iniziazione” un certo numero di questi ragazzi, cominciando con quelli che, pur avendo un lavoro non possono spendere cifre esorbitanti per l’affitto di una casa, di modo che possano, da un lato iniziare a provare la vita da singoli, e dall’altro pagare una cifra decente per l’alloggio. Poi ad esperimento in corso, si potrebbero anche ospitare i separati, categoria sempre vilipesa ma con enormi problemi logistici, o anche ragazze ma senza far diventare il palazzo una specie di camerata militare per ambosessi, e per estendere l’iniziativa e darle una connotazione Europea nulla vieta che possano essere ospitati ragazzi di altre Nazioni, principalmente quei ragazzi che sono nel nostro Paese per imparare la lingua e per studiare le bellezze culturali della nostra Regione.
Per non rendere la proposta troppo seriosa potremmo chiamare il palazzo,
Il palazzo dei Bamboccioni,
di modo che chi ci entra farà poi di tutto per uscirne quanto prima, ma sempre dopo aver sperimentato il nuovo tipo di vita.
E per facilitare la loro maturazione non è escluso si possano tenere nel palazzo delle vere e proprie lezioni di economia domestica, come per esempio saper fare la spesa e cucinare, rifare i letti, pulire i pavimenti, fare il cambio di stagione dei vestiti o lavare la biancheria con la lavatrice.
Dite che siano cose inutili da imparare per un maschio, che ne va della sua rispettabilità sociale, che davanti agli amici diventerebbe il loro zimbello?
Forse chi lo dice ha già una donna che lo fa per lui e non è chiaro se questa donna sia d’accordo e non sia invece favorevole al fatto che questo maschio impari queste cose, praticamente le stesse cose che ogni donna è costretta ad attuare ogni giorno. Sarebbe una iniziativa senza scopo di lucro ma con l’intento di elevare le conoscenze domestiche anche ai maschi, specialmente a loro.
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giovedì 5 gennaio 2012
Il Palazzo dei Bamboccioni
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giovedì 22 dicembre 2011
Il colore come progetto culturale.
“Mi dipingevo le mani e la faccia di blu...
volare oh oh, cantare oh oh oh”…
colorare per valorizzare!
di Laura Gioventù
Alcuni amici, di ritorno dall’Irlanda, erano entusiasti di Dublino e delle porte delle molte abitazioni, tutte di diverso colore senza sembrare una “arlecchinata”. Altri amici ricordavano con piacere i colori delle case dei paesini delle Cinque terre, o dei tanti borghi marinari pugliesi. Insomma il colore come ricordo ed anche come caratterizzazione di un determinato paesaggio urbano.
Del resto tutti noi restiamo estasiati dai colori della natura, ma spesso la stessa cosa non la possiamo dire per quello che riguarda i colori delle opere dell’uomo che, oltre a non essere in sintonia con lo spazio circostante, sono sempre meno al servizio della città, sia come impatto emotivo, sia come elemento ulteriore per definirne la bellezza o solo la curiosa disposizione cromatica dei palazzi che lo compongono.
Porto San Giorgio non brilla affatto per avere un suo colore particolare, e questo oltre che a non caratterizzarla a livello turistico, non rende in nulla della ipotetica "unicità" che da sempre i suoi cittadini vantano orgogliosamente come segno distintivo.
Bianca oppure tutta completamente colorata, la città di San Giorgio potrebbe diventare la prima esperienza di collettiva artistico-culturale-turistica dell’Adriatico Marchigiano e non solo se, la prossima Giunta Comunale, tramite un semplice permesso per i proprietari degli immobili di abbellire, tramite l’ausilio di artisti o decoratori, le facciate dei palazzi o soltanto le porte di accesso agli stessi, non definendo a priori un unicum cromatico spesso noioso anche se codificato per legge, ma lasciando all’invettiva degli artisti di ridisegnare l’estetica di tutta la città.
Si darebbe così vita ad un laboratorio pittorico che potrebbe coinvolgere i giovani artisti europei e mondiali in un grande cantiere cromatico. In fondo cambiare colore alla città potrebbe essere quello stimolo a cambiare anche atteggiamento verso la vita e l’umore dei cittadini, del resto le donne cambiano spesso i colori dei loro vestiti, ma non per questo si rendono meno attraenti, anzi. Provate ad immaginare le strade colorate in modo da far diventare San Giorgio un arazzo multicolore, oppure la strada ferrata che spezza in due la città ricoperta di murales o di variazioni di colori che ne alleggeriscano l’invadenza. Il cambio di colore migliorerebbe anche l’immagine stessa della città e di come ora viene consegnata alla visione dei turisti, spenta e incolore, mentre nel mondo ci sono città famose e per questo molto visitate, che proprio sui colori basano la loro fortuna. Una San Giorgio nuova, nello spirito e nella sostanza, inizia con un cambiamento cromatico che le giovani generazioni realizzeranno per le generazioni che dovranno venire, un passaggio di testimone basato sui pigmenti e non solo sulle ordinanze comunali.
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A proposito di idee...
volare oh oh, cantare oh oh oh”…
colorare per valorizzare!
di Laura Gioventù
Burano |
Alcuni amici, di ritorno dall’Irlanda, erano entusiasti di Dublino e delle porte delle molte abitazioni, tutte di diverso colore senza sembrare una “arlecchinata”. Altri amici ricordavano con piacere i colori delle case dei paesini delle Cinque terre, o dei tanti borghi marinari pugliesi. Insomma il colore come ricordo ed anche come caratterizzazione di un determinato paesaggio urbano.
Del resto tutti noi restiamo estasiati dai colori della natura, ma spesso la stessa cosa non la possiamo dire per quello che riguarda i colori delle opere dell’uomo che, oltre a non essere in sintonia con lo spazio circostante, sono sempre meno al servizio della città, sia come impatto emotivo, sia come elemento ulteriore per definirne la bellezza o solo la curiosa disposizione cromatica dei palazzi che lo compongono.
Porto San Giorgio non brilla affatto per avere un suo colore particolare, e questo oltre che a non caratterizzarla a livello turistico, non rende in nulla della ipotetica "unicità" che da sempre i suoi cittadini vantano orgogliosamente come segno distintivo.
Bianca oppure tutta completamente colorata, la città di San Giorgio potrebbe diventare la prima esperienza di collettiva artistico-culturale-turistica dell’Adriatico Marchigiano e non solo se, la prossima Giunta Comunale, tramite un semplice permesso per i proprietari degli immobili di abbellire, tramite l’ausilio di artisti o decoratori, le facciate dei palazzi o soltanto le porte di accesso agli stessi, non definendo a priori un unicum cromatico spesso noioso anche se codificato per legge, ma lasciando all’invettiva degli artisti di ridisegnare l’estetica di tutta la città.
Si darebbe così vita ad un laboratorio pittorico che potrebbe coinvolgere i giovani artisti europei e mondiali in un grande cantiere cromatico. In fondo cambiare colore alla città potrebbe essere quello stimolo a cambiare anche atteggiamento verso la vita e l’umore dei cittadini, del resto le donne cambiano spesso i colori dei loro vestiti, ma non per questo si rendono meno attraenti, anzi. Provate ad immaginare le strade colorate in modo da far diventare San Giorgio un arazzo multicolore, oppure la strada ferrata che spezza in due la città ricoperta di murales o di variazioni di colori che ne alleggeriscano l’invadenza. Il cambio di colore migliorerebbe anche l’immagine stessa della città e di come ora viene consegnata alla visione dei turisti, spenta e incolore, mentre nel mondo ci sono città famose e per questo molto visitate, che proprio sui colori basano la loro fortuna. Una San Giorgio nuova, nello spirito e nella sostanza, inizia con un cambiamento cromatico che le giovani generazioni realizzeranno per le generazioni che dovranno venire, un passaggio di testimone basato sui pigmenti e non solo sulle ordinanze comunali.
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mercoledì 7 dicembre 2011
Multe a chi cambia casacca.
Multe a chi cambia casacca.
Ovvero, se non si dimette di sicuro ci rimette.
di Laura Gioventù
Da decenni assistiamo a continui cambiamenti di casacca politica da parte di personaggi che, proprio grazie a questo strano comportamento, spesso assurgono alla gloria nazionale per una sola votazione, perdendo antichi supporter per trovarne di nuovi, e alcune volte nel versante diametralmente opposto a quello precedente. Questo loro migrare è deprecato da tutti, salvo venir approvato da chi ne riceve i favori, e gli esempi di questi comportamenti li abbiamo non solo a livello nazionale, ma anche nella nostra stessa provincia, città, paese, contrada, villaggio, condominio e bocciofila. Non c’è soltanto una consigliera di opposizione che vota a favore del programma della maggioranza che dovrebbe invece contrastare, ma ci sono anche consiglieri che, a ragione o a torto, riescono, cambiando casacca, a mettere in minoranza un sindaco che, almeno sulla carta, aveva una maggioranza neppure troppo risicata. Ed anche se se ne parla in continuazione, non si riesce ad arginare il problema, oppure a dargli una regola chiara e coerente, un po’ perché in fondo la cosa risulta gradita a chi da questi “tradimenti” ne riceve vantaggi, quindi quasi tutti, un po’ perché vige la regola che “fra cani non si mordono”, per cui il problema c’è e nessuno vuole risolverlo. A nostro parere un sistema ci sarebbe e colpirebbe i colpevoli nella parte meno nobile dell’animo umano ma sempre molto sensibile quando si parla di “casta”: il portafoglio. Chi decide, una volta eletto democraticamente in una lista o partito, di cambiare la sua opinione tramite un voto che non è rispondente le strategie di quel partito, potrebbe farlo ma, ove non fosse possibile chiederne le dimissioni, come la logica imporrebbe, lo si multi in ragione di una cifra fissa moltiplicata per ogni preferenza personale avuta durante le elezioni. E facciamo un esempio: quel tale consigliere X che invece di votare come il suo partito Y vorrebbe, vota invece in maniera diversa, si vedrà costretto a pagare una multa di 100 euro per ogni preferenza avuta grazie a quel partito che in quel caso non sta seguendo. Proviamo a simulare un caso in cui questo consigliere sia stato eletto con 146 voti si troverebbe costretto a pagare una multa di ben 14600,00 euro (146 voti x 100). Ovviamente in casi di votazioni contrarie multiple si applicheranno multe in ragione di tutte le volte che cambierà casacca. E i soldi raccolti? I soldi raccolti andrebbero direttamente e senza cambiare strada in un fondo per l’aiuto a famiglie in difficoltà, oppure come fondo previdenza per aiuti umanitari da utilizzare in caso di calamità naturali come alluvioni o terremoti, insomma, in beneficienza, e a questo scopo si potrebbe istituire una specie di comitato composto da personalità autorevoli, locali e non, per la gestione migliore possibile di questi fondi umanitari. Insomma, si passerebbe dal fare la multa ai soliti furbetti per aiutare economicamente persone in momentanea difficoltà. In fondo non sarebbe neppure difficile attuare questa regola, basta volerlo fare, e di sicuro non si eviterà il salto della casacca, ma perlomeno gli elettori si sentiranno risarciti del danno sapendo che il “colpevole” è stato multato, e grazie alla multa pagata si potrebbero fare delle buone azioni, che in tempi come quelli attuali, sono doppiamente meritorie.
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Ovvero, se non si dimette di sicuro ci rimette.
di Laura Gioventù
Da decenni assistiamo a continui cambiamenti di casacca politica da parte di personaggi che, proprio grazie a questo strano comportamento, spesso assurgono alla gloria nazionale per una sola votazione, perdendo antichi supporter per trovarne di nuovi, e alcune volte nel versante diametralmente opposto a quello precedente. Questo loro migrare è deprecato da tutti, salvo venir approvato da chi ne riceve i favori, e gli esempi di questi comportamenti li abbiamo non solo a livello nazionale, ma anche nella nostra stessa provincia, città, paese, contrada, villaggio, condominio e bocciofila. Non c’è soltanto una consigliera di opposizione che vota a favore del programma della maggioranza che dovrebbe invece contrastare, ma ci sono anche consiglieri che, a ragione o a torto, riescono, cambiando casacca, a mettere in minoranza un sindaco che, almeno sulla carta, aveva una maggioranza neppure troppo risicata. Ed anche se se ne parla in continuazione, non si riesce ad arginare il problema, oppure a dargli una regola chiara e coerente, un po’ perché in fondo la cosa risulta gradita a chi da questi “tradimenti” ne riceve vantaggi, quindi quasi tutti, un po’ perché vige la regola che “fra cani non si mordono”, per cui il problema c’è e nessuno vuole risolverlo. A nostro parere un sistema ci sarebbe e colpirebbe i colpevoli nella parte meno nobile dell’animo umano ma sempre molto sensibile quando si parla di “casta”: il portafoglio. Chi decide, una volta eletto democraticamente in una lista o partito, di cambiare la sua opinione tramite un voto che non è rispondente le strategie di quel partito, potrebbe farlo ma, ove non fosse possibile chiederne le dimissioni, come la logica imporrebbe, lo si multi in ragione di una cifra fissa moltiplicata per ogni preferenza personale avuta durante le elezioni. E facciamo un esempio: quel tale consigliere X che invece di votare come il suo partito Y vorrebbe, vota invece in maniera diversa, si vedrà costretto a pagare una multa di 100 euro per ogni preferenza avuta grazie a quel partito che in quel caso non sta seguendo. Proviamo a simulare un caso in cui questo consigliere sia stato eletto con 146 voti si troverebbe costretto a pagare una multa di ben 14600,00 euro (146 voti x 100). Ovviamente in casi di votazioni contrarie multiple si applicheranno multe in ragione di tutte le volte che cambierà casacca. E i soldi raccolti? I soldi raccolti andrebbero direttamente e senza cambiare strada in un fondo per l’aiuto a famiglie in difficoltà, oppure come fondo previdenza per aiuti umanitari da utilizzare in caso di calamità naturali come alluvioni o terremoti, insomma, in beneficienza, e a questo scopo si potrebbe istituire una specie di comitato composto da personalità autorevoli, locali e non, per la gestione migliore possibile di questi fondi umanitari. Insomma, si passerebbe dal fare la multa ai soliti furbetti per aiutare economicamente persone in momentanea difficoltà. In fondo non sarebbe neppure difficile attuare questa regola, basta volerlo fare, e di sicuro non si eviterà il salto della casacca, ma perlomeno gli elettori si sentiranno risarciti del danno sapendo che il “colpevole” è stato multato, e grazie alla multa pagata si potrebbero fare delle buone azioni, che in tempi come quelli attuali, sono doppiamente meritorie.
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mercoledì 30 novembre 2011
Quale medico te lo ha ordinato?
Quale medico te lo ha ordinato?
Candidarsi è da pazzi ma serve la ricetta....
di Laura Gioventù
Assistiamo sempre più spesso a delle vere e proprie dimostrazioni di isterismo politico allorché un candidato eletto, per suoi meriti o soltanto per scelte di partito, arriva a ricoprire incarichi di un certo prestigio o solo di responsabilità. Ed il segnale di un tale nervosismo, che a chiamarla nevrosi non si sbaglierebbe, lo si ha quando alle critiche, più o meno serie, più o meno documentate, più o meno logiche ma pur sempre lecite, il candidato eletto risponde con frasi del tipo: “ invece di criticare aspettate e datemi tempo”, oppure la peggiore: “ invece di criticare provate a candidarvi e poi ad essere voi le persone che devono risolvere certi problemi”. Insomma non repliche oppure discorsi esplicativi che generino dibattiti seri o discussioni coerenti, ma solo nervose ed a volte acide manifestazioni di arrogante insicurezza, sia umana che politica.
Ed è per questo che avanzerei la proposta meno invasiva possibile, e cioè l’obbligo di esibire, all’atto della presentazione come candidato alle elezioni comunali di Porto San Giorgio, un certificato medico, redatto da uno specialista in psicologia o psicoterapia, ma meglio ancora in psichiatria, in cui si certifichi, senza nessun discutibile dubbio, che il suddetto candidato, per ordine sanitario, debba per forza presentarsi nelle liste elettorali con lo scopo ultimo di venire eletto, intimandogli l’assoluta partecipazione alla competizione elettorale, altrimenti il suo sistema nervoso ne riceverebbe danni di una certa e irreversibile importanza.
Così facendo ci eviteremmo, ad elezioni finite e dopo aver ascoltato quel tipo di risposte scomposte e disarmanti, di chiederci angosciati e di chiedere con maggiore angoscia allo stesso candidato: “ma quale medico ti ha imposto di presentarti se poi non sai controllarti, o non sai neppure da che parte iniziare il tuo nuovo incarico?”. Ma presentando il certificato sanitario, il nome di questo o questi luminari, così attenti alla salute psichica dei loro pazienti, lo rintracceremo subito, evitandoci di restare nell’angoscia di non sapere chi firma certi certificati lasciando certe persone libere di rispondere cose assurde come spesso si sente in giro.
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Candidarsi è da pazzi ma serve la ricetta....
di Laura Gioventù
Assistiamo sempre più spesso a delle vere e proprie dimostrazioni di isterismo politico allorché un candidato eletto, per suoi meriti o soltanto per scelte di partito, arriva a ricoprire incarichi di un certo prestigio o solo di responsabilità. Ed il segnale di un tale nervosismo, che a chiamarla nevrosi non si sbaglierebbe, lo si ha quando alle critiche, più o meno serie, più o meno documentate, più o meno logiche ma pur sempre lecite, il candidato eletto risponde con frasi del tipo: “ invece di criticare aspettate e datemi tempo”, oppure la peggiore: “ invece di criticare provate a candidarvi e poi ad essere voi le persone che devono risolvere certi problemi”. Insomma non repliche oppure discorsi esplicativi che generino dibattiti seri o discussioni coerenti, ma solo nervose ed a volte acide manifestazioni di arrogante insicurezza, sia umana che politica.
Ed è per questo che avanzerei la proposta meno invasiva possibile, e cioè l’obbligo di esibire, all’atto della presentazione come candidato alle elezioni comunali di Porto San Giorgio, un certificato medico, redatto da uno specialista in psicologia o psicoterapia, ma meglio ancora in psichiatria, in cui si certifichi, senza nessun discutibile dubbio, che il suddetto candidato, per ordine sanitario, debba per forza presentarsi nelle liste elettorali con lo scopo ultimo di venire eletto, intimandogli l’assoluta partecipazione alla competizione elettorale, altrimenti il suo sistema nervoso ne riceverebbe danni di una certa e irreversibile importanza.
Così facendo ci eviteremmo, ad elezioni finite e dopo aver ascoltato quel tipo di risposte scomposte e disarmanti, di chiederci angosciati e di chiedere con maggiore angoscia allo stesso candidato: “ma quale medico ti ha imposto di presentarti se poi non sai controllarti, o non sai neppure da che parte iniziare il tuo nuovo incarico?”. Ma presentando il certificato sanitario, il nome di questo o questi luminari, così attenti alla salute psichica dei loro pazienti, lo rintracceremo subito, evitandoci di restare nell’angoscia di non sapere chi firma certi certificati lasciando certe persone libere di rispondere cose assurde come spesso si sente in giro.
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Porto San Giorgio
giovedì 17 novembre 2011
Candidarsi? Si, ma quanto costa?
La Gioventù presenta i conti della politica, ma quelli delle spese.
di Laura Gioventù
Troppe volte si parla di quanto prendano in maniera pulita o in maniera poco pulita i politici, o perlomeno gli eletti nelle varie amministrazioni dello Stato, stavolta invece parliamo di quanto costa candidarsi, perché conoscendo i costi si possono capire anche le vere motivazioni che spingono le persone e i vari gruppi a gareggiare.
Dobbiamo anzi tutto separare i costi in costi comuni, ovvero costi di liste e partiti nel loro essere gruppo, e costi singoli, ovvero i costi che ogni candidato sostiene per conto suo.
Alcuni costi sono comuni ma nel senso che le tariffe sono identiche, ciò che cambia è il soggetto che le paga.
Iniziamo dai costi per lista o partito:
1) Prima di tutto serve una sede, per cui un locale da 40/60 Mq in zone accessibili, possibilmente centrali (dai 400 ai 600 euro mese); il mobilio, ovvero tavoli, sedie, scaffali, fax materiale di segreteria, e almeno un gazebo per dimostrazioni esterne varie, (circa 1.300 euro), aggiungiamo l’allaccio delle utenze, luce, acqua, riscaldamento, pulizie ecct. ecct. (170/200 euro mese).
2) Passiamo ad uno strumento essenziale per chi si candida: il sito web, costo per la sua realizzazione (500 euro), il costo per il dominio (50 euro), per la gestione integrata con invio newsletter e sms (si può arrivare ai 700 euro per ogni anno).
3) Sempre restando nelle spese per gruppi ipotizziamo un comizio all’aperto con il palco, (circa 35/40 euro al Mq), impianto audio e luci (circa 600/1000 euro a seconda dello spazio aperto), eventuali complessi musicali di sostegno (si calcola circa 150 euro ad elemento con un minimo di tre elementi -musicisti-). L’energia elettrica e la eventuale SIAE sono a parte.
4) Passiamo ora ai costi validi sia per gruppi sia per singoli: i costi per la Stampa del materiale propagandistico inizia con la realizzazione di un logo grafico (per cui circa 500 euro), si passa ai manifesti che variano per numero e dimensioni partendo dai piccoli “santini” cm 8,5x5,5 (dal costo di 120 euro ogni mille pezzi), ai volantini (200 euro ogni mille), le locandine A3 (costano 90 euro ogni cento pezzi), i manifesti 70x100 (costano circa 4 euro ognuno), i manifesti grandi da mt 6x3 (costano circa 60 euro ognuno), gli striscioni stradali (costano circa 60 euro Mq), le bandiere (25 euro al Mq senza l’asta), le grandi stampe tipo vela (30 euro al Mq senza sostegno), gli espositori autoportanti per esterno tipo scaffale o parete (da 120 a 360 euro), i “roller” mono facciali (90 euro), i roller bifacciali (150 euro), il noleggio del camion/vela (costa 50 euro al giorno per un minimo di 15 giorni, autista, manifesto e carburante escluso), i vari gadget sono talmente tanti che per ora è meglio non considerarli.
5) Dopo la stampa ci sono le affissioni: ci sono delle ovvie variazioni a seconda dei formati e del periodo, noi abbiamo fatto una media. 25 manifesti da 70x100 per 30 giorni (60 euro circa), 25 manifesti 100x140 sempre per 30 giorni (120 euro circa), per gli striscioni stradali (il costo è di 17 euro al mq fino a 15 giorni di esposizione).
6) Passiamo alla pubblicità iniziando con la Radio: le proposte sono varie e le radio mediamente hanno prezzi similari, per cui un esempio possibile è questo: 300 passaggi di 30 secondi per un massimo di 30 giorni (500 euro), fino a 900 passaggi (900 euro), da aggiungere ci sono i costi di realizzazione come voce parlante e fonico (per circa 200/300 euro), abbiamo detto che sono una media su tre preventivi forniteci, per cui sono indicativi ma molto fedeli al reale delle singole emittenti.
7) Pubblicità Web: si passa da un Banner per un mese (120 euro), per un sito locale, ad un banner su un sito regionale (per 360 euro), fino ad arrivare (a 600 euro) per un sito semi nazionale.
8) Pubblicità sulla carta stampata: in questo caso conta molto quale giornale si considera, lo spazio sulla pagina e che tipo di edizione sia; tentiamo una media dicendo che il “piede” (costa da 150 euro a 600 euro), la mezza pagina (da 250 a 960 euro), la pagina intera va calcolata in maniera diversa (ma non meno da 1.550 a 3.000 euro), tutti i costi sono ad edizione (al giorno) ovviamente.
9) Pubblicità televisiva: prima di tutto serve realizzare lo spot, ed il costo varia da chi lo realizza e da cosa viene usato, le indicazioni possono per forza essere vaghe ma per dare una idea si parte (da 300 euro) per gli spot tipo intervista, (ai 3.000 euro) per una ripresa costruita con uno storyboard, per cui il costo è quanto di più oscillante ci sia, dipende anche dal grado di esibizionismo del singolo o dalla voglia di meravigliare del partito. I passaggi televisivi invece hanno dei costi che vanno dai 6 passaggi al giorno da 7 secondi (100 euro), ai 42 passaggi al giorno o 6 a settimana sempre da 7 fino a 15 secondi (1.000 euro).
10) Passiamo al costo di sale e rinfreschi: una sala in un albergo da100 posti (220 euro) da 220 posti (450 euro), sempre al giorno, vanno aggiunti i costi per microfoni, luci particolari, cartelli grafici e videoproiettori. Il Comune di Porto San Giorgio mette anche a disposizione la sala Imperatori ed è gratuita per i partiti in periodi elettorali, salvo pagare una assicurazione per le responsabilità civili (da 150 a 250 euro). Per rinfreschi in alberghi o locali alla moda consideriamo: aperitivi (dai 5 agli 8 euro a persona) coffeè breack (dai 4 ai 7 euro a persona), pranzo di lavoro (da 18 a 25 euro a persona) light lunch (da 24 a 35 euro a persona) cena elegante (da 30 a 50 euro a persona).
E dopo aver elencato i costi che potrebbero andare bene sia per i singoli che per i partiti o liste, divertiamoci a segnare i costi per i singoli, iniziando con delle fotografie scattate da professionisti ( 300/500 euro), al costo di un minimo di guardaroba per i maschi (300 euro), per le donne almeno il doppio, e dico poco, poi periodicamente un salto dal parrucchiere (messa in piega e colore dai 30 agli 80 euro), spese di trasporto, di comunicazioni telefoniche, di segretariato personale, di vitto e di piccole regalie, chiamiamoli gadget, costi per ospiti o presentatrici o presentatori per le singole esigenze, per le baby sitter per chi ha i figli piccoli (8/10 euro l’ora per i fortunati che le trovano), costi per tenersi un minimo in forma andando in palestra (100 euro in abbonamento), costi per le medicine contro lo stress, il colesterolo che si impenna ad ogni pranzo, l’insonnia a forza di stare svegli e l’ansia per le mille cose da fare che non si riuscirà mai a terminare, il costo per i giornali su cui informarsi (5 euro al giorno) e sui prevedibili corsi di dizione (50 euro due ore) per non fare la figuraccia di non saper parlare in pubblico, i costi per un eventuale corso di politica o filosofia (40 euro per 4 lezioni collettive) per essere aggiornati sui fatti del mondo, corso che consigliamo a tutti, e altri mille costi che per ora non elenchiamo ma che chiunque fosse stato alle prese con una campagna elettorale conosce benissimo.
Che considerazione trarre da tutte queste cifre?
La prima è che candidarsi costa mediamente dai 300 euro ai 700 euro a persona, considerando almeno 16 candidati per lista e come minimo 16 liste, si arriva al numero di 256 come minimo, e facendo un semplice calcolo aritmetico si arriva a dire che una campagna elettorale smuove da un minimo di 76.800,00 euro ad un ipotetico massimo di 179.200,00 euro senza considerare il costo dell’IVA, e scusate se è poco, come direbbe qualcuno, per cui anche il capire da chi arrivano questi soldi ci chiarisce sul perché arrivano proprio a certe liste o a determinate persone.
La seconda considerazione è che a queste cifre i partiti ne aggiungono altre come spese aggiuntive, ma se ne sottraggono molte come volontariato o come solidarietà verso l’idea politica comune, costi che a volte sono delle cambiali elettorali da pagare in seguito tramite raccomandazioni o permessi deliberati senza altro motivo se non quello di ricambiare il favore.
Terza considerazione è che ovviamente la parte del leone la fanno i partiti maggiori visto che, avendo già di loro sedi e manovalanza, possono abbattere certi costi oppure ottimizzarli, mentre le piccole liste devono spendere di tasca loro senza nessuna garanzia di successo.
Altra considerazione nasce dalla cifra pro capite, e ci fa chiedere a noi stessi a quale scopo una persona normale dovrebbe spendere tanti soldi, fatica, e tempo, per arrivare, se ci arriva, ad un posto da consigliere che, se va bene, frutterà qualche euro ogni tanto. Il dubbio che non lo si faccia solo per la gloria è fortissimo e se non ricordiamo male, nelle recenti elezioni di Fermo ci fu una persona che spese di tasca sua oltre i 3.000 euro per arrivare ad essere solo un consigliere, e neppure di maggioranza, e chiederci cosa lo abbia spinto a farlo non è vietato se poi lo scopo sperato non è stato forse quello finale.
La considerazione conclusiva è relativa ai soldi stessi, da dove arrivano, chi li amministra, come si scaricano e quanto lavoro “sommerso” ci sta dietro una elezione visto che non tutti vogliono pagare anche l’Iva oltre che l’imponibile. Insomma, domande lecite ma a cui pochissimi rispondono con le carte in mano. Per tanto i costi della politica sono alti anche per ripagare, chi riesce a salire di importanza, dei soldi spesi in precedenza, e chi arriva è, come dice la canzone, uno su mille se va bene.
Chiunque di noi ora, vedendo le varie manifestazioni o eventi della campagna elettorale, può per suo divertimento fare i conti in tasca ai politici, per divertimento ma anche come forma di controllo verso chi spende e spande ma non si capisce da dove prenda il denaro per farlo. Altri potrebbero chiedere chiarezza, ai futuri amministratori, fin dalla spesa per la campagna elettorale vedendo quando, quanto ed in che modo spendono per loro stessi. Qualcuno in fine, i più critici nei miei confronti si presume, si chiederà quanto avrei speso io da quando è partita la corsa al Comune di Porto San Giorgio, e magari vorrebbe conoscere i costi nel dettaglio. Bene. Li accontento prima che me lo chiedano loro direttamente, e allora li dico pubblicamente: ho speso 30 euro per una ricarica telefonica, altre 30 euro per le cartucce e la carta per la stampante, un pc lo avevo già e la stanza è quella di casa mia, qualche invito a cena oppure per un caffè per amiche e amici che abbiamo consumato in casa, e niente altro che non sia stato il mio tempo e la mia, permettetemelo per una volta, fantasia. Altre spese fino ad ora non ne ho fatte e dovrò sicuramente farmi bene i conti prima di spendere oltre le mie scarse finanze, ma anche spendessi dei soldi, documentandone l’uso ovviamente, non penserei mai di volermeli riprendere tramite raccomandazioni o qualcosa di simile con altre forme di ricatto politico, penserei solo di aver speso dei soldi per proporre una mia idea di politica, che magari non avrà nessun successo, e questo fa parte del gioco e non sarebbe neppure un dramma, che di certo l’averlo fatto non mi farebbe vergognare davanti ai miei lettori, e questo mi sembra molto importante per il rispetto che ho per me stessa e per il rispetto che ho verso i miei stessi lettori.
P.S.: Tutti i costi e le relative cifre sono documentate attraverso preventivi scritti, per cui in caso di dubbi o di sorprese, possiamo tranquillamente mostrare i preventivi giuntici allo scopo di redigere questo comunicato. La prima regola per essere attendibili è dare sempre le informazioni documentate.
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di Laura Gioventù
Troppe volte si parla di quanto prendano in maniera pulita o in maniera poco pulita i politici, o perlomeno gli eletti nelle varie amministrazioni dello Stato, stavolta invece parliamo di quanto costa candidarsi, perché conoscendo i costi si possono capire anche le vere motivazioni che spingono le persone e i vari gruppi a gareggiare.
Dobbiamo anzi tutto separare i costi in costi comuni, ovvero costi di liste e partiti nel loro essere gruppo, e costi singoli, ovvero i costi che ogni candidato sostiene per conto suo.
Alcuni costi sono comuni ma nel senso che le tariffe sono identiche, ciò che cambia è il soggetto che le paga.
Iniziamo dai costi per lista o partito:
1) Prima di tutto serve una sede, per cui un locale da 40/60 Mq in zone accessibili, possibilmente centrali (dai 400 ai 600 euro mese); il mobilio, ovvero tavoli, sedie, scaffali, fax materiale di segreteria, e almeno un gazebo per dimostrazioni esterne varie, (circa 1.300 euro), aggiungiamo l’allaccio delle utenze, luce, acqua, riscaldamento, pulizie ecct. ecct. (170/200 euro mese).
2) Passiamo ad uno strumento essenziale per chi si candida: il sito web, costo per la sua realizzazione (500 euro), il costo per il dominio (50 euro), per la gestione integrata con invio newsletter e sms (si può arrivare ai 700 euro per ogni anno).
3) Sempre restando nelle spese per gruppi ipotizziamo un comizio all’aperto con il palco, (circa 35/40 euro al Mq), impianto audio e luci (circa 600/1000 euro a seconda dello spazio aperto), eventuali complessi musicali di sostegno (si calcola circa 150 euro ad elemento con un minimo di tre elementi -musicisti-). L’energia elettrica e la eventuale SIAE sono a parte.
4) Passiamo ora ai costi validi sia per gruppi sia per singoli: i costi per la Stampa del materiale propagandistico inizia con la realizzazione di un logo grafico (per cui circa 500 euro), si passa ai manifesti che variano per numero e dimensioni partendo dai piccoli “santini” cm 8,5x5,5 (dal costo di 120 euro ogni mille pezzi), ai volantini (200 euro ogni mille), le locandine A3 (costano 90 euro ogni cento pezzi), i manifesti 70x100 (costano circa 4 euro ognuno), i manifesti grandi da mt 6x3 (costano circa 60 euro ognuno), gli striscioni stradali (costano circa 60 euro Mq), le bandiere (25 euro al Mq senza l’asta), le grandi stampe tipo vela (30 euro al Mq senza sostegno), gli espositori autoportanti per esterno tipo scaffale o parete (da 120 a 360 euro), i “roller” mono facciali (90 euro), i roller bifacciali (150 euro), il noleggio del camion/vela (costa 50 euro al giorno per un minimo di 15 giorni, autista, manifesto e carburante escluso), i vari gadget sono talmente tanti che per ora è meglio non considerarli.
5) Dopo la stampa ci sono le affissioni: ci sono delle ovvie variazioni a seconda dei formati e del periodo, noi abbiamo fatto una media. 25 manifesti da 70x100 per 30 giorni (60 euro circa), 25 manifesti 100x140 sempre per 30 giorni (120 euro circa), per gli striscioni stradali (il costo è di 17 euro al mq fino a 15 giorni di esposizione).
6) Passiamo alla pubblicità iniziando con la Radio: le proposte sono varie e le radio mediamente hanno prezzi similari, per cui un esempio possibile è questo: 300 passaggi di 30 secondi per un massimo di 30 giorni (500 euro), fino a 900 passaggi (900 euro), da aggiungere ci sono i costi di realizzazione come voce parlante e fonico (per circa 200/300 euro), abbiamo detto che sono una media su tre preventivi forniteci, per cui sono indicativi ma molto fedeli al reale delle singole emittenti.
7) Pubblicità Web: si passa da un Banner per un mese (120 euro), per un sito locale, ad un banner su un sito regionale (per 360 euro), fino ad arrivare (a 600 euro) per un sito semi nazionale.
8) Pubblicità sulla carta stampata: in questo caso conta molto quale giornale si considera, lo spazio sulla pagina e che tipo di edizione sia; tentiamo una media dicendo che il “piede” (costa da 150 euro a 600 euro), la mezza pagina (da 250 a 960 euro), la pagina intera va calcolata in maniera diversa (ma non meno da 1.550 a 3.000 euro), tutti i costi sono ad edizione (al giorno) ovviamente.
9) Pubblicità televisiva: prima di tutto serve realizzare lo spot, ed il costo varia da chi lo realizza e da cosa viene usato, le indicazioni possono per forza essere vaghe ma per dare una idea si parte (da 300 euro) per gli spot tipo intervista, (ai 3.000 euro) per una ripresa costruita con uno storyboard, per cui il costo è quanto di più oscillante ci sia, dipende anche dal grado di esibizionismo del singolo o dalla voglia di meravigliare del partito. I passaggi televisivi invece hanno dei costi che vanno dai 6 passaggi al giorno da 7 secondi (100 euro), ai 42 passaggi al giorno o 6 a settimana sempre da 7 fino a 15 secondi (1.000 euro).
10) Passiamo al costo di sale e rinfreschi: una sala in un albergo da100 posti (220 euro) da 220 posti (450 euro), sempre al giorno, vanno aggiunti i costi per microfoni, luci particolari, cartelli grafici e videoproiettori. Il Comune di Porto San Giorgio mette anche a disposizione la sala Imperatori ed è gratuita per i partiti in periodi elettorali, salvo pagare una assicurazione per le responsabilità civili (da 150 a 250 euro). Per rinfreschi in alberghi o locali alla moda consideriamo: aperitivi (dai 5 agli 8 euro a persona) coffeè breack (dai 4 ai 7 euro a persona), pranzo di lavoro (da 18 a 25 euro a persona) light lunch (da 24 a 35 euro a persona) cena elegante (da 30 a 50 euro a persona).
E dopo aver elencato i costi che potrebbero andare bene sia per i singoli che per i partiti o liste, divertiamoci a segnare i costi per i singoli, iniziando con delle fotografie scattate da professionisti ( 300/500 euro), al costo di un minimo di guardaroba per i maschi (300 euro), per le donne almeno il doppio, e dico poco, poi periodicamente un salto dal parrucchiere (messa in piega e colore dai 30 agli 80 euro), spese di trasporto, di comunicazioni telefoniche, di segretariato personale, di vitto e di piccole regalie, chiamiamoli gadget, costi per ospiti o presentatrici o presentatori per le singole esigenze, per le baby sitter per chi ha i figli piccoli (8/10 euro l’ora per i fortunati che le trovano), costi per tenersi un minimo in forma andando in palestra (100 euro in abbonamento), costi per le medicine contro lo stress, il colesterolo che si impenna ad ogni pranzo, l’insonnia a forza di stare svegli e l’ansia per le mille cose da fare che non si riuscirà mai a terminare, il costo per i giornali su cui informarsi (5 euro al giorno) e sui prevedibili corsi di dizione (50 euro due ore) per non fare la figuraccia di non saper parlare in pubblico, i costi per un eventuale corso di politica o filosofia (40 euro per 4 lezioni collettive) per essere aggiornati sui fatti del mondo, corso che consigliamo a tutti, e altri mille costi che per ora non elenchiamo ma che chiunque fosse stato alle prese con una campagna elettorale conosce benissimo.
Che considerazione trarre da tutte queste cifre?
La prima è che candidarsi costa mediamente dai 300 euro ai 700 euro a persona, considerando almeno 16 candidati per lista e come minimo 16 liste, si arriva al numero di 256 come minimo, e facendo un semplice calcolo aritmetico si arriva a dire che una campagna elettorale smuove da un minimo di 76.800,00 euro ad un ipotetico massimo di 179.200,00 euro senza considerare il costo dell’IVA, e scusate se è poco, come direbbe qualcuno, per cui anche il capire da chi arrivano questi soldi ci chiarisce sul perché arrivano proprio a certe liste o a determinate persone.
La seconda considerazione è che a queste cifre i partiti ne aggiungono altre come spese aggiuntive, ma se ne sottraggono molte come volontariato o come solidarietà verso l’idea politica comune, costi che a volte sono delle cambiali elettorali da pagare in seguito tramite raccomandazioni o permessi deliberati senza altro motivo se non quello di ricambiare il favore.
Terza considerazione è che ovviamente la parte del leone la fanno i partiti maggiori visto che, avendo già di loro sedi e manovalanza, possono abbattere certi costi oppure ottimizzarli, mentre le piccole liste devono spendere di tasca loro senza nessuna garanzia di successo.
Altra considerazione nasce dalla cifra pro capite, e ci fa chiedere a noi stessi a quale scopo una persona normale dovrebbe spendere tanti soldi, fatica, e tempo, per arrivare, se ci arriva, ad un posto da consigliere che, se va bene, frutterà qualche euro ogni tanto. Il dubbio che non lo si faccia solo per la gloria è fortissimo e se non ricordiamo male, nelle recenti elezioni di Fermo ci fu una persona che spese di tasca sua oltre i 3.000 euro per arrivare ad essere solo un consigliere, e neppure di maggioranza, e chiederci cosa lo abbia spinto a farlo non è vietato se poi lo scopo sperato non è stato forse quello finale.
La considerazione conclusiva è relativa ai soldi stessi, da dove arrivano, chi li amministra, come si scaricano e quanto lavoro “sommerso” ci sta dietro una elezione visto che non tutti vogliono pagare anche l’Iva oltre che l’imponibile. Insomma, domande lecite ma a cui pochissimi rispondono con le carte in mano. Per tanto i costi della politica sono alti anche per ripagare, chi riesce a salire di importanza, dei soldi spesi in precedenza, e chi arriva è, come dice la canzone, uno su mille se va bene.
Chiunque di noi ora, vedendo le varie manifestazioni o eventi della campagna elettorale, può per suo divertimento fare i conti in tasca ai politici, per divertimento ma anche come forma di controllo verso chi spende e spande ma non si capisce da dove prenda il denaro per farlo. Altri potrebbero chiedere chiarezza, ai futuri amministratori, fin dalla spesa per la campagna elettorale vedendo quando, quanto ed in che modo spendono per loro stessi. Qualcuno in fine, i più critici nei miei confronti si presume, si chiederà quanto avrei speso io da quando è partita la corsa al Comune di Porto San Giorgio, e magari vorrebbe conoscere i costi nel dettaglio. Bene. Li accontento prima che me lo chiedano loro direttamente, e allora li dico pubblicamente: ho speso 30 euro per una ricarica telefonica, altre 30 euro per le cartucce e la carta per la stampante, un pc lo avevo già e la stanza è quella di casa mia, qualche invito a cena oppure per un caffè per amiche e amici che abbiamo consumato in casa, e niente altro che non sia stato il mio tempo e la mia, permettetemelo per una volta, fantasia. Altre spese fino ad ora non ne ho fatte e dovrò sicuramente farmi bene i conti prima di spendere oltre le mie scarse finanze, ma anche spendessi dei soldi, documentandone l’uso ovviamente, non penserei mai di volermeli riprendere tramite raccomandazioni o qualcosa di simile con altre forme di ricatto politico, penserei solo di aver speso dei soldi per proporre una mia idea di politica, che magari non avrà nessun successo, e questo fa parte del gioco e non sarebbe neppure un dramma, che di certo l’averlo fatto non mi farebbe vergognare davanti ai miei lettori, e questo mi sembra molto importante per il rispetto che ho per me stessa e per il rispetto che ho verso i miei stessi lettori.
P.S.: Tutti i costi e le relative cifre sono documentate attraverso preventivi scritti, per cui in caso di dubbi o di sorprese, possiamo tranquillamente mostrare i preventivi giuntici allo scopo di redigere questo comunicato. La prima regola per essere attendibili è dare sempre le informazioni documentate.
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