sabato 20 novembre 2010

INTERVISTA AD ASCANIO CELESTINI

Laura Gioventù incontra Ascanio Celestini.

Giovedì 18 novembre presso il cine-teatro Alecchino di Monte Urano, in occasione della VII edizione del premio letterario nazionale "Paolo Volponi", Ascanio Celestini ha messo in scena per il suo spettacolo "Racconti"  e noi, poco prima che salisse sul palcoscenico, lo abbiamo preso in ostaggio e ci siamo fatti raccontare cosa pensasse su gioventù, memoria, tempo, monologhi, provincia e teatro con sincerità e simpatica timidezza.





Che cosa le viene in mente se le dicessi gioventù, penserebbe solo al mio cognome oppure a qualcosa che sfugge anche se tutti lo hanno avuto nelle mani?

Non perché lo dica io prima di qualcun altro, ma perché la strada che è stata imboccata in questi ultimi anni, è l’idea che il Paese intero sia più che giovane…sia una sorta di “adolescente”.
Lo disse Berlusconi qualche tempo fa dicendo che l’italiano medio è come un bambino della seconda media che non siede nemmeno nei primi banchi.
Però effettivamente è vero, la cultura che si esprime in maniera più diffusa, ovviamente  parlo dei prodotti culturali più diffusi, per la massa, così come è organizzata l’informazione piuttosto che la politica, in generale sembra come se si rivolgesse esclusivamente ad un gruppo di adolescenti.
Ma anche banalmente nella moda, è come se i vestiti fossero tagliati esclusivamente per adolescenti. Come se anche la sfera sessuale è vissuta come se il popolo fosse tutto adolescente, ma anche nel lavoro, l’idea del lavoro flessibile appartiene ad un ragazzo che ha sedici /diciassette anni, che fa il lavoretto estivo per pagarsi le vacanze insomma per cui …dall’altra parte tutto questo ritorno alla cultura giovanilistica poi ricorda molto quella del fascismo. A parte la canzone goliardica “giovinezza giovinezza” che non nasce con il fascismo ma identificava chiaramente quella che era la cultura del tempo: bisognava essere giovani, efficienti, spensierati.
È un po’ quello che viviamo oggi.
Se accendiamo la televisione vediamo persone di cinquanta sessant’anni, uomini e donne indifferentemente, che si comportano e parlano come ragazzetti di quindici.
Non è un caso che il calcio abbia così tanto successo perché poi la tifoseria esprime proprio la rabbia insensata che ha un giovane.
C’è un sociologo filosofo spagnolo, che si chiama Santiago Lopez Petit, che dice questo, è il dire niente con rabbia. Questo è quello un po’ quello che vedo….anche la Lega è un po’ così…dire niente con rabbia, molta rabbia per poi in realtà non dire quasi niente.

Proviamo a spiegare le nuove forme di poesia dei giovani, le canzoni per esempio. “Siamo figli di mondi diversi, una sola memoria che cancella e disegna distratta la stessa storia” Tiziano Ferro

Secondo me non significa quasi niente, è solo una maniera per mettere in fila le parole.
La memoria non è una sola, noi stessi, ognuno di noi personalmente ha tante memorie differenti e spesso non sappiamo neanche bene cosa realmente è accaduto, che cosa ricordiamo e cosa realmente abbiamo dimenticato, per cui, tanto meno io, penso che ce ne sia una sola che riguardi non mille ma anche solo due persone. Facciamo un viaggio insieme e ci ricordiamo cose diverse oppure le stesse cose hanno prodotto impressioni differenti. La realtà è una deduzione rispetto a quello che viviamo realmente e anzi si avvicina di più al concetto di realtà il racconto di quello che viviamo piuttosto che quello che viviamo davvero, perché finché lo stiamo vivendo è un po’ come, tornando al calcio di prima, la telecronaca di una partita, non sappiamo come va a finire per cui non riusciamo neanche a delimitarla e mondi diversi….non lo so…è una canzone…

Con l’avvento del cinema e della fotografia si sta perdendo il senso della morte, oramai sembrano tutti ancora vivi e vegeti vedendoli alla televisione e alla fine nessuno muore più veramente. Facilitano il ricordo e la memoria…

Vero, ma prima ancora che il cinema e la fotografia questo lo ha fatto in maniera anche più potente la stampa….oramai l’impressione rispetto a Gutenberg è andata scemando nei secoli, però è la riproducibilità tecnica che produce questo effetto, il fatto che tu puoi continuare a confrontarti con qualcuno o con qualcosa a prescindere dal fatto che questa persona ci sia o non ci sia, esista o non esista.
Allora, fin quanto l’oggetto passa attraverso un’altra persona per cui fin quanto sono io che racconto una storia di mio nonno, che sia morto oppure ancora vivo a te in fin dei conti interessa poco, perché è viva la sua storia.
Nel momento in cui vedi l’immagine filmica televisiva o una fotografia piuttosto che un suo oggetto personale o una cosa scritta da lui chiaramente si salta un passaggio, non c’è più una mediazione e l’oggetto è percepito in maniera diretta.
Però credo che in questi ultimi anni stia succedendo una cosa molto più affascinante e forse anche più pericolosa, ovvero sia l’accesso alle diverse stratificazioni temporali, quindi la possibilità di vedere una fotografia di Mazzini piuttosto che un film degli anni trenta oppure degli anni sessanta, rivedere in televisione una trasmissione che andava in onda negli anni ottanta, questo fa si che noi abbiamo una lettura del tempo passato che è tutto il tempo, chiaramente come se tutto fosse recuperabile. Siamo passati da un idea del tempo ciclico, tipico delle culture orali che vedevano nella ciclicità il ritorno dei giorni, l’alba, il tramonto, le stagioni e quindi l’idea di un tempo che torna sempre, ad un tempo lineare che è quello storico, adesso siamo finiti in un tempo che è una sorta di griglia dalla quale noi possiamo pescare un po’ quello che vogliamo. Il problema poi è che il tempo non è né ciclico né lineare…né una griglia, ma è sempre il nostro interiore, però è sempre a nostra percezione…

Il tempo è un nemico o un alleato, che cos’è il tempo e come lo percepisce un attore che recita anche commedie senza tempo?

Volgarmente è anche un nemico, perché se stai in tournee devi arrivare in orario e il tempo diventa più quello misurato dall’orologio che non quello percepito. Il tempo è sicuramente una delle risorse che di più ci sta sfuggendo dalle mani. È un oggetto che ancora non possiamo comprare ma che stiamo, che vorremo controllare, però lo confondiamo molto con l’orario, con i tempi del lavoro.
Per dire. Marchionne si lamenta del fatto che i suoi operai in Italia non producono abbastanza e che negli stessi tempi in Brasile producono di più, e nelle fabbriche fino a qualche anno fa c’èra un ufficio tempi e metodi per ottimizzare un lavoro che non significa, poi migliorare la vita dell’operaio, anzi, significa avvicinarlo sempre di più da una macchina che funziona bene, il problema è che noi non siamo delle macchine anche volendo  e quindi abbiamo bisogno di un tempo, di un tempo assolutamente flessibile e non dare flessibilità al lavoro. Perché in tal caso è il lavoro che diventa flessibile e il tempo non lo è più. In qualsiasi momento cerco di metterci dentro un lavoretto perché devo pagare l’affitto e tutte le altre cose… noi abbiamo proprio bisogno di recuperare il tempo. Il tempo del non lavoro. Abbiamo bisogno di una casa ma abbiamo anche bisogno del tempo per starci dentro, abbiamo bisogno  di un tempo pubblico mentre invece abbiamo sempre di più un tempo che compriamo… due ore in pizzeria. Un tempo nel quale non siamo clienti. Un tempo pubblico nel senso che quando esco dalla mia casa privata normalmente vado a passare del tempo in un altro luogo privato…ristorante, trattoria, un cinema, un teatro e allora sembra che la differenza sia tra un consumo di qualità e un consumo che non lo è, e allora chi va a teatro è una persona intelligente mentre chi invece va a vedere un filmaccio di sparatorie americane è uno scemo, però in realtà entrambi stanno spendono dei soldi per occupare uno spazio privato in un luogo privato. Mentre invece noi abbiamo bisogno proprio della piazza del muretto al limite, della strada, della scuola pubblica, ma non perché quella pubblica sia migliore della privata, ma perché la scuola pubblica è nostra e alle 4 e mezza del pomeriggio, quando mio figlio esce da scuola, io dovrei poter dire… beh passiamo  altre due ore in questo luogo perché è pubblico… e quindi non ha un limite. Questa è un’idea che noi stiamo perdendo quasi completamente …

Lei si candiderebbe in un partito, semmai un giorno le venisse in mente di farlo, perché sente di dare una mano oppure perché in teatro ai suoi spettacoli non va più nessuno?

Come alternativa al lavoro preferirei andare a fare il cameriere piuttosto che candidarmi.
Prima cosa credo che ci sia una grossa differenza tra gli amministratori locali, il sindaco di un piccolo centro per esempio, rispetto alla politica dei partiti. In un piccolo Comune o una circoscrizione romana trovi una pulizia nella politica che nei partiti normalmente non trovi. Non mi candiderei in politica così come non diventerei sindacalista. Penso che la delega sia un male minore. Delegare qualcuno in parlamento, il voto e mandare qualcuno al senato credo sia un male minore indispensabile, però penso che sia molto meglio se ognuno si prendesse le proprie responsabilità, ci si auto organizzasse, ci si auto governasse insomma, e non mi piace in generale l’idea e il concetto stesso di governo, di qualcuno che si occupa degli altri e gli altri non si possono occupare più di se stessi. Occuparsi degli altri significa aiutare qualcuno ma il governante non aiuta qualcuno evidentemente.
Detto questo è chiaro che anche io faccio la distinzione tra un politico migliore e un politico mafioso, solo che se la faccio sugli altri non vorrei farla su di me, per cui potrei fare l’assessore in un piccolo comune, e lo farei come volontariato per un’organizzazione non governativa per il resto penso, come dice Luciano Canfora, che il politico sia sempre un bugiardo per cui preferisco stare dalla parte di chi inventa, per motivi letterari, piuttosto che dalla parte di chi inventa per motivi istituzionali.

Il Monologo, lo Stand-up teatrale, lo dobbiamo considerare un virtuosismo psico-fisico dell’istrione che vuole mostrare al mondo il suo talento oppure è solo un modo, tipo, forma di fare spettacolo?

Forse entrambe le cose. L’attore monologante senza lo spettatore è solo uno che parla da solo e nel migliore dei casi fa un esercizio che serve a se stessi. Penso però che faccia esercizio anche chi racconta storie a qualcun altro in una dimensione non teatrale. Gerardo Guccini, che è un amico, insegna a Bologna, dice che esistono attori che fanno narrazione, ma non sono dei narratori,ed esistono dei narratori, che raccontano, ma non sono attori, nel senso che esistono attori che vanno in scena e recitano i loro monologhi, ma non stanno facendo narrazione, hanno imparato a memoria un testo e lo interpretano , interpretando un personaggio, mentre ci sono attori narratori che vanno in scena e raccontano delle storie. Magari sono meno bravi degli attori però vanno in scena e raccontano la loro storia. Ecco, io faccio parte di questa seconda categoria, di attori forse meno bravi che però narrano, raccontano storie. Poi ci sono delle persone che non fanno teatro e che forse nemmeno vanno a teatro ma che provano soddisfazione nel raccontare delle storie. E Gerardo dice che certe volte questa gente fa pure tanti figli per avere qualcuno a cui raccontarle, e queste sono le persone che noi conosciamo al bar, incontriamo a scuola, oppure alcuni insegnanti, oppure è il nostro collega di lavoro anche se lavoriamo in fabbrica. Insomma, persone che in qualche maniera provano,come me, soddisfazione nel raccontare delle storie e per questa gente quindi significa anche fare un esercizio mentale. Raccontare il mondo significa non crearlo come ha fatto Dio, ma come ha fatto Adamo, noi raccontiamo per dare un nome alla nostra identità, agli oggetti a quello che succede,  alle cose che ci circondano.

Ed il famoso monologo di Marco Paolini sul Vajont come lo classifica? Dopo tanti anni stanno ancora pensando a farci una centrale idroelettrica da quelle parti.

Il Vajont è una cosa abbastanza particolare se non unica. Prima di allora Marco Paolini aveva fatto degli spettacoli molto teatrali quindi molto poco narrati, interpretando tutta una serie di personaggi in una dimensione di interpretazione leggera cioè senza grandi scenografie, però non è un caso che dei suoi quattro album, la regia dei due album come il monologo del Vajont sono di Gabriele Vacis quindi di un regista molto regista, molto presente  e il monologo sul Vajont  è stato un po’ un cambio di registro che ha segnato il cambiamento della sua scrittura successiva. Io credo che lui sia un grande attore drammaturgo che con gli strumenti che ha a disposizione riesce a rendere al meglio sulla scena, e che il Vajont sia stato un caso unico nella sua produzione perché lui non ha semplicemente costruito una drammaturgia, ma l’ha costruita a partire da elementi straordinari che è la storia stessa del Vajont. Io probabilmente sono un attore meno bravo di Marco, e forse anche meno bravo come drammaturgo, ma faccio un lavoro diverso di ricerca spesso più lungo e complicato , lui è molto più bravo di me se gli danno un libro in mano. È molto bravo a portarlo in scena, riesce a raccontare qualsiasi cosa. 

Lei è il vincitore del premio Volponi della precedente edizione (2009). È tornato nelle Marche per ricambiare il favore che le hanno fatto oppure perché è innamorato della nostra terra? Che cosa le piace delle Marche?

In maniera molto meno poetica sono tornato perché mi hanno chiamato, ma sono tornato molto volentieri. Passare per le Marche mi fa sempre una strana impressione. Quando si passa in tournée normalmente si percorre l’autostrada e si vive questa dimensione antimarchigiana del territorio costiero balneare che fa impressione. Queste tonnellate di cemento che arrivano fino ad un palmo dall’acqua mostrano come non ci sia stata, nel secolo passato, un minimo di attenzione alla costa, per cui si vedono questi terribili grattacieli in mezzo alle villette poi però basta andare cinquecento metri all’interno per trovare immediatamente un altro paesaggio. Si passa da una specie di Rimini spalmata su tutta la costa che si stende oltre le Marche ed arriva fino all’Abruzzo ai paesaggi dell’Ariosto. Paesaggi meno visti e meno conosciuti, più rurali rispetto alla Toscana. Vedi un paesaggio spaventosamente bello e completamente distanti dall’idea di un turismo facile che si avverte lungo la costa. Non tutta la costa è così…però… autostrada e ferrovia passano l’uno accanto all’altra e ti mostrano sempre lo stesso mare cementificato….

La nostra è una bella terra, dove si vive tanto bene, tutti ce lo dicono ma noi non sembriamo crederci abbastanza… ci dica un difetto dei marchigiani…

Questo non lo so….

…e quanto di marchigiano c’è in Ascanio Celestini?

…io vivo nella stessa periferia dove sono nato per cui la vita di provincia in qualche maniera se non degenera nell’isolamento si avvicina molto di più ad un idea di decrescita che dovremmo imboccare. L’idea del piccolo centro, della comunità che si conosce, se non diventa chiusa, se non controlla e non si trasforma in un ghetto imbocca una strada interessante anche dal punto di vista dell’auto organizzazione. È curioso vedere che nei piccoli centri marchigiani ci siano dei teatri. Significa che nel tempo si è sentito il bisogno di avere un luogo pubblico - anche se poi spesso i palchetti erano acquistati da privati che se li tenevano per generazioni – dove la comunità si incontra.
Io non vengo dalla provincia ma da una borgata ma insomma si fa una vita molto simile con tutta la degenerazione della provincia, del fatto che nel momento in cui esce fuori dalla condizione di estrema povertà si chiude, nel momento in cui il borgataro c’ha due lire da spendere tira su il muro della propria baracca e si costruisce la propria villetta, appena può si compra il Suv esce di casa solo con il fuoristrada.
Di marchigiano ho la cultura della provincia, del cercare dei riferimenti minimi. Non mi piace vivere la città fatta di cento impegni al giorno. Vivo nel comune di Roma ma la frequento come uno che vive a Rieti o a Tivoli. Vado per una mostra, per il cinema, ma per il resto del tempo sto nella piccola comunità che è la borgata  in cui vivo.

Noi abbiamo il Teatro delle Api e il direttore artistico è Neri Marcorè. A lei in quale teatro piacerebbe fare il direttore artistico?

Nessun teatro, io non potrei diventare il direttore artistico di nessun teatro anche perché chiedo molto ad un direttore artistico sia come spettatore sia come artista. Quando 11 anni fa incontrai per la prima volta Mario Martone, che era il direttore del teatro stabile di Roma, il teatro “Argentina”, Mario si occupava pure delle sedie da portare nello spazio in “India”, si preoccupava di visionare tutti i progetti, andare  in giro a visionare gli spettacoli. Un direttore del teatro per me deve essere sempre presente. Un direttore del teatro deve essere uno che al massimo fa una sola produzione propria in un anno ma per il resto non può fare altre cose, altrimenti è solo un prestanome e questa è una brutta cosa. In quel caso non devi fare il direttore ma il presidente. un presidente è una carica onorifica, la tessera numero uno dell’associazione.
Io non potrei fare il direttore artistico.
Quando mi è stato proposto per un teatro lo avrei fatto volentieri. Avrei cambiato casa e per tre anni mi sarei stabilito fuori regione ed avrei fatto un lavoro sul territorio. Ma non hanno accettato la mia proposta perché a loro non serviva una figura del genere perché già c’erano i funzionari comunali che se ne occupavano. Avevano solo bisogno di uno che mettesse il nome e la firma e andasse a far spettacoli, solo come “richiamo”. Posso richiamare gente se vado ad una manifestazione politica dai No-TAV in Val di Susa e se la mia presenta può essere utile per portare cinquecento persone ad un presidio umanistico lo faccio volentieri, ma non lo faccio per avere decine di migliaia di euro al mese e mettere il mio nome su un cartellone.
Fare il direttore è una cosa molto bella ma bisogna avere tempo perché poi li vedi quando arrivi nei teatri, vedi subito se c’è una passione dietro. Per prima cosa ti fanno fare tutto il giro, ti fanno vedere i camerini, ti fanno vedere come hanno messo a posto i bagni, se c’è una foresteria sopra, ti dicono dove si mangia, ti raccontano le battaglie che hanno fatto per tenere in piedi il teatro….ecco io quello farei ma certo non da un giorno all’altro. Se me lo chiedessero oggi risponderei nel 2015…o qualcosa del genere…se fai il direttore di un teatro ti ci devi dedicare, ci si deve dedicare come si dedica il gestore di un ristorante…si può essere il titolare di un ristorante e  non andare mai nel proprio ristorante e non sapere nemmeno quello che cucinano oppure dare una letta al menù una volta al mese….insomma il cartellone di una stagione teatrale è almeno quanto un menù per cui devi essere almeno il cuoco del ristorante…

di Laura Gioventù

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mercoledì 17 novembre 2010

CRONACHE FERMANE

Cronache dei candidati, ovvero come bruciano i gregari.
Di Laura Gioventù



Arrivo di Baldini alle Olimpiadi


Ieri sera parlando con mio marito, specialista di pallone praticato seduti sul divano, mi veniva in mente una buffa riflessione…come, dopo appena qualche gara di campionato, si inizi a licenziare allenatori poco o per nulla vincenti, anche se in teoria praticano un buon calcio spettacolo...ma la cosa veramente curiosa è che  per trovarne il sostituto si cerchi di placare gli animi dei tifosi e nello stesso tempo eccitarne il desiderio di rivalsa, auspicando o facendo finta di essere già in accordo con un nuovo e più stimato tecnico del precedente, mentre nella realtà non ci sono accordi e chi  verrà candidato per sostituirlo spesso non diventerà mai il nuovo allenatore, e questa cosa si riassume, mutuandola dal gergo ciclistico, con la frase…lanciare la volata al campione bruciando i gregari…ed è propriamente quello che sta accadendo in questi giorni fra i partiti per le prossime elezioni per la carica di Sindaco a Fermo.
Abbiamo di recente intervistato gli esponenti dei partiti e delle liste civiche cercando di farci spiegare le regole che si usano per la scelta dei candidati nelle liste elettorali e, chi più chi meno, hanno sottolineato tutti i soliti buoni propositi,  salvo dimenticarsi, tutti, di dire che le regole che valgono per i candidati gregari non valgono per il candidato campione, per costui si operano altre strategie, altre dinamiche vengono elaborate, e sono logiche di opportunità politica, strategie e dinamiche spesso astruse insite nel sistema partitico stesso, nelle quali i cittadini elettori non possono, anche volendo, più intromettersi, fino ad arrivare al punto che lo scoraggiamento per non poter essere quelli che decidono delle candidature stesse genera l’astensionismo dilagante a cui tutti i sondaggi prestano la massima attenzione. Chi saranno i due o tre o cento candidati finali per la carica di sindaco è cosa che i partiti stessi rivendicano come privilegio acquisito tramite accordi a volte sotterranei e non come risultanza elettorale, ormai noi elettori siamo chiamati a confermare e non più a scegliere, e questa cosa invece di avvicinare alla politica sta allontanando sempre di più i cittadini dalla politica stessa, i giovani specialmente. Se una risultante dal dossier sui candidati doveva emergere è emersa, per quanto nomine pulite e in molti casi anche condivisibili, sono cosa interna ai partiti e non più dibattito o dialogo con gli elettori, e chiunque venga candidato e poi eletto non sarà mai completamente libero di svolgere il suo incarico senza che le segreterie dei tanti partiti e delle tante liste non ne condizioni le decisioni.
Triste declino per chi ha creduto nella fede politica come impegno elettorale, ma di sicuro un modo meno astioso e più edulcorato per affermare sempre di più la predominanza degli apparati organizzativi sul carisma personale e sulla preparazione culturale dei potenziali candidati…forse la sola cosa che in questo andazzo va vista in maniera positiva è proprio il non sentire più nessuno dire che la ragione è solo da una parte visto che il torto è dappertutto…

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venerdì 22 ottobre 2010

CRONACHE FERMANE

Motodromo & dintorni.
di Laura Gioventù


Adriana and Casey Stoner


Ieri ho preso la bici per andare a vedere il nuovo panorama, mi sono fermata in cima al colle ed ho lasciato la bici cadere dolcemente sull’erba, poi mi sono seduta ed ho immaginato di vedere oltre il “colle” la nuova forma di “Infinito” che presto diventerà realtà in questa Marca Fermana sempre in movimento. Ho raccolto le gambe fra le braccia e appoggiando il mento sulle ginocchia ho chiuso gli occhi, e la proiezione è iniziata.
All’inizio ho visto inaugurare il nuovo casello autostradale di Porto Sant’Elpidio, che con la terza corsia modificherà tutto il territorio circostante, perché oggi la localizzazione dei posti, dei luoghi geografici, ma anche di quelli dell’anima, non avviene più per vie, per piazze o per contrade, oramai ci si orienta a fermate della metropolitana e si ragiona per uscite di caselli dell’autostrada. È in prossimità di questi luoghi che nascono e si sviluppano le più importanti concentrazioni commerciali basta guardare Roma, Milano, ma anche altre regioni Italiane … oppure anche la nostra più vicina Civitanova Marche. Ed è quello che presto, molto presto accadrà anche da noi …. tutta la zona vicina allo svincolo autostradale si svilupperà notevolmente … verrà costruito un grande centro commerciale e tutto si sposterà a Porto Sant’Elpidio.
E mentre il vento si infila nei miei capelli penso che Io voto a Fermo … abito vicino Porto San Giorgio e prenderò l’autostrada a Porto Sant’Elpidio, sono già vittima delle localizzazioni urbanistiche.
In effetti vado anche al cinema a Porto Sant’Elpidio e Sere, la mia amica… quella un po’ invadente… quella che fa casini con gli sms, insomma avete capito … quella lì, lei si è anche comprata casa a Porto Sant’Elpidio… PSE fa pure più abitanti di Porto San Giorgio e PSG non ha nemmeno il cinema. Però ha il teatro! Sì … vabbè … ma non ci sono paragoni … quello di PSE è molto più grande per non parlare poi del teatro dell’Aquila di Fermo.. La realtà è che PSG è destinata a scomparire. Piccola e chiusa, senza possibilità di sviluppo resterà praticamente isolata. E quando PSE si organizzerà con la darsena, che cosa succederà? … Porterà via anche i turisti da PSG? ... a quel punto la nostra “perla” dell’Adriatico resterà solo un annoso bijou…
Il vento si allontana e inizio a percepire ora il motodromo, il tanto chiacchierato motodromo pensato nella zona di San Marco alle Paludi.  Sembra perfetto, è l’anello di congiunzione che mancava per lo sviluppo di un unico grande centro urbano che inizia  da Civitanova Marche  per finire a Fermo. E senza il motodromo? Senza rischiamo di essere tagliati fuori proprio come Porto San Giorgio?
Ad occhi chiusi c’ho pensato molto … il motodromo di San Marco alle Paludi è certamente una grande opportunità di sviluppo economico e turistico per tutto il territorio.
C’è chi sin da subito si è detto favorevole all’ipotesi e chi si ostina a non voler dialogare … e  dopo mesi di polemiche i toni della discussione non accennano a calare. La questione resta ancora  molto controversa.
Del resto si tratta di una scelta importante … che deve essere ben ponderata … studiata … valutata …  perché la decisione finale inciderà sulle prossime generazioni …. insieme con le altre strutture che si svilupperanno, insieme all’autostrada, il multisala, i centri commerciali e le zone industriali … si cambierà irrimediabilmente il futuro assetto di tutte le Marche Sporche … poi non si torna indietro ….ma la decisione è politica, e lo sanno tutti  … i tempi della politica sono molto strani … persino più lunghi dell’indecisione di una donna!
Ma alla fine Volontà Politica, Bene Comune ed Interessi Economici riusciranno ad incontrarsi?  Forse sì … forse so … non lo so. Staremo a vedere.
Ma se ci penso bene,  di che cosa si è parlato fino ad ora? Ci siamo fossilizzati sulla tutela ambientale e paesaggistica della valle … tutti a pensare all'impatto ambientale ma nessuno ci spiega cosa avverrà dopo che l’impianto sarà stato costruito...gli alberghi basteranno?....ed i ristoranti?...e per assurdo le prostitute saranno sufficienti per questa invasione di centauri in piena tempesta motoristica e ormonale?...sono domande sciocche? Chissà…
Il paradosso è che per andare veloci serve andarci piano con le parole e con le intenzioni politiche perché il motodromo è una preda elettorale mica una risposta ad un bisogno. L’impressione è che ci stiamo perdendo dietro ripicche politiche mascherate da ipocrite preoccupazioni ambientali …. La realtà è che la politica vive di pregiudiziali, e solo dopo essersi messi d'accordo su cosa ci si guadagna dal punto di vista politico si iniziano i lavori, ma se chi spinge a costruire ci guadagna troppo in termini elettorali, allora chi spinge per non costruire si impunta e non dà il suo permesso...
… ma non basta avere i permessi per costruire, servono anche i servizi, le fogne, le strade, l’illuminazione stradale, le indicazioni di percorso, la raccolta dei rifiuti e tutto il resto. Queste cose chi le farà? sono di competenza comunale, provinciale oppure addirittura regionale???.. e ti pare che chi costruisce ha bisogno solo di permessi per cementificare e non anche di contributi economici a fronte dei quali non verrà data nessuna garanzia per almeno i primi cento anni di gestione???....poi serve sapere anche una cosa, ma gli alberi quanto tempo ci metteranno a crescere per neutralizzare l’impatto ambientale ed acustico?...e chi costruisce che cosa darà in cambio alla comunità?... si promette lo sviluppo dell’intero indotto oppure solo assunzioni di personale?...e se poi la gestione risulta fallimentare, nell’ipotesi che il motodromo venga chiuso, chi lo prenderà in gestione per non mandare a casa le persone che ci lavorano...la Provincia, il Comune, la Regione oppure lo Stato...?
Ora che il nuovo panorama mi appare chiaro la domanda che mi sorge è:... chi gestirà il Motodromo dopo la fine dei lavori?... oppure questo diluvio di cemento nasconde una speculazione umana per mascherare la mancanza di idee imprenditoriali?
Non basta riflettere sull’utilità dell’impianto, se chi gestirà ha le competenze per farlo ed è bravo allora la struttura sarà utile, ma se chi gestirà non sarà in grado di farlo, che cosa succederà? … diventerà la classica cattedrale nel deserto?....e in questo caso è meglio che parlino i futuri gestori e non gli architetti, gli ingegneri o gli ambientalisti che già tanto hanno detto!
Il motodromo è un prodotto, come le scarpe, un prodotto che si deve vendere … ma nessuno sembra saperlo. Danno tutti per scontato che una volta costruito arrivino immediatamente mille moto al giorno per correre, pagando l'affitto e la benzina, dando per certo che i loro conducenti spenderanno milioni di euro fra alberghi e svaghi faraonici che non ci sono. Una volta costruito chi lo pubblicizzerà e come lo si deve "vendere" al meglio?....sarà promosso come la solita  sagra paesana che ha stufato pure i vecchi, oppure verranno chiamati i soliti guru da Milano per indicare la via verso la promozione motoristica come se noi fossimo tutti degli emeriti deficienti manco in grado di accendere le luci???...
E poi … se la gestione non sarà all'altezza, i soldi per non farlo ammuffire ce li dovrà mettere l'intera comunità e senza avere la minima idea di cosa farci con un ex motodromo....a meno che non si studi tutta una serie di manifestazioni per sfruttare oltre le proprie potenzialità tutto l’impianto …. a meno che non ci si organizzi la festa nazionale di Miss Ombrellino, avete presente quelle gentili ragazze che prima della partenza tengono in mano un ombrellino per riparare dal sole i corridori…oppure la gara annuale dei barellieri con un premio al più veloce soccorritore … e perché no, anche una corsa per tricicli per bambini … oppure la corsa a piedi degli ubriachi per vedere chi raddrizza le curve … o invece cene tematiche del tipo “donne & motori, gioie & dolori” con le più belle donne e i centauri di tutta Italia. Nel caso succedesse gli enti pubblici avrebbero la capacità imprenditoriale per gestire il Motodromo?
Una volta che hanno corso moto e macchine si potrebbero pensare mille altre situazioni alternative …. per esempio una scuola di meccanica che organizzi corsi teorico-pratici su come si riparano le moto da competizione per la formazione professionale dei meccanici motoristi … penso ad un’Accademia Nazionale che nasca come un distaccamento della facoltà di ingegneria meccanica del politecnico di Ancona per la formazione di “meccanici da gara”  altamente qualificati … nuove figure professionali che potranno poi trovare collocamento all’interno dei migliori Team sportivi regionali e nazionali, oppure all'interno di aziende produttrici di motociclette in genere, oppure in officine meccaniche specializzate. Non solo motodromo quindi, ma un vero e proprio centro di eventi e ricerche!
E mentre inizio ad immaginare Gran Premi, pistoni e marmitte, camion stratosferici con le gigantesche scritte aziendali e il rumore delle moto che corrono simile a quello dei calabroni in volo, sento il primo refolo di vento freddo dell’autunno che arriva, mi rimetto in piedi e prendo la bici, salgo e inizio a pedalare contenta di essere stata per una volta la donzelletta che, anche venendo dalla campagna, ha avuto la voglia di vedere cosa ci sia dietro il colle. Forse Giacomo Leopardi non sarà contento, ma sono figlia di questa terra e, come è sempre stato, razionale e concreta, e se è vero, come è vero, che per fare le pagnotte servono tante molliche è anche vero che immaginarci il futuro non significa realizzarlo ma per realizzare il futuro serve anche immaginarlo.

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venerdì 15 ottobre 2010

I partiti e le liste civiche alle prese con le liste elettorali.

Candido Ergo Sum
di Laura Gioventù



...la corsa sta per iniziare...


“Il segreto di un candidato politico è di sembrare stupido come chi lo ascolta, così che gli ascoltatori si sentano intelligenti come lui.”

Siamo il paese che è sempre in campagna elettorale, i nostri partiti sono sempre con le prossime elezioni da preparare, se non quelle nazionali ma locali di certo.Votiamo a ritmi forsennati e partiti e liste civiche hanno lo stesso problema insormontabile: i candidati.
Dove trovarli, come convincerli a presentarsi, come a non presentarsi, come arginare il loro impegno e come stimolarne l’interesse, come sceglierli e come evitare errori nelle liste elettorali….sono queste alcune delle domande che riguardano il rapporto fra partiti e liste civiche da una parte, e l’esercito dei candidati dall’altra. Con questo dossier abbiamo voluto capire meglio la posizione di chi li propone e in che rapporto siano costoro con questa massa di variegati apprendisti politici oppure navigati statisti. Abbiamo rivolto le domande ai responsabili dei partiti o delle liste con la speranza di chiarire i sospetti oppure di spiegare le dinamiche relative alla scelta, non sempre facile, di chi dovrebbe rappresentare il “Popolo”. Sono emerse cose curiose e divertenti, ma anche spiegazioni in politichese che andrebbero tradotte con i risultati definitivi alla mano, ma del resto si sa, la politica è anche l’arte di non dire assolutamente nulla anche dopo ore che se ne parla.

Di seguito riportiamo i nomi e le cariche politiche di chi ha risposto, ma anche i nomi e le cariche politiche di chi ha ritenuto giusto non rispondere o non dare nessuna spiegazione per non aver partecipato al dossier. Ognuno è libero di scegliere cosa sia meglio o peggio per se e per i propri elettori, ma certo non se ne ricava una buona impressione da chi neppure risponde ad un invito. Non ci resteremo male per questo, saranno i lettori a decidere se costoro hanno fatto bene o male, noi gli abbiamo invitati ma loro non si sono presentati, amen!

Ci piacerebbe sviluppare altri dossier sulla politica, ma vista in modo meno tecnico e più umanizzato, magari in un prossimo futuro lo faremo, e non sappiamo se questa sia una promessa o una minaccia: parlare di politica non è difficile, è parlare con i politici che è molto faticoso.

Grazie a tutti coloro che hanno partecipato, e a tutti coloro che vorranno leggere il dossier.


I BUONI (quelli che hanno risposto)


Avv. Renzo Interlenghi (coordinatore provinciale) per il PdCi

Daniele Fortuna per il Partito Socialista

Prof. Giuseppe Buondonno per il Partito Democratico

Ing. Adolfo Marinangeli (coordinatore provinciale) per l’Italia dei Valori

Arch. Guidomassimo Postacchini per Con Fermo Di Ruscio (Lista Civica)

Dott. Michele Rastelli per Fermo Libera (Lista Civica)

Luciano Romanella  per Pro Territorio R.e C. (Lista Civica)

Mirko Steca per Futuro e Libertà

Andrea Mandolesi per Lega Nord 



E I CATTIVI (quelli che non hanno risposto)


Dott. Gaetano Massucci per Il Centro del Fermano (Lista Civica)

Dott. Fabio Pagnotta (coordinatore regionale) per l’UDC

Avv. Pietro Alberto Brugnoni (coordinatore provinciale) per il PDL


Pubblicato su informazione.tv


(Proprietà letteraria riservata)

Le risposte di Andrea Mandolesi


Domanda 1)
«Il potere logora chi non ce l'ha.» Giulio Andreotti
E’ per questo che tutti vogliono candidarsi, per ottenere il potere per non logorarsi?
E voi come riuscite a capirlo?


Il nostro è un partito che si rivolge soprattutto ad un elettorato giovane che forse non è così attaccato al potere.
Poi, se parliamo di elezioni comunali, non ci sono grandi guadagni. Posso dirlo perché ho anche fatto il consigliere comunale e c’ho anche rimesso di tasca propria. A livelli più alti indubbiamente non è così però nella Lega, prima di venir candidati sono necessari tre anni di militanza attiva all’interno del partito, che è anche il tempo necessario non solo per fare esperienza ma anche per capire le reali intenzione delle persone. 

Domanda 2)
Il candidato ideale lo si riesce a trovare setacciando tra la sabbia sperando di trovare la pepita d'oro, oppure è un lento lavoro di cesello fra il cercare il migliore ma dovendosi alla fine accontentare del meno peggio?


Noi cerchiamo di “cesellare” il più possibile. Li plasmiamo …

Domanda 3)
Ci sono stati molti casi in cui i candidati una volta eletti cambiassero casacca, per evitare ciò non sarebbe giusto farli decadere automaticamente oppure le elezioni sono cose diverse dalle scelte dei partiti?


Anche se mi trova molto d’accordo, questo indubbiamente non sta a me deciderlo, ma al legislatore. Nello statuto non è previsto. A livello nazionale non abbiamo mai avuto politici che hanno cambiato casacca tranne nell’ultima legislatura, dove un deputato è passato al gruppo misto.
La Lega seleziona bene il propri candidati e per candidarsi alle politiche c’è bisogno di almeno tre anni e mezzo di militanza nel partito. Ed in tre anni e mezzo si riesce a capire di che pasta è fatta la persona.

Domanda 4)
Quando iniziate a stilare la prima lista dei candidati e vedete in quanti vorrebbero concorrere per risultare eletti, il vostro pensiero è quello di orgoglio per l'entusiasmo che costoro emanano oppure vi chiedete attoniti come mai abbiano chiuso i manicomi visto l'alto numero di pazzi che circolano liberi di credersi statisti della politica???


Siamo un partito giovane a Fermo perché ci siamo solo da due anni e mezzo. Stiamo lavorando per comporre la lista completa per le prossime comunali e indubbiamente la nostra reazione è di orgoglio nel ricevere nuovi candidati e nel vedere un interesse crescente per i nostri ideali.

Domanda 5)
Una volta i candidati venivano scelti fra certe caste, oppure sorteggiati, altre volte era l'età o la professione che li faceva diventare eletti, al giorno d'oggi la democrazia impone una gara per consensi. Secondo lei, in un prossimo futuro che tipo di soluzioni si potrebbero adottare per cambiare il modello elettorale, un esame teorico-pratico in scienze politiche per chi volesse candidarsi oppure una specie di quiz televisivo per decretare il vincitore?...l'assurdo di eleggere candidati improponibili potrebbe ispirare certe degenerazioni?


Dipende da quale livello di politica si parla. A livello comunale è logico che questa domanda non è pertinente. Noi siamo rappresentanti locali e per quanto concerne altre candidature non siamo deputati a farlo.  E comunque non vedo bene nessuna delle due soluzioni ipotizzate. Bisogna militare all’interno del partito e guadagnarsi la fiducia dei livelli più alti. Esperienza quindi, più che esami e quiz.

Domanda 6)
Lei sente la responsabilità degli insuccessi dei candidati che ha incluso nelle liste elettorali oppure alla fine è come alle olimpiadi dove l'importante è partecipare?


Per la poca esperienza politica qui a Fermo, abbiamo comunque sempre vinto le elezione quindi siamo stati sempre soddisfatti. Speriamo che vada sempre bene. Indubbiamente chi stila le liste se ne assume anche la responsabilità.

Domanda 7)
Spesso il candidarsi è visto come la scorciatoia all'impegnarsi seriamente in un lavoro, ma per alcuni la politica è un vero e proprio lavoro. Lei consiglierebbe questo lavoro oppure indicherebbe altre occupazioni per essere più felici oppure meno oppressi dai problemi altrui?


Tutti aspirano a fare i politici ad alti livelli, quindi di professione. Sicuramente non è così negativo riuscire ad essere eletti. Io dico sempre che la meritocrazia dipende dalle capacità che si hanno e solo chi ne ha le capacità potrà fare il politico di professione.

Domanda 8)
Se una persona volesse provare l'ebbrezza di vedere il proprio nome nella sua lista elettorale, che cosa dovrebbe fare e voi nel caso si presentassero di loro spontanea volontà, cercate di dissuaderli proponendogli solo problemi oppure cercate di non farli scappare raccontandogli solo le mille soluzioni?...e per le donne, servono anche truccatore ed estetista o bastano tempo libero e disponibilità a fare tardi la sera?


Per le donne servono sicuramente disponibilità a fare tardi la sera ed impegno costante in tutte le problematiche che si affrontano nella politica. Però in un mondo come quello in cui viviamo, fatto di immagine, c’è bisogno di un po’ di tutto … quindi una bella donna avrà sicuramente più successo. Bella ed intelligente sarebbe la candidata ideale.

Poi, chi si presenta da noi, ha volontà di impegnarsi in politica. Noi li accogliamo e ne valutiamo le capacità e mettiamo a disposizione la nostra esperienza per cercare di formare soprattutto quelle persone che non hanno molta conoscenza politica. Poi dipende dalle esigenze che il partito ha. Lo statuto prevede la prima iscrizione con una “tessera sostenitore”, un anno di militanza attiva verificata dalla sezione dove si richiede la candidatura, poi si può passare a militante e si può iniziare a svolgere politica attiva. Ma a livello comunale qualche deroga la si può fare anche perché il nostro partito è ancora in una fase costituente qui a Fermo e certe regole ferree possono essere derogate non avendo ancora fatto un congresso e con ancora pochi militanti attivi.

Domanda 9)
Candidare è un potere sublime oppure è una rottura di scatole, è il massimo dell’orgasmo politico oppure la solita minestra riscaldata?


Né l’uno e né l’altro. È una soddisfazione se, in un periodo come quello che stiamo vivendo, di disaffezione verso la politica, vedere che qualcuno abbia voglia invece di partecipare alla vita politica. Cerchiamo sempre di favorire questo inserimento e la composizione della lista fa parte di questa soddisfazione se il percorso che si è intrapreso dà buoni risultati … ma anche sufficienti.


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