di Laura Gioventù
Abbiamo incontrato Nella Brambatti, la candidata per lo schieramento di sinistra del panorama politico, per la poltrona di Sindaco per la città di Fermo.
È stato un colloquio molto aperto e sincero, e mentre ci scambiavamo domande e risposte non potevamo non apprezzare la sua assoluta attenzione per il rispetto umano e l’assoluta mancanza di polemica politica. Non siamo più abituati a rispetti del genere per cui lo abbiamo molto apprezzato, e speriamo sia emulato dagli altri candidati.
La prof.ssa Nella Brambatti |
Nel Rigoletto, la celeberrima opera di Giuseppe Verde, il Duca di Mantova, parlando delle donne dice “questa o quella per me pari sono”. A parte la battuta operistica, in politica per gli elettori le donne sono come gli uomini, pari sono, oppure hanno qualcosa di diverso che potrebbe diventare un vantaggio o un’opportunità e forse anche una novità per le amministrazioni locali?
Le donne sono diverse perché portano con se, a parte il sub-strato culturale che potrebbe essere condiviso con gli uomini, una loro specificità che è quella di essere madri, e quindi l’essere diverse per una serie di esperienze, di impegni, e di lavoro che è differente da quello maschile. Penso che la presenza delle donne sia fondamentale nell’amministrazione di una città e nel fare politica proprio perché la loro diversità e la loro diversa esperienza aggiunge qualcosa in più. Per esempio gli uomini possono benissimo riflettere su quelle che sono le esigenze sociali, ma dovrebbero cercale mentre le donne le porterebbero come esperienza personale immediata. Per il semplice fatto che le esigenze di una mamma che lavora e che ha dei bambini piccoli, una donna la esperimenta e la vive sulla propria pelle giorno dopo giorno per cui è chiaro che ad una proposta e ad una soluzione ci arriva naturalmente prima che ci possa arrivare un uomo. Quindi le diversità derivanti dalla presenza di una componente sia maschile sia femminile ben vengano perché ognuno apporta una propria specificità e il fatto di poter arrivare prima ad una sintesi o ad una proposta politica permette di economizzare nei tempi di programmazione e di lavoro di un ente pubblico locale. L’importante è che nel momento in cui si parla di donne e politica ci siano donne che vogliono fare politica nella maniera in cui la politica in senso ampio va intesa, non per stare lì a fare rappresentanza. Parliamo di donne serie…
Quando le donne scendono in politica spessissimo devono sacrificare molto della loro vita privata, matrimonio famiglia e carriera professionale. Come riuscire a conciliare le due cose senza cadere nella trappola dei ricatti affettivi e dei sensi di colpa, cose nelle quali noi siamo maestre?
In primo luogo credo che sia sempre possibile pensare a quello che è il tempo della politica. Debbo dire che in qualche mondo pesa di più, almeno per quello che riguarda la mia esperienza professionale, nel fare politica amministrativa di una città. Vale a dire, normalmente si sa che l’impegno di una donna che fa politica, in una città, significa essere presente e starci sempre, ed è chiaro che questi sono tempi sottratti alla famiglia e al lavoro. Nel caso di un’amministrazione comunale, molto spesso non è stato possibile in passato il fatto di rinunciare al lavoro per dedicarsi esclusivamente all’amministrazione e personalmente io non sono stata nelle condizioni di poter dire faccio l’assessore ma non faccio l’insegnante, perché non è possibile nemmeno sotto il profilo economico. L’altra cosa che pesa enormemente è il fatto di partecipare alla vita attiva del Consiglio comunale, che non ha la possibilità di riunirsi di giorno così come avviene in Regione e al Parlamento, ma si lavora nelle ore successive al lavoro ufficiale, e spesso i lavori in Consiglio e in commissione si protraggono oltre l’orario previsto, quindi è chiaro che da questo punto di vista diventa abbastanza sacrificato. Già solamente il fatto di poter contare su un rispetto dei tempi, quella che è la puntualità e la sinteticità del lavoro, consentirebbe una maggiore partecipazione, secondo me, delle donne, altrimenti è dura…
Quando facevo l’assessore o il consigliere comunale, se finivo alle sei del mattino comunque alle otto ero in classe. Non mi sono mai permessa, tranne rari casi, di lasciare la scuola perché poi ci sono dei lavori che non te lo consentono nemmeno perché oltretutto eticamente ti poni in una situazione di disagio per chi lavora. Un insegnante comunque a scuola ci deve stare e è possibile che un giorno non ti presenti e il secondo pure, poi al terzo devi rientrare!
Un rispetto dei tempi sarebbe fondamentale e se già solamente ci fosse la puntualità sarebbe una cosa bellissima.
Il termine francese “charme” indica in genere fascino, forza di attrazione e seduzione più o meno esercitate da una persona per le sue qualità fisiche, intellettuali e personali. Le donne in politica come conquistano l’elettore, usando lo charme suddetto oppure è solo un fatto di ideologia politica?
Io toglierei il concetto di seduzione. Penso che l’elemento importante sia quello della necessità di comunicare idee e progetti. Toglierei tutto quello che aggiunge ma toglie concretezza e sincerità al fare politica, almeno per quanto mi riguarda. Parlerei di carisma e di capacità comunicativa ma che non deve essere uno strumento. La capacità significativa saper tradurre nel modo più semplice ed accessibile a tutti quelle che sono le proposte di un progetto politico che si vuole intraprendere e che si vuole condividere con i cittadini. Più si è capaci di essere chiari, più si è bravi a trasmetterlo, a farlo vivere e percepire dai cittadini e più ci si sente sicuri e nelle condizioni di fare meglio. Serve una comunicazione efficace delle ideologie che significa rendere più immediati e diretti i contenuti del proprio progetto politico e di come si vuole lavorare.
Lei è la prima candidata donna per la carica di sindaco della città di Fermo, un ruolo che con l’istituzione della nuova Provincia è diventato ancora più importante. Nel caso fosse eletta, il suo parametro amministrativo sarà emulare Anna Magnani nel suo “Onorevole Angelina” epica e popolana, o un misto tra Nilde Iotti, Letizia Moratti e Luciana Littizzetto, ovvero rispettabilità, rigore e ironia?
Senz’altro vorrei rigore perché è fondamentale in un momento in cui non ci sono più confini e limiti di quello che deve e non deve essere fatto e nemmeno pensato dal punto di vista del fare politica e di amministrare la città. Dietro al rigore passerà la rispettabilità, bisogna essere comunque assolutamente seri. L’ironia serve, perché comunque sia aiuta ad affrontare anche i momenti di crisi. Ci permette di non cadere nel pessimismo più assoluto e serve a sciogliere certi conflitti che possono verificarsi con i cittadini. Il rigore, la rispettabilità e l’ironia sono degli elementi fondamentali. Vedo meno la faciloneria, facciamo tutto, tutto è possibile. Non è nel mio carattere, per me sarebbe proprio impensabile questo atteggiamento e soprattutto non lo reputo nemmeno serio nei confronti dei cittadini.
Nei suoi comizi e nelle sue presentazione in campagna elettorale Lei sta pensando ad un messaggio elettorale comune oppure ad una divisione tra elettori maschili ed elettrici femminili perché è a conoscenza della stranezza per cui le donne non votano le altre donne. C’è bisogno di messaggi diversi oppure in quanto elettori non si ha sesso, per cui va bene un unico messaggio ed in quel caso secondo lei perché le donne non votano le altre donne?
Il messaggio dovrebbe essere unitario e che si rivolge a tutti, alle donne, ai giovani, agli anziani. Non si possono avere due canali separati. Sul fatto che le donne votino meno le altre donne non so sinceramente perché questo avvenga. Ci dovrebbe essere comunque una fiducia tra l’elettorato femminile e le candidate donne perché a mio avviso sono anche le donne che aiutano di più a capire quelli che sono i loro bisogni. Forse si teme che ci sia una sorta di mascolinizzazione della donna, forse è un po’ la stessa cosa che avviene anche nel mondo del lavoro, si teme la concorrenza, si resta diffidenti. Partirei da questo presupposto, cresceremo anche e dobbiamo metterci nella logica che la società, sia nel mondo del lavoro, sia nel mondo della politica, è costituita da uomini e donne, per cui si deve scegliere la persona più capace e più competente e affidarsi a quella indipendentemente dal sesso.
Del resto questo problema non me lo sono mai posta perché ho lavorato spesso e bene soprattutto con le donne. Per mia esperienza personale e, anche da un punto di vista di formazione professionale, devo ammettere che le esperienze in equipe con le donne mi hanno sempre dato grandi vantaggi e sono state sempre estremamente positive. Quando funziona…funziona meglio!
Poi è vero anche che se ne candidano anche di meno, e se la componente maschile è più alta rispetto a quella femminile, ecco che manca l’alternanza uomo donna. Il motivo ricade nello stesso discorso per cui molto spesso le donne non se la sentono e rinunciano perché in effetti sono gravate anche di tanti altri problemi. La vita politica, se ben fatta, richiede attenzione e studio e capisco che di fronte a questa cosa qualcuno faccia la scelta di preferite il lavoro e la famiglia. L’esperienza politica può nascere e morire mentre la carriera professionale poi rimane…molto spesso l’assenza delle donne nasce quindi dalle difficoltà oggettive del fare politica!
Dalla sua biografia sappiamo che lei è stata a Napoli per lavoro. Nella nostra regione abbiamo avuto 2 precedenti famosi, Giacomo Leopardi e Gioacchino Rossini, da una parte la poesia e dall’altra la musica, che hanno trovato a Napoli sia la bellezza sia l’ispirazione. Lei è una donna di cultura e di poesia ma allo stesso tempo è anche una donna di musica, come spiega questa comunanza tra lei, Leopardi e Rossini …
Direi in questo caso che sono tre marchigiani che si sono trovati a Napoli. Napoli avrà dato molto sotto il profilo dell’ispirazione musicale e anche per la poesia è stata sempre una città importante soprattutto in certi periodi storici. È chiaro che fosse una città di riferimento culturale importante.
Rispetto agli altri debbo dire che la mia è stata un’esperienza derivata da una scelta personale ed io di Napoli, pur avendo apprezzato la cultura e tutto quello che si è mosso e che c’è stato di importante e del quale ho goduto e fruito, ne ho vissuto un altro di aspetto. Per ragioni professionali il ministero mi ha mandato ad insegnare a Napoli città, in un triangolo non certo dei più belli sotto il profilo dei rapporti sociali. Ho insegnato in una struttura che faceva riferimento a studenti del professionale che stavano tra San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli, quartieri che sono complicati da gestire e per me in principio è stato un dramma, perché la camorra impera e la scuola subiva sistematicamente questi attacchi da parte della malavita. È stata una situazione difficilissima, non capivo, era un mondo talmente diverso, a parte che linguisticamente non li capivo, c’erano rapporti difficili e in certi casi violenti. All’inizio la situazione che mi sono trovata davanti mi ha messo in crisi, poi ho cominciato a muovermi. In quel caso sono partita da un presupposto molto chiaro: anche un solo studente deve essere tutelato nei confronti di situazioni di violenza e di ricatto, anche un singolo episodio deve giustificare l’intervento dell’insegnante, e soprattutto chiarire i principi in base ai quali si sta nella scuola. L’istituzione per prima deve fare in modo che non ci siano confusioni. In particolare è stato faticoso far capire che non si può cedere alla violenza e al ricatto. Sono stata molto dura però doveva passare un messaggio chiaro nei confronti degli alunni, tutti erano eguali, nessuno si poteva permettere di usare violenza nei confronti dei compagni, ne tantomeno certi nomi di famiglia, ben noti nell’ambiente, potevano mettere in soggezione altri alunni, specie in una realtà dove spesso c’erano famiglie in difficoltà finanziarie. Ho fatto tutto quello che ritenevo opportuno fare, per cui per sei anni per sei classi per ogni anno, ho pagato le fotocopie per tutti gli alunni in classe e anche le fotocopie all’inizio dell’anno per tutti i libri. Era l’unico modo per fornire a tutti gli stessi strumenti, e poi … essere estremamente dura. Dura perché praticamente c’era, ed è capitato, chi usciva dall’istituto e andava a fare una rapina. Doveva passare un messaggio chiaro e questo non è stato dato da tutti…c’era qualcuno che ti diceva…”sai quella famiglia fa del bene” ma come si fa a dire certe cose quando si tratta di gente che chiede il pizzo e spaccia droga?
Alcuni hanno cercato la cultura a Napoli, la città, la sua ricchezza. Io ne ho fruito di cultura e di musica. Ho cercato anche di partecipare alla vita della città, ma sotto il profilo professionale ho avuto l’impatto con un altro mondo, quello della sofferenza e della violenza. L’altra faccia della medaglia. È stata un’esperienza molto forte, ci sono famiglie che hanno molti problemi, ragazze che a quindici anni restavano incinte, andavano tutelate, ragazzi con i genitori in galera oppure ammazzati, l’ambiente è questo…
Onestamente Roberto Saviano non ha inventato nulla. Questa è la realtà di Napoli che poi a me non m’abbiano mai bucato le gomme dell’auto e non m’abbiano mai toccato…è positivo… dicevano che ero un carabiniere però avevano stima di me. Chiaro che bisogna porsi in un rapporto di assoluta serietà. Non è mai successo che entrassero in classe senza che io ci fossi, oppure che venissero a scuola senza una giustificazione, perché dopo sarebbero stati dolori. Mi sono comprata due registratori, tutti i materiali didattici me li sono comprata da sola… andavo in giro con una quarantottore con dentro anche fazzoletti da naso perché se andavano in bagno e non c’era la carta igienica gli davo i fazzoletti…e poi fornivo penne… matite…fotocopie…tutti dovevano avere il necessario…non c’erano alibi di sorta. Tutti i ragazzi erano nella stessa condizione per cui a quel punto non c’erano scuse.
In una situazione così difficile, una volta ricordo che venne un neuropsichiatra della asl, era maggio, praticamente a fine anno scolastico, per darci delle “dritte” su come gestire gli alunni in difficoltà. Si azzardò solamente a dire… “…perché voi insegnanti mettete il pilota automatico…”ed io mi tirai immediatamente su, feci un urlo e mandai una lettera di protesta alla asl. Come si fa ad avere un pilota automatico in una classe dove quando fai l’appello ci sono cinque alunni che hanno il padre in galera, alcuni sono difficili, diversi devono essere recuperati ed altri non avevano nemmeno una casa…pilota automatico? …ma per piacere!!!
Pensa che la sua esperienza abbia lasciato un segno…?
Penso di sì, soprattutto ho avuto un riconoscimento molto grande da parte dei miei alunni perché il fatto stesso che alcune ragazze mi cercano su facebook significa che, tutto sommato, anche se in alcuni momenti sono stata rigida, hanno apprezzato….qualcuna l’ho pure bocciata ma non ho mai avuto nessuno che ha chiesto “….ma perché?”. C’è sempre stata la piena consapevolezza che una valutazione faceva riferimento ad un loro percorso, che era bello o meno bello, perché al di là di quello che io avevo fatto c’era una loro assunzione di responsabilità, e l’hanno sempre condivisa chiaramente cercando anche di non vanificare, almeno come presenza a scuola, questo dialogo che si poteva aprire con alcuni alunni che, se avessero avuto troppe difficoltà, avrebbero abbandonato la scuola. E, abbandonare gli studi, significa cadere nelle mani della camorra. Perché la camorra ha tutti gli interessi a far si che i ragazzi non vadano a scuola e diventino la loro manovalanza.
Che cos’è una politica di ampio respiro, il bisogno di ossigenare i polmoni dopo aver scalato le cime del potere oppure la visione da un colle di un infinito che si speri positivo?
Io escluderei assolutamente scalare per il potere. Non esiste proprio. In un sistema democratico ci devono essere dei cittadini che si fanno carico per conto di una comunità di governare. La politica è un impegno positivo che presuppone il dialogo ampio con tutti quanti e un atteggiamento di collaborazione per cui mettiamo insieme e spendiamo le nostre competenze, le nostre professionalità ed anche la buona volontà. Quando si va a governare le problematiche da affrontare vanno ben aldilà delle competenze e del sapere di ognuno, ma si può, anzi di deve lavorare insieme e insieme alla comunità. Se si ha un progetto positivo e un programma che può avere un termine si amministra ma, dopo aver governato, si deve anche ritornare nel privato della vita di ognuno. Poi ci saranno altre persone che faranno altre cose. Fare bene e governare la città deve essere un fine perché arrivare alla politica non è un mezzo per ottenere gratificazione personali né di carriera che magari non si sono avute da altra parte. Come si va a governare si deve anche essere pronti a ritirarsi quando si è concluso un percorso.… questo dovrebbe essere l’obiettivo…
Lo spartito in musica indica una regola per i musicisti e per il direttore d’orchestra, in politica lo stesso termine, lo spartire, indica ben altre cose e forse è quel qualcosa che ha allontanato molte persone dalla politica stessa. C’è un nuovo significato per ridefinire la parola senza associarla a intrallazzo, concussione, corruzione, denaro e mazzette?
Dividersi i compiti e collaborare. Comunque sia è impensabile che si possa essere alla guida di una coalizione molto allargata, oppure anche più ristretta, senza collaborare. Lavorare insieme è l’unico modo per poter operare seriamente. Si tratta di condividere gli impegni e il lavoro tenendo conto di quelli che sono gli obiettivi. Quindi condivisione a livello di programma con i cittadini e condivisione di lavoro e di responsabilità di gruppo nell’amministrazione di una città. Poi sarebbe opportuno riportare la politica ad un valore dell’etica, del rispetto e della trasparenza. Non è possibile prescindere da questo. Non esiste proprio. Laddove entrano di mezzo la mazzetta e l’intrallazzo una cosa è certa: si va contro l’interesse del cittadino e si viene meno a quello che è l’obiettivo primario per il quale si è deciso di fare politica.
Perché lei si è candidata, per orgoglio personale, per miseri calcoli di sezione elettorale, o perché un giorno qualcuno le ha puntato alla tempia un ramoscello di ulivo dicendole “vai, vinci e salvaci tutti”?
Mi fa piacere che nel momento in cui hanno fatto il mio nome lo hanno fatto pensando che potessi essere la persona giusta e all’altezza per quei valori di cui abbiamo discusso anche a caratteri generali e che potessi essere una persona affidabile. E nel fare questa scelta possono aver tenuto conto delle mie esperienze passate e del mio carattere. Aldilà della gratificazione per la valutazione che è stata fatta su di me … non c’è niente che mi spinga a dire “volli, volli, fortissimamente volli”. Penso anche che a livello di partito, quando è stata proposta una rosa di candidati, non ci sono stati calcoli matematici, sono state prese in considerazione le persone che avrebbero potuto avere i requisiti per poter svolgere questo ruolo, e forse hanno visto su di me la persona più anziana di esperienza, e che avrebbe potuto meglio interpretare quelle che fossero le scelte di tutti quanti. Mi rendo conto di questa grande responsabilità e mi rendo conto anche che rispetto ad un progetto di pensionata con tanti interessi, essere sindaco significa doverne tagliare fuori parecchi. Parto dal presupposto che se in questo momento può essere importante per tutti quanti e anche per la città lavorare vorrà dire che ritaglierò meno tempo per gli interessi personali o cercherò comunque di farci entrare qualcosa…comunque lo faccio volentieri…
Quale sarà la seconda cosa che farà quando sarà proclamata sindaco, riunire i partiti della coalizione per cucinare la prima giunta, e in quel caso ci dia subito la ricetta perché gli ingredienti ci appaiono molto variegati, o cercare di svegliarsi da questo incubo?
Intanto sarà un obiettivo arrivare ad avere un risultato positivo alle prossime elezioni…
…poi festeggiare…
Sì, ma per festeggiare c’è il lavoro preparatorio da fare con la coalizione. Il fatto stesso che siamo partiti con tanto anticipo darà la possibilità di conoscerci bene ma soprattutto di lavorare insieme alla città per quello che sarà il programma di governo. Secondo me il programma di governo è l’unica linea che ci deve guidare tutti insieme. Gli obiettivi e i contenuti sono le sole cose che ognuno di noi deve avere in testa. Nient’altro.
Sicuramente lei spera di vincere, ma i candidati che non superano il verdetto elettorale si definiscono “trombati”. “Trombare” è un termine che appartiene al gergo musicale ma anche ad un gergo “squisitamente” sessuale in questo caso per indicare una sconfitta.
Si dice che una sconfitta insegni più di mille vittorie, se venisse “trombata” questa sconfitta che cosa le insegnerebbe?
Si parte da questo obiettivo, vincere. Io ho un progetto per la città e questo progetto deve essere compreso e condiviso dalla cittadinanza e siamo partiti anche dal presupposto di avviare delle consultazioni in modo tale da tener conto di quelle che sono le esigenze di tutto il territorio. Fermo è una città che è costituita da territori con diverse peculiarità, di una parte della città che è più attiva sotto il profilo della produzione, di una parte della città che ha una vocazione turistica e così via. Io mi riferisco alla città nel suo insieme. Il fatto di una possibile sconfitta, dopo il lavoro premilitare, quindi il non arrivare al governo della città…beh questo potrebbe dipendere da una non condivisione del programma da parte dei cittadini. Ovviamente mi auguro che questa cosa non avvenga, cerchiamo di fare in modo invece che ci sia un dialogo costruttivo e possibile con tutti. Noi ci poniamo l’obiettivo di poterla governare, chiaro che poi l’esame di coscienza si farà…ci potremo domandare fino a che punto siamo stati efficaci nella comunicazione. Fino a che punto abbiamo centrato quelli che erano gli obiettivi ritenuti necessari per i cittadini e se sono state comprese tutte le esigenze… mi auguro che ci sia un dialogo per saper leggere meglio le aspettative dei cittadini!
Una curiosità…la politica è anche estetica e se sì in che cosa si visualizza? Doppiopetto, tubino o tailleur? Il luogo comune dice che a sinistra ci si vesta “scasciati” mentre a destra tutti “griffati”. Esiste un’etica che diventa estetica della politica?
Da donna sì, in questo senso, se può servire come esempio: ho avuto l’occasione di vedere, ma nemmeno troppo tempo fa, alcune riprese della Camera dei Deputati, che molto probabilmente si riferivano ad un periodo di chiusura pre-estiva ed ho visto delle signore, riferendomi alle donne, ma il discorso vale anche per l’uomo, combinate in maniera tale che forse sarebbero state meglio sedute davanti ad uno chalet che non alla Camera. Dico questo, le istituzioni sono importanti e vanno rispettate. Il messaggio che deve passare è quello di serietà ed autorevolezza che non è collegabile esclusivamente a quanto e come ci si copra, ma riguarda tutta una serie di atteggiamenti che vanno dal parlare al rispettare.
Il rispetto passa anche nel modo in cui ci si comporta pertanto si deve assolutamente evitare che ci siano degli adeguamenti a certe brutte modalità di comportamento, che molto spesso vediamo anche in televisione, messaggi inaccettabili quindi di scompostezza e violenza verbale. Questo deve avvenire ovunque, in ogni posto di lavoro, l’ho preteso a scuola, e non è solo una questione di forma, la forma si sostanzia in queste cose soprattutto quando si rappresentano le istituzioni e i cittadini.
Il sindaco ha anche il compito di consegnare le chiavi della città ad alcuni personaggi illustri, ma una donna non lascia mai le chiavi di casa a nessuno, anche se illustre, tranne non sia la suocera o la propria madre. Lei, diventando sindaco, al posto delle chiavi a questi personaggi darebbe un libro che illustri la storia e la cultura della città di Fermo, oppure un manuale delle istruzioni che spieghi come trattare con i marchigiani?
Io direi che alle persone illustri innanzitutto affiderei un libro su Fermo perché è troppo bella questa città e ha tante cose da conoscere, ed in primo luogo farei fare un giro in biblioteca come una cosa del tutto preziosa e riservata. Secondo me l’omaggio più grande che si può fare è quello di far conoscere e amare questa città… Come primo segno di ospitalità l’importante è diffondere la conoscenza di questa città…Città ricca di storia e di belle cose…e forse un libro lo regalerei a tutti i Fermani…perché c’è tanto di tanto.
È importante sapere, perché se non ci conosce la città come possiamo pensare di valorizzarla? Non riusciremo nemmeno a proporla. C’è la necessità di recuperare e tutelare tutto un passato che diventa arricchimento e patrimonio personale di ognuno.
Spesso e volentieri mi capita di leggere anche la storia passata e, secondo me, ogni cosa che apprendo in più è una cosa che mi fa piacere, che ricontestualizza questo mio vissuto a Fermo, anche se poi di fatto io non sono Fermata. Mi sono trasferita dall’età di 17 anni. Vengo dal Maceratese, ma non significa certo venire dell’America. Per certi versi la storia di Fermo si è così estesa che di fatto io venivo da un paese vicino, Macerata è condivisa, facevo capo alla Curia Arcivescovile anche per quanto riguarda la parrocchia quindi, in buona sostanza, siamo nella “Fermanità”.
Poi sui Marchigiani, non so se sono i difetti di un tempo, si diceva che sono abituati a lavorare in silenzio, sono poco esibizionisti, riservati…è probabile poi che qualcosa con il tempo sia anche cambiata, e che queste caratteristiche nella sostanza si siano perse con l’evolversi della società.
La nostra passeggiata con Nella è finita, ci siamo salutate e scambiate gli auguri per le prossime feste, per il nostro rispettivo futuro, e per una campagna elettorale basata sui contenuti e non sulle isterie politiche di chi voglia buttare tutto in rissa. Personalmente sono stata contenta del nostro incontro ed anche lei lo è stata, del resto il ritrovarsi fra una professoressa e una sua ex allieva è sempre qualcosa di esaltante e commuovente. Avevo tralasciato di dirvelo ma Nella Brambatti e Laura Gioventù sono già state in contatto fra loro, ed è stato molto emozionante intervistare la propria professoressa di francese dopo tanti anni. Grazie Nella e tanti auguri, e i lettori mi scusino se sembro di parte, ma una professoressa Brambatti spero l’abbiano avuta tutti, almeno una volta, nella vita.
Pubblicato su ... informazione.tv
Grazie per l'ottima intervista e per il bel commento finale
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